L'antica Canosa in mostra

I ROMANI A CANOSA

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La mostra "Municipium. Pubblico e Privato a Canosa dopo la guerra sociale", realizzata dalla Soprintendenza Archeologica della Puglia, è visitabile presso Palazzo Sinesi, sino alla fine di settembre.

Il Palazzo Sinesi, a Canosa, dove è ospitata la mostra su Canosa Romana.
(foto Suriano)
palazzo SinesiPubblico e privato si fondono nell'iniziativa: le istituzioni pubbliche con le funzioni proprie di garanzia e di tutela; i cittadini che credono nell'archeologia, associati nella Fondazione Archeologica, con un programma vastissimo di iniziative propositive. Molti dei reperti in esposizione sono tratti dal tortuoso itinerario archeologico che dal giardino comunale porta agli ipogei Lagrasta e al Museo Civico. Altri materiali, del tutto inediti, costituiscono la documentazione di anni di scavo nei cantieri. Nonostante la frammentazione dei dati a disposizione, emerge chiara l'importanza della fase municipale di Canosa: la comunità canosina si rinnova e le genti nuove investono nel rinnovamento tutto il bagaglio culturale delle proprie terre d'origine. Dalla regio secunda augustea all'Apulia et Calabria dell'età tardoantica, la centralità della città ofantina nel panorama politico apulo rimane fondamentale.

Quartiere di abitazioni di età municipale
(II sec. d.C.)
scaviI RESTI ANTICHI SONO SOTTO LA CITTA' ATTUALE

L'archeologia canosina è di tipo urbano e il recupero delle testimonianze antiche è particolarmente laborioso. La ricostruzione della città municipale si affida soprattutto a frammenti di tessuto antico, resi dai recuperi di emergenza compiuti in occasione delle attuali opere edilizie. Più spesso, occorre registrare il danno irrimediabile causato da interventi sconsiderati: basta ricordare la cava d'argilla che, negli anni Sessanta, fu gestita da un cementificio di Barletta all'interno dell'anfiteatro canosino, alle pendici dell'acropoli, e di cui oggi resta solo uno squallido invaso. Della vicina Herdonia, scavata per trentatré anni da una missione archeologica belga, si conserva perfettamente la piazza forense, con i suoi templi, i portici, il mercato dalla pianta circolare per la vendita della carne e del pesce. Eppure la città fu definita da Silio Italico "obscura Herdonia", mentre Canosa, prima municipio e poi colonia, che ancora in età tardoantica ebbe un peso notevole nella geografia politica e amministrativa dell'Apulia et Calabria, è fatta di brandelli nascosti a volte negli scantinati dei palazzi moderni.


Pavimento a mosaico di una domus romana con decorazione a esagoni
scaviDel quadro istituzionale della colonia di Canosa, rinnovata da Erode Attico (letterato ateniese, console a Roma nel 143 d.C., sotto Antonino Pio) con un piano di ristrutturazione urbanistica, resta un documento eccezionale: la lista decurionale del 223 d.C. incisa su una lastra di bronzo con i nomi di ben 160 decurioni e dei 100 membri del senato. Rango e anzianità sono alla base del criterio adottato per l'elenco dei decurioni fino ai magistrati minori, i pedanei, e ai giovani praetextati, che non avevano diritto di voto né di parola.
La città romana parla attraverso le sue epigrafi più che attraverso la documentazione di reperti e monumenti sparsi o dimenticati. Eppure gli scavi continuano a restituire reperti significativi per la ricostruzione della vita della comunità.

Lucerna in bronzo rinvenuta in una domus romana tornata alla luce nel centro di Canosa. La formula magica incisa sul corpo mummiforme corre anche sul retro della lucerna. Si tratta di un soggetto che attesta la diffusione di culti legati all'Egitto.
lucernaDa uno scavo recente, in cui si è indagato quanto restava di una domus di età augustea-primo imperiale (fine I sec. a.C. - I sec. d.C.), proviene una lucerna plastica di bronzo.
La raffigurazione, rarissima come soggetto, pur riferendosi per la provenienza a una sfera di culto privata, costituisce un richiamo diretto all'imagerie egitizzante della vita culturale canosina in età imperiale. Il tema iconografico assimila a Osiride il personaggio, raffigurato avvolto in una stretta rete a losanghe e dall'aspetto mummiforme. Nel volto, che ricorda le maschere di cartonnage delle mummie, sono evidenti gli intenti rittrattistici.
Sul corpo della lucerna le lettere greche incise esprimono esigenze soteriologiche (relative alla "salvezza") e formule magiche: mediante i misteri isiaci i vivi attraversavano il regno dei defunti per attingere alla rinascita.
Non si può escludere che la lucerna esprima le esistenze di culto di un personaggio legato al mondo egizio, al pari della statuetta di Osiride che M. Valerio Messalla Corvino, amico di Ottaviano, aveva riportato dall'Egitto e posto tra i Penati della sua casa. Anche se non esistono documentazioni epigrafiche o archeologiche di luoghi di culto legati al mondo isiaco, una prova indiretta della loro presenza è data dalle due sfingi in granito acefale, provenienti dalla città, che costituirono probabilmente l'arredo di un santuario isiaco, eretto forse con l'avvento dei Flavi (seconda metà I secolo d.C.), la cui politica fu favorevole alle divinità egizie.

(Marisa Corrente )