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Epimenide

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Con uguale efficacia metaforica il paradosso di Berry sarebbe potuto essere rimpiazzato dal paradosso di Epimenide. Le riflessioni che seguono non devono assolutamente apparire irriguardose, sono solo un tentativo di ragionare laicamente intorno a questioni che finora sono sfuggite alla analisi logica elementare, sia per la loro complessità sia per una loro presunta estraneità alla matematica.

Epimenide era un filosofo cretese e i cretesi avevano la cattiva fama di essere bugiardi. Epimenide sostenne quindi la tesi seguente: tutti i cretesi sono bugiardi. Se Epimenide sostenesse il vero la proposizione risulterebbe falsa, in quanto egli cretese diceva il vero; se Epimenide sostenesse il falso la proposizione risulterebbe vera in quanto Epimenide con il suo enunciato confermava la cattiva fama dei suoi concittadini. Il ragionamento porta ad una catena infinita di deduzioni inficiando il programma di poter conseguire, attraverso il corretto ragionare, la verità. Il racconto di Esaù e di Giacobbe, preso dalla Bibbia, è un pretesto per dire che già nel libro più antico della storia dell’uomo esistono argomenti di carattere logico-matematico. Il concetto di verità, e la profonda crisi che esso attraversò 20 secoli fa, viene ripreso da San Paolo nella lettera a Tito, evangelizzatore di Creta, il quale commentando le argomentazioni di Epimenide e dei suoi seguaci li definisce tutti ‘ribelli, ciarloni, seduttori ai quali bisogna chiudere la bocca, perché sono tali che sconvolgono famiglie intere, insegnando ciò che non si deve’. San Paolo aveva ben di cui preoccuparsi. Nel Vangelo secondo Giovanni l’incontro tra Gesù, (il profeta, il figlio di Dio, l’intellettuale formatosi attraverso lo studio della Legge di Mosè), e Pilato (il filosofo con assidue frequentazioni della cultura ellenistica), avviene come di seguito, diventando immediatamente scontro:

‘’ ‘Dunque tu sei re?’ Gli chiese allora Pilato.

Gesù rispose: ‘Tu l’hai detto, io sono re. Per questo io sono nato, e per questo io sono venuto nel mondo, a rendere testimonianza alla verità. Chiunque è dalla parte della verità, ascolta la mia voce'’

Gli domandò Pilato:? Che cos’è la verità?’ E detto questo uscì di nuovo. ‘’

Pilato aveva ben capito che il problema posto non aveva soluzione. Oggi più che parlare di un teorema vero, di una ipotesi matematica vera, si è più propensi a parlare di un teorema matematico dimostrabile, di una ipotesi non confutabile. Neppure con un solo controesempio. Quando Dio comunica ad Abramo la sua decisione di distruggere Sodoma e Gomorra perché aveva congetturato che nelle due città non risiedessero uomini giusti, Abramo ragionando i fatti in modo estremamente moderno e in termini chiaramente matematici oppone: ‘ E se vi fossero 50 uomini giusti distruggeresti le due città?’ Chiaramente no. ‘E se ve ne fossero 25?’ No di certo. ‘E se ve ne fossero 10? Anche un solo controesempio avrebbe inficiato la congettura divina, che non si basa su una presa di posizione dogmatica, ma sulla verifica sperimentale dei fatti la cui mancanza avrebbe potuto confutare la congettura stessa. E infatti Dio, prima di attuare il suo disegno manda due angeli per una ulteriore verifica sul campo.

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