Quella Strega.  di Rubicande

 

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Mi piacciono quasi tutte le manifestazioni naturali che involgono l'acqua
(escluse quelle disastrose), che la pioggia si decida a sferzare o leccare.
Che i fiumi scorrano, s'incanalino, e con deboli strisce si proietti da
decine di metri d'altezza. Persino il mare, già, anche se non avete accolto
la lezione di Ulisse e arrivate in spiaggia, e quindi scansati alla vostra
vista carni sudate in curve e semiretti intravedete il mare quindi vi ponete
ad osservarne il confine estremo con il cielo, bhe' allora otterreste una
profonda consapevolezza sull'infinito.
Dico "quasi" per una semplice ragione: vi è in questa nobile famiglia di
fenomeni una odiosa entità: esso è il lago. Forse molte persone a
giustificare l'acquisto di una casa estiva inizieranno ad elencarvi i pregi
di questa o quella pozzanghera troppo cresciuta; e un fatto normale porre un
proprio male in comune per ottenere un mezzo gaudio. No proprio, ve lo dice
uno che ha da sempre passato a rovinarsi con mamma e papà il meritato riposo
annuale vicino a quel grosso buco pieno d'acqua, che le guide turistiche
celano nel nome di lago.
Ho passato le mie giovinezze estive al lago: forse ragioni troppo arretrate
nel tempo non dovrebbero avere presa su un adulto, ma è una vile menzogna.
Avevo le mie ragioni.
A scanso di tutto, passata l'infanzia, eccomi nuovamente nel luogo delle
mezze passioni estive, eccomi rimpatriato in famiglia in quella casa nei
pressi del lago. Solo qualche indumento d'occorrenza e qualche fastidioso
ricordo.
Tanto sono sicuro della fissità di quel posto che non mi informo sui
cambiamenti, risposte di rito a qualche domanda e poi incontro al mio nemico
che tanto immeritevolmente affascina taluni.
La prima cosa che noto e una casa di stile molto vecchio che si affaccia su
quel lago,  la noto per due ragioni: e l'unica casa nelle immediate
vicinanza del lago, ed nonostante sia vecchia non la ricordavo in tutte le
stagioni che sono stato costretto a passare lì.
Per nulla interessato alla cosa rivolgo di nuovo la mia attenzione allo
specchio, mi svesto rapidamente e mi porto su una piccola altura che da
ragazzo usavo per il tuffo, disgraziatamente mi viene in mente di riprovare
quella sensazione. Dopo il tuffo quando esco dall'acqua noto un ricordino
che qualche pietra acuminata mi ha lasciato per tutto il braccio sinistro,
un taglio quasi innocente solo prolungato sul mio braccio. All'inizio vi
faccio poco caso ma quando il mio braccio inizia a tingersi di rosso vivo
sento una sorta di panico che aumenta con la leggera sensazione di
stanchezza. Mi guardo rapidamente in torno, e l'unica soluzione che trovo e
quella di recarmi verso quella insolita casa che avevo visto prima.
Avessi almeno sentito dolore! Macché, l'effetto di quella ferita era tutta
all'interno di me, ed ero terrorizzato da questo. Sentivo forte il desiderio
di accasciarmi ma lontano dalla strada e magari non visto la stanchezza che
già mi appesantiva la vista avrebbe potuto portarmi ad estreme conseguenze.
Arrivato al cancello bussai ripetutamente, finché una donna non venne ad
aprirmi.
In quel momento non ero in grado di classificare il suo aspetto (leggermente
mi stavano abbandonando tutti i sensi), disse in modo ansioso qualcosa, poi
mi appoggiai alla spalla che mi offriva e mi feci trascinare verso l'interno
della casa; mentre passavamo il giardino sentii delle creature sul vialetto
che si spostavano per lasciarci passare, ma oltre alla voce della mia
soccorritrice non udivo null'altro.
Introdotto nella sua casa mi fece sedere sul divano che era nel salone
all'entrata, poi mi lasciò solo e subito dopo tornò con delle fasce e una
bottiglietta che per istinto già sentivo di odiare; la spruzzo sulla mia
ferita e finalmente sentii quel sano dolore che solitamente spinge a qualche
verso di dolore o qualche bestemmia, per quanto mi riguarda a parte qualche
convulsione non  fui in grado di emettere alcun suono, o forse non fui in
grado di udirmi. Subito la mia mente però venne catturata dalla sensazione
della sua mano che si poggiava sul mio torso, quel tatto dipanò in me una
irrazionale sensazione di tranquillità che per qualche indefinibile ragione
era legata a quella donna.
Mi svegliai più tardi, ora mi sentivo meglio e volevo subito ringraziare la
donna che mi aveva aiutato, la vidi girarsi e venire verso di me con in mano
un bicchiere; dovevo aver fatto rumore svegliandomi perché lei era di spalle
e non credo mi avesse visto aprire gli occhi.
La ringraziai naturalmente, mi scusai anche per il macello che aveva subito
il suo divano: bagnato e sporcato di sangue. Mi trovai anche a riflettere
nella situazione in cui ero, coperto da un lenzuolo che doveva avermi messo
addosso quando dormivo. Mi resi conto che indossavo solo il costume da
bagno, mi scusai anche di questo, lei mi desse che l'importante era come mi
sentissi.
Parlammo per un po' genericamente con rispettosa confidenza come fanno gli
sconosciuti, fino a quando non le sentii dire il mio nome.
All'inizio non feci caso a questo perché disse il mio nome in modo così
naturale per lei; ma poi non potei lottare col quel dubbio e glielo chiesi,
allora si alzò e con sguardo indispettito mi disse.
- beh Davide che devo controllare la tua testa pure? Forse hai preso un
colpo anche lì? Possibile che non hai ancora capito chi sono?- la guardai
allora sorpreso, trasalii proprio in quel istante capii: non proprio lei!
-Ah!- dissi in una sorta di verso -Anna!?- mi guardò con uno sguardo giocoso
e disse
-Ben tornato nel regno dei mortali mister Davide, ora dimmi tutto di te; hai
fatto carriera? Ora si direbbe che sei quasi una persona a modo- detestavo
quel suo tono ironico (ero in praticamente in mutande in quella situazione)
-sei riuscito a ottenere l'impiego che desideravi?- Anna. il desiderare in
una epoca in cui faresti qualsiasi cosa per ottenere quello che desideri,
meno l'ammetterlo; in certo senso la odiavo, l'esserle amico in tempi in cui
non ti accorgi d'amare. Ora non ero più in grado di giocare.
-No; non ho ottenuto quello che desideravo. non me l'hai mai concesso- mi
sentii colpevole del dileguarsi la serenità dal suo volto.
-Forse non sei mai stato in grado di ottenerlo- e insistette nel colpirmi
più affondo -.ho forse ti accontentavi di quello che era facilmente
disponibile- l'insofferenza mi fece alzare in piedi usando forze che non
avevo, e risposi.
-Ero un ragazzo, e perché avrebbe dovuto essere differente per noi? Gli
altri sbagliano? Ho non si amano?- in parte ero profondamente irritato, in
parte per l'imbarazzo non riuscivo credere a quello che dicevo.
-Siedi! Sei ancora troppo debole.- come in poche frasi si può freddare ogni
passione; calò il silenzio, ma per poco però, solo per quel maledetto
poco -Era meglio così, tu sembravi sereno con altri amici e amiche-  nel
sentire questo mi forzai a riprendere con un tono più modesto.
-Forse avrei potuto aiutarti a decidere, sai ho l'impressione che mi
riguardasse- volevo usare un tono ironico nell'ultima frase: non ne fui
capace.
-Avrei potuto avere un aiuto sincero da parte tua per decidere?- No.
Nuovamente il silenzio, questa volta rotto da me
-Parlami di te: cosa fai ora?- cercavo ora di scavarmi un po' di conoscenza
della sua vita
-Ora gli uomini non mi interessano più.
Siano sempre maledetti i momenti in cui si parla senza riflettere -Ti
dedichi alle donne ora?- anche se non lei non l'avrebbe mai ammesso eravamo
legati, già sapeva che non c'era malizia in quello che avevo detto, solo un
po' di stupidità.
-Ha! Deduco che non hai neppure notato i miei amorini là fuori?- indicò
fuori, attraverso la porta ancora aperta potevo vedere sul vialetto una
piccola popolazione tra sornioni e attivissimi gatti!
-Come vedi ho deciso di dedicarmi a loro e lasciar perdere gli umani-
nell'ultima parola sentii ritornare quella sua fastidiosissima ironia
-Gattara?- cercai di indovinare
-No veterinaria- per qualche ragione non mi piaceva insistere su questo
argomento, ma continuai -Di solito non si vedono molti animali in un
ambulatorio veterinario, che non siano pazienti intendo- e aleggio uno
strano mistero nella sua voce
-Uso metodi differente di natura, piuttosto che la medicina veterinaria.
Ehi! Ovviamente ho licenza e tutto-.
-Tu?- mi chiese.
-La città, il resto e irrilevante- la vidi allargare le braccia e dire:-ohhh
ragazzo mio sei tutto un dramma!- avevo un odio profondo per il suo modo di
farmi passare per idiota, scossi un po' la testa ma non fui in grado di
bloccarmi il sorriso; ritrovai il mio tono di epoche fa, quel tono che
credevo estinto passava ancora per la mia voce.
-E ti pare che vengo in vacanza a parlare di lavoro? Non scherziamo su-
Talvolta senti il tuono ed entri nell'umore adatto per la pioggia, ma poi la
sua assenza ti convince nel falso desiderio di voler uscire a piedi, quindi
infine piove: per la terza volta il maledetto silenzio.
Lasciai allora scorrere dietro i miei vincoli, non ero in grado di chiedere
con le parole. Mi alzai a trovare un bacio; lasciando perdere il peso delle
parole e i fastidi di aggirare questioni, con la stupidità dell'istinto
cercai lei. Mi trovai a essere dolcemente scansato, come se lei lottasse con
una sua idea; ma infine mi fu concesso. Sentivamo in entrambi la
consapevolezza di un inizio, come descrivere l'esaltazione di quel momento?
Non né sono in grado, forse potrei imparare bene a giocare con la menzogna
delle parole; nulla mi convincerà a sporcare i momenti che sono ormai le
basi della mia mente. Quanto corse di nuovo l'aria tra i nostri due volti
finalmente potevamo vedere quello che a lungo per incomprensibili epoche
celavamo dai nostri volti: il desiderio. Feci scorrere la mano sino alla sua
anca allora, muovendo e scoprendo i suoi vestiti per raggiungere la sua
pelle; eccitato da quel tatto sentii il suo ginocchio muoversi ad
irrigidirmi. Poi si sottrasse al mio tatto abbassandosi mentre i suoi occhi
mi guardavano illuminati da una strana luce di malizia che pareva guidarmi
alla follia, la vidi estrarmelo dal costume e iniziarlo a stimolarlo con la
lingua e poi riempirsene la bocca muovendo su e giù. Allora presi il suo
volto tra le mani e piegai la testa a cercare i suoi occhi, il suo volto
così delizioso che cosi tanto avevo desiderato, non potevo credere che ora
mi stesse facendo questo; ora volevo sentire la mia vittoria sul suo corpo
completa: accedere con la mia bocca alle sue intimità che non mi erano mai
state concesse. Mentre fissai il suo volto sentii che un sogno mi stava
scivolando fra le dita, totalmente stregato dal suo volto vidi piano che i
suoi occhi cambiavano intenzioni. Non sapevo quando mi ero riseduto, il
fatto e che ero semplicemente in questa posizione ora. La vidi muovere
ancora su e giù di me, non vedevo più il suo volto. Allora venne assopita la
mia passione, il mio desiderio e quindi caddi in un sonno con la crudele
consapevolezza che nell'entrare nei cinque minuti dei sogni che illudono
ogni notte della nostra vita, perdevo l'unico vero sogno della mia unica
vita.
Mi risvegliai poco dopo, ero tornato in salute in modo che mi parse quasi
inntautrale.
Non sentii il desiderio di riprendere il discorso con Anna, mi pareva una
cosa non necessaria.
Ogni tanto sentii uno stupido desiderio di dire qualcosa ma ovviamente non
sarebbe servito a nulla.
Volevo qualche volta cercare un pò di tatto ma sicuramente senza una ragione
sarebbe stata una cosa poco gradita.
Desideravo guardarla, come se avessi avuto paura di dimenticarla nella massa
di volti nella mia mente; strana cosa in fondo non ci si dimentica dei buoni
amici.
Mi dissi quasi quasi le chiedo un gatto, non capivo perché volevo qualcosa
da lei: a me in fondo i gatti mi sono antipatici.
Infine ci salutammo, passai tutto sommato una bella vacanza lì, certamente
sarò parso sgarbato nei confronti di Anna: non tornai da lei neppure per
salutarla, mah forse non mi era mai apparsa neppure tanto simpatica.
Finirono le vacanze tornai in città, mi sentii freddo lì; probabilmente
l'avvicinarsi l'idea dell'inverno. A poco a poco scorreva la consapevolezza
che in inverno sarei stato libero da un vincolo, e avrei potuto maturare una
decisione. Ora come mi pareva tranquillo l'avvicinarsi di quel freddo.
Chissà il lago ghiacciato com'è quando perde la sua odiosa mobilità.

 

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By Rubicande