Vangeli Gnostici e Psicoterapia

Nel dicembre del 1945. a Nag Hammadi, nell'Alto Egitto, un contadino arabo scavò una giara di terracotta rossa contenente tredici volumi di papiro rilegati in antichissimo cuoio: erano i testi sacri di quell'ala gnostica del cristianesimo primitivo, cioè relativo agli anni appena seguenti la crocifissione di Gesù, che, fiorita impetuosamente tra il I° e il IV° secolo d.C. dall'Iraq all'Egitto, da Roma a Lione (assimilando idee perfino dalla lontana India, da correnti magico-astrologiche dell'Oriente, dalla qabbalah, oltre che dalle filosofie ellenistiche e in particolare neoplatoniche, forse anche sulla scia del fatto che lo stesso Gesù sembra abbia trascorso diversi anni della sua giovinezza in Oriente a contatto con aree buddiste e induiste), era stata poi soffocata dall'ortodossia organizzata e cancellata da allora e per secoli e secoli, dalla memoria umana, fino ai nostri giorni. Solo oggi, dopo un lungo lavoro di decifrazione ed edizione, si può misurare la sconvolgente importanza di questi scritti. Da essi appare, fra l'altro, che già nei primi secoli venivano posti problemi finora ritenuti di origine recente: la resurrezione di Gesù è un fatto storico o simbolico? Qual'è la vera Chiesa? la "celeste" o la "terrestre"? Dio è solo Padre, o anche Madre? Oggi e nei secoli trascorsi, sappiamo e abbiamo saputo tutto quello che si poteva sapere di Gesù e delle sue opere e del suo messaggio, oppure abbiamo saputo e sappiamo solo quello che gli uomini che hanno costruito l'organizzazione clericale sin da subito dopo la crocifissione di Gesù, hanno deciso che doveva essere tramandato, cercando di far scomparire molto altro materiale storico, però scomodo ai fini dello sviluppo della chiesa ortodossa così come loro volevano ?

Storicamente, dopo che nel 1945 furono scoperti casualmente i papiri di cui sopra, molti tentarono di impadronirsene, inclusa la Chiesa di Roma e fu un caso che, in parte per l'ignoranza del contadino egiziano che li scoprì e in parte per volontà del governo egiziano quando li ebbe in suo possesso, essi rimasero fuori della loro portata. Poi giunsero per primi degli organismi culturali e scientifici, patrocinati anche dalla Fondazione C.G. Jung (psicoanalista) di Zurigo e si iniziarono delle serie decodificazioni di quei papiri, che rappresentavano dei formidabili documenti equiparabili alle altre scritture evangeliche che siamo abituati a leggere come unici documenti testimoniali di Gesù.

Elaine Pagels è un'insigne studiosa che ha partecipato al restauro e alla restituzione dei papiri di Nag Hammadi. Ha scritto su questa vicenda e ha partecipato alla traduzione e divulgazione di parte di quei documenti, ancora oggi oggetto di studio e decodificazione da parte di diverse istituzioni internazionali.

Riportiamo testualmente il seguente capitolo tratto dal suo libro "I Vangeli Gnostici", edizione Mondadori,1987, poichè vi si riscontra un'interessante riflessione analogica fra il messaggio più complessivo di Gesù, che emerge, oltre che dai quattro Vangeli ortodossi ben noti, anche dai Vangeli che stanno riordinandosi dai papiri di Nag Hammadi e il percorso psicoterapeutico e clinico.

Nella nostra attuale epoca le antiche scritture, sempre più profondamente meditate, sembrano convergere in un unico analogo messaggio antropologico ed umanistico a favore dell'Uomo nel recupero dell'individuo: questo sta implicando una crescente convergenza delle più antiche religioni e filosofie, come il cristianesimo, l'islamismo, l'ebraismo, il buddismo e l'induismo. Nel frattempo la formidabile crescita della conoscenza sul cervello e sulla psicologia umana, implica un contemporaneo convergere delle metodologie psicoterapeutiche e principalmente del messaggio esistenziale, filosofico etico e morale, che dalla psicoterapia si sviluppa, verso i più antichi messaggi sacri, religiosi e filosofici. In questo spirito del tempo attuale, le differenziazioni fra corpo e mente sono largamente superate, ma si stanno altresì oltrepassando le differenziazioni nette fra mente e spirito, fra psiche e anima, per cui sempre più indifferentemente guarire psicologicamente implica un guarire spirituale e viceversa. Ogni giorno lo psicoterapeuta, a contatto con i suoi pazienti, si accorge che sta lavorando anche per l'evoluzione spirituale di chi sta curando e nel contempo evolve anch'egli spiritualmente, ogni giorno, grazie ai suoi pazienti. E questo accade indipendentemente dall'appartenenza dello psicoterapeuta ad una chiesa, dal suo credo, e anche se lo psicoterapeuta è ateo. La crescita dello spirito non implica un fideismo religioso. Il confine fra spirito e mente, è sempre più sottile e ciò implica nuove future sfide per la specializzazione psicoterapeutica, la quale, oltre che includere una competenza specialistica di tipo psicologico e medico, dovrà includere una sorta di competenza teologica/spirituale.

Il brano di Elaine Pagels, che segue, propone un'analisi di un messaggio fondamentale di Gesù, che io riporto qui interpretato e non testualmente: " Tu amerai gli altri così come sarai in grado di amare te stesso e farai agli altri ciò che sarai in grado di fare a te stesso: per cui se vorrai migliorare la qualità del tuo comportamento con gli altri, devi innanzi tutto migliorare il tuo comportamento con te stesso. Impara a conoscere, ad accettare e ad amare te stesso innanzi tutto e di conseguenza sarai migliore nella vita sociale, per capacità di comprensione, accettazione e amore verso gli altri. Dentro di te, dentro ogni individuo, c'è tutto quello che serve per orientarsi nella vita. Non cercare fuori di te, ma dentro te stesso. "

E questo è oggi il percorso fondamentale della psicoterapia, dopo che ce lo aveva già detto Gesù tanto tempo fa.
Dott. Sergio Angileri - Psicoterapeuta Psicologo

- "Gli disse Tommaso: « Signore, non sappiamo dove vai e come possiamo conoscere la via? ».

- "Gli disse Gesù: «Io sono la via, la verità e la vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me».


Il vangelo di Giovanni, che contiene questo detto, è un libro notevole, che molti gnostici rivendicavano a sé e usavano come fonte principale del loro insegnamento.

Eppure la chiesa emergente, nonostante qualche opposizione ortodossa, lo incluse nel Nuovo Testamento. Cosa tendeva Giovanni accettabile, « ortodosso »? Perché la chiesa accettò Giovanni, pur rifiutando testi quali il Vangelo di Tommaso o il Dialogo del Salvatore? (ndr: contemporanei a quello di Giovanni, che fu accettato).


Viaggiando per gli Stati Uniti ci s'imbatte spesso in affissi che proclamano proprio quel detto di Giovanni - affissi firmati da questa o quella chiesa locale.

L'intenzione è chiara: nel dire che si trova Dio solo per mezzo di Gesù è implicito, ai nostri tempi, che si trova Gesù solo per mezzo della chiesa: analogamente, nei primi secoli della nostra era i cristiani preoccupati di rafforzare la chiesa istituzionale potevano trovare appoggio in Giovanni.

Le fonti gnostiche presentano un diverso punto di vista religioso. Secondo il Dialogo del Salvatore, ad esempio, quando i discepoli pongono a Gesù la stessa domanda (« Qual è il luogo in cui andremo? »), lui risponde « nel luogo cui potete giungere, restate! »  Il Vangelo di Tommaso racconta che quando i discepoli chiesero a Gesù dove dovevano andare, egli si limitò a rispondere:

« Se la luce esiste in un essere luminoso, allora esso illumina l'universo intero; ma se esso non brilla, vi sono le tenebre ».

Lungi dal legittimare una qualunque istituzione, entrambi i detti dirigono l'uomo verso se stesso - verso la singola capacità interiore di trovare la propria strada, verso la « luce » interiore.

Il contrasto così abbozzato è, naturalmente,semplicistico. Gli stessi seguaci di Valentino dimostrano - e in modo convincente - che anche molti detti e racconti di Giovanni potevano portare alla stessa interpretazione. Ma cristiani quali Ireneo decisero, sembra, che in definitiva il vangelo di Giovanni (specie, forse, se collocato dopo Matteo, Marco e Luca) poteva servire ai bisogni dell'istituzione emergente.

Nel corso del suo processo di organizzazione politica, la chiesa poteva tollerare un gran numero di idee e pratiche contraddittorie, nella misura in cui i punti di competizione facevano da supporto alla sua struttura istituzionale chiave. Nel III e IV secolo, ad esempio, centinaia di cristiani cattolici adottarono forme ascetiche di autodisciplina, cercando la penetrazione religiosa nella solitudine, nelle visione e nell'esperienza estatica. (I termini « monaco » e « monastico » vengono dal greco monachos, « solitario » o « singolo », usato di frequente dal Vangelo di Tommaso per definire lo gnostico.)

Piuttosto che espellere il movimento monastico, nel IV secolo la chiesa si adoperò per allineare i monaci all'autorità episcopale.

Lo studioso Frederik Wisse ha avanzato l'ipotesi che i testi di Nag Hammadi facessero parte della biblioteca cultuale dei monaci che abitarono il monastero di S. Pacomio, vicino alla roccia dove furono trovati. Nel 367, quando Atanasio, il potente arcivescovo di Alessandria, trasmise l'ordine di epurare tutti i « libri apocrifi » di tendenza « eretica », uno (o più) monaci potrebbero aver nascosto i preziosi manoscritti nella giara per poi sotterrarla sul Jabal al-Tárif, dove Muhammad 'Alí li trovò 1600 anni dopo.

Inoltre, mentre la chiesa, diversificata com'era al suo interno, diveniva sempre più, tra il 1 50 e il 400, un'unità politica, i suoi capi tendevano a trattare i loro oppositori - una gamma ancora più varia di gruppi - come se costituissero anch'essi un'unità politica opposta. Quando Ireneo denunciava gli eretici come «gnostici », non si riferiva tanto a qualche specifico punto dottrinale che potevano avere in comune (anzi, rimproverava loro spesso la varietà dei credi), quanto al fatto che si rifiutavano tutti di accettare l'autorità del clero, il credo e il canone del Nuovo Testamento.

Che cosa, ammesso che ci fosse qualcosa, avevano in comune i vari gruppi che Ireneo chiamava « gnostici »? 0, ponendo la domanda in altri termini, che cosa hanno in comune i vari testi scoperti a Nag Hammadi? Nessuna risposta semplice può coprire tutti i diversi gruppi che gli ortodossi attaccavano, né tutti i diversi testi della biblioteca di Nag Hammadi. Ma a mio parere il problema dello gnosticismo, per gli ortodossi, non stava soltanto nel fatto che gli gnostici erano spesso in contrasto con la maggioranza su punti specifici come quelli che abbiamo esaminato - l'organizzazione dell'autorità, la partecipazione delle donne, il martirio: gli ortodossi capivano che coloro che chiamavano « gnostici » condividevano una prospettiva religiosa di base che restava antitetica alle rivendicazioni della chiesa istituzionale.

Infatti gli ortodossi sostenevano che, per avvicinarsi a Dio, l'umanità ha bisogno d'una strada superiore ai propri poteri - una strada indicata da Dio. Quella che la chiesa cattolica offre a coloro che altrimenti sarebbero perduti- « Fuori della chiesa non c'è salvezza ». La loro convinzione si fondava sulla premessa che Dio avesse creato l'umanità. Come dice Ireneo: « A questo riguardo, Dio differisce dall'umanità; Dio fa, mentre l'umanità è fatta ». Il primo è agente creatore, la seconda ricevente passiva; quello è « veramente perfetto in ogni cosa », onnipotente e infinito, questa è una creazione imperfetta e finita. Il filosofo Giustino Martire dichiara che quando riconobbe la grande differenza tra la mente umana e Dio, abbandonò Platone e divenne un filosofo cristiano. Prima della sua conversione, racconta, un vecchio mise in discussione il suo assunto di base chiedendogli: « Qual è insomma l'affinità che abbiamo con Dio? L'anima è anch'essa divina e immortale? è una parte dello spirito sovrano stesso? ». Come discepolo di Platone, Giustino rispose senza esitare: « Esattamente ». Ma quando con ulteriori domande il vecchio lo portò a dubitare di questa certezza, capì che la mente umana non può trovare Dio in sé e ha bisogno d'essere illuminata dalla rivelazione divina - tramite le Scritture e la fede proclamata dalla chiesa.

Ma alcuni cristiani gnostici si spingevano fino ad affermare che l'umanità aveva creato Dio - scoprendo quindi da sé, con le proprie potenzialità interiori, la rivelazione della verità. E' l'idea probabilmente sottesa all'ironico commento dei Vangelo di Filippo:

[All'inizio] Dio creò l'umanità; ma ora gli uomini creano Dio. Nel mondo è proprio così: uomini modellano divinità e venerano la loro creazione. Sarebbe appropriato che le divinità venerassero gli uomini.

Lo gnostico Valentino insegnava che la stessa umanità manifesta la vita e la rivelazione divine.

La chiesa, afferma, è costituita da quella parte di umanità che riconosce e celebra la sua origine divina." Valentino non usava però il termine umanità nel senso che ha attualmente, di stirpe umana collettivamente presa. Lui e i suoi seguaci parlavano di Anthropos (che traduciamo « umanità »), natura sottostante a quell'entità collettiva, archetipo, o sostanza spirituale, dell'essere umano. In questo senso alcuni seguaci di Valentino, « quelli... considerati più bravi » " degli altri, condividevano le idee del maestro Colorbaso secondo cui, quando Dio s'era rivelato, l'aveva fatto in forma di Anthropos. Altri invece, riferisce Ireneo, sostenevano che il primo padre del tutto, il primo inizio e il primo incomprensibile, è detto Anthropos ... e che questo è il grande e recondito mistero, cioè, che il potere che sta sopra tutti gli altri, e comprende tutti gli altri nel suo abbraccio, è chiamato Anthropos.

Ecco perché, spiegano questi gnostici, il Salvatore si definì « Figlio di Uomo » (cioè, Figlio di Anthropos)." Gli gnostici seziani, che chiamavano il creatore Ialdabaoth (un nome che sembra derivare dalla mistica ebraica, ma che qui indica il suo status inferiore), dicevano che per questa ragione, quando il creatore Ialdabaoth, divenendo arrogante in spirito, si gloriò sopra tutti coloro che erano sotto di lui, e dichiarò, « lo sono padre, e Dio, e sopra di me non c'è nessuno », sua madre, udendolo parlare così, gli gridò contro: « Non mentire, Ialdabaoth; poiché il padre di tutto, il primo Anthropos, è sopra di te; e così è Anthropos, il figlio di Anthropos.

Secondo un altro valentiniano, poiché gli esseri umani hanno creato tutto il linguaggio dell'espressione religiosa, l'umanità ha effettivamente creato il mondo divino-. « ...e questo Anthropos è realmente lui che è Dio sopra tutto ».

Molti gnostici si sarebbero trovati in linea di massima d'accordo con Ludwig Feuerbach, lo psicologo del XIX secolo, sul fatto che « la teologia è in realtà antropologia » (il termine viene naturalmente da anthropos, e significa « studio dell'umanità »). Per gli gnostici esplorare la psyche divenne esplicitamente ciò che è implicitamente per molti oggi: una ricerca religiosa.

Alcuni, come gli gnostici radicali, cercando la propria strada interiore rifiutavano le istituzioni religiose come ostacoli al loro progredire. Altri, come i valentiniani, vi partecipavano volentieri, pur vedendo nella chiesa più uno strumento della propria scoperta di sé che la necessaria « arca della salvezza ».

Oltre a dare definizioni opposte di Dio, i cristiani gnostici e ortodossi facevano una diagnosi ben diversa della condizione umana. Gli ortodossi seguivano l'insegnamento ebraico tradizionale, per cui ciò che distingue l'umanità da Dio, a parte la differenza di sostanza, è il peccato umano.

Il termine usato dal Nuovo Testamento per peccato, hamartia, deriva dallo sport del tiro con l'arco;
letteralmente significa « mancare il bersaglio ».

Il Nuovo Testamento insegna che noi soffriamo il dolore, mentale e fisico, perché non riusciamo a raggiungere il traguardo morale cui puntiamo: « tutti hanno peccato e sono privi della gloria di Dio ». Secondo il Vangelo di Marco, quando Gesù venne a riconciliare Dio con l'umanità, annunciò: « Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete al vangelo ». Solo Gesù, proclama Marco, può offrire la guarigione e il perdono dei peccati; solo coloro che ricevono il suo messaggio in fede fanno esperienza della liberazione. Il Vangelo di Giovanni dichiara la disperata condizione dell'umanità separata dal Salvatore:

Dio ... ha mandato il Figlio nel mondo ... perché il mondo si salvi per mezzo di lui. Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell'unigenito Figlio di Dio.

Molti gnostici sostenevano invece che è l'ignoranza, non il peccato, a provocare la sofferenza.

Il movimento gnostico ha delle affinità con i metodi contemporanei di esplorazione dell'io per mezzo di tecniche psicoterapeutiche.

Sia lo gnosticismo che la psicoterapia mettono in primo piano la conoscenza – la conoscenza di sé come penetrazione intuitiva. L'uno e l'altra sostengono che, senza di essa la persona esperisce la sensazione d'essere guidata da impulsi che non comprende. Valentino lo esprime con un mito. Racconta che il mondo ebbe origine quando Sapienza, la Madre di ogni essere, lo generò dalla propria sofferenza. I quattro elementi che secondo i filosofi greci costituivano il mondo - terra, aria fuoco e acqua - sono forme, concrete delle sue esperienze,

Così  la terra sorse dalla sua confusione, l'acqua dal suo terrore; l'aria dal consolidarsi del suo dolore; mentre il fuoco ... era inerente a tutti questi elementi ... come l'ignoranza giace nascosta in queste tre sofferenze.

Insomma, il mondo nacque dalla sofferenza. (La parola greca pathos, che traduciamo « sofferenza », ha anche una altra connotazione: implica essere ricevente passivo, non iniziatore, della propria esperienza.) Valentino o uno dei suoi seguaci presenta un'altra versione del mito nel Vangelo di Verità:

L'Ignoranza ... produsse angoscia e terrore. E l'angoscia divenne densa come nebbia, tanto che nessuno poteva vedere. Per questo motivo l'errore divenne potente ...

La maggior parte degli uomini vivono quindi nell'oblio o - in termini contemporanei - in stato di incoscienza Restando inconsapevoli di loro stessi, non hanno « radici ».Il Vangelo di Verità descrive tale esistenza come un incubo.

Quelli che vivono in esso provano « spavento, confusione, dubbio e incertezza », presi in « molti inganni ». Secondo il brano che gli studiosi chiamano « la parabola dell'incubo », « la gente » vive
come se ... si fosse abbandonata al sonno e si trovasse in preda a sogni agitati: o si presenta loro un luogo in cui essi trovano scampo o si sentono senza forze, dopo essere stati inseguiti da qualcuno, o sono coinvolti in risse o stanno essi stessi ricevendo colpi; o stanno cadendo da grandi alture o volano per aria. sebbene non abbiano ali. Altre volte ancora è come se qualcuno tentasse di ucciderli, anche se nessuno li insegue, o come se essi stessi stessero uccidendo i loro vicini, perché sono imbrattati del loro proprio sangue. Fino al momento in cui colui che passa attraverso queste cose, immerso in tutte queste confusioni, si ridesta e non  vede nulla, poiché esse sono nulla.

Così è per coloro che hanno allontanato da sé l'ignoranza, come un sonno cui essi non danno alcun valore.
Ugualmente non danno alcun valore alle sue opere, ma le abbandonano, al pari di un sogno nella notte ... E' così che ognuno ha agito da addormentato, nel tempo della sua ignoranza, ed è così che conosce, come se si ridestasse.

Chi resta ignorante, « creatura dell'oblio »," non può fare esperienza della compiutezza; una persona simile, dicono gli gnostici, « dimora nella deficienza » (l'opposto di compiutezza). Infatti la deficienza consiste nell'ignoranza.

... Proprio come è dell'ignoranza di uno: appena egli viene a conoscenza, la sua ignoranza si disperde da sola: come si dissipano le tenebre quando appare la luce, così anche la deficienza svanisce nella compiutezza.

L'ignoranza di sé è anche una forma di distribuzione di sé. Secondo il Dialogo del Salvatore, chi non comprende gli elementi dell'universo, e di se stesso, è votato all'annichilimento:

... Se uno non [capisce] com'è sorto il fuoco, brucerà in esso, poiché non conosce la propria radice. Se uno non capisce prima l'acqua, non conosce niente ... Se uno non capisce com'è sorto il vento che soffia, andrà via con esso. Se uno non capisce com'è sorto il corpo che indossa, perirà con esso ... Chi non capisce com'è venuto non capisce come andrà ...

Come - o dove - si deve cercare la conoscenza di sé? Molti gnostici hanno in comune con la psicoterapia, contro il cristianesimo ortodosso, una seconda importante premessa: la psiche porta in sé le potenzialità di liberazione o distruzione. Pochi psichiatri troverebbero da ridire sul detto attribuito a Gesù dal Vangelo di Tommaso:

 Se mostrerete ciò,che è dentro di voi, ciò che mostrate vi salverà- Se non mostrate ciò che è dentro di voi, ciò che non mostrate vi ucciderà .

Questa capacità di penetrazione viene gradualmente e richiede sforzo: « Conosci ciò che sta davanti al tuo viso e ciò che ti è nascosto ti verrà rivelato ».

Questi gnostici riconoscevano che il perseguimento della gnosi impegna ogni persona in un processo solitario e difficile, una lotta contro la resistenza interna. E descrivevano questa resistenza alla gnosi come il desiderio di dormire o ubriacarsi - di restare cioè nell'incoscienza. Così Gesù (che altrove si definisce « la conoscenza della verità »)  dichiara che, al suo arrivo nel mondo,

... li ho trovati tutti ubriachi-. non ho trovato in mezzo a loro nemmeno uno che avesse sete.

E l'anima mia si è addolorata per i figli dell'uomo, perché essi sono ciechi nel cuore, e poiché sono venuti al mondo nudi, essi cercano di uscire di nuovo nudi dal mondo. Ma ora essi sono ubriachi.

Il maestro Silvano, i cui Insegnamenti " sono tra i testi scoperti a Nag Hammadi, esorta i suoi seguaci a opporsi all'incoscienza:

... poni termine al sonno che grava su di te. Lascia l'oblio che ti riempie di oscurità ... Perché persegui l'oscurità, quando puoi ottenere la luce? ... La sapienza ti chiama, eppure tu desideri l'insensatezza. ... un uomo insensato ... percorre le strade del desiderio d'ogni passione. Egli nuota nei desideri della vita e viene sommerso. ... è come una nave che il vento sbatte di qua e di là, e come un cavallo smarrito che non ha cavaliere. Poiché quest'(uomo) aveva bisogno del cavaliere, che è ragione. ... prima di ogni altra cosa, conosci te stesso ...

Anche il Vangelo di Tommaso avverte che la scoperta di sé implica un tumulto interiore:

Gesù disse: « Colui che cerca non cessi dal cercare, finché non trova; quando troverà sarà commosso; e quando sarà stato commosso contemplerà e regnerà sul tutto ». Qual è la sorgente della « luce » che si scopre dentro di sé? Al pari di Freud, che dichiarava di seguire la « luce della ragione », la maggior parte delle fonti gnostiche dichiarano che « il lume del corpo è la mente »  (una sentenza che il Dialogo del Salvatore attribuisce a Gesù). Silvano, il maestro, dice:

... Fai entrare la tua guida e il tuo maestro. La mente è la guida, ma la ragione è il maestro ... Vivi secondo la tua mente ... Acquista forza, poiché la mente è forte ... Illumina la tua mente Accendi il lume dentro di te.

Per far questo, Silvano prosegue: Bussa a te stesso come a una porta e cammina su te stesso come su una strada diritta. Poiché se cammini sulla strada, è impossibile che tu ne vada fuori ... Apri la porta per te stesso affinché tu possa sapere cos'è ... Qualunque cosa aprirai per te stesso, aprirai.

Il Vangelo di Verità esprime lo stesso pensiero:

... Se uno riceve la gnosi, riceve ciò che gli è proprio e l'attira in se stesso... Chi possiede così la gnosi sa di dove viene e dove va.

Il Vangelo di Verità esprime questo concetto anche con una metafora: ognuno deve ricevere « il proprio nome » - non, naturalmente, un nome comune, ma la vera identità. Quelli che sono « figli della conoscenza interiore » acquisiscono il potere di dire i propri nomi. A loro si rivolge il maestro gnostico:

... Parlate, dunque, dal vostro cuore, perché siete voi questo giorno perfetto e in voi dimora la luce che non ha fine ... Voi siete la saggezza che viene brandita

... Abbiate cura di voi stessi. Non vi preoccupate di ciò che resta, che avete gettato via ?

Così, secondo il Vangelo di Tommaso, Gesù schernisce quelli che pensano al « Regno di Dio » in termini letterali, come se fosse un luogo specifico: « Se coloro che vi guidano vi dicono: Ecco! Il Regno è nel cielo", allora gli uccelli del cielo vi saranno prima di voi. Se essi vi dicono: "Il Regno è nel mare", allora i pesci vi saranno prima di voi ». Si tratta invece d'una scoperta di sé:

Ma il Regno è dentro di voi ed è fuori di voi. Quando conoscerete voi stessi, sarete conosciuti e saprete chi siete figli del Padre vivente. Ma se non conoscerete voi stessi, allora sarete nella privazione e sarete voi stessi privazione.


Ma i discepoli fraintendono; prendendo il « Regno » per un evento a venire, insistono nelle domande: I discepoli gli dissero, « Quando verrà ... il nuovo mondo ? » Ed egli disse loro, « Ciò che voi attendete è già venuto, ma voi non lo riconoscete. » ... I suoi discepoli gli dissero, « Quando verrà il Regno ? » [Gesù disse,] « Verrà quando non lo si aspetta. E non si dirà: 'Eccolo, è, qui ! o 'Eccolo, è là ' Ma il Regno del Padre è sparso sopra la Terra e gli uomini non lo vedono. » Il « Regno » simboleggia quindi uno stato di trasformazione della coscienza:


Gesù vide dei bambini che stavano poppando. Egli disse ai suoi discepoli: « Questi bambini che stanno poppando sono simili a coloro che entrano nel Regno ». Essi allora gli domandarono: « Se saremo piccoli, entreremo nel Regno? ». Gesù rispose loro: « Quando farete in modo che due siano uno, e farete sì che l'interno sia come l'esterno e l'esterno come l'interno, e l'alto come il basso e quando farete del maschio e della femmina una cosa sola ... allora entrerete [nel Regno] ».


La nozione di Regno di Dio come evento reale atteso nella storia, che « Gesù il Vivente » di Tommaso respinge come ingenua, è quella più frequente nei vangeli sinottici del Nuovo Testamento, dove è attribuita all'insegnamento di Gesù.

Secondo Matteo, Luca e Marco, Gesù ne proclamò l'avvento- allora i prigionieri otterranno la libertà, i malati guariranno, gli oppressi saranno liberati, e l'armonia prevarrà su tutta la terra. Marco dice che i discepoli aspettavano la venuta del Regno come un evento cataclismico che si sarebbe compiuto nel corso della loro vita, perché Gesù aveva detto che alcuni di loro non sarebbero morti « senza aver visto il regno di Dio venire con potenza »." Lo stesso Marco afferma che prima di essere arrestato Gesù avvertì che, sebbene « non sarà ancora la fìne », dovevano aspettarla a ogni momento. Tutti e tre i vangeli sostengono che il Regno verrà nel prossimo futuro (pur indicando anche, in molti passi, che è già presente). Luca fa dire esplicitamente a Gesù: « il regno di Dio è in mezzo a voi ». Alcuni cristiani gnostici, estendendo questa interpretazione, attendevano la venuta della liberazione umana non dagli eventi della storia, ma dalla trasformazione interiore.


Per ragioni analoghe, i cristiani gnostici criticavano la visione ortodossa di Gesù come esterno e superiore ai discepoli. Secondo Marco, quando i discepoli riconobbero che era Gesù, pensarono a lui come al Re che attendevano:


Poi Gesù partì con i suoi discepoli verso i villaggi intorno a Cesarea di Filippo; e per via interrogava i suoi discepoli dicendo: Chi dice la gente che io sia? ».

Ed essi gli risposero: « Giovanni il Battista, altri dicono Elia e altri uno dei profeti ». Ma egli replicò: « E voi chi dite che io sia? ». Pietro gli rispose: « Tu sei il Cristo ».


A questo episodio, Matteo aggiunge che Gesù benedisse Pietro per averlo riconosciuto con tanta giustezza, e subito dichiarò che la chiesa sarebbe stata edificata su Pietro, e sul suo riconoscimento di Gesù quale Messia. Una delle professioni cristiane più antiche recita semplicemente, « Gesù è Signore! ». Ma Tommaso racconta la storia diversamente:


Gesù disse ai suoi discepoli: « Fate un confronto con me e dite a chi sono simile ». Gli disse Simone Pietro. « Tu sei simile a un angelo giusto ». Gli disse Matteo: « Tu sei simile a un filosofo di grande saggezza ». Gli disse Tommaso.- « Maestro, la mia bocca non è assolutamente in grado di dire a chi tu sei simile ». Gesù disse: « lo non sono più tuo maestro, perché tu sei ebbro: ti sei inebriato alla copiosa sorgente che è emanata da me »


Qui Gesù non nega il suo ruolo di Messia o di maestro, almeno in rapporto a Pietro e Matteo. Ma essi - e le loro risposte - rappresentano un livello di comprensione inferiore. Tommaso, che confessa di non poter assegnare nessun ruolo specifico a Gesù, trascende, in questo momento di riconoscimento, il rapporto allievo-maestro.

Diviene simile a « Gesù il Vivente », che dichiara: « Colui che berrà dalla mia bocca diventerà come me, nello stesso modo che io diventerò come lui, e le cose nascoste gli saranno rivelate ».


Le fonti gnostiche rappresentano spesso Gesù che risponde a domande, nel ruolo di maestro, rivelatore e guida spirituale. Ma anche in questo il modello gnostico è affine a quello psicoterapeutico. Entrambi riconoscono il bisogno di guida, ma solo come misura temporanea. Si accetta la autorità per imparare a superarla.

Divenuti maturi, non si ha più bisogno di nessuna autorità esterna. Chi prima svolgeva il ruolo di discepolo, si riconosce ora « fratello gemello » di Gesù. Chi è, allora, Gesù il maestro? L'Atleta Tommaso lo definisce semplicemente « la conoscenza della verità » Secondo il Vangelo di Tommaso, Gesù si rifiuta di avallare l'esperienza che i discepoli devono scoprire da sé.

Essi gli dissero: « Dicci chi sei tu, affinché noi possiamo credere in te ». Egli rispose loro: « Voi scrutate il cielo e la terra, ma colui (o « ciò ») che vi sta davanti non lo avete conosciuto e ignorate come leggere questo momento ».

E quando, delusi, gli chiedono, « Chi sei tu che ci dici queste cose » Gesù, invece di rispondere, critica la domanda: « Da ciò che vi dico non riconoscete chi sono? ». Abbiamo già visto che, secondo Tommaso, quando i discepoli chiedono a Gesù di mostrar loro dove si trova, affinché anch'essi possano raggiungere quel luogo, Gesù si rifiuta, e li indirizza invece verso se stessi, verso la scoperta delle risorse nascoste dentro di loro. Ritroviamo lo stesso tema nel Dialogo del Salvatore. Mentre Gesù parla con i suoi tre discepoli eletti, Matteo gli chiede di mostrargli il « luo- go di vita », che è, dice, la « pura luce ». Gesù risponde- « Ognuno [di voi] che ha conosciuto se stesso lo ha visto ». Ancora una volta, devia la domanda, indirizzando invece il discepolo alla scoperta di se stesso.

Quando i discepoli, aspettandosi che Gesù riveli loro i segreti, gli chiedono, «Chi è colui che cerca, [e chi è colui che] rivela? »' ' Gesù risponde che quello che cerca la verità - il discepolo - è lo stesso che la rivela. Poiché Matteo insiste a porgli domande, dice che neppure lui conosce la risposta: « neanch'io ho sentito parlare di ciò, se non da te ».'

Il discepolo che raggiunge la conoscenza di sé può quindi scoprire ciò che nemmeno Gesù è in grado di insegnare. Il Testimonio di Verità dice che lo gnostico diviene un  discepolo della [propria] mente », scoprendo che essa  è il padre della verità ». Apprende da se stesso, nel silenzio della meditazione, ciò che ha bisogno di conoscere. Perciò si considera eguale a chiunque altro, conservando la propria indipendenza dall'autorità di chiunque: « Ed è paziente con tutti. si fa eguale a tutti, e pure si separa da loro ». Anche Silvano vede nella « tua mente... un principio guida ». Chi segue la strada della propria mente non ha bisogno di accettare il consiglio di nessuno:

Abbi un gran numero di amici, ma nessun consigliere. ... Ma se acquisti [un amico], non affidarti a lui. Affidati solo a Dio come padre e amico.

In definitiva, gli gnostici che concepivano la gnosi come esperienza soggettiva e diretta erano interessati soprattutto al significato intrinseco degli eventi. In contrasto, anche qui, con la tradizione ortodossa, secondo la quale il destino umano dipende dagli eventi della « storia della salvezza » - la storia di Israele, in special modo le predizioni di Cristo dei profeti, poi la sua reale venuta, vita, morte e resurrezione. I vangeli del Nuovo Testamento, al di là delle loro differenze, s'occupano tutti di Gesù come persona storica. E fanno tutti perno sulle predizioni dei profeti per dimostrare la validità del messaggio cristiano. Matteo, ad esempio, ripete come un ritornello: «perché si adempisse ciò che era stato detto dal Signore per mezzo del profeta ». Anche Giustino, nel tentativo di persuadere l'imperatore della verità del cristianesimo, porta come prova l'adempimento della profezia.- « E in effetti ciò puoi vederlo da te, ed esserne convinto dai fatti »." Ma secondo il Vangelo di Tommaso Gesù respinge come irrilevanti le predizioni dei profeti:

I discepoli gli dissero, « Ventiquattro profeti hanno parlato in Israele, ed essi tutti hanno parlato di te ». Ed egli disse, « Voi avete dimenticato colui che è vivo davanti a voi e avete parlato di morti ! »

Questi cristiani gnostici consideravano gli eventi reali secondari rispetto alla percezione del loro significato.

Questo tipo di gnosticismo condivide con la psicoterapia il fascino del significato non letterale dei linguaggio; en- trambi vogliono comprendere la qualità intrinseca della esperienza. Lo psicoanalista C. G. Jung ha interpretato il mito della creazione di Valentino come una descrizione dei processi psicologici. Valentino racconta che tutte le cose hanno avuto origine dalla « profondità », dall'« abisso »  - in termini psicanalitici, dall'inconscio. Da questa « profondità » emerge Mente e Verità, e da loro, in sequenza, la Parola (Logos) e Vita. Ed è stata la parola a far nascere l'umanità. Si tratta, per Jung, d'un racconto mitico della origine della coscienza umana.

Uno psicanalista potrebbe trovare significativa anche la continuazione del mito: Valentino racconta che Sapienza, figlia minore della prima Coppia, fu colta dalla passione di conoscere il Padre, passione che interpretava come amo- re. I suoi tentativi di conoscerlo l'avrebbero portata alla autodistruzione, se non avesse incontrato un potere chiamato il Limite, « un potere che sostiene tutte le cose e le preserva » che la liberò dal tumulto emotivo e la riportò al suo posto originario.

Un seguace di Valentino, l'autore del Vangelo di Filippo, indaga il rapporto tra verità esperienziale e descrizione verbale. Dice che « verità ha espresso dei nomi nel mondo a questo motivo- che non è possibile apprendere senza nomi ».Ma la verità dev'essere vestita di simboli: « La verità non è venuta nel mondo nuda, ma è venuta in simboli e immagini. Esso non la riceverà in altra maniera ». Questo maestro gnostico critica coloro che prendono il linguaggio religioso per un linguaggio letterale, professando la fede in Dio, in Cristo, nella resurrezione o nella chiesa, come se fossero tutte « cose » esterne a loro. Nel linguaggio ordinario, spiega, ogni parola si riferisce a un fenomeno specifico ed esterno; una persona « vede il sole, senza essere un sole, e vede il cielo e la terra e tutte le altre cose, senza essere alcuna di queste cose ». Il linguaggio religioso è invece un linguaggio di trasformazione interiore; chi percepisce la realtà divina diventa quello che vede.

... Tu hai visto lo Spirito e sei diventato Spirito. Tu hai visto Cristo e sei diventato Cristo. Tu hai visto il Padre e diventerai il Padre ... Ma ti vedrai nel Luogo, perché quello che tu vedi, lo diventerai.

Chi raggiunge la gnosi, « non è più un cristiano, ma un Cristo ».

E' evidente che un simile gnosticismo era qualcosa di più di un movimento di protesta contro il cristianesimo ortodosso. Implicava una prospettiva religiosa che si opponeva implicitamente allo sviluppo di quel genere di istituzione che, divenne la chiesa cattolica primitiva. Era difficile che chi si attendeva di « divenire Cristo » riconoscesse le strutture istituzionali della chiesa - vescovi, preti, credo, canone o rito - come portatrici dell'autorità definitiva.

Questa prospettiva religiosa differenzia lo gnosticismo non solo dall'ortodossia, ma anche, malgrado tutte le affinità, dalla psicoterapia: la maggioranza dei membri della professione psicoterapeutica concordano infatti con Freud nel negare esistenza reale alle invenzioni dell'immaginazione. Non considerano il loro sforzo di scoprire cosa si nasconda nella psiche equivalente alla scoperta dei segreti dell'universo. Molti gnostici invece, come molti artisti, ricercano la conoscenza interiore di sé come una chiave per comprendere le verità universali - « chi siamo, da dove veniamo, dove andiamo ». Secondo il Libro dell'Atleta Tommaso, « difatti colui che non si conosce, non ha conosciuto nulla. Chi però si è conosciuto, è pure venuto a conoscenza riguardo alla profondità del tutto »."

Questa convinzione - che chi esplora l'esperienza umana scopra nello stesso tempo la realtà divina - è uno degli elementi che fanno dello gnosticismo un movimento chiaramente religioso. Simon Mago, riferisce Ippolito, sosteneva che ogni essere umano è un luogo abitato, « e che in lui dimora un potere infinito... la radice dell'universo »." Ma questo potere infinito esiste in due modi, uno reale e l'altro potenziale; perciò « esiste allo stato latente in ognuno », ma « potenzialmente, non realmente »

Come realizzare tale potenzialità? Molte delle fonti gnostiche citate finora contengono solo aforismi che avviano il discepolo alla ricerca della conoscenza, ma si astengono dal dire come cercare. Scoprirlo da sé è, sembra, il primo

I suoi discepoli lo interrogarono e gli dissero: « Vuoi tu che noi digiuniamo? E come dobbiamo pregare e fare l'elemosina? E quale dieta dobbiamo seguire? ». Gesù rispose: « Non dite menzogne; non fate ciò che voi stessi odiate »

La sua ironica risposta li riporta a loro stessi: chi altri può giudicare quando mentono o quello che odiano? Simili risposte criptiche valsero agli gnostici aspre critiche da parte di Plotino, filosofo neo-platonico, che passò all'attacco quando il loro insegnamento iniziò ad allontanare dalla filosofia alcuni dei suoi allievi. Plotino rimproverava agli gnostici di non avere un programma di insegnamento: « Si limitano a dire 'Guarda a Dio !, ma non dicono a nessuno dove o come guardare ».'

Tuttavia, diverse fonti scoperte a Nag Hammadi descrivono tecniche di disciplina spirituale. Zostriano, il testo più lungo della biblioteca di Nag Hammadi, racconta come un maestro spirituale raggiunse l'illuminazione, esponendo implicitamente un programma valido anche per gli altri. Come prima cosa, aveva dovuto allontanare da sé i desi- deri fisici, probabilmente con pratiche ascetiche. Poi diminuire il « caos nella mente »," placandola con la meditazione. Allora, dice, « quando ebbi raggiunto la rettitudine, vidi il fanciullo perfetto » - un'apparizione della presenza divina. Più tardi, continua, « stavo riflettendo su tali questioni per comprenderle... non cessavo di cercare un luogo di riposo degno del mio spirito... ».Quando, « profondamente turbato », scoraggiato dei progressi, si ritirò nel deserto, quasi desiderando d'essere ucciso dagli animali feroci. Lì ebbe una visione del « messaggero della conoscenza dell'eterna Luce », e dopo di questa molte altre, che racconta per incoraggiare il lettore-, « Perché esiti? Cerca quando sei cercato; quando sei invitato, ascolta... Guarda la Luce. Fuggi il buio. Non farti portare fuori strada verso la tua distruzione ».

Altre fonti gnostiche offrono orientamenti più specifici. Il Discorso sull'otto e sul nove rivela un « ordine di tra- dizione » che dirige l'ascesa alla conoscenza superiore. Scritto in forma di dialogo, si apre con l'allievo che ricorda al suo maestro spirituale una promessa:

(Padre mio), ieri mi promettesti [che avresti condotto la mia mente nell'otto e poi mi avresti condotto nel nove. Dicesti che questo è l'ordine della tradizione.

Il maestro approva: « Figlio mio, in verità questo è l'ordine. Ma la promessa era conforme alla natura umana »." E' lo stesso discepolo, spiega, che deve produrre la comprensione che cerca: « Io inizio l'azione per te. Ma la comprensione dimora in te. In me, (è) come se il potere fosse pregno ». Il discepolo rimane stupefatto; allora il potere è realmente dentro di lui? Devono pregare entrambi, suggerisce il maestro, perché il discepolo possa raggiungere i livelli superiori, « l'otto e il nove ». Spinto dallo sforzo e dall'abnegazione morali, ha già percorso i primi sette livelli di conoscenza.

Ma il discepolo confessa di non avere ancora esperienza diretta della conoscenza divina: «Padre mio, non comprendo altro che la bellezza che mi è giunta in libri ».

Ora che è pronto ad andar oltre la conoscenza vicaria, i due pregano insieme « il Dio perfetto e invisibile cui si parla in silenzio ». La preghiera si muta in un canto di parole e vocali sacre: « Zoxathazo a òò ée óòó èéé óóóó éé óóòóóóóó òò uuuuuu òòóóóóóóóó óóó Zozazoth ». Dopo aver intonato il canto, il maestro prega: « Signore... riconosci lo spirito che è in noi ». Poi entra in estasi:  ... Vedo! Vedo profondità indescrivibili. Come dirti, figlio mio? ... Come [descrivere] l'universo? [Sono mente e] vedo un'altra mente, quella che [muove] l'anima! Vedo quella che mi muove dal puro oblio. Tu mi dai potere! Vedo me stesso! Voglio parlare! Mi trattiene il timore. Ho trovato il principio del potere che è sopra a tutti i poteri, quello che non ha principio ... Ho detto, figlio mio, che sono Mente. Ho visto! li linguaggio non è in grado di rivelare questo.

Poiché tutto l'otto, figlio mio, e le anime che sono in esso, e gli angeli, cantano un inno in silenzio. Ed io, Mente, comprendo.

Mentre guarda, lo stesso discepolo è preso in estasi- « Gioisco, padre mio, poiché ti vedo sorridere. E l'universo gioisce ». Vedendo il suo maestro e se stesso incorporare il divino, il discepolo lo supplica: « Non lasciare che la mia anima venga privata della grande visione divina. Poiché tutto ti è possibile come maestro dell'univérso ». Il maestro gli dice di cantare in silenzio, e di « chiedere ciò che vuoi in silenzio »:

Quando ebbe finito di glorificare gridò, « Padre Trismegisto! Cosa dirò? Abbiamo ricevuto questa luce. Ed io stesso vedo la stessa visione in te. Vedo l'otto e le anime che sono in esso e gli angeli cantare un inno al nove e ai suoi poteri ...

Prego la fine dell'universo e il principio del principio, l'oggetto della ricerca dell'uomo, la scoperta immortale ... Sono lo strumento del tuo spirito. La Mente è il tuo plettro. E il tuo consiglio mi pizzica. Vedo me stesso! Ho ricevuto potere da te. Poiché il tuo amore ci ha raggiunti.

Il Discorso si chiude col maestro che incarica l'allievo di scrivere le sue esperienze in un libro (presumibilmente lo stesso Discorso), per guidare altri ad « avanzare per stadi, e imboccare la strada dell'immortalità... della comprensione dell'otto che rivela il nove. »

Un altro testo straordinario, che porta il titolo di Allogeno, « straniero » (letteralmente, « d'altra razza »), riferendosi alla persona spiritualmente matura, che diviene « straniera » rispetto al mondo, descrive anch'esso gli stadi che portano alla gnosi. Messo, l'iniziato, al primo stadio, apprende « il potere che è dentro di te ». Allogeno gli espone il proprio processo di sviluppo spirituale:

[Ero] molto turbato, e mi volsi a me stesso ... Avendo visto la luce che mi [circondava] e il bene che era dentro di me, divenni divino.

Poi riceve la visione di un potere femminile, Youel, « colei che appartiene a tutte le glorie »," che gli dice:

Poiché la tua istruzione è ormai completa, e hai conosciuto il bene che è dentro di te, ascolta riguardo al Triplice Potere le cose che custodirai in gran silenzio e gran mistero ...

Paradossalmente, questo potere è muto, ma emette un suono: zza zza zza.

Un particolare che suggerisce, come nel canto del Discorso, una tecnica meditativa che implica l'intonazione d'un suono.

Dopo aver scoperto « il bene... dentro di me », Allogeno passa al secondo stadio. conoscere se stesso.

[E allora] pregai che mi potesse accadere [la rivelazione] ... Non disperai ... Mi preparai in ciò, e mi consultai con me stesso per cento anni. E mi rallegrai oltre misura, poiché ero in una grande luce e su una strada benedetta .

Seguendola, compie un'esperienza extra-corporea e vede dei « santi poteri » che gli impartiscono una specifica istruzione:

O Allogeno, contempla la tua beatitudine ... in silenzio, in cui conosci te stesso come sei e, cercando te stesso, ascendi alla Vitalità che vedrai in movimento. E se ti è impossibile restare non aver paura di nulla; ma se desideri restare, ascendi all'Esistenza, e la troverai che è ferma e si acquieta ... E quando ricevi una rivelazione ... e ti coglie il timore in quel luogo, ritirati a causa delle energie. E quando sei divenuto perfetto in quel luogo, placati.

Questo discorso dei « santi poteri » era destinato a essere recitato in qualche spettacolare rappresentazione ordinata dai membri della setta gnostica a beneficio dell'iniziato nel corso dell'istruzione rituale? li testo non lo dice, ma il candidato prosegue descrivendo la sua reazione:

Ora ascoltavo queste cose mentre i presenti le dicevano. C'era una quiete di silenzio dentro di me, e sentii la beatitudine per cui conobbi me stesso come [sono].

Seguendo le istruzioni, dice l'iniziato, viene colmato di « rivelazione... Ricevetti potere... Conobbi Colui che esiste in me, e il Triplice Potere, e la rivelazione della sua incontenibilità ». Estasiato dalla scoperta, Allogeno vuole andar oltre. « Cercavo il Dio ineffabile e Sconosciuto ». Ma a questo punto i « poteri » gli dicono di cessare il suo futile sforzo.

Contrariamente a molte altre fonti gnostiche, l'Allogeno insegna che, per prima cosa, si può arrivare a conoscere « il bene che è dentro », e poi se stesso e « colui che esiste dentro », ma non si può raggiungere la conoscenza del Dio sconosciuto. Ogni tentativo in questa direzione, di afferrare l'incomprensibile, ostacola « la mancanza di sforzo che è dentro di te ». L'iniziato deve accontentarsi di ricevere una conoscenza di Dio «conforme alla capacità procurata da una rivelazione primaria ».La proprio esperienza e conoscenza, quindi essenziale per lo sviluppo spirituale, procura le basi per ricevere la comprensione di Dio in forma negativa.

La gnosi implica, alla fine, il riconoscimento dei limiti della conoscenza umana:

... Sia che uno veda (Dio) com'è sotto ogni aspetto, o dica che è qualcosa di simile alla gnosi, ha peccato contro di lui ... perché non ha conosciuto Dio.

I poteri gli insegnano a « non cercare nient'altro, ma andare... Non conviene dedicare altro tempo alla ricerca ». Allogeno dice di aver messo per iscritto queste cose per « amore di quelli che saranno degni ». L'esposizione dettagliata dell'esperienza dell'iniziato, che comprende parti di preghiera, canto e insegnamento, costellate dal suo ritirarsi nella meditazione, fa pensare che il testo registri tecniche reali di iniziazione, volte al raggiungimento di quella conoscenza di sé che è conoscenza del potere divino interno. Ma gran  parte dell'insegnamento gnostico riguardo alla disciplina spirituale rimase, per principio, non scritta. Quello che è scritto, infatti, può leggerlo chiunque - anche chi non è « maturo ». I maestri gnostici tenevano in genere riservate le loro istruzioni segrete, partecipandole solo verbalmente, per assicurarsi che ogni singolo candidato fosse idoneo a riceverle.

Queste istruzioni richiedevano che ogni maestro si assumesse la responsabilità di un'attenzione selezionata e individualizzata al massimo per ogni candidato. E che a sua volta il candidato consacrasse al processo energia e tempo - spesso anni.

Tertulliano paragona sarcasticamente l'iniziazione valentiniana a quella dei misteri eleusini:

prima cingono tutti gli accessi al loro gruppo d'un supplizio di condizioni; e chiedono una lunga iniziazione prima di arruolare i membri, fino a cinque anni di insegnamento per i loro allievi adepti, affinché questa sospensione della piena conoscenza possa affinare le, loro idee, e, apparentemente, il valore dei loro misteri aumenta in proporzione all'intenso desiderio di essi che creano. Poi viene il dovere del silenzio ...

Ovviamente, un simile programma di disciplina, come i livelli superiori dell'insegnamento buddista, attira solo una minoranza. Anche se i temi fondamentali dell'insegnamento gnostico - come la scoperta del divino dentro di sé - esercitarono una tale attrattiva da costituire una grande minaccia per la dottrina cattolica, le prospettive religiose e i metodi dello gnosticismo non si confacevano a una religione di massa. Sotto questo aspetto non ci fu competizione col sistema organizzativo, di grande efficacia, della chiesa cattolica, che esprimeva una prospettiva religiosa unificata fondata sul canone del Nuovo Testamento, offriva un credo che si limitava a chiedere all'iniziato di professare i più semplici fondamenti della chiesa, e celebrava riti semplici e profondi come il battesimo e l'eucaristia. La stessa struttura di base di dottrina, rito e organizzazione regge oggi quasi tutte le chiese cristiane, dalla cattolica romana all'ortodossa alle protestanti. E' quasi impossibile immaginare come, senza questi elementi, la fede cristiana avrebbe potuto sopravvivere e attrarre tanti milioni di aderenti in tutto il mondo, per venti secoli. Le idee da sole non rendono una religione potente, anche se sono necessarie al suo successo; altrettanto importanti sono le strutture sociali e politiche che danno identità agli uomini in una comune affiliazione.


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- by Dott. Sergio Angileri - Ordine Psicologi Sicilia –

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