L'opera
di Silone, profondamente caratterizzata dall'ideologia politica
che talvolta ne limita un respiro più ampio, testimonia un costante
impegno nell'esaltare la dignità dell'uomo.ùLo scrittore fu sempre
attratto dai valori più alti della vita e visse in se stesso il dramma
della ricerca della libertà e di un profondo senso morale, che si può
ricollegare alle matrici della sua fede cristiana. I suoi personaggi
più importanti ( Berardo, Pietro Spina, Celestino V... ), eroi in mondo
minore in cui prevalgono sopraffazione violenza, sono tormentati e
inquieti, insofferenti della realtà storico-sociale in cui vivono e
ansiosi di contribuire a realizzare una forma di vita più degna. I
romanzi di Silone si possono considerare eredi della tradizione verista
meridionale, ma con le tendenze al bozzettismo e al simbolo e con una
forte tensione morale.
Fontamara, pubblicato
a Zurigo, in tedesco, nel 1933, è uno dei più clamorosi casi letterari
di questo secolo. il romanzo, conosciuto e amato in tutto il mondo, è
completamente ignorato in patria per almeno un ventennio: narra la
storia di un paese della Marsica, scelto come simbolo dell'universo
contadino.
I materiali autobiografici si fondono nel libro con gli strumenti
di conoscenza, legandosi alla lotta di Silone contro l'ingiustizia e gli
abusi del potere istituzionale. li tema documentario è quello della
lotta fra "cafoni" e borghesi, ma la sua funzione è sia di
denuncia per l'oppressione e i soprusi subiti dai contadini abruzzesi e
di ogni
contrada, sia di auspicio per la formazione di una coscienza sociale
liberata dalle ataviche rassegnazioni. Catastrofi naturali e
ingiustizie, cicli stagionali e miserie diventano, infatti, nel racconto
così antichi da apparire come un'eredità dei padri e della terra.
Tutto ciò che avviene oltre il confine di quei monti, posti come
confine di un luogo e di una condizione, ossia ogni trasformazione
tecnologica e sociale del mondo di fuori, viene vista dai
"cafoni" di Silone come uno spettacolo da osservare, avvinti
come sono a un suolo di misena ineluttabile.
Fontamara diventa così
la vicenda corale degli emarginati, uguali sotto ogni latitudine, visti
nel momento cruciale e auspicato in cui rifiutano la fissità della loro
condizione ed entrano in conflitto con la "societàdegli
integrati" dei momento, ossia quella fascista. Il portavoce di
questa nuova coscienza è il "cafone" Bernardo Viola,
trascinato in una lotta istintiva, priva di ogni retorica che non sia
quella della speranza, dell'uguaglianza e della verità originaria: la
fratellanza evangelica. La sua morte è il sacrificio necessario per la
propagazione della fede nella giustizia, che i Fontamaresi raccolgono
per chiedersi insieme "che fare?".
La natura intimamente apostolica del lavoro letterario di SiIone si
traduce nei suoi libri come testimonianza della libertà umana, nucleo
centrale del suo mondo morale e letterario. Questa netta posizione è
tuttavia evidente anche nelle opere di carattere storico-politico e
ideologico che egli scrisse fra il 1934 ei
1938, soprattutto Der fascismus che,
a detta degli storici, è uno degli studi più importanti pubblicati da
contemporanei sul fenomeno fascista. A questo saggio si deve affiancare
anche La scuola dei dittatori, scritta
come meditazione, in forma di dialogo, sulle cause del trionfo della
dittatura e sul valori "eterni" della libertà umana.
Il secondo romanzo pubblicato durante l'esilio, Vino
e pane, uscito a Zurigo nel 1937, è per certi aspetti la
continuazione di Fontamara e
s'inquadra negli anni del conflitto etiopico, in un clima politico di
avventura cospirativa. Nel 1941 viene pubblicato, in tedesco a Zurigo e
in italiano a Lugano, Il seme
sotto la neve, composto fra il 1939 e il 1940.
Il protagonista di questo libro, Pietro Spina, è chiaramente lo stesso
personaggio autobiografico di Vino
e pane, deluso dall'ideale rivoluzionario, che interiorizza i miti
di uguaglianza e di giustizia, perseguendo uno scopo di libertà e di
purezza spirituale. Appare evidente che in Silone il registro dei
moralista e quello dei narratore sono la radice e il fine della sua
esigenza letteraria, e fungono da stimolo a scrivere un solo libro con
più voci, complementari e testimoniali. In questo senso si deve leggere
anche Una manciata di more,
prima opera. scritta e stampata in Italia dopo l'esilio, in cui si narra
la crisi ideologica di Rocco de Donatis, un ex partigiano comunista,
provocata dal nuovo volto assu~to dal partito, che fa presagire azioni
repressive e persecutorie. Rocco, costretto a espatriare, compie l'atto
più importante della sua vita: la rinuncia alla militanza politica a
favore della causa degli oppressi.
Nel
1956 esce Il segreto di Luca, romanzo
scritto nella forma di inchiesta retrospettiva su un caso giudiziario.
Viene ricostruita la storia d'amore del protagonista, ergastolano
ingiustamente accusato di omicidio, ove si tracciano, come in un arazzo,
le trame di un sentimento platonico di vago sapore
stilnovistico. Intorno alla vicenda sta il brusio della società
contadina,
con
la sua versione dei fatti , basata su un codice di norme non scritte che
s'impigliano con quelle dell'altro codice: il codice delle testimonianze
ufficiali.
Nel 1960
esce, nella redazione definitiva, La
volpe e le camelie, una storia ambientata nel Canton Ticino, fuori
quindi dai confini, elettivi dell'Abruzzo, ma ancora legata
all'esperienza biografica dell'autore e all'ambiente antifascista
clandestino. Anche qui, la morte del protagonista rappresentava in
qualche modo, la morte della speranza nell'utopico mondo vagheggiato da
Silone, quello dell'uguaglianza e della liberazione
degli uomini da ogni tirannia. Si tratta però di un sacrificio
necessario, poiché colui che opera al di fuori di ogni istituzione di
Chiesa o di Partito muore con lo spirito del "santo ed è quindi
degno di avere dei continuatori. La lotta contro l'ingiustizia è
secondo Silone, di ogni tempo e di ogni paese.
Il tema appare evidente nel L'avventura
di un povero cristiano del 1968, dove si narra dei "gran
rifiuto" di Celestino V, il papa vissuto nella stessa terra
d'Abruzzo e costretto a rinunciare al manto papale dopo aver lottato
invano contro le menzogne e le oppressioni del potere. Uscire dalla
logica delle istituzioni significa quindi, nel Medioevo come oggi,
ritornare a operare accanto alle vittime e agli oppressi di ogni storia,
cercando di condividere le loro pene, nella speranza utopica di un
riscatto e di un futuro, di dignità e di diritti unitari.
Nel 1965 Silone riunisce gli iscritti della sua speculazione morale e
filosofica in Uscita di
sicurezza, il testamento di uno scrittore che non ha mai voluto
rinunciare alla "dignità dell'intelligenza". Il racconto
autobiografico si alterna ai testi saggistici, restituendo al lettore le
scintille delle sue esperienze di vita, le ideologie, la psicologia e i
miti dei suo immaginario romanzesco. Dalla lunga confessione contenuta
nel libro si comprende che in ogni sua opera Silone si è avvalso di
un'intensa esperienza diretta, dal quotidiano alla storia, dalle
delusioni politiche alla speranza evangelica nel riscatto degli umili,
fino alla scelta di allontanarsi da, ogni forma di potere istituzionale.
Nel 1981, a
tre anni dalla sua morte, esce a cura della moglie Darina il romanzo Severina,
che condensa i motivi fondamentali dei lavoro letterario di Silone.
La protagonista, una giovane suora abruzzese, caparbia e forte, è la
versione contemporanea di Celestino V e rispecchia la rettitudine
interiore del "povero cristiano. Il personaggio di Severina, oltre
a essere un riflesso dell'autore, vuole anche essere un omaggio a Simone
Weil, la filosofa ebrea francese che Silone ha tanto ammirato e che non
volle mai abbracciare apertamente il cristianesimo, a cui si era
convertita, per riservarsi uno spazio di libertà. L'indipendenza morale
di Severina sta soprattutto nella speranza e nella coerenza delle
proprie idee e verità, nella riaffermazione della fede in un
cristianesimo originario, fuori da ogni istituzione e nel socialismo
utopico basato sull'amore per gli oppressi e i vinti di tutte le nazioni
e di ogni storia, presente e passata.
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