gli insediamenti rupestri medioevali

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LA CRIPTA DI SAN GREGORIO MAGNO

La cripta di San Gregorio si trova nel territorio di Mottola, a circa un chilometro dal centro urbano in prossimità della vecchia statale 100 che collegava Taranto a Bari.

L’ipogeo si trova a 275 metri sul livello del mare e nei suoi pressi si trovano altre due cripte di estremo interesse: la Madonna delle sette lampade e la Madonna degli angeli.

La chiesa di San Gregorio era sconosciuta fino a tempi recentissimi (le prime citazioni risalgono al 1962). L’ipogeo, infatti, rimase pressoché interamente interrato fino all’agosto del 1972, quando se ne iniziò lo scavo. La rimozione di circa 160 metri cubi di terra, il rinvenimento di una cisterna e la scoperta di numerosi resti di ceramica, hanno consentito uno studio approfondito del sito e la formulazione di ipotesi accettabili sulla sua collocazione culturale e storica che presumibilmente si fa risalire al IX secolo.

L’arredo pittorico

L’attuale arredo pittorico della chiesa di San Gregorio è costituito da tre affreschi iconici: un Cristo Pantocratore, nel Catino dell’abside centrale; una Vergine con Bambino e con San Bartolomeo, nella seconda nicchia della parete est; ed infine un San Nicola nella prima nicchia della stessa parete.

L’arredo pittorico è piuttosto povero, se messo in relazione con l’importante architettura della chiesa e, soprattutto, se raffrontato con la ricchezza di altre chiese di Mottola e di altre zone vicine; ciò fa ritenere che la vita della chiesa è stata piuttosto breve.

Inoltre, nessuno degli affreschi sembra risalire ad un’epoca precedente il XIV secolo. In realtà gli affreschi che si possono vedere rappresentano parzialmente solo l’ultima fase dell’arredo pittorico: infatti, almeno un altro affresco è andato perduto e di esso rimangono pochi resti sulla parete della terza nicchia est.

L’arredo originario era semplice e severo, privo di icone, e costituito solamente da croci affrescate inscritte in campi circolari ed ovali.

Non è evidente se sotto l’affresco del Cristo vi fosse in origine una croce; mentre i resti di otto croci dipinte entro clipei del diametro di 28-32 cm sono visibili sulle pareti, in due casi sono ricoperti dagli affreschi e risalgono, probabilmente, al X secolo.

Il Pantocratore

Il Pantocratore della chiesa di San Gregorio, realizzato tra il XII e il XIII secolo, è stato paragonato da più parti a quello ben più famoso del Duomo di Monreale. Probabilmente l’autore faceva parte dei numerosi artisti erranti di provenienza sicula o greca, influenzati dai modelli siciliani. Quasi sicuramente il dipinto fu realizzato preparando uno schizzo (sinopia) direttamente sulla roccia.

Cristo è dipinto con lunghi capelli ondulati castani e con la canonica barba a due punte; il volto, segnato da baffi sottili e leggere sopracciglia, ha un’espressione mesta e campeggia nel grande nimbo crucigero color ocra circondato da perline bianche.

La tunica rossa è coperta da un mantello azzurro che è gonfiato dal gesto della mano destra che benedice alla greca. Sulla sinistra lo stesso mantello sorregge un libro aperto sulle cui pagine è possibile leggere l’inizio in greco della formula usata più frequentemente nelle iscrizioni pantocratiche:

(+) etw H / MH tw / foV tg / koVMg // o [A] / koDg / QwN e / MH

Il dittico

Si trova nella navata destra. Ornato da una serie di S e di U color ocra, fu eseguito a mano libera, probabilmente nel corso del XIV secolo. Si tratta di una composizione popolare vigorosa nella rappresentazione della Vergine e più incerta in quella del volto di San Bartolomeo.

La parte inferiore dell’affresco è andato perduto per il distacco dell’intonaco e per l’aggressione di microrganismi.

Il San Nicola

Il suo stato di conservazione è pessimo in quanto la parte inferiore è andata perduta per il distacco dell’intonaco, mentre il volto risulta deliberatamente distrutto da picconature che lo sfregiano irrimediabilmente.

Il santo è raffigurato in piedi nell’atteggiamento benedicente alla greca su fondo blu scuro e ornato di foglie di acanto tra colonnine con capitello a bulbo.

L’impianto architettonico

Quello che colpisce il visitatore è la struttura architettonica monumentale non comune alle altre chiese rupestri del circondario tarantino.

La pianta è pressoché regolare, a croce greca inscritta, con tre navate; una lunghezza totale di circa sette metri ed una larghezza di circa otto. Se si escludono le quattro colonne interne, gli altari e i muretti, la superficie utile residua si limita a meno di cinquanta metri quadri.

Le tre navale conducono a tre absidi semicircolari a fondo concavo.

Le quattro colonne interne, di pregiata fattura, dividono con grande funzionalità gli spazi interni: si tratta di pilastri cruciformi formati da semicolonne, insistenti su basse basi circolari, sormontate da capitelli quadrangolari a duplice listello. Da queste si dipartono archi a tutto sesto, decorati con una sottile ghiera, che poggiano su semicolonne adagiate alle pareti perimetrali e sormontate da capitelli.

Negli spazi fra le semicolonne si aprono nicchie, delimitate in basso da un gradone largo circa 30 centimetri. Tale gradone collega tra loro le nicchie che risultano separate da piastrini angolari.

Il bema, rialzato di 40 centimetri circa rispetto al piano di calpestio dell’aula, si raggiunge grazie a due bassi gradini accanto ai quali sono evidenti le tracce di una semi - iconostasi.

Anche i soffitti sono ben rifiniti da finte travature nelle campate laterali, mentre quelle centrali sono a spiovente.

Le tre campate del bema sono, invece a volta: quella centrale è una cupola simbolica con due cerchi concentri ricavati nel calcare, con una croce greca nel centro; quella a sinistra con due cerchi concentrici; mentre l’altra, a destra, è una cupola in conci di tufo, parzialmente crollata.

La fattura dei pilastri interni lascia ipotizzare interventi successivi alla costruzione della chiesa. Infatti, originariamente i pilastri dovevano essere a pianta quadrata e solo successivamente (tra il XII e il XIV secolo) rimodellati a pianta semicircolare. L’intervento fu operato su quelle facce che non presentavano iscrizioni ritenute importanti.

La chiesa, risistemata nelle colonne e preziosamente affrescata, poté essere fruita per breve tempo. Infatti le alluvioni del 1600 la seppellirono quasi del tutto. La sua cisterna, probabilmente, invece, era già stata chiusa nel XIV secolo poiché non sono state rinvenute ceramiche di epoca successiva, mentre le più antiche risalgono ai primi del X secolo.

 

 

 

 

 

 

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