Le dimensioni segrete   by Petogenista

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E' strana questa sensazione: come d'un soffio improvviso di qualcosa che non
è aria, e che non conosco. Non so da dove provenga, e non so dove potrebbe
portarmi, ma quando ho posato lo sguardo su questo quaderno ho subito
provato il bisogno di riempirlo in qualche modo. Credo, prima d'ogni altra
cosa, che si sia trattato del candore delle pagine: abituati come siamo a
dover seguire necessariamente sottili righe già tracciate, per esser
traghettati da un margine all'altro del foglio, spesso ci coglie impreparati
ed infantili una semplice distesa di bianco.

12 Giugno

Ho deciso: scriverò un diario. E' il modo più banale di tenere in mano una
penna, forse, ma l'unico che in questo momento possa garantirmi l'intimità
necessaria a posare nell'inchiostro i miei pensieri: non so scrivere d'altro
che di me stesso, e del resto non ho mai scritto niente di letterario in
vita mia. Del resto, il diario mi concede di non dover inventare niente, e
quindi mi solleva dal pesante onere d'essere scrittore o scribaccino; è
diritto di tutti raccontare ad un quaderno la propria vita, e permette di
ascoltare i suoni deliziosi del pennino che gratta la carta e della pagina
che fruscia e subito si riposa nel voltarsi, tutto senza doversi assumere la
responsabilità di narrare, con quel che comporterebbe.
 Rileggo le righe di ieri; di quando, all'improvviso, ho tirato fuori dal
taschino la mia penna stilografica ed ho cominciato a tracciare le prime
parole, dopo aver disteso per bene la prima pagina, immacolata, di questo
quaderno che ho trovato casualmente per casa, cercando tutt'altro (o forse
no?) e che, dopo aver ammiccato più e più volte dal fondo dello scatolone
dov'era posato, s'è deciso a saltarmi in mano.
 Il trasolco che ha portato me e la mia compagna in questa città nuova e
sconosciuta ha provocato un fisiologico rimescolamento di oggetti: da esso,
come sempre accade quando ci si trova improvvisamente di fronte a qualche
cosa che non si mostrava da tempo, è scaturito un familiare odore di
ricordi. Vecchi libri letti anni fa, una orrenda lampada da tavolo che mia
madre ci aveva regalato per un anniversario e che aveva generato battute
cattive e qualche litigio amatoriale; è incredibile la nostra capacità di
seppellire e selezionare gli istanti della nostra esistenza, e porre alcune
cose in bella vista, ed altre giù in cantina, stipate da qualche parte a
maturare dimenticanza.
 Il quaderno, questo quaderno, non mi pareva d'averlo mai visto prima: forse
l'ha comprato Anna tempo fa: ho provato a chiederglielo, ma lei era troppo
indaffarata a lavare tutte le stoviglie vomitate dall'ennesimo scatolone
sigillato a scotch, uno dei cinque con su scritto a grossi caratteri
pennarello: 'PIATTI E ROBA CUCINA'.
 Del resto, sono praticamente certo che questo quaderno sia capitato per
caso, come un gattino raccolto sotto la pioggia. Non so perché, ma sono
contento.

13 Giugno

Questa mattina ho avuto una mezza discussione con Anna. Mi ha rimproverato
perchè, con tutto il lavoro di ordinamento e pulizia che dobbiamo svolgere
questo fine settimana, io non trovo niente di meglio da fare che perder
tempo a scibacchiare. Ma non è solo questo: sono troppo affascinato
dall'informe cumulo di oggetti casuali che saltano fuori dalle scatole di
cartone.
 Lungo il corridoio sono ammassati pezzi di mobiletti da rimontare in camera
da letto, fogli di ogni genere, due chitarre (le mie), un televisore (quello
piccolo, che dovrò sistemare in cucina), svariati utensili per piccoli
lavoretti (forbici da elettricista, cacciavite, chiodi e martello...), gli
imballi contenenti il mio computer e tutte le periferiche ad esso associate.
Non c'è senso nel caos che osservo, o forse il caos è semplicemente un
ordine del quale non riusciamo ad afferrare la logica.
 Insomma: so benissimo che la settimana prossima sia io che la mia compagna
dovremo iniziare a lavorare a tempo pieno, e che quindi è assolutamente
necessario riuscire a sistemare almeno il grosso di tutto quanto si riversa
ora disordinatamente sul pavimento; tuttavia c'è qualcosa che mi eccita
vagamente, una miscela cangiante di colori, suoni ed umori che a volte mi
pare ribollire, fremere nel tentativo di generare qualcosa di geniale. Così,
falsamente pigro, tendo inconsapevolmente a rallentare ogni operazione di
ordinamento. Anna, anche se non in profondità, ha capito il mio
atteggiamento: per questo è sbottata e mi ha ripreso. Ha ragione, lo so, e
proprio per questo un suo semplice reclamo è sfociato in una piccola
questione. Poi, come quasi sempre accade tra noi, abbiamo risolto a letto
ogni diverbio: io l'ho amata e lei ha amato me. Siamo venuti assieme e i
nostri corpi si sono staccati l'uno dall'altro con un suono bagnato. Ci
siamo distesi nudi ed ancora ansimanti sulle lenzuola fresche, lei ha
borbottato una qualche formula di apprezzamento scivolando nel sonno. Lo fa
solo quando riesco a procurarle un orgasmo di particolare intensità, e
questo accade quando io sono particolarmente eccitato. Mi sono girato su un
fianco, abbracciando il cuscino nel tentativo di trarne ogni algidità, tanto
si fa prepotentemente calda questa estate appena cominciata. Ho ripensato,
negli istanti che precedono il torpore e che annunciano il sonno profondo,
al caos che ancora ci circonda: anche il nostro letto è circondato dalla
confusione, simile ad un'oasi rosa in mezzo a montagne di indumenti,
scatole, scarpe e quant'altro dovrà trovare il suo spazio all'interno del
nostro nuovo armadio; ma che ancora attende, posato a terra o alla meglio su
qualche sedia, la fatica di chi dovrà plasmare il caos, domarlo, per trarne
un ordine compresibile: è come dar forma al pensiero, mi dico chiudendo gli
occhi. E nel varcare il confine che separa la veglia dal sonno mi accorgo
languidamente d'una erezione inattesa.

16 Giugno

Mi sono rimboccato le maniche ed ho prestato le mie braccia alla causa
d'ordine: per tre giorni ho cercato di aiutare Anna sistemando i libri nella
libreria, dopo averli spolverati uno ad uno, attaccando tutti i lampadari al
soffitto, mettendo in ordine le videocassette in salotto, montanto tutti
quei piccoli mobili non necessari che i traslocatori hanno semplicemente
trasportato in casa a pezzi.
 Il risultato di tanta fatica emerge, almeno un po', dal mucchio di
cianfrusaglie che sopravvive negli angoli e che attende il suo turno ora
dopo ora. Il grosso è fatto, e sono molto stanco. Mi sono sentito parecchio
spossato per tre sere di fila, e per tre sere di fila io e Anna non abbiamo
fatto l'amore.
 Anche oggi, per quasi tutto il giorno, mi sono dedicato alla cura della
nostra nuova casa: è stata la volta di televisione, computer ed impianto
stereo.
 Adesso che finalmente è sera scrivo al tavolo della cucina, mentre Anna
prepara qualcosa di veloce per cena e la TV trasmette il telegiornale delle
venti. Annusando l'aria colgo finalmente odori di solito: di una cena
leggera, di biancheria da stirare, di spazzatura da buttare. Tutti i profumi
di quotidianità che un trasloco soffia via per qualche giorno.
 Ecco: è pronto. Anna mi chiede di apparecchiare il tavolo: non so se abbia
o meno prestato attenzione a questa mia nuova occupazione. Tuttavia la
conosco abbastanza bene da sapere quanto lei conosce bene me, e quindi trovo
quasi scontata l'idea che stia morendo dalla curiosità di dare un'occhiata
al mio diario. E' il momento buono per chiuderlo, per oggi.

17 Giugno

Stamane s'è svolta la prima giornata di lavoro nel mio nuovo impiego. E'
anche per questo lavoro che ci siamo trasferiti: era la svolta economica che
cercavamo entrambi, io ed Anna, e non abbiamo esitato un attimo di fronte
alla possibilità di lasciare finalmente i paeselli e i prati in cui siamo
cresciuti per trasferirci in città. Una casa tutta nostra (senza contratti
di locazione, non so se mi spiego) che pagheremo un mese per volta. Un
ambiente ampio, vitale, in cui costruire progetti. Volti anonimi al semaforo
o alla fermata dell'autobus, nessuno che possa sapere chi siamo o cosa
facciamo tra le mura del nostro nido; e chissà quali e quante esperienze
nuove ad attendere là fuori.
 Sì, siamo felici assieme: a questo pensavo attorno alle otto del mattino,
mentre camminavo in direzione del mio nuovo ufficio. Mi sono lasciato dietro
qualche anno di gavetta, un paio di contratti-fregatura utili solo per
riempire curriculum, e tanta voglia di movimento. Ora sono un database
administrator: finalmente svolgerò mansioni all'altezza dei miei studi e
della mia preparazione tecnica, per conto di una importante società
informatica. Nessuna pagina html da preparare, nessuna stupidaggine in
Visual Basic da progettare, nessun database Access con cui avere a che fare.
Qui si fanno le cose sul serio, e me ne sono reso conto quando l'applet
dell'orologio in basso a destra sul mio monitor segnava appena le undici del
mattino. Mi era stato detto semplicemente di sedermi lì e di ambientarmi un
po', dando un'occhiata a una serie di lavori già pubblicati, tanto per
rendermi conto di cosa avrei dovuto fare. La macchina che mi hanno messo
sotto le mani è un comune PC desktop, ma ho avuto modo di valutare
positivamente la strutturazione accurata della rete interna: è evidente che
c'è qualcuno ben pagato ad amministrare il tutto, e che non si tratta di un
lavoro svolto dal solito 'ragazzo jolly' che fa un po' di tutto e un po' di
niente.
 Attorno alle undici, dicevo, mi si è presentato quello che da oggi in poi
dovrò imparare a conoscere come il mio capo: un uomo sulla quarantina, in
camicia e jeans; il genere di persona che si prende sul serio fino ad un
certo punto, e che per una mia qualche deviazione erotica sono solito
immaginare a masturbarsi di fronte ad un sito porno, la notte, quando moglie
e figli dormono un sonno tranquillo e ristoratore.
 Il mio capo ha detto di chiamarsi Roberto: mi ha stretto la mano ed abbiamo
chiacchierato per un po' di questo e quello, prima di scendere in dettagli
lavorativi. Mi sono domandato un paio di volte, durante la nostra amichevole
conversazione, se si trattasse di una tecnica acquisita o di spontanea
socievolezza nei riguardi dell'ultimo arrivato. Non ho saputo darmi
risposta.

18 Giugno

Ieri sera, appena chiuso questo mio scrigno di lettere, ho seguito Anna in
camera da letto. Erano più o meno le undici, e mi aspettavo che lei volesse
coinvolgermi in qualche esperienza sessuale: così, sono rimasto piuttosto
interdetto e deluso non appena ho realizzato in cosa consistesse
effettivamente il suo richiamo: desiderava mostrarmi con quanta cura avesse
suddiviso tutti i vestiti e la biancheria tra armadio e cassettiera.
 "Nei primi tre cassetti," ha spiegato subito, "ci sono le tue mutande, i
tuoi calzini, le magliette e i pantaloni corti."
 Ha aperto uno dopo l'altro i cassetti per mostrarmene il contenuto. Io non
sono mai stato capace di ordinare le cose, in specie gli indumenti di
qualsiasi tipo. Quando ero ancora adolescente e mi capitava di trascorrere
un paio di settimane al mare, in un appartamento affittato con amici,
buttavo semplicemente le valige per terra e le aprivo, per trarne di volta
in volta ciò di cui abbisognavo, mentre parallelamente venivano issati da
terra cumuli di pantaloni, magliette, biancheria e quant'altro a fine
giornata si presentava accartocciato dal sole, dal sudore di pomiciate sulla
spiaggia e sporcato a seguito di qualche sbornia serale. Quando i cumuli
raggiungevano un certo volume, si passava alla fase di lavaggio. Niente di
più: e per tutto il periodo delle vacanze, l'armadio onnipresente in quelle
camere affittate a basso costo, rimaneva inviolato.
 Anna mi ha mostrato poi i suoi tre cassetti, quelli in cui NON devo mettere
niente di mio, per evitare confusione. I primi due sono colmi di slip,
calze, calzini e collant. Il terzo, inaspettatamente, contiene una quantità
di capi che rararmente le ho visto addosso: posso distinguere reti ed
elastici, e più a fondo, seminascosto da una garrettiera bianca, un corpetto
che le era stato regalato anni fa per scherzo, in occasione del suo
trentesimo compleanno.
 Lei si è accorta della mia attenzione rapita ed ha richiuso maliziosamente
il cassetto. L'ho osservata per un lungo istante ed ho scoperto che era
rilassata, contenta di intraprendere una nuova via accanto a me, e disposta
a soddisfare ogni mio capriccio. Il suo sguardo m'è parso ammiccante, e mi
sono chiesto per un paio di volte se lei sapesse già che il mio cazzo stava
iniziando a tendersi. Questa donna che ho amato ed amo possiede l'eccitante
ed implicitamente sgradito dono di vedermi attraverso, come se i miei
vestiti e la mia pelle fossero carta oleata dalla quale trasudano le forme
danzanti dell'eros.
 Io, testardo, le ho detto allora:
 "Lo sai che il termine 'mutanda' deriva dal latino? Vuol dire 'che cambia'
o qualcosa del genere. Per l'appunto, le mutande vanno cambiate".
 Lei ha solo sorriso, m'è venuta vicino e mi ha baciato. Non c'è stato
bisogno di dire niente, né per me né per lei, e ci siamo trovati a fare
l'amore, prima di dormire, com'è sempre piaciuto ad entrambi.

19 Giugno

Oggi mi è successa una cosa davvero strana. Niente che mi sconvolga più di
tanto, ma certamente qualcosa che merita d'essere scritta qui.
 Per farla breve: mi sono masturbato.
 Niente di speciale, come avevo annunciato, ma ciò che mi ha dato da pensare
per tutto il giorno, dal momento in cui ho osservato il mio seme galleggiare
nel pozzetta del water in attesa dello sciacquone, è stata la modalità
dell'atto.
 Mi trovavo più o meno immerso nel pomeriggio, in un qualche momento di
stasi tra le quindici e le sedici, durante il quale avrei dovuto cominciare
a stendere un progetto di rinnovo al sistema di gestione del database di un
grosso portale internet. E' questo il compito che mi è stato dato, anche se
il tempo a mia disposizione è fortunatamente di molto superiore a quello che
mi è realmente necessario a svolgere il lavoro. Così posso alternare momenti
di concentrazione, in cui produco un sacco di codice e di documentazione, ad
istanti di ricerca e riordino delle idee. Proprio durante una di queste
pause, girovagando svogliatamente per il web, sono incappato in uno di quei
siti pornografici che in genere linkano risorse gratuite da una parte e
cercano di sparare costosissimi dialer dall'altra. Ma qui, come ho già
detto, la rete interna è ben progettata ed i controlli restrittivi per
l'esecuzione degli odiosi programmini sono attivi ed impassibili: non mi
resta che girovagare per centinaia di fotografie e filmati hard senza
nessuna preoccupazione. Il mio collega più vicino sta lavorando a sette
metri da me, nell'angolo lontano, e del mio monitor a 21' non può leggere
che l'anonima etichetta posta sul retro. In genere non ho mai fruito
abitualmente di materiale pornografico, e lì per lì ho voglia di chiudere
tutto e tornare a lavoro; inoltre inizia a ronzarmi in testa l'idea che il
router potrebbe loggare tutto.
 Mi sono domandato per un istante il da farsi, e di nuovo m'è tornato in
mente questo mio diario e tutta la confusione da cui esso è sorto; gli
oggetti ed i colori buttati in giro, il fruscio delle pagine nel silenzio.
 I miei trascorsi da amministratore di reti comprendono una certa esperienza
in ambito underground: non ci ho messo molto a svolgere un controllo
sommario che mi ha convinto del fatto che nessun log dei siti visitati viene
salvato.
 Mi sono lasciato andare per un po', incuriosito più che altro dalla novità
delle mie pulsioni che da una qualche loro intrinseca carica erotica, e ho
navigato per una mezz'ora, salvando su una cartella criptata del disco fisso
del mio computer quantità ingenti di fotografie, racconti e filmati vari.
 Situazioni banali, situazioni al limite dell'assurdo: uomini e donne, donne
e uomini, donne e donne, uomini e uomini: un vortice di rosa e rosso e nero,
un viaggio istantaneo tra quelle sfumature che possono descrivere un glande,
una vagina, un capezzolo, una lingua.
 Si erano fatte più o meno le sedici quando mi sono reso conto di avere di
fronte due sole possibilità per poter arrivare salubremente al termine della
giornata: continuare ad oltranza a scaricare e visionare materiale
pornografico, o trovare una qualche valvola di sfogo all'impressionante
eccitazione che gonfiava il mio sesso.
 Così, senza pensarci su, ho chiuso tutti i browser aperti sul mio desktop e
mi sono incamminato verso il bagno: uscito dall'ufficio, ho percorso il
corridoio nella speranza di non incontrare nessuno (non sapevo quanto della
mia erezione fosse visibile ad un'occhio meno che attento) ed ho raggiunto
la toilette. Mi sono chiuso dentro al primo dei tre gabinetti e mi sono
preso saldamente il cazzo nella mano destra, riuscendo ad eiaculare in meno
di due minuti una quantità di sperma che non mi ero assolutamente atteso.
 Poi, godendo per un attimo di un lieve indolenzimento localizzato appena
sotto allo sfintere, ho iniziato ad osservarmi i palmi delle mani e a
riflettere.


27 Giugno

E' molto che non scrivo, ma per tutti questi giorni non ho fatto altro che
rimandare il momento in cui mi sarei potuto sedere qui, al solito tavolo
della cucina, per continuare la narrazione di questo diario.
 Ormai ne sono consapevole: qualcosa sta cambiando in me, e non so ancora se
in bene o in peggio. Ancora una volta sarò breve, a costo di risultare fin
troppo diretto e venatamente volgare (ma nei confronti di chi, poi?): una
smania irresistibile mi coglie di tanto in tanto, nel pensiero che potrei in
ogni istante prendere in mano la mia penna e schizzare d'inchiostro le
pagine.
 Come sto facendo in questo momento, ora che l'orologio segna quasi la
mezzanotte. Anna è a letto, forse dorme. Non mi importa.
 Oggi mi sono masturbato sei volte: la prima questa mattina, seduto sulla
tazza del cesso, sfogliando distrattamente una delle riviste hard che ho
preso a stipare nel cassetto del mio comodino, sotto alle scatolette di
analgesici e preservativi. Anna non lo sa, credo, ma anche se lo scoprisse
non sarebbe un grosso problema: penso che mi chiederebbe spiegazioni, ed io
saprei fornirgliene di eccellenti.
 Purtroppo, non so se posso ingannare con altrettanta leggerezza me stesso:
perché se si trattasse soltanto di farsi delle seghe, eviterei semplicemente
di farmele. Ma qui c'è qualcosa che non quadra, o per lo meno che quadra in
un modo che non riesco a capire; e la cosa sta iniziando a darmi noia.
 Sei volte, dicevo: e dopo la prima, la più difficile, è accaduto per ben
tre volte in ufficio (sto iniziando a preoccuparmi del fatto che i colleghi
possano ritenermi incontinente), e due qui a casa; la prima non appena
arrivato, sotto la doccia che questo incipit afoso d'estate rende
indispensabile dopo una giornata di calura e aria condizionata. E la seconda
pochi minuti fa, davanti alla televisione.
 Anna, come ho già spiegato, è già a letto: il suo nuovo lavoro è piuttosto
impegnativo (fa la disegnatrice di abiti) e lascia poco spazio alle veglie
notturne; il restare alzati contro le regole del buon riposo (o sono quelle
della buona produzione?) a godersi il buio che filtra dalle tapparelle quasi
completamente serrate. Il sudore sulla mia pelle attira le zanzare, e riesco
a cogliere il ronzio acuto e quasi impercettibile che di tanto in tanto mi
si fa prossimo e minaccioso. Allora levo il capo dalle pagine ed interrompo
la scrittura: ecco.
 Mi sono guardato attorno per molti istanti, ho volto lo sguardo di qua e di
là, ma niente: la zanzara non si vede. So che non appena sarò nuovamente
assorto nella scrittura il suo 'zzz' tornerà alla carica, proprio nel bel
mentre di un pensiero esaustivo, proprio adesso.
 Ecco.
 Ora basta: decido di non distrarmi più. Ho caldo, e preferisco accettare
l'idea di essere punto per irrigare le uova di uno schifoso insetto che
dover trasalire ad ogni segnale d'allarme. Al diavolo tutto: ecco quel che
ho fatto meno di mezz'ora fa.
 Ero comodamente stravaccato sul divano del salotto, stanco in ogni
direzione e in attesa del momento buono per spegnere la televisione e
raggiungere la mia amata sul piano astrale dell'incoscenza. Una birra fresca
in una mano, il solito spinello di fine giornata nell'altra, a saltellare
tra un canale e l'altro attraverso il monotono panorama del palinsesto
estivo. Tutti quei cicli di film per appassionati che tappano i buchi più
profondi della TV durante la bella stagione partiranno solo all'inizio di
Luglio, e per ora si vivono due settimane di semi incoscienza: programmi in
replica, telefilm della peggior specie, documentari inutili e vecchi di
decenni.
 Molta, molta noia: terminato lo spinello ero quasi certo di essere pronto
per il sonno. Solo che, un istante appena prima di levarmi dal divano, ho
dato un'ultima ditata al telecomando: passando velocemente dal sei all'otto
ho sostato per almeno un secondo e mezzo su una rete privata, che
naturalmente stava trasmettendo una qualche pubblicità di linee telefoniche
erotiche a valore aggiunto.
 L'immagine di un seno prosperoso, talmente florido da apparire costretto a
fuoriuscire dall'esile corpetto che lo costringeva (un corpetto in tutto e
per tutto simile a quello che ero riuscito ad intravedere nel cassetto di
Anna) mi era entrata dentro al punto che, approdato su una più
tranquillizzante vendita di automobili usate, non osavo tornare indietro,
per il terrore di non trovare più quella specifica immagine, ma una
inquadratura diversa; una sequenza in cui si fosse vista la donna per
intero, una figura femminile che per quanto peculiarmente eccitante non
avrebbe mai potuto corrispondere alla mia personalissima idea di bellezza:
di lei mi era bastata quella tetta perfetta, quella minuscola mezzaluna di
capezzolo sull'orlo di saltar fuori; e niente più, perché scoprire il resto
sarebbe stato come scoprire che il miglior racconto che tu possa aver
scritto era già proprietà di qualcun altro da parecchio tempo.
 E così, senza quasi rendermene conto, davanti ad un pacioso venditore
d'auto, ho iniziato a toccarmi sotto ai jeans, sotto alle mutande,
massaggiandomi lo scroto e saggiando di tanto in tanto la consistenza della
mia erezione con il palmo della mano. Poi, sorseggiando nervosamente dalla
lattina di birra che tenevo nell'altra mano, ho preso a pizzicarmi il
prepuzio, per passare quasi subito a masturbarmi in modo vero e proprio,
dapprima con calma, poi calandomi non senza qualche intoppo i pantaloni di
quel tanto che mi era sufficiente.
 Ed ecco: mi sono fatto la sesta sega della giornata guardando una
televendita di automobili in televisione. Ed è stato altrettanto bello ed
altrettanto intenso che tutte le altre volte, anche se a raccontare certe
cose non si può che attirare su di sé l'accusa di perversione e banalità.
Inizio a sospettare, forse, che io sia davvero perverso e banale. Non
sarebbe da escludere, ma questa cosa necessita una riflessione, quantomeno,
e questa semplice evidenza già mi basta; e mi ossigena nella convinzione che
non ci sia niente di scontato nella masturbazione.
 
28 Giugno

Non so perché abbia scritto qui sopra la data di oggi. A dire la verità,
sono passati solo pochi minuti da che ho terminato di scrivere del 27
Giugno, cioè di ieri.
 Poi mi sono alzato, piuttosto soddisfatto.
 Ho terminato la mia birra e mi sono diretto verso il bagno: ho orinato
abbondantemente e ho deciso con sollievo che era venuta l'ora di andare a
nanna.
 Sicuro di aver esaurito le mie smanie mi sono spogliato e sono andato a
coricarmi accanto ad Anna: ho spento la luce e sono rimasto per alcuni
istanti solo nel buio, a sentirla respirare accanto a me. Ho ricominciato a
riflettere su questa ultima settimana in cui non ho scritto una sola riga
del mio diario: ho solo detto che la situazione è andata peggiorando. Ma so
che questo non significa molto, e che un giorno, rileggendomi, potrei non
capirmi.
 E' andata così: tralasciando le date, ed abbandonandosi agli eventi:
 
 La pratica di masturbarmi in ufficio s'è staccata dall'occasione dei siti
pornografici. L'eccitazione si manifesta in modi inusuali ed obbiettivamente
strampalati: può capitare una frase colta all'improvviso, il tono della voce
della donna delle pulizie che mi chiede se può svuotare il mio cestino delle
cartacce, lo sguardo di una liceale sull'autobus prima di arrivare a lavoro.
Sono tutte piccolezze che mai e poi mai considererei stimolanti, ma ciò che
le muta in necessità sono tutte le costruzioni della mia mente. Non
fantasticherie, è bene chiarirlo, ma distinte sensazioni che prendono a
serpeggiare sotto, come una linea di basso comincia e si porta dietro tutta
la canzone.
 
 Anche la musica, difatti, riesce in questo: non è neppure necessario che ci
sia una parte cantata; anzi, in brevissimo tempo mi sono reso conto di
quanto più potente sia la semplice melodia, di quanto più d'ogni altra cosa
abbia la forza di farmi scorrere il sangue nelle vene appena più
velocemente, di come sia in grado un ritmo azzeccato o un inserto di
chitarra a catturare la mia attenzione più animale, il mio istinto.
 
 Osservo le persone al bar, in pausa pranzo, e il mio sguardo si fissa sul
culo di uno dei camerieri. E' un ragazzo alto, ben formato, moro. Non provo
verso di lui la minima attrazione fisica. Ma inizio a pensare che potrebbe
piacere ad Anna, anche se non me lo confesserebbe mai. Questo mi provocherà
parecchie sortite al bagno, questo pomeriggio.
 
E poi, dopo tutto, c'è questo quaderno.
 Sono ormai in grado di chiuderlo, credo, perchè ho imparato la lezione:
eccomi nuovamente seduto al tavolo della cucina, adesso nudo, nell'atto di
porre termine ad un gioco che potrebbe non piacermi, perché, come ho già
avuto modo di intuire, non so dove potrebbe portarmi.
 Ricapitolando: ero nel buio, accanto a lei, insieme ai miei vagheggiamenti.
E tutte queste immagini hanno preso a danzarmi in testa: le voci, gli
sguardi, le melodie; e sì, anche il bel cameriere che osservavo giorni fa.
Così mi sono levato, preso d'una eccitazione febbrile, e senza pensare ad
altro mi sono tolto le mutande e, postomi in ginocchio sopra al viso
dormente di Anna, ho preso a masturbarmi ferocemente: il pene indolenzito,
costretto e violentato dalla mia stessa brama d'ultima eiaculazione; fino a
quando, con mia somma soddisfazione, sono venuto debolmente in faccia alla
mia donna, scopandomi il suo sonno e i suoi sogni d'un sol colpo.
 Lei ha fatto un verso strano, a metà strada tra l'irato e il divertito,
perché probabilmente non si  è quasi resa conto di cosa stava succedendo,
stanca com'era.
 Poi mi sono sentito vuoto, incapace di dormire: così mi sono alzato e sono
tornato qui in cucina. Ho preso una nuova birra dal frigo e l'ho stappata,
ma non riesco quasi più a berne.
 So che ora è il momento buono per finire di scrivere su questo quaderno:
non ho mai avuto un diario, e ora so perché. Occorre troppo coraggio anche
solo per compilare la lista della spesa: e l'esperienza di una narrazione,
qualsiasi essa sia, mi porterebbe faccia a faccia con questioni che non ho
intenzione di affrontare; le dimensioni segrete del tempo e dell'anima, i
suoni e gli sguardi che improvvisamente scatenano la mia erezione e mi
costringono a restare calmo.
 Ora il tempo è finito, e domani dovrò alzarmi molto presto: sono felice.

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By PETOGENISTA