Dietro a Candy di Fabrizio Venerandi
E camminando dietro alla bella candy, potei finalmente e per la prima volta
valutare quelle parti del corpo che fino a poco prima si erano nascoste dietro allo
svolazzare ombroso del religioso talamo, e non potei fare a meno di notare che candy candy
aveva un culo grosso, posso dirlo senza tema di essere smentito, un bel culo grosso, senza
nessuna offesa, un culo che si vedeva che il jeans cercava di trattenere con due
immaginarie mani jensate, in modo che il suo prorompente volume non esplodesse libero
nell'aria, ma venisse contenuto dal blu elettrico della stoffa made in genova.
Sforzo inutile, pensai, perché quella tela tesa allo spasmo, non faceva altro che mettere
in maggiore rilievo quello che era un saporito sedere, che suscitava nel mio animo
pensieri cannibali che -d'improvviso- resero più impacciato il mio cammino. E anche
quello zoppicare che già avevo notato, e la sciatteria del vestire, quell'orrendo verde
militare, le zeppe zoccolo, e i fiorellini blu scuro, sdruciti pure in corrispondenza del
cavallo, tutta quella figura così dimessa e quotidiana, resero di colpo candy una
figura semplicemente fottibile, come se di colpo mi fossi reso conto che fare sesso con
candy candy non sarebbe stato poi tanto diverso che farlo con la sudamericana, o con una
qualunque casalinga che a casa prepara il brodo di bollito per il marito in trasferta
fuori città e glielo lascia in frigo così quanto torna stanotte se lo può scaldare
assieme al puré.
'Orrore orrore orrore' pensai tra me e me, e intanto che camminavo, e riflettevo sulla
parte finale di candy candy, lei si voltò, con il suo viso lentigginoso, e il miracolo si
ricompose, come se tutti quegli elementi che singolarmente mi avevano soltanto eccitato,
mostrassero l'altro lato della medaglia, e l'altro lato era una candy che sarebbe entrata
ina una delle stanzette che si aprivano sui corridoi, e mi avrebbe detto, ecco qua si può
spogliare, e mentre io mi sarei tolto la lacoste verde, candy si sarebbe avvicinata alla
sudamericana, e le avrebbe passato un braccio attorno al collo, come se fossero state
grandi amiche e la sudamericana avrebbe riso strabica, con una risata grossolana, vicina
al viso sorridente di candy e mi avrebbero fissato tutte e due, mentre io mi sarei tolto
la maglietta bagnata e piena di pezzi di piadina, e avrei buttato la lacoste per terra e
avrei cercato con gli occhi un asciugamano o la porticina del bagno, e avrei chiesto c'è
mica un bagno, e allora la sudamericana si sarebbe mossa e avrebbe detto che era lei che
aveva fatto il danno, lei l'avrebbe riparato, proprio così avrebbe detto e a passi lenti
sarebbe venuta dietro e si sarebbe inginocchiata alle mie spalle e si sarebbe messa a
leccare la parte della mia schiena che si era bagnata del suo vomito, e io avrei sentito
quel suo pezzo di carne umida e calda che mi rollava sulla pelle e avrei pensato cazzo,
davvero un pensiero unico con scritto cazzo, e intanto candy avrebbe detto bel lavorino la
sudamericana e si sarebbe messa a guardare e avrebbe aggiunto, proprio una grossa lingua
da mucca la sudamericana e io avrei suggerito 'vacca' lingua da vacca, perché sono un
tipo spiritoso e candy candy avrebbe riso e mi si sarebbe avvicinata e mi avrebbe preso
una mano e l'avrebbe infilata sotto quella maglietta verde militare e io avrei sentito il
petto un po' sudato di candy, e poi il reggiseno acrilico e avrei detto, uh acrilico, e
avrei aggiunto che sono allergico al l'acrilico, questo è vero mi vengono i pallini
rossi, e candy avrebbe sorriso dicendo cretino e avrebbe ritirato fuori la mia mano
un po' sudata di mio e un po' bagnata dal sudore di candy, e l'avrebbe avvicinata alla sua
bocca e si sarebbe infilata un mio dito in bocca, l'anulare, e avrebbe succhiato e leccato
il dito, senza dire niente fissandomi negli occhi e io, avrei sentito dietro la lingua da
vacca, o mucca, non so bene, comunque la grossa lingua della sudamericana che arrivava a
leccare al punto in cui i pantaloni cingevano la parte nuda della schiena, mentre davanti
la lingua piccola e piccante della candy si succhiava il mio anulare sudato, e avrei
pensato delle cose senza forma, tipo dei fenicotteri che vengono legati ai binari di una
metropolitana e poi passa la metro e c'è questa esplosione di corpi di fenicottero, corpi
che sbattono contro i muri e scoppiano di interiora, in un tripudio di pezzi di carne e
brandelli di ossa piumate, e avrei pensato altre cose dello stesso tipo per cercare di non
venire nei miei pantaloni, e la faccenda sarebe stata resa più complicata dal fatto che
la sudamericana, arrivata a leccare fino dove poteva, sempre stando dietro, avrebbe
iniziato a sbottonarmi le braghe, e me le avrebbe tirate giù piano piano e man mano che
le tirava giù avrebbe leccato la parte di schiena, ormai in odor di culo, si fa per dire,
che poco prima era coperta e tirando giù le braghe sbottonate, tirava insieme le mie
mutande e io ringraziavo il cielo perché erano bianche e le indossavo da due giorni, e
mentre io ringraziavo il cielo dell'impunità della mia intima biancheria, candy mi
avrebbe mollato la mano e adesso avrebbe iniziato a leccare a piccole lappate uno dei miei
due capezzoli e piano piano sarebbe scesa, all'ombelico e poi al mio pene, che -come
un moccolotto disperato- avrebbe mostrato alla bocca della bella candy una lacrima del suo
bel pianto, e intanto che la porosa lingua della sudamericana sarebbe finalmente
arrivata in quella saporita attaccatura delle guancie del culo, ombrate appena dai miei
scuri peletti, la candy avrebbe alzato gli occhi al cielo, dove per cielo intendo la zona
occupata dalla mia testa penzoloni, e avrebbe tirato fuori dalla pelle, la carne violacea
del mio coso, e dopo un timoroso assaggio, avrebbe iniziato a succhieggiarne la parte
finale, come un saporito chupa-chupa a cui sarebbe mancato solo il timbrino giallo-rosso
del salvator dalì per dargli la sua autonomia e dignità di oggetto pensato, nato e
cresciuto per essere cupidamente succhiato; e nel vedere la candy che mi osservava di
rimando, così sottomessa e inginocchiata avrei capito tutta la poesia di quella maglietta
della standa, i jeans marca YOUNG (solo adesso vedevo la scritta con il disegno di due
dita che fanno la vu di vittoria) i jeans, dicevo, presi alle bancarelle del sabato
mattina, e quelle zeppe finto zoccolo con la plastica al posto della pelle perché quel
modello costano meno anche se lasciano il piede rossastro dopo una mattinata che le usi, e
allora, solo allora, sarei venuto, dopo pochi secondi dopo sarei venuto, con quella specie
di tiro e rimbalzino dell'elastico nascosto dentro al mio povero pisello, ed ogni
saltellamento dell'elastico avrei avuto un brivido compiutamente cretino, e per ogni
brivido una mia parte di intelligenza avrebbe ammazzata quella cretina, e alla fine
l'elastico sarebbe cascato, piccolo e tondo dentro ai coglioni, ed io mi sarei ritrovato
di nuovo perfettamente intelligente con una quarantenne sfatta davanti e una sudamericana
dietro che non si era accorta di niente e ancora muoveva quella sua cazzo di lingua fra le
mie chiappe, come se potesse ancora farmi piacere.
Ecco, fu una fantasia proprio di un momento, una cosa velocissima, che venne fuori vedendo
il grosso culo di candy che ondeggiava preso dalla tela di jeans, e sentendo l'odore acido
del vomito della sudamericana dietro di me, come di un qualcosa che viene ingoiato a forza
per anni ed anni, e poi, quando meno uno se l'aspetta, un pomeriggio d'estate, tanto per
dire, sdraiati nudi nel proprio letto cercare un po' di tepore da un ventilatore scemo che
ondeggia a destra e a sinistra, sperando di vedere un visino di ragazzina spuntare dalla
finestra che dà sui tetti roventi del centro storico genovese, ecco in quel momento
arriva rapido il conato e senza avere nemmeno il tempo di tirarsi su del tutto, tornano
fuori cose che si erano prese in bocca mesi prima forse anni, e che erano restate
lì, in qualche posto nascosto deltro alla pancia, tipo l'esofago, senza che nessun acido,
schiuma rabbiosa, potesse fargli niente, lì ad aspettare il momento giusto per uscire
fuori, con un tanfo lercio di cose morte che ci tenevano marcio il corpo che da fuori
sembrava così bello, abbastanza.