Dedicato a C.   Di Plinio

 

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Appena si chiuse la porta di casa C. mi guarḍ con il suo solito
sguardo malizioso, ma non disse nulla. Conoscevo bene quel suo
sguardo, da molto tempo, da quando, ragazzini a scuola, ci lanciavamo
quegli stessi sguardi tra centinaia di teste ferme alla fermata
dell'autobus. C. era bellissima, gia' donna a sedici anni, o forse
cosi' mi sembrava, sicuramente molto piu' donna di quanto io non fossi
uomo. La nostra storia inizio' in modo un po' rocambolesco, e' vero:
tutti i nostri compagni di scuola avevano gia' da tempo capito le
nostre intenzioni, ma poiche' ne' io ne C. avevamo ancora fatto il
passo decisivo, furono loro a buttarci letteralmente uno nelle braccia
dell'altro.

Con C. ho passato anni meravigliosi che ci hanno visto attraversare le
eta' piu' difficili, le eta' delle incomprensioni con i genitori, le
difficolta' degli studi, con i sentimenti e le necessita' di persone
che crescono e cambiano. E' vero', abbiamo anche attraversato momenti
bui, ma ne siamo sempre usciti piu' forti, questo pensavamo. Lei e'
sempre stata tenace nel capire dove sbagliavamo e dove il nostro
rapporto era da migliorare. Aveva una incredibile vena umoristica: C.
trovava sempre il lato comico della situazione. Cosi', quando per
strada c'era qualcosa o qualcuno che le ispirava qualche battuta, mi
stringeva la mano e mi lanciava una occhiata ammiccante. La sera ne
avremmo parlato e riso per ore.

Provavamo una attrazione fisica reale, vera. Mi ricordo quando la
vedevo arrivare all'appuntamento oppure quando ci salutavamo. La
guardavo andar via con il suo passo sinuoso, i fianchi stretti, nelle
sue gambe tornite dalla passione per la corsa i muscoli guizzavano
quel tanto che bastava a mandarmi alle stelle. Il seno era dolce come
lei. Si', l'aggettivo che ho sempre usato per descrivere il suo seno
e' "dolce". Era il suo chiodo fisso, quel seno forse un po' piu'
piccolo di quello che la moda o le misure standard avrebbero previsto
per lei. E invece era bellissimo, appena all'insu', un po' aperto sul
torace, con un capezzolo ben pronunciato. Quando era estate o
primavera C. portava spesso camice che teneva un po' sbottonate, non
per esibizionismo, anzi, lei diceva che tanto non aveva nulla da far
vedere, e invece quelle linee mosse la' sotto erano incredibilmente
piu' seducenti per me, molto piu' di invadenti forme. Come quando
portava i maglioncini leggeri, quasi sempre grigi antracite e scollati
a vu, senza nulla sotto, ne' reggiseno o camicia: aderivano al suo
petto donandole un aspetto da ragazzina cattiva che mi faceva
impazzire, e lei lo sapeva.

Mentre stavo tornando in cucina lei usci' dalla camera e mi avvicino'
da dietro: io mi fermai, non ce la facevo piu' ad aspettare, perche'
quella sera avevo una voglia matta di fare l'amore e forse-- si', anche
lei era desiderosa di volare--perche' noi volavamo, i nostri rapporti
erano qualcosa che nessuno eccetto noi due avrebbe capito, era amore,
era passione, era sesso, era tenerezza, era tutto. Comincio' a
slacciarmi la cintura dei pantaloni mentre mi baciava e leccava il
collo e le orecchie. La mia eccitazione fu istantanea, ma non feci
nulla. Poi C. apri' il bottone e lentamente fece scivolare giu' la
cerniera. Mi scosto' leggermente le mutande e il mio membro
prepotentemente si protese vero le sue mani, che pero' volutamente non
mi presero, ma solo sfiorarono leggermente le palle. Le sua mani
scivolarono lentamente sotto la camicia fino a sfiorare appena i miei
capezzoli mentre io la prendevo dietro per i fianchi per avvicinarla
il piu' possibile a me. Continuava a leccarmi e a scorrere le mani sul
mio petto e sul ventre quando si lecco' il palmo della sua mano destra
e mi prese il pene. Mi afferro' con fermezza e comincio' a muovere
lentamente in basso, fino a tirami con decisione il prepuzio e poi
su', fermandosi appena sotto il glande, prima con la mano intera, poi
tenendomi solo con il pollice e l'indice.

Le avevo insegnato io cosi': quando da ragazzini restavamo soli,
finalmente soli in qualche luogo tranquillo, spesso ci sfinivamo di
baci, baci innocenti i primi, anche se presto diventarono baci lunghi,
intensi, desiderosi. C. era piu' imbarazzata di me, anche se i suoi
occhi neri e veloci dicevano chiaramente che non si sarebbe tirata
indietro a quel gioco. Quando vinse la paura di mostrarmi il seno e
io, a mia volta, il mio pene, iniziammo ad allargare le destinazioni
dei nostri baci e delle nostre carezze. A quel tempo giocavamo a fare
l'amore, avevamo paura ad andare troppo oltre, e forse a quel tempo
neppure l'avremmo capito, cosi' che a volte ci stimolavamo per ore,
prima accarezzandoci, poi baciandoci e infine leccandoci. Mi ricordo
la prima volta che ci spogliammo di tutto e C. si mostro'
completamente nuda. Mi parve una dea: dopo tanti sogni di ragazzino,
avevo sotto di me una dea, che potevo toccare, alla quale potevo
parlare. Cercavo di non imbarazzarla, di guardarla negli occhi,
insomma di fare come se il fatto di essere nudi uno sull'altro fosse
per me normale. Ma non era cosi', non era normale, a quel tempo, ne'
per me ne' per lei, e io l'avrai mangiata con lo sguardo, avrei voluto
fissare per ore la sua vagina fradicia di umori il cui odore e sapore
mi era fino ad allora sconosciuto.

Ma quella sera di molti anni dopo non avremmo giocato come da
ragazzini, avremmo giocato da grandi il gioco dell'amore. Mentre con
una mano aveva iniziato a masturbarmi, con l'altra mi massaggiava
dolcemente le palle ed il ventre. Il mio respiro si faceva profondo,
sempre piu' profondo. Dopo qualche minuto la fermai e mi girai davanti
a lei. Senza dire nulla C. mi fece un sorriso e si inginocchio'
davanti a me leccando tutto il pene dal basso all'alto. Arrivata sulla
cappella la lavoro' un poco e poi se la mise in bocca, cominciando a
succhiarla e leccarla. Quando se toglieva il pene dalla bocca lo
sfilava lentamente tenendo ferma la pelle con due sole dita e facendo
attenzione a sfregare le labbra e la lingua sul glande, turgido e
rosso. La guardavo, mi eccitava da morire guardarla mentre di
succhiava e lei lo sapeva perche' anche lei mi guardava: sapeva che mi
piaceva che mi lavorasse solo con la bocca e infatti le sue mani mi
massaggiavano il ventre e il culo. La sensazione di piacere aumentava
ad ogni sua passata, una sensazione di caldo mi saliva dal collo, mi
sentivo fremere per una tensione interna che cresceva in me. Le presi
la testa tra le mani e dolcemente la invitai a roteare la stimolazione
sul glande, in modo che mi succhiasse con un movimento a spirale
mentre cercava di tenere il pene piu' in orizzontale possibile.

Eravamo abituati a dirci tutto mentre facevamo sesso. Ci dicevamo
sempre cosa fare, come fare per aggiungere il massimo di piacere ai
nostri gesti. Quella sera non dissi nulla. Altre volte invece capitava
che le chiedessi di fermarsi, o bastava che le facessi un cenno, e lei
interrompeva per un poco e poi riprendeva: sentire il mio liquido
seminale che saliva e poi si arrestava e poi di nuovo saliva mi dava
una violenta scossa di piacere. E lei era bravissima a capire il
momento giusto. A volte invece era C. che voleva stimolarsi in modo
diverso: una volta mi fece mettere prono, lei si sedette sul mio culo
e inizio' a toccarsi e bagnarsi di saliva il clitoride. Poi, piano
piano prese a strusciarsi sulla mia schiena risalendo verso la nuca
facendo attenzione a toccarmi solo con il clitoride. Era una
sensazione incredibilmente eccitante anche per me perche' riuscivo a
distinguere sulla mia spina dorsale il calore del suo sesso e le gocce
dei suoi umori che cadevano. Poi arrivata all'altezza della mia nuca,
torno' giu' di nuovo verso il mio sedere. Ricordo che quando arrivo'
per la seconda volta all'altezza della nuca la sua vagina era
completamente bagnata; mi voltai e iniziai a leccarla avidamente,
dapprima cercando di coprire la superficie piu' ampia possibile, e poi
cercando di penetrarla piu' in profondita'. A volte ci masturbavamo o
facevamo l'amore davanti ad un grosso specchio: ci eccitava vedere i
nostri corpi uno nell'altro, le piaceva vedersi mentre la sua vagina
inghiottiva il mio pene turgido.

C. continuava a succhiarmi e sentivo che ad ogni sua stimolazione il
mio liquido saliva, sentivo la mia cappella dilatarsi sotto ogni
pressione delle labbra, sempre di piu'; mi resi conto che stavo per
venire e non volevo. Quella sera volevo venire dentro lei, volevo che
anche lei volasse con me. Cosi' la fermai, e presi a baciarla. Le
nostre lingue si cercavano e si inseguivano freneticamente, finche'
non riuscii a fermare la sua ed iniziai a succhiarla. Ci piaceva, a
turno, succhiare la lingua dell'altro. Le miei mani avevano preso a
sfiorarle il seno, ma C. mi fece cenno che non voleva, cosi'
scivolarono sulle sue natiche che presi con forza per sollevarla e
permettere la mia penetrazione. Appena la mia cappella si avvicino'
alla vagina di C. sentii una ondata di calore e fui bagnato dagli
umori che l'avevano resa pronta ad accorgliermi. Era cosi' bagnata che
la penetrai in un istante: feci appena scivolare C. in basso e mossi
il mio bacino verso l'alto. C. emise un gemito di piacere. Sentivo le
pareti della sua vagina attorno al mio pene, avevo la sensazione di
percepire il contatto di ogni millimetro quadrato del mo pene dentro
di lei.

Ci spostammo un poco e addossai per quanto possibile il culo di C.
contro la parate, in modo da lasciarmi un po' piu' libero di muovermi.
Presi a baciarla freneticamente sul collo e mentre lei abbandonava la
testa all'indietro la leccavo, la mordevo sul collo, sul decolte',
cercavo di leccarle i capezzoli. Ora eravamo bestie che si
accoppiavano e alla dolcezza aveva preso il posto la passione violenta
del sesso. Adoravo quella sua posizione. Anche quando facevamo l'amore
distesi a letto, con lei sopra, adoravo quando, immersa nel piacere,
abbandonava la testa all'indietro e i suoi lunghi capelli neri le si
scioglievano. In quella posizione offriva tutta se stessa: il seno
proteso in avanti con i capezzoli inturgiditi, le ossa del bacino che
le sporgevano appena dai fianchi, il ventre piatto ansimante, il pube
coperto di peli neri da cui appariva il rosa intenso del clitoride che
si strusciava sul mio cazzo.

Mentre sostenevo C. le allargavo le natiche, cosi' che un po' si
allargasse pure la sua vagina. Nei miei movimenti sentivo il suo
clitoride che si fregava contro la mia verga e vedevo che il suo
piacere aumentava, ma non aumentava al ritmo del mio: io ero di nuovo
pronto per venire, mentre lei ancora aveva bisogno di tempo. Anche se
sapevo che le avrei interrotto un profondo piacere, preferii uscire da
lei perche' volevo stimolarla ancora. La feci appoggiare per terra. C.
sembrava stordita, non disse nulla e si appoggio in piedi al muro. Ora
mi inginocchiai io davanti a lei e le allargai un poco le gambe.
Iniziai a leccarle l'interno delle coscie, che era gia' umido degli
umori colati e dal sudero, e poi salii. Con le dita le tenevo aperta
la vagina, separando le labbra che leccai piu' volte fin quando C. mi
prese la testa e delicatamente la ruoto' vero la'lto il modo che la
mia bocca leccasse il clitoride, che era gonfio e ben proteso
all'infuori. Quella magnifica vista mi eccito' ancora e presi a
succhiarlo e titillalrlo con la lingua. A quel punto C. mi fermo, si
inginocchio e, mentre mi baciava, mi prese il cazzo e lo strinse
fortemente. Poi si draio' supina e divarico' le gambe cosi' tanto che
la sua vagina si apri' mostrandomi il rosso sangue delle sue pareti. A
quella vista, mi protesi su lei e le porsi la mia lingua che lei
prontamente succhio'. Mentre ci baciammo voracemente mi prese il pene
e lo indirizzo' all'apertura della fica. Non feci in tempo a percepire
la sua vagina che lei diede un colpo di reni verso l'alto catturando
il mio cazzo all'interno del suo sesso. Era lei che guidava i
movimenti sebbene fossi sopra di lei. Mentre io la penetravo cercando
di arrivare nel piu' profondo della sua fica, lei muoveva lateralmente
e verticalmente il bacino, cosi' che il risultato finale del nostro
moto era una spirale. Sentivo la punta del pene gonfiarsi ad ogni
spinta, le pareti della sua vagina pulsare sulle vene del mio cazzo.
Ancora, ancora una volta, C. aumentava la velocita' di questo
balletto, il suo respiro si faceva sempre piu' affannoso, il mio
bacino liberava colpi ai quali lei rispondeva con gemiti altrettanto
intensi, i suoi occhi non smettevano di fissarmi, le sue mani aperte
avvolgevano le mie natiche e mi tiravano verso di lei, sentivo il
ritmo delle sue contrazioni aumentare, si' aumentavano, aumentavano
ancora. Smettemmo per un attimo di baciarci. Stringevo i denti come se
in quel modo avessi stretto i miei vasi sanguigni o i miei condotti e
ritardato la mia eiaculazione. Improvvisamente lei alzo la testa, mi
morse un capezzolo e poi urlo'. Sentii il mio cazzo come chiuso in una
gabbia di ferro: C. stava venendo come mai avevo sentito, le sue
contrazioni erano rapidissime, l'aureola dei suoi capezzoli
meravigliosamente rossa, i capezzoli come chiodi. Io ebbi il tempo
ancora per due soli colpi che liberai in lei un fiume di sborra
incandescente. Continuammo a muoverci all'unisono ancora per minuti e
minuti: mentre le leccavo il collo, sentivo il mio pene ancora piu'
duro ad ogni colpo, anche se ormai non avevo piu' nulla da donarle.

Poi, piano piano, le sue contrazioni diminuirono i nostri respiri
tornarono regolari. Distesi sul pavimento, i nostri corpi emanavano un
calore fortissimo. C. mi abbraccio' fortissimo. Ci abbracciammo per
quasi un'ora, baciandoci e baciandoci e annusando gli odori che i
nostri baci avevano lasciato sulla pelle.

Mi disse "Ti amo". "Anche io ti amo, C." risposi.

Da quando avevo quindici anni ti ho amata e non ho piu' smesso di
amarti.

 

 

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By Plinio