La situazione attuale


 
 


Un progetto di riforma universitaria dovrebbe partire dalla scelta di un'autonomia didattica e di diritto allo studio. Una volta istituiti il Ministero dell'Universita' e della Ricerca Scientifica e Tecnologica si ebbero una giurisdizione ed un portafoglio separati dalla Pubblica Istruzione. Le funzioni assegnate al ministro ed al ministero furono di coordinamento, programmazione ed il potere di assegnare fondi, accanto ad una forte autonomia universitaria.
Si trattava di "un'autonomia sregolata" in quanto gli atenei ebbero la liberta' di aumentare a proprio arbitrio le tasse a carico degli studenti. Si parla quindi di un'autonomia basata su criteri economici senza alcun controllo di efficienza e qualita' e con nessuna attenzione rivolta ai servizi per la generalita' degli studenti, quali spazi e mense, e per i "meritevoli privi di mezzi", quali borse ed alloggi.

Potremmo identificare il termine "autonomia" sotto vari aspetti: autoregolamentazione, autofinanziamento, scelta dei propri studenti, possibilita' di competizione tra atenei, possibilita' di bandire concorsi e scegliere il personale docente. Cia' comporterebbe che le universita' siano in grado oltre che di innalzare il livello culturale anche di offrire ai propri studenti percorsi formativi atti alle esigenze richieste nel mondo del lavoro e nel contesto socio culturale ed economico del territorio in cui sono situate. Allo stesso tempo l'Universita' deve mantenere il suo carattere pubblico, cio' significa che lo Stato deve garantire i fondi necessari al mantenimento delle sedi, le quali devono mantenere degli standard prefissati di produttivita', efficienza e qualita'.

Oltre ai fondi statali l'ateneo per elevare il livello qualitativo e quantitativo dovra' procurarsi un "surplus", che non e' sinonimo di aumento indiscriminato di tasse a carico degli studenti, ma cio' dovrebbe avvenire grazie ad un rapporto di interdipendenza con territorio, imprese ed industrie, essendo responsabili della formazione di coloro i quali andranno ad operare in tale contesto economico e politico. Per operare in tal senso non e' detto che il numero degli studenti debba essere "chiuso" o "programmato"; si dovrebbe invece potenziare l'informazione e la formazione ai corsi universitari, siano essi di laurea, diploma o formazione professionale di livello superiore; ad es.attraverso un sistema di prove scritte non vincolanti di indirizzamento alla facolta'. In tal modo si limiterebbe il fenomeno del fuoricorsismo.

L'universita' italiana sara' in grado di formare professionisti validi e competere a livello internazionale solo quando ci sara' una competizione interna capace di elevare standard qualitativi e quantitativi; cio' non deve diventare una "lotta all'ultimo laureato". Per poter conseguire tali risultati bisogna che ci sia una cooperazione tra studenti e docenti e che non si vengano a creare problemi quali l'inverificabilita' del lavoro di un docente, la sua inamovibilita' e la sua capacita' didattica e di ricerca; a tale scopo un'universita' autonoma deve poter operare delle scelte tenendo presente le esigenze dello studente.

E' necessario quindi che ci sia una autonomia a tutto campo negli atenei italiani e che il ruolo del Ministero sia solo di supervisione e controllo e non di ingerenza nell'ambito di didattica, orientamento studenti, tassazione e reclutamento docenti. In tale contesto di forte autonomia i servizi ed i diritti degli studenti hanno una valenza strategica e su questi lo stato dovrebbe investire. Gli enti per il diritto allo studio spendono 1/4 dei loro fondi per il personale e 1/10 per le borse di studio. Una tale organizzazione del diritto agli studi si ripercuote nei dati relativi ai laureati ed alla capacita' delle universita' di laureare i propri studenti.

Viviamo in un Paese che non riesce a laureare pia' del 37.21% dei suoi studenti, un Paese che non investe nella formazione dei giovani. L'organizzazione dei servizi per gli studenti a Napoli ed in Campania non e' certo un caso a parte ma presenta problemi tipici. Basti pensare alla struttura universitaria dislocata sul territorio cittadino in varie facolta' scollegate tra loro e spesso distanti chilometri ed i servizi di cui e' dotata non sono da meno rispetto ai luoghi della didattica. E' necessaria una maggiore flessibilita' di utilizzo di strutture e servizi; ad esempio, la mensa, cosi' grande, eppure, cosi' poco fruibile e flessibile.

 
 



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