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Scheda di “Se Questo è un Uomo” di Primo Levi

 

Biografia:    

Primo Levi nasce a Torino il 31 luglio 1919 da una famiglia di origine ebraica. Frequenta gli studi classici e si iscrive poi all’università di Torino alla facoltà di chimica. Nonostante le leggi razziali del 1938 contro gli ebrei, Primo Levi riesce a laurearsi con il massimo dei voti nel 1941. Dopo l’8 settembre del ’43, decide di unirsi a un gruppo di resistenza ebraica. Viene però catturato e nel tentativo di salvarsi la vita, confessa di essere ebreo. Avesse saputo il suo prossimo futuro, quasi sicuramente avrebbe scelto la fucilazione. All’inizio del 44, viene deportato al campo di sterminio di Auschwitz-Birkenau. Levi sopravvisse all’atroce esperienza del campo solo perché fu impiegato in attività di laboratorio. Nel gennaio del 45, le truppe russe entrano nel campo di Auschwitz e Levi viene finalmente liberato, ma riuscirà a raggiungere Torino solo il 19 ottobre (La Tregua, secondo libro di Levi, descrive appunto questo lungo viaggio di ritorno).

Dopo le atrocità vissute, il reinserimento non è facile. Riprende il suo lavoro di chimico che continuerà fino al 1974, anno in cui Levi decide di dedicarsi solamente alla scrittura. Nel 1987, lo scrittore si toglie la vita; probabilmente non era mai riuscito a superare il trauma dell’atroce esperienza del Lager.

 

Sommario:

            Se questo è un Uomo” è la testimonianza scioccante dell’esperienza vissuta nel Lager di Auschwtiz. Nel suo libro, Levi racconta delle condizioni di vita dei deportati di quel campo, le cose atroci a cui aveva assistito e che aveva dovuto sopportare.

Il libro inizia con il racconto della cattura dell’autore e del lungo viaggio verso il Lager. Ammucchiati come animali dentro vagoni piombati, uomini, donne, vecchi e bambini, senza cibo e acqua, viaggiano per giorni interi verso Auschwitz. Sul portone d’entrata del Lager c’è la scritta “Arbeit macht frei” (il lavoro rende liberi), ma in verità, il campo di concentramento e’ solo un modo per  distruggere le persone, non solo fisicamente ma anche psicologicamente e moralmente. Ai prigionieri veniva tatuato un numero sul braccio e da quel momento non erano più persone ma solo dei robot, che dovevano obbedire a tutti gli ordini. I prigionieri dovevano stare in piedi per ore al freddo gelido polacco, oppure fare docce ghiacciate o ancora, compiere lavori cosi’ faticosi da uccidere una persona. Per Levi, il campo di concentramento è un inferno.  Il Lager riduce l’uomo ad una bestia.

Ammalarsi ad Auschwitz, vuol dire morte, ovvero camera a gas e forno crematorio. Esiste nel campo il Ka-Be (l’infermeria), ma solo se non si è troppo ammalati. Levi viene ricoverato in infermeria a causa delle piaghe infettate che aveva ai piedi. In Ka-Be, il cibo è più abbondante e l’ambiente è caldo e naturalmente non si lavora, ma nessuno ci vuole andare perché, se non si guarisce in fretta, la morte è sicura. Inoltre, il ritorno alla vita normale del campo è difficilissimo.

La notte non porta sollievo, perché il sonno dei prigionieri è tormentato da incubi. Le cose brutte della giornata ritornano nella loro mente. Ma quando suona la campanella della sveglia, l’incubo diventa realtà. Levi s’infilava le scarpe e le piaghe dei piedi si riaprivano.

Al l’inizio della sua prigionia, Levi lavora presso un cantiere, un lavoro faticosissimo.  Fortunatamente, però, i tedeschi avevano bisogno di chimici per il loro magazzino. Viene fatto una specie di esame e lo scrittore lo supera, anche grazie al fatto che parla un po’ di tedesco. Ma questo lavoro di ‘chimico’ all’inizio consiste solo nel trasportare sacchi di Cloruro di Magnesio e di fenilbeta. Dopo alcuni mesi, però, Levi e altri due fortunati vengono chiamati per lavorare nel  laboratorio. Il laboratorio vuole dire vita, perché il lavoro è meno pesante, si sta al caldo ed il cibo è migliore.

Anche nel campo arrivano le notizie di come va la guerra. I russi dovrebbero essere molto vicini. La speranza, che sembrava morta, ritorna in Levi. Purtroppo lo scrittore viene contagiato dalla scarlattina e ricoverato in infermeria. I tedeschi cominciano l’evacuazione del campo. Tutti i prigionieri, eccetto quelli malati, lasciano il campo di Auschwitz.

Per dieci giorni, Levi ed alcuni altri prigionieri rimasti a causa delle loro malattie, cercano di sopravvivere nel campo deserto. Il 27 gennaio 1945, le truppe russe entrano nel Lager. I prigionieri sono finalmente liberi. Solo cinque degli undici rimasti, compreso Levi, riusciranno a ritornare in patria.

 

Personaggi:

            Essendo il libro un diario, una testimonianza, i personaggi che vengono descritti sono persone vere che hanno vissuto con Levi l’esperienza atroce dei campi di concentramento. Ci sono due tipi di comportamento: quelli che si lasciano andare alla disperazione e muoiono, e quelli che invece fanno di tutto per sopravvivere. Fra questi ultimi poi, ci sono quelli che pur lottando per la loro vita non dimenticano la solidarietà e l’amicizia, come l’amico di Levi, Alberto, o Jean Pikolo e Henry, ragazzi intelligenti e furbi che riescono ad escogitare trucchi per procurarsi un po’ di cibo, ma che lo dividono con gli altri compagni meno fortunati, oppure persone egoiste e insensibili che, pur di avere qualche vantaggio non esitano a danneggiare i loro compagni, come per esempio l’ing. Alfred o Schepschel.

 

Luogo:

            Il luogo dove si svolge la storia è il tristemente famoso campo di concentramento di Auschwitz – Monowitz.

 

Messaggio dell’Autore:

            Il libro di Levi è preceduto da questo brano:

 

Voi che vivete sicuri nelle vostre tiepide case,…

considerate se questo è un uomo

che lavora nel fango

che non conosce pace

che lotta per mezzo pane

che muore per un si e per un no…

meditate che questo è stato:

vi commando queste parole…”

 

            Penso che sia chiaro il messaggio dell’autore. Levi ha scritto questo libro perché tutti sapessero cosa avveniva nei campi di sterminio della Germania Nazista. La sua è una testimonianza delle atrocità subite da milioni di persone, solo a causa della loro razza e religione. Per Levi era diventato importantissimo far sapere a tutto il mondo quello che succedeva là dentro. Probabilmente, questa idea lo ha aiutato a tirare avanti, a sopravvivere, perché, in un certo senso, se fosse morto e non avesse potuto raccontare la sua esperienza, sarebbe stata per lui una sconfitta vera e propria. Il poter testimoniare è la ribellione a tutto quello che aveva dovuto patire. Nel campo i prigionieri erano un ‘gregge abietto’, sempre obbediente, senza più dignità. Finalmente,  scrivendo “Se questo è un Uomo” Levi riprende la sua dignità di uomo. Egli diventa anche il ricordo di quello che è successo perchè cose del genere non si ripetano mai più.

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