EL LATARO

Nelle boarie, a pomeriggio avanzato, dopo la pulizia della stalla e la somministrazione di odoroso fieno alle mucche, il boaro si accingeva a mungere.

Dal ripiano dove erano riposti, rovesciati all’aria ed al sole, secchi e bidoni, tutto veniva prelevato e, nel silenzio della stalla, si sentiva solo il ritmico rumore del bianco spruzzo che affondava nella schiuma del latte. Dal secchio, il latte veniva passato direttamente, attraverso uno straccio, nei bidoni di ferro stagnato che erano subito immersi nell’abbeveratoio pieno di acqua fredda; non venivano chiusi dai pesanti coperchi a vite ma da un telo che ne assicurava il ricambio d’aria.

Una volta c’era il lataro che al risveglio della città, con la sua bici carica di luccicanti bidoni e tintinnanti misure in mostra sul suo manubrio, cominciava la giornata.

Metteva il latte fresco di stalla in un carrello che conteneva pesanti bidoni ed alcune ceste di ortaggi per il mercato. Ogni lataro era obbligato, durante la distribuzione del latte, ad infilare due manicotti di tela chiara lavabile e costantemente bolliti. Dopo aver raccolto il latte nelle varie boarie, il lataro lo bolliva e lo travasava in un altro recipiente pulito che poi riponeva in una piccola ghiacciaia tutta di legno con due grossi portelli e il rubinetto di scarico.

Specialmente in estate, ogni due giorni veniva l’omo del giazo. A volte, il latte andava a malo cioè inacidiva.

Nel 1963 ci fu un decreto che sanciva che tutti i tipi di latte dovevano essere industrialmente preparati e incartati.