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La Tendinopatia achillea
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Dott.  Pomara Spec. Medicina dello Sport

 

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La Tendinopatia achillea

 

Il tendine d'Achille  è sicuramente la struttura più interessata da patologie infiammatorie e degenerative, in particolare tra i corridori, coprendo circa il 6-12% delle lesioni cui possono incorrere. Come tutti i tendini, anche quello achilleo è una unità molto forte, capace di trasmettere le forze generate dal muscolo alle leve ossee; in particolare il tendine achilleo è in grado di sopportare carichi tra i 2000 e 7000 N , caricando durante la corsa un valore pari almeno otto volte il peso corporeo. Il muscolo gastrocnemio, maggiore supinatore e stabilizzatore del retropiede, è in grado di provocare la flessione plantare e la supinazione del piede, ed insieme al muscolo soleo rappresenta i 4/5 del volume della gamba. Attraversando ben tre articolazioni (ginocchio, caviglia, articolazione sottoastragalica), questa unità funzionale può facilmente sottoporsi a lesioni o ad usura, specie negli sportivi.Nella pratica clinica, esiste una classificazione delle lesioni che, in modo evolutivo, possono coinvolgere il tendine d'Achille: 

1) la peritendinite , in cui si ha l'infiammazione del paratenone, sottile membrana che avvolge il tendine, che in genere si scatena per overuse e sovraccarichi funzionali in genere. In questa situazione, nel movimento attivo e passivo del muscolo si può udire o palpare un crepitio intorno al tendine;

2) la tendinosi, caratterizzata dalla degenerazione del tendine nel suo spessore, per cui si possono evidenziare, con una ecografia, aree di necrosi e/o rotture della sostanza tendinea; questo quadro può coesistere con la peritendinite;

    3) la rottura parziale o totale del tendine, quadro clinico che vede l'impotenza funzionale dell'arto interessato. In genere l'evento della rottura è improvviso e si manifesta appunto con un dolore subitaneo, forte e disabilitante.

Diversi sono i fattori che predispongono alla tendinopatia dell'achilleo:

    • carichi ripetuti eccedenti le capacità funzionali del tendine;
    • improvvisi aumenti di lavoro (in intensità, durata o frequenza);
    • scarpe inadeguate (ad esempio con scarso cuscinetto sottocalcaneare o con contrafforti calcaneari insufficienti a stabilizzare il retropiede);
    • eccessiva pronazione o supinazione del piede;
    • rigidità tendinea intrinseca del tendine (da ripetuti traumi, ad esempio);
    • limitazioni nella dorsiflessione della caviglia;
    • limitazioni nella flessione dorsale del piede a ginocchio esteso;
    • lassità ligamentosa della caviglia;
    • ginocchio valgo (angolo Q > 10°);
    • limitazione del range di eversione dell'anca.

I diversi studi condotti sinora sono concordi nel ritenere che un elemento preventivo sull'insorgenza di questa patologia è rappresentata dalla stabilizzazione e controllo del retropiede. Una volta che la sintomatologia si rende manifesta, il presidio terapeutico essenziale è rappresentato dal riposo, che si può associare a terapia medica, sulla base del quadro clinico che si presenta. Nel recupero, comunque, una grossa importanza viene oggi data agli esercizi eccentrici, capaci di dare un carico meccanico maggiore rispetto a quello concentrico ed isometrico e quindi di stimolare con maggiore modalità la struttura muscolo-tendinea. Infatti, il lavoro muscolare eccentrico può:

        - incrementare la lunghezza dell'unità muscolo-tendinea;

        - aumentare progressivamente la capacità di carico del muscolo;

        - aumentare la velocità di contrazione del muscolo.

Il trattamento della tendinopatia, dunque, coincide con gli stadi evolutivi con cui la malattia si presenta:

    1) fase infiammatoria (0-6 giorni): bisogna limitare lo stato infiammatorio, correggendo nel contempo le anomalie biomeccaniche di base e mantenendo la capacità cardiorespiratoria del soggetto. L'intervento prevede applicazioni ripetute di ghiaccio durante il giorno per 15-20 minuti), riposo funzionale, antinfiammatori topici (gel, pomate) e/o sistemici, fisiokinesiterapia (ultrasuoni a contatto, laserterapia, ionoforesi), ortesi di scarico del tendine (rialzi calcaneari di 1-2 cm).

    2) Fase proliferativa o di riparazione (7-21 giorni):  in questa fase l'infiammazione dovrebbe essere regredita, quindi l'obiettivo consiste nel prevenire la formazione di aderenze, l'atrofia muscolare ed il blocco dell'articolazione tibiotalare. L'intervento prevede un esercizio terapeutico gradualmente introdotto, con stretching muscolare e mobilizzazione articolare.

    3) Fase di rimodellamento (21 giorni a seguire): è il momento paradossalmente più importante per un atleta, in quanto l'obiettivo principale qui consiste nel recuperare funzionalmente la totalità dell'arto. Sul tendine bisogna quindi lavorare aumentando gradualmente i carichi isometrici concentrici ed eccentrici.

Un semplice esercizio eccentrico per il tendine achilleo può essere il seguente:

    • sollevamento del peso del corpo su appoggio monopodalico metatarsale con ginocchio esteso;
    • flessione dorsale del piede gravando il peso del corpo su appoggio monopodalico metatarsale con ginocchio esteso;
    • flessione dorsale del piede gravando il peso del corpo su appoggio monopodalico metatarsale con ginocchio flesso a 45°, per stimolare anche il muscolo soleo (Questi esercizi vanno eseguiti per tre serie con 15 ripetizioni ciascuno).