UN ORGASMO LASCIATO IN SOSPESO   di Gosuto Raita

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E' passato un mese ma sembra una vita.
Fa freddo, piove. L'ombrello pesa di piombo puro, ma e' l'aria,
odorosa di erba bagnata, che mi crea il maggior disagio, colpendomi
l'anima in maniera insopportabile.

Era il primo sole di primavera, ci eravamo divertiti a Venezia. La
mattina presto, poco traffico, un paio di spensierate ore in macchina,
spettatori della caleidoscopica campagna lombarda, che neanche di
domenica riposa. E poi tutto secondo copione. I battelli, le calli, i
ristoranti, il puzzo del pesce e il vino. E l'allegria, troppa
allegria, troppa felicita' da contenere per tutto il viaggio di
ritorno. La campagna lavorera' anche di domenica, ma per certo si
addormenta al calar del sole, immobile e protetta dal buio della
notte.

La ghiaia, laggiu', sotto i miei piedi scricchiola impietosa, o forse
sono io.
No. Il mio cuore s'e' spezzato in maniera secca, decisa, non ci sono
stati sospetti rumori premonitori.
Provo ad immaginare dove tu possa essere in questo momento, ma non
sono piu' riuscita a pensarti. Solo ricordarti.

"Mmmhhh ... ho voglia di scoparti !!". Mi usci' cosi'. Non fu una cosa
ponderata, pianificata. La giornata era stata intensa, ma il desiderio
si era prepotentemente affacciato tra le mie cosce stanche, nel riposo
del sedile. Tu sorridesti, felice, semplicemente soddisfatto.
Poggiasti la mano sulla stoffa dei miei pantaloni. Probabilmente fu
solo un gesto d'affetto, ma nel momento in cui le tue dita sfiorarono
il mio corpo, cinque scosse distinte si scatenarono dalla mia coscia,
percorrendo, sottocute, tutto il corpo. Mi ricordo ancora che i
capezzoli si inturgidirono istantaneamente. E non fu solo per
provocarti che mi sfilai il reggiseno dalla camicetta semiaperta.

Perche' mi hai lasciato ?
Come pensi che possa continuare senza di te ?

"Masturbati per me." Non era un ordine, era una semplice richiesta. Ma
neppure sotto tortura avrei potuto negarci quel piacere. Sbottonai i
pantaloni infilando lentamente la mano tra le mutandine e la pelle.
Carezzando ogni singolo pelo, mi intrufolai con le dita alla ricerca
del piacere.
Mi trovai gia' bagnata ma non mi stupii minimamente. E mi rilassai
semplicemente, ansimando, lasciando che il mio corpo mi guidasse,
rendendoti partecipe di quello che succedeva la sotto, celato alla
vista. Ma ben presto non mi basto' piu'. Abbassai i vestiti fin sotto
il ginocchio, incurante dei possibili sguardi degli stanchi
camionisti, dall'alto delle loro cabine, e spalancai piu' che potei le
cosce, tormentandomi oscenamente il clitoride, in preda all'euforia
piu' lasciva.

Mi fa male ricordare. A volte mi sembra che il vuoto dentro di me mi
tiri a se' con furia, consigliandomi di implodere in me stessa.
Lascio cadere l'ombrello e alzo lo sguardo grigio al cielo plumbeo.
Sento la pioggia scorrermi sul viso, lavandomi le lacrime,
inzuppandomi capelli e vestiti, sperando che qualche sensazione
esterna, per quanto sgradevole, mi distragga dal dolore che provo.

Mancava cosi' poco all'orgasmo, quando mi afferrasti il polso,
strappandomi la mano dalla fica. Ti guardai con stupore e naturale
irritazione, ma tutto cio' che provai fu tenerezza quando vidi la
delicatezza con cui mi leccavi le dita, senza distogliere lo sguardo
dalla strada.
E' strano, pensai, come questo gesto cosi' bello veniva, normalmente,
messo quasi in secondo piano, completamenti presi nel fissare
intensamente l'altro negli occhi. La mancanza degli sguardi
vicendevolmente catturati facevano in modo che potessi concentrarmi
sulla tua bocca che, golosa, si sfamava del mio sapore.
Poggiasti la mia mano sul tuo uccello duro, pregandomi di prendertelo
in bocca. Avresti potuto chiedermi qualsiasi cosa in quel momento.
Abbassai la cerniera in fretta, sdraiandomi sorniona per quanto
l'abitacolo mi permettesse, infilando la testa sotto le tue braccia,
catturando con la bocca la rossa cappella congestionata. Adoravo il
tuo sapore, cosi' messo in evidenza dalla giornata appena trascorsa e
non camuffato da saponi e detergenti. Annusavo, leccavo e succhiavo.
Ti masturbavo con la mano senza dar pace alla mia lingua ballerina.
Volevo solamente che godessi.
Al primo schizzo avrei continuato a muovere la testa, bevendoti
completamente, correndo a soddisfare con le mani il mio desiderio
interrotto poco prima.

Questo e' l'ultimo pensiero che ricordo di me stessa.
Crollo sulla tua tomba piangendo il mio dolore.
Sento, lontane, le grida spaventante. Stanno correndo tutti qui, ad
aiutare la storpia a risalire sulla carrozzella.
Ad aiutare questo corpo, morto solo a meta', che non potra' mai piu'
raggiungere quell'orgasmo lasciato in sospeso.

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di  Gosuto Raita