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Gli amici "scrittori"

Un bellissimo scritto inviatomi da un amico di rete.


Vu cumprà


Primo maggio. Questo giorno di folle assalite è un buon giorno per me.
Qualunque cosa che sa di Venezia si può vendere. Anche se fabbricato in Cina. Costato l'infanzia di qualche bambina. 
Il mio borsone riparte insolitamente semivuoto. Ed il mio portafogli pieno.
Per una volta posso entrare nell'hostaria che ho sempre visto da fuori, affollata di veneziani allegri.
Entrando sento sospendersi i soliti commenti acidi sullo schifo che quelli come me portano alla loro bella città. Penso che si scordano quanto gli stessi veneziani hanno loro reso brutto il mercato riempiendo di magliette e bandiere da football le bancarelle.

Mi concedo una coca. Seimilalire per un liquido alla spina che ne costa meno di cento. Sul prezzo non c'è trattativa ovviamente. Mentre bevo alzo gli occhi e alla TV parlano di Emma Bonino.  
Sta facendo lo sciopero della sete da 4 giorni e ripenso alla mia sete durata i giorni del viaggio fino alla nave. 

La mano con il bicchiere di Coca si ferma. Nei miei occhi il sole della pista, unico bagaglio un sacchetto mezzo rotto, l'attesa del camion che aveva una sola tanica di acqua calda e  fetida per oltre 600 chilometri di viaggio e la prima di tante liti coi compagni, per niente compagni, di sventura. 

Non avevo scelta. Siccità e predoni avevano decimato i pochi animali del mio villaggio. I pozzi avvelenati. Nessuno si occupava di noi, superstiti per caso, il missionario che ci faceva visita era morto in un incidente e il suo rimpiazzo si era ammalato e stava in chissà quale ospedale.
La vita in Africa dipende dalle cose più strane.. un insetto, un temporale che tarda, un temporale che viene, un missionario che non arriva, una banda di predatori se hai più pane di loro, il passaggio di un'altra tribù e puoi trovare la tua famiglia a pezzi.

Ed è per questo che sono partito, sapendo di non tornare più.

Il giorno che della mia famiglia erano rimasti solo pezzi. Li ho visti solo da lontano, tra il fumo che risaliva dalle poche cose infiammabili che ancora ardevano.
Nessuno ha insegnato ad un africano l'addio alla sua terra, perché la terra d'Africa non è tua anche se non ti abbandona mai, fai parte di essa, degli alberi, delle sue ombre,  delle sue notti. Cresci e vivi con la paura in te.
Paura di tutto e di tutti. Paura dello stregone, della circoncisione, della caccia, della guerra. 

Ho sentito gli europei parlare di mal d'Africa.
Benedeti . come dicono qui a Venezia.
Venezia. In fondo sono stato fortunato. Non so cosa mi ha portato nella città più bella del mondo, per assurdo così piena d'acqua che la cosa diventa persino comica se penso che alcuni dei miei compagni di sventura sono morti di sete in quegli infernali 600 chilometri.
Ed era solo l'inizio di un viaggio che non finirà mai.

Guardo gli uomini nell'hostaria. Hanno chiuso le loro botteghe, come me.
Solo che la mia sta in un borsone e deve sfuggire ai vigili. La loro sta in una calle e deve sfuggire alla finanza. 
Abbiamo lo stesso destino in fondo.
Solo che loro stasera trovano una casa, forse una famiglia, una televisione accesa, un letto.

Un letto. L'ho desiderato per due anni un letto, me lo sognavo come quelli delle pubblicità ma la sorte mi ha presentato un materasso steso a terra in mezzo a rifiuti e un odore di escrementi che mai in Africa avevo sentito, neppure dagli elefanti.

Voglia di fuggire ma dove? In posto uguale. Campi di pomodori, rossi tra il verde come bianco era il cotone dei miei avi americani. A legare ferri delle armature di un pilone d'autostrada a 70 metri di altezza. Sarebbe stato bellissimo se ci fosse stata una paga, ma 14 ore di vertigini per 600mila avrebbero ucciso anche un merdoso elefante.
Ed ho imparato da questa gente, tra le tante cose, che sono un uomo, non una bestia, per loro sarò brutto, nero come il carbone ma con un cervello che vede, ricorda, pensa, soffre, ride, ama.

L'amore. Le nostre donne, se e quando arrivano qui, non sono per noi.
O se lo sono è solo per pochi. Nulla abbiamo di nostro, neppure la vita.
Vedo donne bellissime, bianche, bionde, che si chinano sul mio negozio mostrando i loro seni che a volte mi sembrano palpitare.
Vedo madri che accompagnano bambini e li distolgono dal guardare i nostri oggetti.
Vedo vecchi col bastone che entrano nella banca dove ritirano la pensione ed i loro timorosi occhi  all'uscita.

Loro un futuro ce l'hanno,  e questo rito ne fa parte, l'insicurezza di avere una fonte  sicura di soldi. Dicono che è la restituzione di ciò che hanno dato nella loro vita. Anche se alcuni non hanno dato proprio nulla, se non il loro tempo, hanno sempre preso e continuano a prendere.

Pensare al futuro è per me come pensare al passato. Non so neppure come sarà domani. Se pioverà, se farà caldo o freddo, figurarsi vedermi da vecchio.
Se tra un mese camminerò su una spiaggia in mezzo a lucide donne in topless ed i loro figli urlanti e arroganti.
Se sarò rimpatriato verso una patria che non esiste.

Non so neppure dove mettere i soldi che ho nel portafogli.. dovrò stare sveglio come tutti quelli che come me hanno avuto una buona giornata.
Non potrei avere un conto corrente. Dicono che ci sono delle nuove banche per noi. Ma ci vogliono i documenti. Senza documenti potrei forse solo versarli i soldi. A prenderli le banche non dicono mai di no Ma a darli...

Che idee sceme mi vengono in mente. La Coca fa il suo effetto. O sarà l'euforia di una giornata fortunata.
Se lo è stata, non è per me, perché domani il grossista napoletano vedendo che ho venduto molto mi chiederà più soldi per la nuova merce.
Noi neri, se trattiamo è al ribasso, i bianchi con noi, sempre al rialzo.

Giuliano Bastianello
veneto, imprenditore nei Beni Culturali
scrive storie che parlano di vita, d'amore e di morte

io@bastiano.it
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