MAOMETTO

Nel nome di Allah

Articolo di Abigail Radoszkowicz, 28 febbraio 2001

"Dicemmo poi ai figli di Israele: abitate la terra. E quando si compirà l'ultima promessa, noi vi riuniremo tutti insieme." Non vi pare d'aver mai letto questo versetto delle sacre scritture nel Vecchio nè nel Nuovo Testamento? Infatti si tratta di un versetto del Corano (17:106). Nel contenzioso arabo-israeliano capita raramente di sentir citare brani del Corano che potrebbero offrire un fondamento islamico a favore della creazione di uno stato ebraico in Israele. Ecco perché il messaggio portato a Gerusalemme da un iman (religioso musulmano) ha preso alla sprovvista molti che lo hanno ascoltato: che gli ebrei conservino la sovranità sul Monte del Tempio non presenta un problema teologico finché sono tutelati i diritti religiosi dei musulmani, e il sionismo è l'adempimento della profezia del Corano.

Lo sceicco professor Abdul Hadi Palazzi, segretario generale dell'Associazione Musulmana Italiana e co-presidente dell'Amicizia Islam-Israele volta a promuovere lo studio e la pratica dei concetti universali dell'insegnamento ebraico, ne è fermamente convinto. Così convinto che è venuto in Israele ai primi di febbraio, mentre infuriava la cosiddetta intifada di Al-Aqsa, per prendere la parola come oratore principale a un convegno su Gerusalemme organizzato dalla sua associazione nelle sale della giunta comunale della città. Nel suo intervento Palazzi ha chiesto che Israele mantenga la sovranità su Gerusalemme, sottolineando che per l'islam la santità di Gerusalemme derivava da due fonti: è la città dei profeti biblici pre-islamici venerati anche dall'islam (re Davide e re Salomone) ed è il luogo della Cupola della Roccia dalla quale Maometto salì al cielo (il Viaggio Notturno).

(...) Il professor Palazzi è nato 40 anni fa in Italia da una madre musulmana il cui nonno era immigrato da Aleppo e da un padre italiano che si era convertito all'islam. Ha conseguito un dottorato in scienze islamiche conferitogli dal gran muftì dell'Arabia Saudita, ha studiato all'università Al-Azhar del Cairo e attualmente è iman della comunità islamica italiana. Dal 1991 dirige l'Istituto Culturale della comunità, che promuove l'educazione islamica in Italia e combatte fondamentalismo e fanatismo islamico a favore del dialogo interreligioso. Per Palazzi il pluralismo inizia in casa: è sposato con una cattolica e stanno crescendo il loro figlio Omar, di due anni, nella religione musulmana. Palazzi insegna inoltre all'Istituto di studi antropologici di Roma, ed è stato docente di storia delle religioni all'università di Velletri.

Alla domanda come sia giunto alle sue opinioni, Palazzi considera che, oltre ai suoi studi universitari di tradizione sunnita, deve aver esercitato su di lui una certa influenza il fatto di essere minoranza nel suo paese natale. E in effetti molto del carattere di Palazzi riecheggia il composito patrimonio culturale del tipico ebreo diasporico. Il calore e l'atteggiamento positivo sono tipici dei maestri sufi (la disciplina mistica islamica rifiutata da una parte dell'islam come troppo esoterica rispetto agli insegnamenti più ortodossi), ma nel suo caso sono fusi con un gusto del buon vivere inequivocabilmente italiano.

Palazzi cita brani del Corano per dimostrare che la terra di Israele venne data agli ebrei e che gli ebrei vi saranno ricondotti prima della fine dei giorni. Per esempio: "Ricordate le parole di Mosè al suo popolo [i figli di Israele] ... Entra, mio popolo, nella Terra Santa che Dio ha ti ha assegnato. Non voltarti indietro o perderai tutto". Non sorprende che Palazzi sia stato criticato da alcuni suoi correligionari per la sua interpretazione messianica di questi versetti. Un accademico musulmano di pensiero liberale, che vive a Gerusalemme e preferisce non essere identificato per nome, critica Palazzi perché si allontana così tanto dalla linea che riscuote attualmente il generale consenso del mondo musulmano. 

Ma Palazzi replica che la sua posizione è più vicina all'islam tradizionale di quanto non lo sia l'islamismo politicizzato dei giorni nostri. È d'accordo che il consenso generale è un concetto importante nell'islam, ma spiega che "consenso generale" significa che "i più importanti studiosi dell'islam di varie parti del mondo non disapprovano una certa posizione: il consenso non è un referendum popolare". Questo è il motivo, dice Palazzi, per cui non ha subito nessuna minaccia di morte. Nulla di cio' che egli dice è eretico e nessuno può contestare le sue opinioni sulla base della teologia o della tradizione. Sebbene sia, come dice egli stesso, fuori dalla linea del consenso attuale, Palazzi non si colloca al di fuori della linea religiosa.

In effetti Palazzi non è l'unica voce musulmana che si pronuncia pubblicamente per Israele. Egli si trova in compagnia di molti maestri sufi, sia in Israele che all'estero. Lo sceicco sufi di Turchia Mehmet Selim ha detto addirittura che Israele dovrebbe essere ammirato per la sua leale difesa dei diritti umani. Le correnti sufi possono essere considerate marginali, ma certo non è marginale tutto il mondo musulmano non arabo, che comprende per esempio la Malesia e l'Indonesia, oltre alla stessa Turchia. E Palazzi riferisce che in quei paesi le sue opinioni non sono poi considerate così strane. 

Il presidente indonesiano Abdurrahman Wahid, che è anche uno studioso musulmano di primo piano, si è pronunciato a favore del miglioramento dei legami tra il suo paese e Israele. Palazzi ammette che alcuni governi come quelli di Egitto e Turchia favoriscono la tradizione sufi, non politica, spirituale e mistica, per distogliere dall'islamismo politico. Ma, dice, è vero anche il contrario e cioè che i paesi con una forte tradizione sufi, come la Turchia, sono stati meno ricettivi di fronte a quello che oggi si definisce "fondamentalismo islamico" o "islamismo". Palazzi dice di sentirsi incoraggiato dalle opinioni islamiche tradizionali (contrapposte appunto all'odierno "fondamentalismo islamico" o "islamismo") che provengono dalle repubbliche musulmane della ex-Unione Sovietica. Il credo, ad esempio, della nuova università islamica di Tashkentm delineato dal presidente dell'Uzbekistan Islam Karimov sembra tutto fuorchè fondamentalista: "[Scopo dell'università è] coltivare lo studio della nostra religione in un'ampia prospettiva umana, tenendo conto degli sviluppi delle scienze naturali e della civiltà mondiale. Noi vogliamo offrire un nobile contributo allo sviluppo dell'etica e della morale e promuovere la pace e la stabilità nel nostro paese e nel mondo intero, ispirando sentimenti di reciproco amore e di rispetto tra i popoli".

Solo una generazione fa anche alcuni settori del mondo arabo musulmano erano più disposti di quanto non siano oggi a mostrare una certa flessibilità verso Israele. Quando il compianto presidente egiziano Anwar Sadat fece il suo viaggio di pace a Gerusalemme nel novembre 1977 era accompagnato dallo sceicco Shàrawi, lo stimato ex muftì d'Egitto che aveva rinunciato alla carica pubblica per dedicarsi allo studio del sufismo. Con questo gesto Shàrawi, un'autorità universalmente riconosciuta nel mondo musulmano, confutava la convinzione che per l'islam fosse impossibile fare la pace con Israele. Pregando insieme a Sadat nella moschea di Al-Aqsa egli sfido' apertamente coloro che pretendevano che i leader musulmani non dovessero mettere piede in quella moschea finché rimaneva sotto controllo ebraico

L'ascendente di Shàrawi era così forte che costrinse perfino il muftì dell'Arabia Saudita a dichiarare che un trattato di pace con Israele era accettabile fintanto che fosse utile agli interessi musulmani. Ma tutto questo è cambiato con la morte di Shàrawi e con l'assassinio di Sadat.

Oggi l'organizzazione terroristica Hamas, che pure riconosce come propria autorità religiosa il muftì dell'Arabia Saudita, approfitta della scappatoia lasciata nell'editto e dichiara che non è più interesse dei musulmani sviluppare relazioni pacifiche con Israele.

I capi religiosi politicizzati di oggi, dice Palazzi, specialmente i predicatori più popolari e carismatici, generalmente sono ben lungi dall'essere degli studiosi. Spesso non sono addottorati nel senso tradizionale del rapporto insegnante-discepolo, e anche nel senso che non hanno mai frequentato istituti di studi islamici. Palazzi ricorda un'intervista su "al-Quds" dello sceicco Ahmed Yassin nella quale il leader carismatico di Hamas rivelava che non aveva mai studiato oltre le scuole elementari e che il titolo di "sceicco" è semplicemente onorario, per via della sua età e del suo status. Palazzi critica anche la presa di posizione di Ikramah Sabri, il muftì di Gerusalemme nominato dall'Autorità Palestinese, secondo cui non sarebbe mai esistito un Tempio ebraico sul Monte del Tempio. Questo, dice Palazzi, è un sonoro schiaffo alla tradizione Islamica. 

Imam Qurtubi, equivalente islamico del commentatore ebreo Rashi, cita il precedente commentatore Imam Tabari il quale riferisce la risposta del profeta Maometto alla domanda di un seguace circa le rovine del favoloso Tempio ebraico. Qurtubi mette dunque per scritto le parole di Tabari circa la distruzione del Tempio, e queste coincidono perfettamente con il resoconto biblico della distruzione del Tempio ad opera dei babilonesi, della ricostruzione e della distruzione finale da parte dei Romani. 

Secondo Palazzi, Sabri prima di essere nominato muftì di Gerusalemme era solo un tirapiedi dell'Olp. 

In passato aveva anche protestato con il direttore della moschea di Roma a causa delle insolite opinioni che Palazzi aveva espresso come rappresentante musulmano in una conferenza del 1996 a Gerusalemme. 

Palazzi chiese allora al direttore della moschea di dare a Sabri il suo indirizzo e numero di fax affinché questi potesse rivolgersi direttamente a lui, ma sta ancora aspettando. Palazzi sostiene che gran parte della responsabilità per aver politicizzato l'islam in Medio Oriente e in gran parte del mondo musulmano ricade sulla setta dei wahabiti, ex tribù di nomadi beduini oggi al governo in Arabia Saudita che egli non esista a definire "culturalmente primitivi". I wahabiti si sono enormemente adoperati per trasformare la religione islamica in un'ideologia politica totalitaria. In realtà i wahabiti erano stati a loro volta dichiarati eretici da centinaia di fatwa (editti religiosi) prima che gli inglesi conferissero loro posizioni di predominio per aiutarli a impadronirsi della Mecca e di Medina. Ricca di potere materiale grazie alla ricchezza del petrolio e di potere spirituale grazie al controllo sui luoghi santi dell'Islam, l'Arabia Saudita, e i Fratelli Musulmani da essa sostenuti, esercitano un'enorme influenza su tutto il mondo musulmano. 

In Europa, denuncia Palazzi, i musulmani del posto devono fare i conti con un "colonialismo religioso". Secondo le sue stime, in Italia su una comunità musulmana forte di mezzo milione di fedeli sono solo circa 200 quelli che si identificano con i Fratelli Musulmani. Eppure controllano più del 90 per cento delle moschee italiane. Dice inoltre che gli ambasciatori sauditi fanno pressione sui governi europei perché considerino i religiosi della Fratellanza Musulmana come i rappresentanti ufficiali delle comunità islamiche del posto. Comunque questa pressione viene contrastata dagli ambasciatori di paesi come il Marocco e l'Egitto che si adoperano per ricordare che nei loro paesi gli estremisti della Fratellanza Musulmana sono fuori legge. Negli Stati Uniti, osserva Palazzi, l'influenza islamista è perfino più grande grazie ai forti legami con il governo saudita e agli interessi d'affari (per esempio il petrolio). 

È paradossale, fa notare infine Palazzi, che l'unica organizzazione autorizzata a preparare cappellani militari negli Stati Uniti sia una organizzazione religiosamente legata a Hamas, nonostante gli Stati Uniti abbiano messo fuori legge Hamas in quanto organizzazione terroristica.

(Jerusalem Post, 14.02.01)

Le LOTTE MILLENARIE fra ISLAM, EBRAISMO e CRISTIANITA’

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