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Antonio Gramsci, il tema degli intellettuali-educatori e gli
strumenti del consenso educativo.
di Elisabetta Colla |
4. L'originalità del contributo gramsciano: la formazione
dell'intellettuale "organico"
Dopo aver osservato il nesso fondamentale fra egemonia, politica e pedagogia,
e dopo essersi lungamente soffermati sulla problematica inerente l'intellettuale
tradizionale e cosmopolita, giungiamo ora all'espressione della piena maturità del
pensiero gramsciano, attraverso la sua riflessione forse più famosa - o che comunque ha
avuto maggior fortuna - quella dell'intellettuale "organico".
La profonda scissione tra intellettuali e popolo, denunciata in tanti scritti
da Gramsci, in particolare nel già citato "Alcuni temi della questione
meridionale" (1926), deve ora essere ricomposta e nel tessuto sociale deve operarsi un cambiamento attraverso forze
nuove ed organiche.
E' apparso opportuno avvicinarsi alla tematica dell'intellettuale
"organico" attraverso un duplice approccio, il primo che collega Gramsci ad una
tradizione (e ad una problematica) più propriamente scientifica del termine
"organico", il secondo, più diretto, che parta dalla consueta lettura dei testi
gramsciani.
L'uso del termine "organico"46
lega idealmente Gramsci alla tradizione del pensiero evoluzionistico e, soprattutto,
agli oppositori di tale tradizione; organico è ciò che si contrappone ad inorganico,
privo di vita, in altre parole a ciò che può avere solo una funzione passiva, ma che non
possiede iniziativa né esistenza propria.
E' probabile che il concetto di "organico", di
"organicità", provengano, originariamente, dalla biologia darwiniana; secondo
questa ipotesi il termine seguirebbe poi un lungo percorso, attraverso l'evoluzionismo, le
posizioni del determinismo positivistico (Comte, Spencer), fino alla teoria dell'
"slancio vitale" di Bergson, intesa come "azione che di continuo si crea e
si arricchisce". Nel corso di questa strada il termine avrebbe subito anche delle
trasposizioni analogiche: dall'organismo vitale biologico all'organismo sociale, nelle sue
varie forme. Dunque, Gramsci coglierebbe le ultime eco di questo termine, per rifondarlo,
per trasferirlo con tutti gli onori e con ogni garanzia di tipo "scientifico"
nel campo delle scienze sociali e della politica.
E' possibile, ci sembra, procedere alla scoperta del termine
"organico", anche prendendo le mosse da alcune note dei Quaderni, nelle quali si
esprimono le svariate possibilità insite nel termine stesso.
Nel Quaderno 4, ad esempio, in un paragrafo intitolato "La
scienza", l'uomo viene rappresentato come strettamente legato alla natura, sempre
intento a cercare nuovi strumenti d'indagine scientifica, nuove tecniche culturali atte a
discriminare il rapporto che egli ha con il reale rispetto a qualsiasi altro essere
vivente. Avviene, di fatto, una "lotta" con l'ambiente, che consente al soggetto
di migliorare il proprio grado di cultura, la propria concezione del mondo e di conoscere
sempre meglio l'oggettività del reale47.
Gramsci vuole combattere anche il materialismo volgare, quello che riduce
l'uomo alla "fissa materialità": nel
corso del tempo il marxismo si è combinato con varie correnti filosofiche, alcune delle
quali davano maggior risalto al lato materialistico (per quella strada si è giunti al
marxismo positivista, tanto combattuto da Gramsci e dalla generazione a lui
contemporanea), altre tendenti allo spiritualismo. La scienza, per Gramsci, non va
esaltata come una "concezione del mondo per eccellenza", prima di tutto perché
il marxismo è una filosofia originale e
bastante a sé stessa, poi perché è difficile per la scienza presentarsi autonomamente,
essendo sempre il fatto oggettivo legato ad un'ipotesi o a un'ideologia.48
Al contrario, Gramsci dice di aver imparato dal marxismo a considerare la
"storicità della natura umana", che non è mai "fissa e immutabile".
Nel Quaderno 4 viene ripreso il tema delle "superstrutture": nell'ambito del
rapporto Croce-Marx, Gramsci prende le difese del materialismo storico il quale non
ritiene affatto le ideologie e le superstrutture come apparenze ed illusioni, ma al
contrario come realtà oggettive ed operanti, pur non considerandole, però, la molla
della storia (insita invece nella struttura produttiva della società). Gramsci afferma,
infatti, che "
tra strutture e superstrutture c'è un nesso necessario e
vitale, così come nel corpo umano tra la pelle e lo scheletro"49, instaurando così un paragone fra organismo
vivente ed organismo sociale, che intende rendere esplicito il nesso "vitale" e
cioè appunto "organico" fra la struttura e le superstrutture, le quali ultime
devono appunto realizzare quel compito storico di cui si è già parlato, cioè la presa
di coscienza di tutti gli uomini del loro essere e del loro divenire storico e, quindi,
anche del loro legame fondamentale con la materia, con l'oggettività del reale, ciascuno
attraverso il formarsi di una concezione "culturale" del mondo e della vita che
gli permetta di esprimersi, di "crescere" e di modificare l'ambiente qualora
esso non offra condizioni di vita soddisfacenti. Ecco, di nuovo, il tema della lotta, che
può essere sottoposto a diverse interpretazioni: la lotta dell'uomo per reagire
all'ambiente naturale (spesso intriso di "casualità e caos") è prima di tutto
una lotta culturale - e qui ben s'inserisce tutto il discorso educativo di Gramsci sulla
disciplina e sull'antispontaneismo50-
ma è anche o deve diventare una vera e propria lotta pratica e rivoluzionaria delle
situazioni economiche, politiche e sociali.
Nell'ambito di tale discorso acquistano forte valenza alcune idee espresse da
Gramsci nelle rubriche dei Quaderni dedicate al rapporto "Quantità-Qualità",
in particolare al Quaderno 10, scritto fra il '32 ed il '35, laddove viene sottolineata la
tematica dell'inscindibilità dei due momenti. "Poiché non può esistere quantità
senza qualità e qualità senza quantità (economia senza cultura, attività pratica senza
intelligenza e viceversa) ogni
contrapposizione dei due termini è un non senso razionalmente
"51. Perseguire uno sviluppo unitario
dell'uomo e della cultura, cercare l'unità dialettica fra quantità e qualità,
significa, per gramsci, rifarsi anche alla concezione pedagogica di Marx e, più
recentemente, alle indicazioni della Krupskaja, compagna di lenin; essi parlano di
onnilateralità ed onnicomprensività nello sviluppo della persona umana, affinchè la sua
formazione sia volta verso le attività speculative e pratiche al tempo stesso; parlano
anche di istruzione generale e politecnica, cioè collegata ai vari rami della produzione
e del lavoro52. In queste idee è
già insito il progetto gramsciano di una scuola unica.
Nel Quaderno 9, Gramsci parla del rapporto fra due categorie riguardanti
"reali rapporti economici e politici", cioè il "centralismo organico"
ed il "centralismo democratico", ritiene che mentre il primo in realtà non è
altro che un centralismo burocratico, il secondo è effettivamente
organico perché è un "centralismo in movimento", ed il movimento è "il
modo organico di manifestarsi della realtà", ma è organico anche perché
"tiene conto di qualcosa di relativamente stabile e permanente o per lo meno che si
muove in una direzione più facile a prevedersi"; è organico, pertanto, ciò che
cerca di collegarsi anche ad elementi più stabili, con componenti prevedibili, quali, ad
esempio, una classe dirigente o un gruppo sociale divenuto egemone, sempre però
nell'organicità del loro svilupparsi.53 Le
questioni fin qui esaminate, ci introducono alla riflessione della personalità ed ai
compiti storici dell' intellettuale organico; in particolare prendendo le mosse dal
Quaderno 12, che già conosciamo come il più ricco e "compiuto" riguardo al
tema degli intellettuali. "Ogni gruppo sociale - afferma Gramsci - nascendo sul
terreno originario di una funzione essenziale nel mondo della produzione economica, si
crea insieme, organicamente, uno o più ceti di intellettuali che gli danno omogeneità e
consapevolezza della propria funzione non solo nel campo economico, ma anche in quello
sociale e politico".54
Ogni gruppo sociale svolge una funzione di produzione in seno alla società,
di tipo direttivo o subordinato, ed è intorno a quella che si articola l'intervento degli
intellettuali organici55, delle loro
competenze specifiche e capacità tecniche. Ciò significa che qualsiasi gruppo sociale ha
bisogno di costituire degli intellettuali ad esso"organici" per prendere
coscienza di sé nel campo delle strutture e in quello delle sovrastrutture56, per ricevere maggior compattezza ed
omogeneità. L'intellettuale della borghesia è un tecnico, che conosce i meccanismi
dell'industria e del mercato: è grazie a lui che la borghesia imprenditoriale moderna ha
potuto ottenere dei così alti risultati economici e, di conseguenza,
politico-dirigenziali.
Ancora nel Quaderno 12, Gramsci sostiene che gli intellettuali organici
"che ogni nuova classe crea con sé stessa ed elabora nel suo sviluppo progressivo,
sono per lo più specializzazioni di aspetti parziali dell'attività primitiva del tipo
sociale nuovo che la nuova classe ha messo in luce"57. Le nuove classi creano tipi sociali
la cui attività si specializza a poco a poco, diramandosi in diverse competenze. Ad
esempio, nel caso del rapporto con l'imprenditore capitalistico, è l'intellettuale
"urbano" quello organico alle fortune dll'industria e dell'economia del capitale58, mentre la massa contadina pur
svolgendo "una funzione essenziale nel mondo della produzione, non elabora propri
intellettuali 'organici' e non 'assimila' nessun ceto di intellettuali 'tradizionali', quantunque dalla massa dei contadini altri
gruppi sociali tolgano molti dei loro intellettuali"59. E' evidente che, con tali premesse,
contadini e classe proletaria, sembrano destinati a dun futuro di subordinazione. Scrive
il Garin "
Gramsci individuava sempre più chiaramente nel problema degli
'intellettuali' il nodo centrale delle difficoltà del movimento operaio: quello dei
quadri dirigenti, del partito, della guida del movimento, degli strumenti dell'egemonia.
Gli intellettuali sono, in concreto, la storia, la teoria, il progetto, la
coscienza."60 Comincia qui a
delinearsi un lento e graduale processo di formazione-educazione: per prima cosa deve
aumentare il grado di cultura delle masse, in conseguenza di ciò aumenterà anche il
numero degli intellettuali capaci di realizzare il nesso teoria-pratica, sul quale Gramsci
pone l'accento. Nel medesimo tempo ci troviamo in presenza di un processo circolare: non
c'è organizzazione di massa senza intellettuali, ma non ci sono intellettuali senza
organizzazione.
Per uscire da questa situazione Gramsci vede una lunga strada di
sensibilizzazione alla cultura, alla presa di coscienza del proprio ruolo politico, al
risveglio delle proprie forze. Da questa opera educativa in campo intellettuale e morale
è possibile, secondo Gramsci, passare ad un'azione rivoluzionaria che, dopo una fase
'transitoria' di tipo dittatoriale, si farà portatrice di una nuova forma di Stato, priva
di classi sociali differenziate ed autoregolantesi in campo etico-sociale.
Da qui l'importanza di ricostruire, o rinnovare, un rapporto dialettico fra
intellettuali e masse, che risulti storicamente proficuo: che generi, attraverso le
reciproche attese e le vicendevoli "spinte" al cambiamento, una crescita comune
ed organica, uno sviluppo dinamico in campo qualitativo e quantitativo, cioè tendente
all'unità di struttura e sovrastruttura, prassi e teoria, necessità e libertà.
A questo punto appare chiara la linea che la nuova figura dell'intellettuale
dovrà seguire, compenetrando i due aspetti "organici" della sua attività:
quello deliberativo-formale e quello tecnico-culturale61. Mentre risulta ormai
'anacronistico' e addirittura 'pericoloso', per la vita statale, il vecchio tipo di
dirigente, con la sua formazione giuridica e umanistica, del tutto priva di capacità
tecniche e, dunque, anche di incisive capacità politiche.
Nel Quaderno 9, in una nota sulla "Storia della burocrazia",
Gramsci ricorda che ogni epoca ha necessariamente avuto "un suo tipo di funzionario
da educare" e che tale problema ha sempre coinciso con quello degli intellettuali;
una possibile soluzione di esso è proposta da Gramsci proprio nell' "unità del
lavoro manuale e di quello intellettuale"62
.
La conclusione del Quaderno 12 è ben nota, così come le parole stesse con
le quali Gramsci inquadra il nuovo intellettuale: "un costruttore, organizzatore,
'persuasore permanentemente' perché non puro oratore [
]", il quale "dalla tecnica-lavoro giunge alla
tecnica-scienza ed alla concezione umanistico-storica senza la quale si rimane
'specialista' e non si diventa 'dirigente' (specialista più politico)"63.
Secondo Manacorda, questo cammino, che si muove dalla
"tecnica-lavoro" verso la "tecnica-scienza" fino alla concezione
"umanistico-storica", propone una rappresentazione della educazione e della
cultura come "consapevolezza della storia dell'umanità in quanto storia del
progressivo dominio scientifico-tecnico dell'uomo sella natura", concezione che, con
il nome di "storia della scienza e della tecnica", diventerebbe il
"principio pedagogico-didattico (
) base dell'educazione formativo-storica della
nuova scuola".64 Riguardo
alle caratteristiche dell'intellettuale nuovo gramsciano, il Nardone ne sottolinea la
lettura pedagogica, equiparandole con quelle di chiunque sia educatore in seno alla
società. Egli afferma infatti: "L'educatore è perciò intellettuale nel senso più
pieno del termine. Non chi 'scopre' ma chi 'diffonde' la scoperta è fattore ultimo di
cultura. D'altra parte, l'attività politica integrale include la cultura".65
Si è già detto che l'intellettuale "nuovo", il quale amplia e
moltiplica le sue capacità, deve possedere abilità organizzative - e qui si sentono le
eco della formazione russa di Gramsci, quella del Prolet'kult con i suoi autori di
"scienze dell'organizzazione" - e deve ottenere un consenso duraturo e ben
fondato. Sono questi gli elementi che tendono ad arricchire un quadro educativo immobile
nel tempo, improduttivo e discriminante, integrando le tecniche della scienza e del lavoro
con il bagaglio storico-umanistico, usuale negli intellettuali e che, ben lungi
dall'essere ora scartato, deve trovare nuova vita come completamento formativo di una
strategia pedagogica da attuare attraverso gli strumenti del consenso.
In un articolo di Umberto Cerroni, incentrato sul rapporto fra gli
intellettuali ed i 'semplici', viene sottolineato come l'intellettuale, in quanto
produttore del sapere ed in linea con la scienza che professa, può, per verificare la sua
conoscenza, emanciparsi teoricamente, emancipando così anche i semplici ed aggregandoli
attorno alla classe operaia, infatti "come scienziato, l'intellettuale educa i
semplici, come operatore sociale, si educa con i semplici"66. Questo scambio pedagogico produce
il risultato desiderato, chiudendo il fecondo circolo di
"pratica-teoria-pratica", attraverso il superamento del "corporativismo
operaio" e del "corporativismo intellettuale"67.
Tali
indicazioni sul modificarsi del concetto di intellettuale e sull'espressione "lotta
culturale" possono essere, nel presente, un prezioso strumento da utilizzare
nell'ambito della dibattuta questione degli intellettuali, a tutt'oggi controversa e
socialmente di prim'ordine.
Si moltiplicano gli interrogativi, oggi come allora, su chi siano e su quali
caratteristiche debbano avere degli intellettuali nuovi e "organici", per essere
realmente propositori ed "amplificatori" (quasi eco della storia) di messaggi
socialmente democratici, storicamente aderenti e capaci di trasformare atteggiamenti e
pregiudizi culturalmente radicati.
Sembra altresì importante approfondire l'indagine su quali siano le funzioni
che gli intellettuali dovrebbero aver cura di svolgere e per mezzo di quali organismi
adoperarsi - se ancora apparirà essere tale una loro precipua funzione sociale - per
realizzare il consenso, al cui ottenimento l'intellettuale organico sembra essere
fortemente chiamato.
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