Vangelo Aramaico di Matteo

Cari amici,

credo che una discussione sull'esistenza o meno di un originale Vangelo scritto dall'apostolo Matteo nella sua lingua e andato perduto debba partire da una chiara distinzione dei dati della tradizione in due gruppi: quelli che affermano l'esistenza di questo Vangelo e quelli che affermano l'esistenza di un Vangelo secondo gli Ebrei, di un Vangelo usato dai
Nazarei, di un Vangelo degli Ebioniti.

Il primo documento ad affermare l'esistenza di un Vangelo scritto dall'apostolo Matteo è L'esegesi dei detti del Signore scritta da Papia, vescovo di Gerapoli, morto intorno al 130. Tale documento è andato perduto, ma di esso Eusebio cita il seguente passo: "Matteo ordinò in lingua ebraica i detti, ma li tradusse ciascuno come meglio potè" (Hist. Eccl. 3, 39, 16).

Bisogna come prima cosa specificare che la lingua in cui fu redatto tale scritto non poteva essere propriamente l'ebraico, perché l'antico ebraico non era più parlato in Palestina, dove si cominciò a parlare aramaico dopo l'esilio babilonese (VI-V sec. a.C.). Ai tempi di Gesù la lingua parlata e scritta correntemente era l'aramaico, dello stesso ceppo semitico. Il fatto
che Papia e altri dopo di lui parlano di un Vangelo di Matteo in lingua "ebraica" è spiegabile col fatto che la lingua aramaica è detta comunemente "ebraica" anche nel Nuovo Testamento (Gv 5, 2; 19, 13.17; 20, 16; At 21, 40; 22, 2; 26, 14; 
Ap 9,11.16) e in Giuseppe Flavio (Antichità Giudaiche 30, 10, 6; Guerre Giudaiche 5, 42).

Non è chiaro se Papia parli di un Vangelo vero e proprio o semplicemente di una raccolta di detti (logia), ma a favore della prima ipotesi vi è il concetto di "ordinazione" o "coordinazione" dei detti. Inoltre, Papia potrebbe considerare il Vangelo di Matteo come un insieme di logia, perché composto prevalentemente di discorsi.

Dopo Papia, l'esistenza di un Vangelo in aramaico, o ebraico, scritto dall'apostolo Matteo è stata affermata da: Ireneo (Adv. Haer. 1, 26; 3, 1), che parla di un Vangelo pubblicato; Clemente Alessandrino (Stromata 1, 21); Tertulliano (Adv. Marc. 4, 2); Origene (citato da Eusebio, Hist. Eccl. 6, 25, 3-4); Panteno (citato da Eusebio, Hist. Eccl. 5, 10, 3), secondo cui una
copia di tale Vangelo da lui veduta in India era stata portata lì dall'apostolo Bartolomeo; Eusebio (Hist. Eccl. 3, 24, 5-6); Epifanio (Panar. 29, 9, 4); Girolamo (De viris ill. 3).

Occorre a questo punto distinguere chiaramente tra gli scritti della Patristica, che abbiamo visto sopra, in cui si parla dell'originario Vangelo aramaico di Matteo e i passi in cui si afferma l'esistenza di Vangeli in ebraico, ma non li si dice scritti da Matteo.

Di un "Vangelo ebraico" parlano Eusebio (Theoph. 4, 12) e Girolamo (In Eph. 5, 4; Tract. In Ps. 135; Epist. 120, 8).

Di un "Vangelo secondo gli Ebrei" parlano Clemente Alessandrino (Stromata 2, 9, 45; 5, 14, 96), Origene (In Jerem. 15, 4; In Matth. 15, 14; In Johan. 2, 6), Eusebio (Hist. Eccl. 3, 27), Girolamo (In Is. 11, 2; In Ez. 18, 7; In Mich. 7, 6; In Matth. 2, 5; 6, 11; 27, 16; 27, 51; De viris ill. 2; 3; 16; Contra Pelag. 3, 2) e Teodoreto (Haer. Fabul. Comp. 2, 1).

Di un "Vangelo di cui si servono i nazarei" parla Girolamo (In Matth. 23, 35).

Di un "Vangelo usato dai nazarei ed ebioniti" parla Girolamo (In Matth. 12, 13).

Di un "Vangelo degli Ebioniti" parla Epifanio (Panar. 30, 13, 2-8; 30, 14, 3-5; 30, 22, 4).

Quasi tutti questi autori citano anche dei passi di questi Vangeli scritti in lingua ebraica.

Sulla base di questi dati, una delle ipotesi possibili è che esistevano alcuni scritti in aramaico (Vangelo degli Ebrei, dei Nazarei, degli Ebioniti) che venivano attribuiti all'apostolo Matteo, ma in realtà erano opera di gruppi non "ortodossi", e il Vangelo aramaico di Matteo non è mai esistito. Questa sembra l'ipotesi prevalente tra gli studiosi.

La posizione ufficiale della Chiesa cattolica è stata espressa dalla Pontificia Commissione biblica, che nel 1911 ha affermato che la lingua originale del Vangelo di Matteo era l'aramaico e che il Vangelo di Matteo greco canonico è sostanzialmente conforme al testo originale, che fu scritto da Matteo tra il 50 e il 60 d.C. Ma i cattolici non escludono 
che il redattore greco abbia fatto qualche aggiunta o modifica.

Io credo che si possa affermare l'esistenza di un Vangelo scritto in aramaico dall'apostolo Matteo. E non solo perché ci sono le testimonianze della Patristica; ma anche perchè ci sono nove indizi nel Matteo greco che fanno pensare che esso risulti da un precedente testo aramaico:

  1.. presenza di parole aramaiche; il fatto che esse sono più numerose nel Vangelo di Marco (una ventina) si spiega col
  fatto che Marco per primo ha attinto dall'originale Matteo aramaico;
  2.. uso della locuzione "Regno dei cieli" per trentadue volte e di quella "Regno di Dio" solo per cinque volte, perché gli
  ebrei cercavano di non nominare mai Dio;
  3.. frequenza di termini come "denari" o "monete", che ricorrono ben ventidue volte (18, 24.28; 20, 9.10.13; 22, 19; 25,
  15-18.20.22.24.25.27.28; 26, 15; 27, 3.5-7; 28, 15); Matteo era un esattore delle tasse e gli stessi termini ricorrono in
   Marco sei volte, in Luca sette volte, in Giovanni due volte;
  4.. uso del numerale cardinale al posto dell'ordinale (22, 26; 28, 1);
  5.. paratassi e coordinazione delle frasi (4, 25 - 5, 2; 8, 14s);
  6.. uso di frasi parallele (6, 2-6.16-18; 7, 7-8.24-27; 10, 39; 13, 13-14.16-17; 18, 12-14);
  7.. presenza di strofe con ritornelli (7, 24-27; 11, 21-24);
  8.. disposizioni a gruppi di tre: gruppi genealogici (1, 12-17);
  apparizioni angeliche a Giuseppe (1, 20; 2, 13; 2, 19); tentazioni (4, 1-11); elemosina, preghiera e digiuno (6, 1-18); 
  miracoli (8, 1-9, 8); preghiere al Getsemani (26, 36-44); rinnegamenti di Pietro (26, 69-75);
  9.. disposizioni a gruppi di sette: richieste del Padre nostro (6, 9-13); demoni (12, 45); parabole (13, 1-50); invettive 
  contro i farisei (23, 13-36).
Per gli indizi dal terzo all'ottavo si tratta di usanze tipiche degli ebrei.

Un altro indizio a favore dell'esistenza del Matteo aramaico negli anni 50-55 nasce, a mio avviso, da un possibile collegamento con la Lettera ai Galati: le persecuzioni dei cristiani da parte della sinagoga, cui si riferiscono Mt 10, 17 e 
Mt 23, 34 (persecuzioni di città in città) potrebbero essere quelle cui si riferiscono alcuni passi della Lettera ai Galati (Gal 1, 13; 5, 11; 6, 12); poiché la Lettera ai Galati è databile negli anni 53-55, questo può essere un indizio a favore della datazione del Matteo aramaico tra il 50 e il 55, anche se ovviamente non esclude una datazione successiva.

Sabato Scala afferma, e se ne lamenta, che l'inesistenza del Vangelo ebraico di Matteo è sostenuta oggi unanimemente dagli esegeti. Per fortuna non è così. Riporto di seguito dieci libri in cui è sostenuta l'esistenza del Matteo aramaico o ebraico.

Vannutelli P., Quaestionis de synopticis Evangeliis, Roma, 1933.

Martinetti P., Gesù Cristo e il cristianesimo, Milano, 1964.

Gaechter P., Das Matthaus-Evangelium, Innsbruck, 1964.

Robinson J. A. T., Redating the New Testament, London, 1976.

Gundry R. H., Mattew. A Commentary on His Literary and Theological Art,
Grand Rapids, Mich., 1983.

Ben Chorin S., Fratello Gesù. Un punto di vista ebraico sul Nazareno, trad.
it., Brescia, 1985.

Pritz R. A., Nazarene Jewish Christianity From the End of the New Testament
Period Until Its Disappearance in the Fourth Century, Magnes Brill,
Jerusalem - Leiden, 1988.

France R. T., Mattew, Evangelist and Teacher, Exeter, 1989.

Saldarini A. J., Matthew's Christian-Jewish Community, University Press,
Chicago, 1994.

Boismard M.-E., L'Évangile de Marc. Sa préistoire, Gabalda, Paris, 1994.

Quest'ultimo autore, in opposizione alla teoria delle due fonti (Marco e Q), sostiene la teoria dei due Vangeli, secondo 
cui le antiche forme di Matteo e di Luca furono usate per comporre Marco.

Lo studioso ebraico Ben Chorin afferma nel suo libro a pag. 192 che nel 1966 il prof. Pines dell'Università ebraica di Gerusalemme scoprì a Istanbul un antico manoscritto ebraico in cui si afferma che il Vangelo originario sarebbe stato scritto in ebraico e sarebbe poi andato perduto.

Riguardo al Vangelo secondo degli Ebrei, a quello usato dai Nazarei e a quello degli Ebioniti, credo che alcuni passi di 
tali scritti citati dalla Patristica facessero parte dell'originario Vangelo aramaico di Matteo; ma che altri passi citati costituiscano aggiunte o modifiche ad esso.

Sabato Scala ha proposto una ricostruzione del testo del primo capitolo del Vangelo originario di Matteo sulla base delle citazioni di Epifanio. Riporto di seguito tale ricostruzione.

[1] Ci fu un uomo di nome Gesù, che all'età di circa trent'anni ci scelse.
[2] E quando, andato a Cafarnao, entrò in casa di Simone, soprannominato Pietro, aprì la bocca e disse: "Mentre passavo lungo il lago di Tiberiade, ho scelto Giovanni e Giacomo, figli di Zebedeo, e Simone, Andrea, Taddeo, Simone, lo zelota, e Giuda Iscariota; ed ho chiamato pure te, Matteo, che eri seduto al telonio, e tu mi hai seguito".
[3] Da voi dunque voglio che voi dodici apostoli siate una testimonianza per Israele.
[4] Nei giorni di Erode re di Giudea, sotto il sommo sacerdote Caifa, uno di nome Giovanni andò sul fiume Giordano a battezzare con il battesimo di penitenza.

[5] Di lui si diceva che fosse della stirpe del sacerdote Aronne, figlio di Zaccaria e di Elisabetta. E tutti accorrevano da lui.
[6] Quando Giovanni battezzava, accorsero da lui i farisei e furono battezzati e così tutta Gerusalemme. Giovanni aveva un abito di pelo di cammello e una cintura di cuoio intorno ai fianchi.

[7] Il suo cibo era miele selvatico, ed il gusto come quello della manna, come uva schiacciata all'olio.
[8] Mentre era battezzato il popolo, venne anche Gesù e fu battezzato da Giovanni.

[9] E salito che fu dall'acqua, si aprirono i cieli ed egli vide lo Spirito Santo, in forma di colomba, che scese ed entrò in lui.
[10] Ed una voce disse dal cielo: "Tu sei il mio figlio diletto. In te mi sono compiaciuto".

[11] Ed ancora: "Oggi ti ho generato". E il luogo fu subito irradiato da una grande luce.
[12] Giovanni a questa vista chiese: "Chi sei tu?". E di nuovo una voce dal cielo a lui: "Questo é il mio figlio diletto nel quale mi sono compiaciuto". Allora Giovanni cadde ai suoi piedi e disse: "Ti supplico, Signore, battezzami tu!". Ma lui l'impedì dicendo: "Lascia! Conviene, infatti, che si adempia ogni cosa".
Questo testo riporta testualmente citazioni di Epifanio (Confutazione di tutte le eresie o Panarion 30, 13). Poiché tali citazioni non contengono i primi due capitoli del Vangelo di Matteo canonico (genealogia, nascita e infanzia di Gesù), Sabato pensa che essi non facessero parte dell'originario Vangelo scritto da Matteo.

Non è qui il caso di addentrarsi nei complessi problemi esegetici che la presenza nel Matteo canonico di questi due 
capitoli suscita. Vi accenno soltanto: contraddizioni con la genealogia di Luca; contraddizione con Giovanni, secondo 
cui Gesù non nacque a Betlemme, ma in Galilea (Gv 7, 41-42.52); diversità del motivo addotto per la nascita a Betlemme da Matteo
(profezia di Michea) e da Luca (censimento di Quirinio); collegamento del nome del nascituro, che in Mt 1, 21 è Gesù, 
alla profezia di Isaia in cui tale nome è Emmanuele (Is 7, 14; Mt 1, 23); dubbia storicità della storia dei Magi; dubbia storicità della strage degli innocenti; inquadramento di ogni episodio narrato come un adempimento delle Scritture 
(Mt 1, 22-23; 2, 5-6; 2, 15; 2, 17-18; 2, 23); collegamento del termine "nazoreo" a Nazaret (Mt 2, 23); assenza dei 
racconti sulla nascita e sull'infanzia nel Vangelo di Marco. Tutti questi problemi possono in effetti far pensare che i 
primi due capitoli del Matteo greco sono opera del redattore di quest'ultimo e non erano presenti nell'originale Matteo aramaico.

Le differenze più rilevanti tra il testo ricostruito da Sabato relativo al battesimo da parte di Giovanni (versetti 4-12) e quello canonico di Matteo e Marco (Mt 3, 1-17; Mc 1, 2-11) sono tre aggiunte: i versetti 5 e 11 e una parte del versetto 9 ("entrò in"). Il testo ricostruito, inoltre, non contiene alcuni versetti canonici, di cui parleremo dopo. Per stabilire una differenza nel versetto 6, bisognerebbe conoscere il termine greco usato nel testo citato da Epifanio, perché il termine usato sia in Mt 3, 4 che in Mc 1, 6 ("dermatinen") può tradursi sia con "di pelle" che con "di cuoio".
Prendiamo in esame i versetti 5, 9 e 11.

Versetto 5.

Nel versetto 5 della ricostruzione di Sabato del primo capitolo leggiamo la frase (tratta da Epifanio, Panar. 30, 13, 6): "Di lui si diceva che fosse della stirpe del sacerdote Aronne, figlio di Zaccaria e di Elisabetta". Vi sono due elementi a favore dell'originalità di questo versetto: 1) nel Vangelo di Luca si dice che Elisabetta, la madre di Giovanni, discendeva da
Aronne (Lc 1, 5); 2) l'interesse degli autori del Vangelo di Matteo greco e del Vangelo di Marco a togliere un riferimento all'essenismo, poiché negli scritti qumraniani (1 QSa 2, 11-22 e Documento di Damasco 19, 5-10) si parla di un messia sacerdotale della stirpe di Aronne e di un messia regale della stirpe di Davide.

Poiché non vi sono elementi a sfavore, si può concludere che il versetto è molto probabilmente originale.

Versetto 9.

Nel testo ricostruito da Sabato (tratto da Epifanio, Panar. 30, 13, 7) leggiamo che lo Spirito Santo "scese ed entrò in lui". In Mt 3, 16 leggiamo che "scese e venne su di lui".

Vi è un elemento a favore: l'interesse dell'autore del Matteo greco canonico a sostituire le parole "entrò in lui" con "venne su di lui", perché le prime favorivano l'interpretazione ebionita, secondo cui Cristo è stato generato da Dio al momento del battesimo e lo Spirito Santo è entrato in lui, nato uomo, solo al momento del battesimo.

Vi è un elemento a sfavore: l'interesse di un redattore ebionita a sostituire "venne su di lui" con "entrò in lui", per convalidare la sua interpretazione.

Ma nel caso in cui due versioni di un versetto differiscano per una parte aggiunta o modificata, l'analisi dev'essere fatta su entrambe le versioni. 
Se allora prendiamo la versione canonica (Mt 3, 16), anche qui c'è come elemento a sfavore l'interesse dell'autore o di un redattore a sostituire "entrò in lui" con "venne su di lui" e come elemento a favore l'interesse di un redattore ebionita a operare la sostituzione inversa. Ma vi è un ulteriore elemento a favore, costituito dalla presenza di un versetto quasi
identico in Mc 1, 10 e in Lc 3, 22, il che può indicare che tutti e tre gli autori (o almeno l'autore di Marco e quello del Matteo greco) hanno attinto da un originale che corrisponde al Matteo greco canonico.

Si può concludere che il versetto 9 del testo riportato da Epifanio è probabilmente non originale.

Versetto 11.

Nel testo ricostruito da Sabato (tratto da Epifanio, Panar. 30, 13, 7) leggiamo che, dopo la discesa dello Spirito Santo e dopo la prima frase ("Tu sei il mio figlio diletto. In te mi sono compiaciuto"), Dio pronuncia una seconda frase: "Oggi ti ho generato". Questa frase non si trova nei Vangeli canonici.

Vi è un elemento a favore: l'interesse dei cattolici a togliere il versetto, che favoriva la teologia ebionita della generazione di Cristo al momento del battesimo.

Vi è da dire che un secondo elemento a favore potrebbe essere la presenza nella Lettera agli Ebrei di due versetti in cui si afferma che Dio disse a Gesù: "Figlio mio sei tu, io oggi ti ho generato" (Eb 1, 5; 5,5). Ma sembra improbabile che questi versetti possano riferirsi all'episodio del battesimo di Gesù o possano sostenere l'interpretazione ebionita, per due motivi: 1) essi fanno parte di pericopi comprendenti una serie di citazioni dell'Antico Testamento (Eb 1, 5-13; 5, 5-6) e la frase "Figlio mio sei tu, io oggi ti ho generato" è la citazione testuale di un salmo (Sal 2, 7); 2) l'autore della Lettera agli Ebrei non può voler dire che Cristo è stato generato nel momento del battesimo, perché pochi versetti prima ha affermato che Dio "mediante [il Figlio] creò l'universo" (Eb 1, 2) e che Cristo sostiene "tutto con la parola della sua potenza" (Eb 1, 3).

Vi è un elemento a sfavore: l'interesse degli ebioniti ad aggiungere il versetto, per sostenere la loro teologia.

Un secondo elemento a sfavore potrebbe essere l'assenza di questa aggiunta in una citazione dello stesso episodio fatta da san Girolamo dal "Vangelo secondo gli Ebrei". In tale citazione (In Is 11, 2) non c'è la frase "Oggi ti ho generato" e si dice che "si posò su di lui tutta la fonte dello Spirito Santo". Ma non lo considero un elemento a sfavore, perché c'è un
interesse dell'autore della citazione a togliere "Oggi ti ho generato"; e inoltre sembra esservi un'elaborazione teologica (fonte dello Spirito Santo). Noto, per inciso, che questa citazione di san Girolamo dell'episodio, diversa da quella di Epifanio, può indicare che circolavano diverse versioni di un Vangelo aramaico, più o meno fedeli all'originale di Matteo. E può indicare che quelli che vengono chiamati Vangeli degli Ebrei, dei Nazarei e degli Ebioniti contenessero effettivamente delle modifiche rispetto all'originale aramaico di Matteo operate per un interesse teologico.

Ogni conclusione sull'originalità del versetto 11 è incerta.

Consideriamo ora i versetti assenti nel testo del Vangelo ebraico citato da Epifanio rispetto al Matteo canonico e a Marco. Essi riguardano il riferimento al compimento della profezia di Isaia (Mt 3, 3; Mc 1, 3), l'idea del battesimo per la remissione dei peccati (Mc 1, 4), le invettive contro i farisei e i sadducei (Mt 3, 7-10), il battesimo in Spirito Santo attribuito
a Gesù (Mt 3, 11; Mc 1, 7-8), la minaccia del fuoco inestinguibile (Mt 3, 12). Versetti identici o assai simili si ritrovano in Luca, anche se egli può averli copiati o dal Matteo greco o da Marco.

Il versetto di Matteo che fa riferimento al compimento della profezia di Isaia e quello sul battesimo in Spirito Santo attribuito a Gesù hanno come elemento a favore la presenza in un versetto di Marco quasi identico, come elemento a sfavore la loro assenza nel testo riportato da Epifanio, senza che ci sia un interesse ebionita a toglierli. Se si considera la loro presenza in Luca come un ulteriore elemento a favore, si può concludere che tali versetti sono probabilmente originali.

Il versetto di Marco sul battesimo per la remissione dei peccati e quelli di Matteo contro i farisei e i sadducei e sul fuoco inestinguibile hanno come solo elemento a favore la loro presenza anche in Luca, ma hanno come elementi a sfavore sia la loro assenza nel testo citato da Epifanio, senza un interesse a toglierli, sia l'interesse teologico ed ecclesiologico di un
redattore ad aggiungerli al Matteo originario. Tali versetti sono dunque probabilmente non originali. È pertanto probabile che i versetti canonici 3, 7-10 e 3, 12 non facessero parte del Vangelo aramaico di Matteo.

In conclusione, ritengo si possa affermare l'esistenza di un Vangelo scritto in aramaico dall'apostolo Matteo. Esso costituisce uno dei tesori perduti della letteratura universale, come il testo ebraico originale dell'Antico Testamento, il Vangelo greco o siriaco di Tommaso, L'esegesi dei detti del Signore di Papia, gli Hexapla di Origene.

Al Vangelo aramaico di Matteo ha attinto l'autore del Vangelo di Marco.
Successivamente esso è stato "tradotto" dall'autore del Matteo greco canonico, con alcune sottrazioni, aggiunte e modifiche. Vi sono due dati che fanno pensare a possibili sottrazioni dall'originale.

Il primo è un detto del "Vangelo ebraico" riportato da san Girolamo, che sia J. Jeremias, sia O. Hofius, sia W. Morrice, nelle loro ricerche dei detti autentici di Gesù, pubblicate rispettivamente nel 1964, nel 1983 e nel 1997, hanno inserito tra i detti autentici e attribuito all'originale Matteo aramaico: "Non siate mai lieti, se non quando guardate con amore il vostro
fratello" (In Eph. 5, 4).

Il secondo è una citazione di san Girolamo dal "Vangelo secondo gli Ebrei", in cui si legge che, dopo la risurrezione, "il Signore andò da Giacomo e gli apparve" (De viris ill. 2). Questa frase (e il racconto che segue, con Gesù che spezza il pane e lo dà da mangiare al fratello Giacomo, il quale aveva promesso che non avrebbe più preso cibo fino a quando non lo avesse visto risorto) faceva molto probabilmente parte dell'originario Matteo aramaico, sia perché altrimenti Girolamo, in un periodo in cui il giudeo-cristianesimo era quasi scomparso, difficilmente l'avrebbe riportata, sia perché dell'apparizione di Gesù a Giacomo parla anche Paolo in 1 Cor 15, 7, sia perché il redattore del Matteo greco poteva avere interesse a toglierla.

Riguardo a possibili aggiunte o modifiche apportate dall'autore del Matteo greco al Matteo aramaico, si può pensare ai primi due capitoli, ad alcuni versetti assenti in alcuni manoscritti antichi (Mt 16, 2-3; 17, 21; 18, 11;21, 44; 23, 14), ad alcuni versetti di cui autorevoli manoscritti danno diverse versioni (come Mt 11, 1; 18, 15; 18, 26; 19, 6; 19, 29; 22, 30; 23,
35; 24, 36; 27, 16; 27, 49), ad alcuni passi contenenti detti di Giovanni Battista o di Gesù la cui attribuzione a loro è dubbia (Mt 3, 7-10; 3, 12; 12, 40; 16, 17-19; 28, 19), ad alcuni episodi la cui storicità è dubbia (Mt 27, 62-66). Tuttavia, occorre aggiungere che la possibilità che questi passi non si trovassero o si trovassero diversi nel Matteo aramaico può far
pensare che si tratti di elaborazioni degli ultimi decenni del I secolo, ma non esclude che essi, o alcuni di essi, facessero parte di tradizioni orali dei primi anni successivi alla risurrezione, non riportate dall'apostolo Matteo, ma riprese dall'autore del Matteo canonico. 

Riguardo ai diversi vangeli "in ebraico" citati dalla Patristica, ritengo che il Vangelo aramaico di Matteo costituiva la base del Vangelo secondo gli Ebrei, di quello usato dai Nazarei e di quello degli Ebioniti. Anch'essi erano scritti in aramaico, però non erano identici al Vangelo di Matteo originario e contenevano qualche aggiunta o modifica per un interesse
teologico dei loro redattori. Che alcuni, e in particolare gli ebioniti, avessero operato modifiche del testo originale è confermato da un passo del Vangelo secondo gli Ebrei riportato da Origene e da san Girolamo: "Poco fa mia madre, lo Spirito Santo, mi prese per uno dei miei capelli" (Origene, In Johan. 2, 6 e In Jerem. 15, 4; Girolamo, In Mich. 7, 6). Si parla della tentazione di Gesù che seguì il suo battesimo e si dice che sua madre è lo Spirito Santo, che era appena entrato in lui. Qui l'elaborazione teologica ebionita è molto più evidente che nel versetto riportato da Epifanio (il 9 della ricostruzione di Scala). Secondo Egesippo (citato da Eusebio, Hist. 
Eccl. 4, 22, 4-6), l'eresia ebionita, guidata da un certo Thebutis, è iniziata subito dopo la morte di Giacomo (62 d.C.).

Un'altra citazione di un detto di Gesù che fa pensare a modifiche del testo aramaico di Matteo originale è di Epifanio: "Io sono venuto ad abolire i sacrifici. E se non cesserete dall'offrire sacrifici, non desisterà da voi l'ira" (Panar. 30, 16, 5). In questo caso potrebbe trattarsi di un'aggiunta di un redattore vicino all'essenismo, anche se non si può escludere che si
tratti di un detto originale tolto dal redattore del Matteo greco (cfr. Mt 9, 13; 12, 7).

Ancora una citazione (di san Girolamo) che fa pensare a modifiche è quella in cui Gesù risponde alla madre e ai fratelli che lo invitano a farsi battezzare da Giovanni Battista: "Che peccati ho fatto io per andare a farmi battezzare da lui?" (Contra Pelag. 3, 2). 

E abbiamo già visto come circolassero in aramaico due versioni differenti, citate da Epifanio e da Girolamo, dello stesso episodio relativo al battesimo di Gesù.

Tutto ciò fa ipotizzare che uno dei motivi della scomparsa, o meglio della mancata trasmissione, del Vangelo aramaico di Matteo sia proprio il fatto che esso era stato modificato da qualche gruppo, e in particolare dagli ebioniti per sostenere la loro eresia, e circolavano diverse versioni modificate. Così come l'aggiunta di alcuni detti contenenti un'elaborazione
teologica, quella gnostica, ha contribuito a farci perdere l'originario Vangelo di Tommaso, così l'aggiunta di alcuni versetti, o di parti di versetti, contenenti un'elaborazione teologica, quella ebionita, ha contribuito a farci perdere l'originario Vangelo aramaico di Matteo. Ed è stata, forse, uno dei motivi della redazione del testo greco che poi è entrato nel canone.

Salvatore Capo

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