CON I SUOI COMITATI CIVICI ARGINO' L'AVANZATA DELLE SINISTRE NEL '48
 
articolo di Aurelio Lepre

da ""Il Mattino"" del 28 settembre 2000

 
 

Dare un giudizio storico su Luigi Gedda significa tornare indietro di mezzo secolo. Gedda infatti, è, per così dire, felicemente sopravvissuto al suo tempo. Lontano ormai da molti anni dalla vita politica, non so quanto si riconoscesse nel battagliero crociato di cinquant’anni fa. Tempi, allora, di scontri politici durissimi, ai quali Gedda partecipò in prima fila, portando l’Azione cattolica a un impegno diretto, quale non ci sarebbe più stato. Esso veniva giustificato con la necessità di combattere il comunismo, ma l’azione di Gedda non può essere connotata con l’anticomunismo, perché questo ne costituì soltanto un aspetto: l’attività di Gedda, che perciò s’inseriva molto bene nel magistero di Pio XII, era diretta anche contro il laicismo e il cattolicesimo liberale.

Chi ha vissuto gli avvenimenti del 1948, che rappresentò il momento di più aspro confronto politico nell’Italia repubblicana, ricorda forse Gedda e De Gasperi insieme, l’uno accanto all’altro, come i maggiori protagonisti della vittoria elettorale della Democrazia cristiana.

Uniti dalla volontà d’innalzare un argine contro la temuta avanzata del comunismo in Italia, i due erano, invece, molto diversi, rappresentavano due anime profondamente differenti del cattolicesimo politico.

È stato scritto che a Gedda si è attribuita un’influenza sproporzionata a quella che realmente aveva,
perché, in fondo, era soltanto un uomo di Pio XII. Probabilmente è vero, ma era comunque un uomo di cui il pontefice aveva assolutamente bisogno. La sua figura di condottiero della cristianità minacciata aveva bisogno di un esercito, e questo era costituito proprio dai giovani, combattivi ed entusiasti, di Luigi Gedda, organizzatore di grandi raduni di massa a Roma. Nel loro inno la parola esercito aveva un forte suono guerriero: «Bianco Padre, che da Roma / ci sei meta, luce e guida/ in ciascun di noi confida / su noi tutti puoi contar. / Siamo arditi della fede, / siamo araldi della Croce, / a un tuo cenno, alla tua voce, / un esercito ha l’altar».

Gedda si era distinto nell’organizzazione giovanile dell’Azione cattolica già negli anni Trenta e nel 1939 era stato chiamato anche a dirigere il centro cattolico cinematografico. La politica di penetrazione in tutti i settori della società civile, voluta da Pio XII, poté avere però piena attuazione solo dopo il 25 luglio, con la caduta di Mussolini. Gedda offri subito la propria collaborazione a Badoglio e gli chiese di porre uomini dell’Azione cattolica alla testa delle organizzazioni giovanili, assistenziali e culturali, in precedenza guidate dai fascisti. Il 10 aprile 1946, nell’imminenza delle elezioni per la Costituente, incitò i cattolici a intervenire massicciamente: «Si tratta, per il cattolicesimo, di essere o non essere nell’avvenire della Patria».

Ma il suo grande momento politico furono le elezioni del 18 aprile 1948: come organizzatore dei Comitati civici, che diedero un rilevantissimo sostegno propagandistico alla Dc, Luigi Gedda diventò il simbolo del diretto intervento delle associazioni cattoliche nella politica. Di quelle elezioni sembrò, come ho detto, uno dei vincitori, ma il vero vincitore fu De Gasperi, e con lui i cattolici liberali. Gedda tornò in primo piano nella primavera del 1952, quando Luigi Sturzo avanzò la proposta di una lista comune tra DC e destre per le elezioni amministrative a Roma: dietro Sturzo c’era, infatti, proprio Gedda, ancora una volta braccio politico di Pio XII. Ma la proposta fu respinta dai dirigenti democristiani. Nel lungo periodo la linea di Gedda e del cardinale Alfredo Ottaviani, che guidava il Santo Uffizio, risultò perdente.

A sintetizzare le idee di Gedda, può servire il giudizio da lui espresso sulla scomunica comminata nel luglio del 1949 con un decreto del Santo Uffizio a tutti coloro che accettavano, sostenevano o divulgavano le idee comuniste (la scomunica sarebbe stata rinnovata nell’aprile del 1959 ed estesa anche ai socialisti e a quei cattolici, come Silvio Milazzo, che collaboravano con le sinistre in Sicilia). Per Luigi Gedda essa fu “il capolavoro religioso e politico di un grande italiano: il cardinale Ottavini”. In realtà, fu un grave errore. la forza elettorale del Pci rimase intatta e, anzi, cominciò a crescere, lentamente ma costantemente. Sul piano religioso le conseguenze furono ancora più gravi. Si può far risalire, infatti, proprio al fallimento della scomunica e allo strascico di risentimenti che lasciò dietro di sé, la formazione di un’etica laica di massa, che cercava le radici dei propri comportamenti morali fuori dell’insegnamento della Chiesa. Il comunismo ha perso, ma il laicismo e il liberalismo hanno vinto. Per questo, si può dire che, alla fine, anche Gedda è stato sconfitto. Basterebbe, per dimostrarlo, paragonare i giovani cattolici che si riunivano a Roma sotto la guida di Luigi Gedda con quelli che vi sono andati per il Giubileo.