EL SPAZACAMIN

Gli spazzacamini erano degli ambulanti e provenivano dalle Prealpi venete, ma apparivano raramente nelle nostre contrade dove, in genere ciascuna famiglia provvedeva personalmente a pulire il camino dal caluzine che a lungo andare si depositava ; per questo era più facile incontrare lo spazzacamino nelle città.

Nella bassa padana gli spazzacamini sono considerati montanari.

Se i pol, i t'imbroia, ti imbrogliano, fanno male il loro lavoro .

Il loro aspetto denunciava miseria e vita di stenti.

Proprio per le loro vesti sempre nere di fuliggine la gente li guardava considerandoli dei miserabili, avevano una vita solitaria, da veri emarginati.

Il viso nero di fuliggine per far apparire patetico lo sguardo, gli abiti sempre larghi e cadenti, la sòga a tracola , sulle spole chiedeva lavoro, ma poi si accontentava anca dela carità e spesso de on piato de minestra ,se non trovava da fare qualcosa.

Nelle canzoni popolari lo spazzacamino è presentato come un povero orfano, resta la realtà: un mestiere molto all'offerta, poiché domandare e sonare i campanei, se ris-cia de no ciapare gnanca zinque schei , si rischia di non ricevere niente.

Gh'é qua el spazacamin

spaaa-za-ca-min

spaaa-za-ca-min

é arrivato lo spazzacaamino!

Al suo grido, qualche porta si apriva, con il freddo schiocco de la merleta, e cominciava la trattativa tra la dona de casa, e lo spazzacamino.

Una canzone di dialogo tra dona e spazacamin così:

OMO: spazacamin spazacamin

Che vien dai monti

Che vien dai monti a la cità

va gridando

quel camin lo voi spazà

DONA: el varda ben che lo voi spazà!

La risposta della donna esprimeva la diffidenza, largamente condivisa dalla gente nei riguardi degli spazzacamini: i dise che i spaza, che i neta, ma dopo el camin o l’è largo o l’è streto e no el tira, pezo de prima, promettono di pulire ma poi, con la scusa che il camino o è largo o è stretto, il fumo non esce, peggio di prima.

Una poesia de lo spazacamin viene recitata a Buttopietra, e interessa per la dialettizzazione della lingua italiana.

 

 

Ven l’inverno e l’olpe gela

del (?) russelo inoridito cascan foie

e l’erba manca

ogni grege al pian se ne va

e io tramo a la cità

con un saco su le spale

con le lacrime sul ciglio,

ti saluto mama cara

col tuo amor e la pietà

me ne torno a la cità.