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Martedì sera è morto a Roma, all'età di 98 anni,
Luigi Gedda. Luigi Gedda fu un grande nemico del Pci e delle sinistre
tutte e, pertanto, anche un grande personaggio della storia repubblicana.
Due mesi prima delle elezioni del 18 aprile 1948, su indicazione
di Pio XII, fondò i Comitati civici, che furono il ferro di lancia
dell'azione elettorale della Dc, tanto da portare a un aumento di
quasi 4 milioni di voti rispetto alle elezioni del 1946 e al trionfo
dc del 18 aprile. Luigi Gedda fu il braccio armato di Pio XII (fu
ricevuto in ben 64 udienze ufficiali) e come tale si può dire che
"bolscevizzò" le organizzazioni cattoliche ed esercitò un potere
di controllo sulla stessa Dc, che neppure De Gasperi sopportava
volentieri. Fondò anche il "Vittorioso", il Topolino cattolico.
Questa sua linea non andava bene neppure a personaggi emergenti
della gioventù cattolica e nel 1950 portò alla crisi dell'Azione
cattolica con le clamorose dimissioni di Carlo Carretto e Mario
Rossi. Ma Gedda, sempre in filo diretto con Pio XII, ritentò nel
1952 la cosiddetta "operazione Sturzo", cioè un'unica lista anticomunista
alle elezioni comunali di Roma, una lista nella quale sarebbero
dovuti entrare anche i fascisti del Msi, e in quell'occasione ci
fu l'abbraccio di Andreotti a Rodolfo Graziani Ma l'operazione Sturzo
fallì anche per opposizione degli stessi democristiani e delle organizzazioni
cattoliche.
Il fallimento dell'operazione Sturzo conferma
l'esaurirsi del potere di Gedda. Va ricordato tutto il lavoro di
Amintore Fanfani per cambiare cavallo: l'Eni e le partecipazioni
statali segnarono l'autonomizzazione della Dc dal potere temporale
di Gedda e Pio XII. Un nemico dunque, ma di carattere e con un segno
forte e alto del potere: rifiutò le candidature parlamentari e non
fu mai né ministro, né sottosegretario (e in questo c'è un tratto
di continuità con il suo reale e diversissimo successore che fu
Enrico Mattei). Negli ultimi tempi, ma già negli anni 70, era totalmente
fuori della politica ma non dalle passioni politiche che continuavano
ad animarlo nelle stanze dell'Istituto di gemellologia Gregorio
Mendel, che lui dirigeva. Non era contento di come andavano le cose
e doveva avere pure qualche turbamento, tanto che prese un contatto
anche con noi del manifesto. Aveva del fascino, una volta lo andai
a trovare al Mendel, ma poi mi regalò un libretto di Pitigrilli
sulla Madonna e fui un po' deluso.
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