gli insediamenti rupestri medioevali

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Gli insediamenti rupestri in terra Jonica nell'alto medioevo

La Puglia, in particolare l'area Jonica, è ricca di testimonianze della civiltà rupestre, sviluppatasi in questa area geografica tra il IX e l'XI secolo d.C.

Questi insediamenti, dopo un lunghissimo periodo di abbandono, vennero utilizzati come abitazioni nel secondo dopoguerra, infatti i Sassi di Matera, le gravine di Ginosa, di Latenza, di Massafra e di Mottola, furono abitate dagli "sfollati".

Oggi, mentre i Sassi di Matera vengono recuperati come patrimonio artistico e abitativo, gli altri insediamenti attendono la giusta valorizzazione e sono utilizzati esclusivamente come ricovero momentaneo per gli animali.

Solo pochissime grotte sono state recuperate e restaurate. Ancora oggi, infatti, per mancanza di adeguati fondi, vengono lasciate all'abbandono e alla mercé di predatori senza scrupoli moltissime testimonianze artistiche che andrebbero tutelate. E' recente però, la notizia che le gravine dell'area Jonica potrebbero divenire patrimonio mondiale, come i Sassi di Matera, se l'UNESCO dovesse approvare la proposta avanzata dai comuni interessati.

Gli insediamenti rupestri, per secoli, sono stati considerati in rapporto alla vita monastica: in ogni grotta si vedeva quasi sempre la sede di un eremita. Solo da poco tempo si è messo in evidenza il loro carattere abitativo.
Il Villaggio Rupestre era, infatti, un agglomerato di grotte, adibite ad uso abitativo, che si

stringevano attorno ad una chiesa. Si tratta, di solito, di grotte, in parte naturali, in parte scavate nella roccia, collegate tra loro da sentieri e scalette.

Generalmente il villaggio rupestre sorgeva in zone solitarie, difficilmente raggiungibili: nei burroni profondi o nelle inaccessibili gravine, nelle foreste silenziose o nei cavi delle montagne.

Tutto ciò serviva per trovare una protezione naturale e una vicinanza alle terre da coltivare. La vita di questi centri era molto attiva e rispecchiava la civiltà in cui si viveva.

Perché l'uomo decise di abbandonare gli agglomerati urbani e di vivere in grotta, sviluppando il fenomeno chiamato "neotroglidismo" che troviamo con le stesse caratteristiche in Serbia, Bulgaria, Africa del nord, Sicilia, Sardegna e Cappadocia?

La motivazione che spinse le popolazioni urbane collocate lungo la costa jonica a spostarsi verso le grotte è da ricercare nelle origini dell'organizzazione statale, nel
declino delle città costiere a causa delle invasioni barbariche e saracene, a più riprese, nella crisi economica che colpì la popolazione dei villaggi, nel bisogno di lavorare la terra e allevare gli animali per sopravvivere, nella deforestazione e colonizzazione di grandi zone di terra prima ricoperte da fitta vegetazione, cause che indussero consistenti gruppi di persone a scegliere la vita in grotta.

Si comprende, quindi, come una casa "scavata nella roccia" fosse più sicura ed economica di quella costruita in legno, tipica del Medioevo.

Gli abitanti delle grotte, però, non si allontanarono dalle vicende storiche o dalla cultura urbana, questi insediamenti non furono ghetto, rispetto ai gruppi sociali urbani, né costituirono gli strati marginali della società medioevale.

Le gravine offrivano un riparo naturale e sistemi di difesa che erano estremamente ingegnosi. Massafra, ad esempio, nella "grotta del Mago", l'ingresso è situato su una ripida parete e vi si può accedere solo con l'uso di una scala a pioli. A Ginosa, invece, era stato studiato un sistema di cunicoli e camminamenti interni che potevano consentire una fuga veloce nella campagna circostante. Questo sistema veniva chiamato "U Spunne spunne" (labirinto).

"Esistono segni e testimonianze che hanno indotto gli studiosi a ritenere che le grotte dell'area jonica siano state utilizzate, non solo a fini abitativi, in diverse età, già a partire da quella paleolitica.

Per molti anni si è pensato che le grotte nella gravina, abitate nella preistoria e poi abbandonate, tra l’VIII e il IX sec, siano state rioccupate da monaci e da eremiti bizantini fuggiti dall’Oriente nel periodo delle persecuzioni iconoclaste, quando molti monaci "iconoduli", favorevoli alla rappresentazione delle divinità nelle icone, per sfuggire alle accuse di eresia, approdarono in Italia Meridionale e si nascosero nelle grotte, organizzando comunità monastiche di rito greco completamente lontane dalle influenze cittadine, trovando l'ambiente delle gravine adatto al loro modo di vivere.

Il clima temperato, la solitudine e il calore dell'accoglienza ne favorirono
facilmente l'insediamento in queste grotte, che erano particolarmente adatte alla preghiera e all'isolamento.

Nelle grotte si svolgevano infatti anche riti religiosi come accadeva, ad esempio, nella grotta di Zinzulusa, dove erano praticati riti magico-religiosi legati al mondo indigeno. In altri casi erano oggetto di frequentazione per la presenza di risorse idriche ritenute salubri e sacre, come , ad esempio, il Fonte Pliniano di Manduria.

Un uso frequente della grotta era anche quello sepolcrale, come è dimostrato dalle tante tombe ipogee trovate.

La cripte di S. Gregorio e S. Angelo a Mottola sono interessantissimi esempi di questa ultima destinazione.

La grande quantità di chiese ipogee, modellate ed affrescate in stile bizantino e la somiglianza di questi villaggi delle gravine con quelle della Cappadocia (Regione turca), avevano fatto pensare ad un'origine tutta orientale e monastica. Ma recenti studi sull'urbanistica e struttura delle grotte, hanno fatto cadere la convinzione che siano solo monastici o di minore importanza rispetto ai normali villaggi medioevali, in quanto non ci sono sostanziali differenze fra i villaggi trogloditi in rupe e quelli costruiti, nello stesso periodo medioevale, con le normali tecniche edilizie "sub Divo", ma, al contrario, si devono considerare patrimonio internazionale: infatti, a partire dal V e VI sec. fino all'inizio dell'età moderna, comprendente un arco di tempo che va dalla prima dominazione bizantina al periodo aragonese (XV sec.), si è avuto un vero recupero del "vivere in grotta" da parte delle popolazioni contadine.

Questa tendenza a occupare le grotte ricompare dal IX all’XI sec., dalla seconda dominazione bizantina in poi, soprattutto ad opera dei monaci dell'Occidente, come i Benedettini, i quali operarono una vera e propria rivoluzione agricola, introducendo le colture della vite, dell'olivo e del mandorlo e le popolazioni contadine, costrette a sfuggire ai pirati, utilizzarono nuovamente le caverne, più sicure perché nascoste nella Murgia e che offrivano ancora possibilità occupative.

Così nell'alto Medioevo, la grotta diventò un luogo di abitazione protetto, adattabile alle esigenze della vita, caldo in inverno e fresco in estate e, soprattutto vicino ai luoghi di lavoro per contadini e pastori.

II paesaggio rupestre, quindi, rappresenta un importante elemento della complessa realtà degli insediamenti umani medioevali.

 

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                                             e-mail: manzonimottola@tiscali.it 

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