department  DEMONT ©  morphology

Home ] Up ] Contens ]

Science

Home ] Up ] NEW ENGLISH ] MEMBERS ] Gallery ] Archive ] Services ] NEWS ] VRML GALLERY ] EDUCATION ] DESIGN ]

XXXXXXXXXX

Home
Up
History
Theory  Pages
Meaning
Science
Links
SPACE
3D Design

 

SCIENZA E FILOSOFIA. - In senso lato, se. s'iden- tifìca con conoscenza, in un unico concetto di sapere, la cui analisi e i cui problemi trovano ade- guata trattazione sotto altri esponenti (v. FILOSO- FIA; GNOSEOLOGIA; LOGICA; CCC.). In un senso più ristretto e più moderno, invece, la se. si distingue dalla filosofia, dando luogo a due tipi di conoscenza la cui differenziazione è estrema- mente complessa e tutt'altro che pacifica. Grosso modo si può dire che se. è divenuto sinonimo di conoscenza del particolare, e filosofia di cono- scenza dell'universale. Qui i problemi che specu- lativamente si pongono sono i seguenti: i) se e in quanto sia possibile concepire due tipi diversi di conoscenza; 2) dato che il dualismo sia conee- pibile, come si debba intendere il rapporto tra le due specie di conoscenza. Risposte esplicite a tali quesiti invano si cercherebbero nei filosofì dell'antichità e del Medioevo: anzi una coscienza precisa dei problema si può dire non sorga che in tempi molto vicini a noi, verso la fine del sec. i90. Risposte più a meno implicite invece sono state date fin da quando si è posto con consape- volezza il problema logico e con esso la diffe- renza tra ideale e reale, eterno e contingente, universale e particolare. Già in Platone comincia a porsi l'esigenza di una classificazione dei gradi della conoscenza e si distingue, nella P67p4@ (v. Notsi), una ótávo&a (V. DiANoiA) e una

cioè il sapere delle se. (aritinetica, geometria, astrononúa, armonia) dal sapere perfetto che è la dialettica. Ma la distinzione resta appunto di gradi, molto generica e incerta, non senza insa- nabili contraddizioni. 1 veri termini del dualisnio si delineano invece in Aristotele, nel quale ac- canto alla fede idealistica di Platone si fa strada per la prima volta in modo sistematico l'istanza dell'ernpirismo. Filosofo e insieme scienziato, egli non può non avvertire l'importanza dei pro- blema dell'esperienza in senso empiricc> e non distinguere in qualche modo le due specie del conoscere. Se non che, forse appunto perché fìlosofo e scienziato insieme, Aristotele non giunse mai a porre tra le due forme del conoscere un distacco netto e sostanziale. Più che una distin- zione logica, la sua rimane ancora distinzione di gradi, e il conoscere della fìlosofia, della fisica e della matematica ha in fondo sempre lo stesso fondamento e la stessa validità. Una è la logica aristotelica, e l'istanza empiristica che in lui si fa strada non trova e non troverà per molti secoli, fino agli albori del pensiero moderno, una logica propria. Nella filosofia postaristotelica e in quella medievale i termini del dualismo si approfondiscono, ma non attraverso la ricerca di due modi del conoscere, bensì nella difesa, in senso platonico o in senso aristatelico, delle opposte esigenze dell'idealisrno e dell'empirismo. Tutte le discussioni dei realisti e dei nominalisti intorno alla natura degli universali valgono, in effetti, a chiarire due diverse concezioni del pro- bierna del conoscere ma non il problema di due forme dei conoscere, che poi ne scaturirà. Il vero presupposto del problema speculativo della di- stinzione di se. e filosofia si chiarisce, invece, col sorgere di una nuova logica contrapposta a quella aristotelica, col sorgere cioè dell'empi- rismo moderno e con l'affermazione sistematica del metodo induttivo. li germe della concezione empiristica, ch'era rimasto soffocato nel sistema aristotelico, passa ora in primo piano e il centro del problema si sposta dal sapere più propria- mente filosofico a quello scientifico. Col naturali- amo dei Rinascimento, col Novum Organum ba- coniano, con il metodo galiiciano, il criterio dell'esperienza diventa il fondamento logico della nuova speculazione e s'inizia il discredito della vecchia metafìsica. Logica induttiva contro logica aristotelica, ernpirismo contro scolastica, cioè nuova concezione gnoseologica e nuova filosofia. Non si tratta di una logica della se. che si pone accanto alla logica della filosofia per coe- sistere in due forme distinte di conoscenza, bensì in una scienza opposta alla filosofia e volta a prenderne il posto. E anche là dove la vecchia

logica rimane e si rafforza, essa cambia carattere e presta la forza dei suo formalisrno a una logica matematica che si accompagna allo stesso svi- luppo della se. empirica. Donde poi la caratte- ristica dell'illunùnismo in cui logica empiristica e razionalismo cartesiano si mescolano e si in- tegrano senza vera coscienza della diversità della loro origine. Nasce, quindi, con l'empirismo il vero presupposto della distinzione di se. e filoso- fìa, ma non nasce la distinzione. Perché il pro- blema potesse formularsi occorreva che l'atteg giamento polemica della nuova logica nei ri- guardi dell'antica si attenuasse e che l'unilaterali- tà della nuova posizione divenisse evidente. Il che avvenne per una crisi interna allo stesso CM- pirismo, il quale attraverso Locke, Berkeley e soprattutto Hurne si accorse di non poter attin- gere quell'universale in cui il vero consiste e de- generò nello scetticismo. La certezza dell'a po- steriori si rivelava senza consistenza perché non illuminata dalla luce dell'a priori. A questo punto l'antitesi delle due logiche si trasforma e sbocca in una nuova logica, caratteristica del pensiero contemporaneo, per la quale il problema del- l'unità o della distinzione di scienza e fìlosofia acquista un significato preciso e via via sempre più esplicito. La rivoluzione è compiuta da Xant che si assume il compito di dimostrare il fonda- mento logico dell'universalità delle leggi della natura. Contro l'istanza negativa di Hume, Xant osserva che la se. della natura è possibile in quanto l'esperienza non va intesa in senso empi- ristico, a posteriori, bensì come sintesi a priori . di contingente e necessario, cioè di dato sensi- bile e di forma scaturente dalla stessa attività co- noscitiva. Così le scienze matematiche come le se. naturali trovano appunto nell'apriorità delle for- me dell'intuizione e dell'intelletto il fondamento dell'assolutezza delle loro leggi, e l'imrnediatezza dell'empirisrno è definitivamente superata. Ma se è vinta la contingenza dell'esperienza non è trascesa la stessa esperienza nella quale l'intel- letto si trova assolutamente circoscritto. La sin- tesi delle se. implica necessariamente il dato sperimentale e non ci consente la comprensione di ciò che sperimentare non si può. 1 problemi primi della filosofia, e in particolare il problema di Dio che è alla base di tutti gli altri, riman- gono in tal guisa pregiudizialrnente esclusi dal- l'indagine scientifica: la metafisica è debellata, ma di fronte ad essa rimane valida la conclusione scettica dell'empirismo. Xant avverte la contrad- dizione dei risultati e va in cerca di un'altra forma di conoscenza che gli garantisca i presupposti della vita morale. Quest'altra forma, imperniata sul principio dell'inconoscibilità teoretica della cosa in sé, è la ragione pratica. Il problema del dualisrno di se. e filosofia è finalmente posto in un'esplicita consistenza dei termini. Se. mate- matica e naturale da una parte, coscienza pratica di Dio, dell'anirna, del mondo, dall'altra. Il dualismo si pone come dualisrno di forma teo- retica e di forma pratica, e. la filosofia, nella sua esigenza antimetafisica, rinuncia a fondarsi sulla ragione teoretica. Se non che, nella terrninologia e nella concezione kantiane, il dualismo di ra- gione teoretica e ragione pratica non coincide con il dualismo di se. e fìiosofia. La filosofia per Kant è una scienza speciale definita più pre- cisamente come critica della ragione, o critica trascendentale o filosofia trascendentale. Da una parte, dunque, scienza matematica e fisica; da un'altra, conoscenza non teoretica del mondo ideale; da una terza, conoscenza critica del modo di conoscere. Il dualismo di se. e filosofia pone in sostanza, e insieme presuppone, un terzo modo di conoscere, che è poi esso il vera conoscere e la vera ffiosofia. Il pensiero speculativo si trova, dopo Kant, di fronte a tutte le contraddizioni scaturite dalla nuova posizione rivoluzionaria. La fecon- dità anzi del pensiero kantiano è data soprattutto dal contrasto delle nuove esigenze messe in luce e dalla necessità di superarle componendole. Una se. naturale e matematica, che rinunciasse ai problemi fondamentali della speculazione, non poteva veramente soddisfare e doveva far na- scere il dubbio circa l'assolutezza teoretica delle sue leggi. La particolarità della sua verità darà quindi luogo all'accusa'di conoscenza empirica e si finirà col capovolgere la tesi kantiana e attri- buire alle se. particolari soltanto un valore pragma- tistico. Una ragione pratica senza vero valore teoretico doveva rivelarsi, oltre che intimamente antinomica e assurda, tale da rendere problema- tica l'assolutezza della stessa ragione teoretica e da risospingere verso lo scetticismo ernpiri- stico al quale il sistema kantiano intendeva con- trapporsi. Una fìlosofia critica, infine, che risol- vesse il problema gnoscologico indipendente- mente da quello metafisica, doveva riproporre in termini gnoscologici gli stessi problemi meta- fisici e tutti risolverli in un unico sistema cono- scitivo. In conclusione, la posizione esplicita del dualismo di se. e filosofia dà luogo al problema della consistenza di diversi modi di conoscenza assoluta che diventerà il tormento di tutta la speculazione successiva. La soluzione tenderà sempre verso il riconoscimento di un'unica forma di conoscenza assoluta, ma le esigenze della dif- ferenziazione, messe in tanta evidenza da Xant, non daranno più tregua al pensiero contempo- raneo. Il pzimo tentativo di unificazione avviene con la critica di ciò che Kant aveva dichiarato in- conoscibile, il noumeno. Era la sussistenza del noumeno accanto al fenomeno che aveva impo- sto la distinzione di ragione teoretica e ragione pratica, e bastava vincere questo dualismo per elirninare l'altro di se. e filosofia. E infatti, allor- ché, dopo gli sforzi dei postkantiani e in partico- lare di Fichte e di Schelling, si giunge con I-legel alla fenomenologia assoluta, ogni ragione di dif- ferenziare la conoscenza speculativa da quella della natura viene a mancare, e nel concetto di enciclopedia trova posto tutto il sapere, in un unico procedimento logico. Metodo aristotelico e metodo induttivo, superati dal criticismo kan- tiano, cedono il posto alla nuova dialettica che sintetizza tutti gli opposti. Una sola forma di conoscenza e una sola metodologia ci consentono di passare dal più alto problema speculativo ai n-únimi particolari delle se. naturali. Vero è che anche in Hegel si ripresenta qua e là l'istanza di una distinzione di fìlosofia e se. e si ammette che il concetto non può giungere a tutte le deter- minazioni della natura. Ma l'empirismo che si riaffaccia in Hegel non riguarda la diversifi- cazione del metodo, bensì la relativa inconosci- bilità della natura data dalla sua relativa irra- zionalità. La filosofia della natura si può deter- minare concettualmente solo in grandi linee, per- ché nel particolare il processo giunge a espres- sioni contingenti non riducibili a sistema. Ma per quel tanto che è sistematico, il conoscere della natura non si diversifìea affatto dal conoscere filo- sofico. Contro questa conclusione è insorto il pensiero posthegeliano, spinto nella sua reazione soprattutto dall'uso che Hegel e più la sua scuola avevano fatto della dialettica nella fìlosofia della natura. 1 risultati paradossali raggiunti nella deduzione di leggi fìsiche e naturali hanno fatto pensare all'inapplicabilità della dialettica alle se. e hanno fatto considerare la filosofia della natura come una semplice aberrazione dovuta all'astrat- tezza della metodologia filosofica. La reazione quindi ha assunto in un primo tempo un'into- nazione antispeculativa e, nella preoccupazione di contrapporre il concreto all'astratto, ha smarrito il senso delle più profonde esigenze dello stesso kantismo. Col positivismo, invero, alla religione dell'idea subentra quella del fatto e al monismo fìlosofico succede in forma puramente antitetica il monismo scientifico. Se non che, nell'astratta loro contrapposizione, hegelismo e positivismo tendono alla soluzione dello stesso problema e cioè all'unificazione di se. e filosofia in uno stesso processo logico. L'hegelismo si concreta nel- l'enciclopedia filosofica, il positivismo nella sociologia, riducendo il primo la scienza a filo- sofia, il secondo la filosofia a se.: ma entrambi vogliono liberarsi dalle antinomie irresolubili del kantismo, superando il dualismo delle fonti conoscitive. E come opposto è il criterio per ri- solver.c lo stesso problema, opposto è l'errore della %oluzione, in quanto, se, col sacrificare la se. alla fìlosofia, si perde con l'hegelismo la pos- sibilità di passare concretamente dall'idea al particolare, col sacrifìcare la filosofia alla se. si perde poi coi positivismo la possibilità di passare dal particolare all'idea e al principio sistematico dalla molteplicità dei fatti. Le due soluzioni si rivelano ben presto insufficienti e il problema si riapre con maggior crudezza. Nelle critiche che seguono alle concezioni hegeliana e positi- vistica, si fa strada a poco a poco la convinzione che il tentativo di una soluzione monistica deb- ba essere abbandonato. Hegelismo e positivismo sono falliti perché il loro assunto era utopistico: se. e filosofia rispondono a due criteri irriducibili, entrambi indispensabili all'effettiva comprensione della realtà. D'altra parte la critica monistica alla dualità delle fonti conoscitive è troppo evi- dente perché la si possa senz'altro trascurare, e si cerca allora una via d'uscita in una concezione pragmatistica della scienza. Le correnti filosofiche che iniziano la cosiddetta reazione idealistica contro la se. e che rapidamente si diffondono verso la fine dei sec. ig,1, nelle varie intonazioni antintellettualistiche, volontaristiche, intuizio- nistiche, ecc., tendono tutte a ridurre le scienze a pseudoconoscenza di valore convenzionale e puramente utilitario (v. CONVENZIONALISMO). Il teorico più rigoroso del nuovo dualismo è stato Benedetto Croce, che ha posto a fondamento delle se. empiriche e astratte lo pseudoconcetto. Prendendo le mosse dalla filosofia di I-legel, egli ha sostenuto la necessità di correggere la dialet- tica degli opposti distinguendola da quella dei distinti e in conseguenza di rinunciare all'esi- genza unificatrice dell'encielopedia, espellen- done la filosofia della natura. I concetti della fi- sica e delle se. naturali non sono concetti, bensì fìnzioni intellettuali, di carattere pratico o eco- nomico, estranee all'universale fìlosofico. Se. e filosofia, dunque, debbono procedere distinte e loro preoccupazione costante deve essere ap- punto quella di mantenersi reciprocamente estra- nee. A una conclusione opposta perviene l'attua- lismo di Giovanni Gentile, per il quale, essendo la se. conoscenza del particolare, essa in concreto non può non implicare la conoscenza dell'univer- sale o filosofia; questa, d'altra parte, quale cono- scenza dell'universale, non può in concreto non implicare la conoscenza del particolare da univer- salizzare. In tal modo, il dualismo di se. e fìlosofia si è risolto, non più riducendo hegelianamente la prima alla seconda, né positivisticarnente la se- conda alla prima, bensì considerando se. e filoso- fia come momenti di un unico processo di uni- versalizzazione del particolare e di particolariz- zazione dell'universale. Unico processo che si realizza nell'atto del filosofo come nell'atto di chi compie la più particolare delle affermazioni della più particolare delle se. Una nuova dimen- sione del rapporto se.-fìlosofia si ha con il neo- positivismo o positivismo logico, affermatosi particolarmente nei paesi anglosassoni e scandi- navi, il quale rinnova ed accentua il rifiuto della metafisica, che si era avuto col positivismo del secolo i <)o, e ha i maggiori esponenti in R. Carnap, H. Reichenbach, M. Schlick, L. Wittgenstein. Esso estende l'empirismo a tutto il dominio del sapere, ritenendo fornite di significato, in quanto verificabili, solo le proposizioni reali o sin- tetiche di natura empirica e le proposizioni lo- gico-rnatematiche. Queste ultime, regolate dal principio d'identità, non estendono ma ordinano le conoscenze iniziali derivate dai fatti ed espresse dalle proposizioni reali, sono cioè meramente analitiche e quindi tautologiche. Le prime sa- rebbero verificabili nel confronto con i fatti, le seconde secondo le regole con cui vengono co- stituite. Le proposizioni non riducibili a questi due tipi sarebbero inverificabili e quindi prive di senso. Di qui la condanna di ogni discorso filosofico, le cui proposizioni, non essendo ri- conducibili né a quelle reali di natura empirica, né a quelle logico-matematiche, sono dette * pseu- doproposizioni * e ritenute " prive di significato ". E di qui una gravissima aporia.- questo discorso, condannante il discorso filosofico in quanto co- stituito di pseudoproposizioni, è esso stesso di- scorso fìlosofìco formato di pseudoproposizioni ed è quindi privo di significato. A questa con- seguenza nullistica, il positivismo logico, spe- cialmente nei suoi sviluppi più recenti, cerca di sottrarsi negando sì alla filosofia una autonoma dignità, un suo oggetto e una funzione propria, ma assegnandole un compito che essa eserci- terebbe in funzione delle se. particolari. Questo consisterebbe nell'analizzare, chiarire e retti- ficare i linguaggi scientifici, nonché nel coor- dinarli, al fine di raggiungere l'unità di linguaggio, condizione e fondamento del sistema della " se. unifìcata * (che è il progranuna della International encyclopedia of unified scie-nce, v.).

 

LA SCIENZA NELLA STORIA DEL PENSIERO. - La se. della natura e la se. matematica si sono elevate alla posizione critica dei loro problemi solo in una fase avanzata del loro sviluppo. La rilevazione di dati sperimentali o l'elaborazione di un'espres- sione aritmetica implicano modi di conoscenza, di cui si dovettero svelare le premesse per garan- tire senso e valore ai singoli atti di conoscenza. L'imperativo platonico, " salvare i fenomeni ", ha condotto alle sorgenti del conoscere, e la storia della se. s'è integrata nella storia del pen- siero. Quale significato ha tale integrazione? La se. non viene a mutare affatto la propria fisiono- mia in quella del pensiero filosofico ? Ciò può senza dubbio avvenire, e la gnoseologia kantiana è l'escinpio probante dell'elevazione al piano integralmente gnoseologico di un corpus di co- noscenza scientifica, quello della fisica newtonia- na: ma importa mettere in evidenza l'insorgere dell'istanza critica dal contesto dell'esperienza scientifica e il nesso della continuità problematico che congiunge se. e fììosofia del conoscere - quest'ambito della filosofia, innanzi tutto, e in forma più o meno esplicita - nell'opera di natu- ralisti e matematici insigni. La geometria e l'arit- metica cuclidee rappresentarono il costituirsi in fortna di deduzione rigorosa di nozioni scien- tifiche e tecniche, prima di Euclide irrelate e ri- condotte ai più diversi fondamenti. Il sistema rigorosamente deduttivo dipende da alcuni prin- cipi che sono formulati: nelle spiegazioni dei termini o definizioni, nei postulati (ciò che si chiede al lettore di voler ammettere) e nelle no- zioni comuni o assiomi. La fìlosofia del corpus cuelideo è contenuta nei Secondi Analitici di Aristotele, ma non meno significativo. è il consa- pevole assurgere della geometria alla forma ari- stotelica della deduzione. Il ricondurre, certe proposizioni, anche empiricamente verificabili, a poche premesse intuitive, equivaleva a mostrare la struttura semplice della se. geometrica, com- plessa peraltro nelle sue diramazioni teoriche e ancor più nelle applicazioni pratiche: in altre parole, quella dipendenza di una pluralità attuale e possibile da pochi principi generalmente validi, nella quale s'era e si sarebbe fatta consistere la razionalità del discorso e dell'esperienza. La perspicuità della se. cuelidea - così come in seguito la perspicuità della se. newtoniana - era anche destinata a nuocere ai secoli venturi, se- condo la profonda osservazione di L. Couturat, poiché avrebbe tenuto celata la relatività di certe affermazioni assiomatiche: e tuttavia negli Ele- menti euclidei la se. assurse a quella struttura dimostrativa che ne convalidava la dignità sul piano del pensiero come posizione radicalmente critica dei problemi formulati dall'uomo: la di- gnità e la rilevanza, poiché la franunentaria geo- metria pre-cuclidea, nel disporsi entro lo schema dimostrativo aristotelico, ne giustificava altresì la funzione categoriale. Gli Elementi divennero il modello della conoscenza scientifica, al quale si cercò di adeguare ogni se. della natura. Ne fa fede anche il gran numero di critici e conunen- tatori che si cimentarono con gli Elementi fìno all'età del Rinascimento, la quale instaurò una nuova prospettiva scientifica. Tale prospettiva ha il nome dell'esperienza e per autore precipuo Galileo Galiici. Questi si trovava dinnanzi a una se. fìsica, che nella generalità della defìnizione pretendeva dare la ragione necessaria dei casi

particolari: ciò per cui essi erano essenzialmente ciò che erano. La definizione non aveva origine induttiva né intuitiva, ma implicava l'aderenza a un concetto úlosofico della realca. 1 casi parti- colari di corpi in movimento erano, per esempio, spiegati dagli aristotelici con una definizione del moto quale tendenza dei corpi al luogo naturale - definizione che dava appunto la " generalità* dei casi di quel fenomeno. In possesso di sif- fatte definizioni, la ragione scientifica, se poteva presumere di " spiegare * gli eventi, restava af- fatto estranea a una generalità fenomenica, che notasse le presenze, le assenze e le relazioni co- stanti e non implicasse alcuna remara all'impre- vedibile dispiegarsi dell'esperienza. Galileo, che seppe volgersi contro " i troppo timidi e gelosi del- la inimutabilità del cielo * - in tale inimutabilità consisteva uno dei caratteri dell'universo siderco affermato necessariamente dai fisici aristotelici - guardò invece a un modo fenomenico di quella ge- neralità, di cui peraltro non può privarsi la se. del- la natura. Esso consiste nel nesso relazionale, quan- titativarnente variabile che congiunge aspetti dei fenomeni di cui si dà esperienza. Velocità del corpo in movimento, accelerazione del movimen- to, spazio percorso dal corpo mobile, tempo im- piegato a percorrere un certo spazio, ciò basta per poter forrnulare definizioni generali dei moti e per descrivere esaurientemente qualsiasi ca- so particolare di movimento. La se. moderna seppe compiere con Galilei la duplice rinun- cia al superfluo del caso particolare e al presunto necessario della definizione generale. La o rela- zione * diveniva la forma della nuova conoscenza scientifica e si contrapponeva alla * sostanzia- lità * logico-linguistica della scienza antica. E poiché al concetto di sostanza è ricondotto, nella Fisica aristotelica, quello di causa, la forma rela- zionale della nuova conoscenza scientifica fece passare in secondo piano anche quest'ultimo concetto. La seconda generazione post-rinasci- mentale dei grandi investigatori della natura (Huygens, Boyle, Newton, ecc.) accentuava la tendenza alla trascrizione, nel linguaggio rela- zionale della matematica, di ambiti sperimentali più o meno estesi. L'hypotheses nonfingo di New- ton stava a significare consapevole prudenza di fronte all'ultimo significato della nuova veste matematica della scienza della natura, mentre il genio di Cartesio audacemente ne cercava pro- prio le scaturigini metafisiche e, in una lettera famosa, redarguiva l'agnosticismo ernpiristico di Galilei. Ma non soltanto in senso metafisica si rischiava di eludere la prudenza newtoniana. Dalla matematica usata per la trascrizione del- l'esperienza fisica e astronomica, nasceva il mee- canicismo, come unica ipotesi esplicativa del- l'intera realtà naturale. 1 concetti di forza, massa e movimento avrebbero dovuto avere universale validità esplicativa. Ma nel sec. igo la scienza si affranca dal rneccanicismo in più d'un ambito-. dall'elettrologia alla fisiologia, alla psicologia. Il discorso sui Sette enigmi del mondo che E. Du Bois-Reymond tenne all'Accadernia delle Scienze di Berlino l'8 luglio i88o, dava palesemente a conoscere lacune molteplici nell'applicazione dell'assiomatica meccanicistica. La fase del pro- cesso di sgretolamento dell'unico schema esplica- tivo della realtà, nella quale la se. assurse a nuova consapevolezza del proprio carattere, fu quella della nascita delle geometrie non cuclidee. li pensiero scientifico aveva lungamente coltivato la convinzione che i principi primi di ogni cono- scenza fossero certi e unici perché intrinseca- mente evidenti. Verso la metà dei &ce. igl, furono elaborati i primi sistemi geometrici indipen- denti dal quinto postuiato di Euclide, affermante l'unicità della parallela che in un piano si può condurre, da un punto, ad una retta la quale non passi per esso. La crisi dell'evidenza si accentuò dopo che altri postulati cuclidei furono negati o sostituiti con proposizioni diverse. Dopo la na- scita delle geometrie non-cuclidee ebbe inizio il dibattito sui fondamenti della matematica, che per lungo tempo s'erano fatti consistere nella intuitività della nozione di numero. Ora già l'es- sersi tale nozione molto ampliata e generalizzata rendeva difficilmente accettabile il ricorso al- l'intuizione. Da tale dibattito nacque la conce- zione logica della matematie-a (Frege). Da essa le costanti che figurano nelle proposizioni rnate- matiche sono definite in funzione delle sole co- stanti logiche, e le proposizioni stesse dimostrate mercé i soli assiorni della logica. Anche la geo-

metria, dopo la nascita dei sisten-á non-cuclidei, s'era venuta ancorando al fondamento logico, Non potrebbe più parlarsi di fondamento intui- tivo per lo spazio di Riemann o per quello di LobaZevskij; la geometria ha assunto invece, da allora, una struttura deduttiva: da certe premesse, sulle quali si sia convenuti, vengono dedotte delle conseguenze con il solo ausilio della logica. Il problema del fondamento s'è venuto spostando, per le ragioni sopra dette, dall'aritmetica e dalla geometria alla logica, e in tale trapasso la se. sta vivendo, dalla metà dei secolo scorso, un periodo di consapevolezza critica particolarmente intensa. Non è più questione, infatti, delle premesse di limitati ambiti della conoscenza umana, ma di tale conoscenza vista nella sua generalità, cioè, appunto, nella sua forma logica. La vigorosa ripresa, da un secolo (Boole, Pcirce, Schroeder, Peano, Russell, Whitehead, Lukasiewicz, ecc.), degli studi di logica formare o sirnbolica tende alla costruzione di strutture logiche anche molto dissimili dalle tradizionali aristoteliche, mediante segni univoci ed esatte formulazioni, a garanzia della correttezza e della purezza della deduzione. Nella vicenda della logica contemporaneo, alla quale la se. odierna resta legata come al proprio sostegno espressivo, si può indicare l'episodio distintivo della più recente fase della storia della scienza.

Il problema del progresso della serena. - Lo studio specifico della storia delle se. ha permes- so di affrontare sia il problema dell'origine dei pensiero scientifico e della sua progressiva sepa- razione dal pensiero filosofìco, per lo meno a partire dalla fondazione galileiana della fisica mo- derna, sia il problema della continuità o non-con- tinuità del progresso scientifìco e il problema del criterio con cui verifìcarne l'effettiva realizza- zione tappa per tappa. Il modello tradizionale d'interpretazione dello sviluppo storico delle se. presenta i loro risultati come soggetti a un pro- cesso continuo di accumulazione, che riflette la continuità dell'avvicinamento conoscitivo a una realtà in larga misura indipendente dall'attività dello scienziato, sia egli un osservatore della na- tura o dell'uomo, o anche un puro matematico. Mentre nel caso della natura gli oggetti di studio dello scienziato sono considerati oggetti acces- sibili coi tramite degli organi di senso o degli str@urnenti sempre più " perfezionati @ che ne am- plificano la, potenzialità, nel caso dell'uomo l'og- getto è ritenuto dello stesso genere solo dal com- portamento più radicale, che vorrebbe evitare in psicologia ogni riferimento a stati interni non evidenziabili con questi strumenti o a proiezioni dei risultati della propria introspezione su altri esseri urnani o su animali. Nel caso degli " enti @> matematici, l'attribuzione ad essi di un'indipen- denza dall'attività dello scienziato è legata a una qualche forma di realismo platonico, ma ciò che ha interesse ai fini delle interpretazioni tradi- zionali della storia delle se. è la conseguente possibilità di parlare, anche in questo caso, di " progresso @> valutabile in termini di sempre mi- gliore conoscenza delle proprietà di questi enti, siano essi i numeri primi dell'aritmetica degli interi, i o trascendenti @> a ed e o l'" immagina- rio * i. Ma come per queste ultime @ invenzioni " della matematica si è parlato, già nell'Ottocento con Kronecker, di opera dell'uomo, da contrap- porre ai numeri interi considerati opera di Dio, così per una serie a sua volta progressiva di co- strutti della fìsica, della biologia, della psicolo- gia e di altre se. si è gradualmente fatto strada, col passaggio dal positivismo al neopositivismo, il principio che non si trattava di enti empirici accessibili anche all'osservatore prescientifico, ma di elementi di una " rete teorica " ancorabile al piano dell'osservazione solo mediante opportune regole interpretative (C. G. Hempel, ligsz), op- pure di " prodotti dell'immaginazione ", parago- nabili a quelli dell'arte non figurativa sia per la loro astrattezza sia per la loro capacità di eviden- ziare strutture e relazioni inaccessibili all'espe- rienza immediata (E. I-1. Hutten, i967). In questo processo di allontanamento dalla visione passivi- stica della se., che le affidava in sostanza soltanto il compito di rispecchiare nelle proprie costru-

zioni verbali le caratteristiche di una realtà da essa indipendente, e ne misurava il progresso in termini di incrementi nella fedeltà di questa im- magine, svolgono un ruolo particolare le critiche alla concezione cumulativa degli effetti di questo progresso, avanzate nel i967 da T. S. Kuhn coi saggio su La struttura delle rivoluzioni scientifiche, nato da una convergenza tra il programma neo- positivistico dell'International encyclopedia of unified science di Chicago e quello di " educazio- ne generale * mediante nuove forme di storiografia scientifica propugnato da James Conant, allora rettore della 1-larvard University. La definizione di se. adottata da Conant (" una serie di concetti e di schemi concettuali connessi tra di loro, che si sono sviluppati come risultati della sperimen- tazione e dell'osservazione e sono fecondi di ul- teriori procedirnenti di sperimentazione e osser- vazione *) è stata considerata da qualche critico, come il biologo evoluzionista G. G. Simpson, tanto ampia da includere anche il lavoro di un pittore come Picasso; ma è appunto al carattere unitario della creatività sia tecnica sia artistica e scientifica, evidente nell'opera di Leonardo da Vinci, che fa riferimento Kuhn per sottolineare l'importanza delle * idee generali speculative s ri- spetto al ragionamento deduttivo e alla sperirnen- tazione che permettono il loro collaudo, inverten- do in certo modo l'ordine della procedura indutti- va, dai fatti alle teorie, ritenuta la caratteristi- ca fondamentale delle se. empiriche da Bacone e dalla tradizione episternologica che a lui si è ispirata negli ultimi tre secoli. All'ottimismo di Stuart Mill e di Spencer, che ritenevano presso- ché automatico il progresso delle se. come quello delle strutture organiche in evoluzione verso e oltre l'uorno, si contrappone con Kuhn, come già in parte con Kari Popper, la tesi di una crescita discontinua della conoscenza scientifica, carat- terizzata da rivoluzioni imprevedibili che danno luogo a nuove interpretazioni o ricostruzioni della realtà, radicalmente inconciliabili con quelle pre- cedenti anche se i loro risultati vi ricompaiono in parte come casi particolari o prime approssima- zioni. Così la relatività cinsteiniana rispetto alla meccanica newtoniana, valida per moti di velo- cità molto piccola rispetto a quella della luce, o la meccanica quantistica rispetto alla fisica ot- tocentesca, valida per fenomeni in cui non entra in gioco la struttura granulare dell'energia. Con- tro l'asserita irnprevedibilità delle rivoluzioni scientifiche, in particolare nella fisica, P. W. Bridgrnan aveva sostenuto già intorno al i93o la tesi che un'accurata analisi delle operazioni men- tali e materiali dello scienziato può anticipare le situazioni di crisi in cui egli si verrà a trovare quando il campo di fenomeni affrontato differi- sce nettamente dai campi precedenti, e indicare le precauzioni da prendere per prevenire, in cer- to modo, l'eventuale sorpresa e mantenere aperta la possibilità di una rapida assirnilazione delle novità nel quadro di una se. più articolata e meno rigida di quella correnternente insegnata nelle scuole e praticata nei laboratori. Le influenze so- ciali che determinano'la cristallizzazione in para- digmi indiscussi delle nozioni precedentemente accumulate, o favoriscono la loro rottura e so- stituzione con paradigmi interamente nuovi, sono state analizzate in termini marxistici e non marxi- stici da varie correnti di storia e filosofia della se., che in parte tendono a ristabilire la concezione cumulativa del progresso conoscitivo e la col- legano con un'analisí delle differenze tra il tra- zionalismo * di Popper e l'o irrazionalisrno $ di Kuhn, ritenuto responsabile dei discredito gettato sull'obiettività della se. dalla cosiddetta lettera- tura della contestazione (da H. Marcuse a Th. Roszak). A questa controversia d'interesse pre- valentemente episternologico si è sovrapposta quella sulla neutralità o non-neutralità della se., cioè sull'eventuale dipendenza dal contesto socia- le non solo delle applicazioni industriali e mili- tari delle scoperte scientifiche, ma anche dei pro- granuni di ricerca non " finalizzati * e dei conse- guente sviluppo della se. " pura @>. Mentre a prima vista ci si attenderebbe una correlazione positi- va da un lato tra la tesi della neutralità della se. e quella del suo sviluppo continuamente pro- gressivo, dall'altro tra la tesi della non-neutra- lità e quella delle rivoluzioni provocate da caìn- biamenti più vasti e più profondi nella visione del mondo, di fatto l'incrociarsi delle due pole- miche ha dato luogo spesso, negli anni più recen- ti, a una convergenza tra critici della irraziona- lità i> delle tesi di Kuhn e dei suoi aspiratori E. A. Burtt e A. Koyré e critici della non-neutralità della se. contrapposta alla convergenza tra soste- nitori della neutralità della creazione scientifica in sé e sostenitori della dipendenza del suo ' pro- cedere discontinuo o a zig-zag da fattori extra- scientifici, eventualmente anche irrazionali. La complessità del problema è tale, in definitiva, da giustificare ancora oggi la risposta solo appa- rentemente contraddittoria data da Einstein nel 193 5: * La se. nella sua completezza è, in sé e per sé, quanto di più obiettivo l'uomo possa co- noscere. Ma la se. in sviluppo, la se. come fine che deve essere perseguito, è altrettanto soggettiva e psicologicamente condizionata quanto ogni al- tra branca del lavoro umano ".

CLASSIFICAZIONE DELLE SCIENZE. - li problema di una classificazione delle se. s'impose in età rinascimentale quando ormai la crescente varietà e specializzazione delle se. non poteva più venire inquadrata negli schemi sommari ideati da Ari- stotele e ripresi dai cuitori medievali delle se. dei trivio (grammatica, dialettica e retorica) e dei quadrivio (geometria, aritmetica, musica, astronomia). Il problema fu affrontato da Bacoiie, la sua classificazione è tuttavia anch'essa di ca- rattere soggettivo in quanto basata sulle * facoltà dell'anima razionale w: memoria, immaginazione e ragione. La memoria è il fondamento della storia naturale e della storia civile, che registrano • ordinano rispettivamente le opere della natura • dell'uomo. L'immaginazione produce le opere letterarie e la ragione quelle filosofiche, che si dividono in i divine * (ovvero teologiche), " na- turali * e " umane ". La filosofia naturale si divide a sua volta in " speculativa * e " operativa *, rien- trando nella prima sia l'astronomia sia la meta- fisica, e nella seconda sia la meccanica e la ma- gia, intese come metafisica applicata, sia la ma- tematica. La filosofia umana comprende lo studio del corpo umano e delle arti basate sui sensi oltre che quello della logica, dell'etica e delle se. sociali. La classificazione di Bacone verrà utiliz- zata anche d'agli illuministi D'Alembert e Dide rot nella loro famosa Enciclopedia, o Dizionario ragionato delle scienze, arti e mestieri (1751), men- tre 1-lobbes esclude la poesia e dà un'impronta oggettiva alla distinzione tra storia (se. dei fatti) e fìlosofia (se. delle conseguenze); tale impronta viene poi accentuata da Locke e da Leibniz, che distinguono la fisica (del corpo e dello spirito) dalla pratica (storia ed etica), aggiungendovi l'una la semiotica (se. dei linguaggio) e l'altro la logica formalizzata sul modello della mate- matica. Dopo la nascita della meccanica newtonia- na, che realizza la sintesi della dinamico dei corpi terrestri con quella dei corpi celesti, e la sistema- zione da parte di Buffon e di I-lumboldt dei dati della storia naturale, nascono nuove classifica- zioni più comprensive e accurate. Il fisico A.-M. Ampère applica un procedimento per dicotomie successive, che dalle due grandi categorie delle se. cosmologiche (o della materia) e noologiche (o dello spirito) gli permette di ricavare progressi- vamente ben i28 scienze specifìche. Alla sua pri- ma suddivisione corrispondono quelle di W. Schuppe e H. Miinstérberg (in se. oggettive e soggettive), M. Adier (se. naturali e sociali) e A. Menzel (se. della natura e della cultura). W. Wundt ricondúce invece le se. della natura e dello spirito a un gruppo unico di se. reali, opposte a quello delle se. formali o matematiche; con lui si accordano altri autori, mentre W. Ostwald in- troduce una tripartizione in sc.'formali, fisiche e biologiche, le ultime due corrispondenti alle se. empiriche, o a posteriori, e le prime alle se. a priori della divisione proposta da Schopenhauer. Le classificazioni più interessanti, anche ai fìni bibliografici, sono risultate quelle di A. Comte A.-A. Cournot, H. Speneer. Il Comte stabilì un ordinamento insieme logico e cronologico, che comporta un continuo aumento di complessità e diminuzione di generalità procedendo dalle se. più antiche verso quelle più moderne. Ogni se. dipende da quella che la precede, ma è indipen- dente da quella che la segue, il ruolo dell'espe- rienza e dell'asservazione crescendo nell'ordine in misura tale, che le se. più complesse non si possono dedurre da quelle più semplici che le precedono e le condizionano. Per quanto riguarda, in particolare le se. teoriche, astratte e generali, che Cornte contrappone a quelle concrete, parti- colari e descrittive, l'ordine è il seguente: i) ma- tematica; z) astronomia; 3) fisica; 4) chimica;

5) biologia; 6) sociologia. La successione sembra corrispondere effettivamente a quella secondo cui tali se. si sono formate nel corso della storia del- l'umanità ed è tuttora rispettata, per esempio, nell'International encyclopedia of unified scienee (v.), in corso di pubblicazione a Chicago dal 1938 per iniziativa di N. Bohr, R. Carnap, j. Dewey, Ph. Frank, Ch. Morris, 0. Neurath, B. Russell e altri rappresentanti delle correnti e _uropee e americane sopra ricordate di filosofia della scienza. Lo Spencer usò una tripartizione in se. astratte (logica, matematica), astratto-concrete (meccanica, fisica, chimica) e concrete (astrono- mia, geologia, biologia, psicologia, sociologia). li Cournot definì, sotto l'aspetto logico, tre serie di discipline - teoriche, storiche e tecniche, di- stinguendo le prime in matematiche, fisiche, bio- logiche, noologiche e politiche. Le classificazioni ;di Comte e Coumot sono state criticate parti- colarmente da J.-E. Naville e da E. T. -Whittaker, il primo insistendo sulla distinzione tra se. di leggi, necessarie e condizionali, e se. di fatti o storiche (ivi compresa la storia naturale e in que- sta l'astronomia in quanto non riducibile alla sola meccanica celeste), il secondo trascurando l'aspetto storico della questione e raggruppando le se. astratte in due ordini: oggettive (logica ma- tematica, matematica, fisica, chimica, biologia) e soggettive (psicologia animale, sociologia, psi- cologia umana, metafisica come teoria della co- noscenza, logica formale).

FILOSOFIA DELLA SCIENZA

Con l'espressione filosojia della sc. s'intende comunemente indicare, specie nel contesto cultu- rale anglosassone, quella disciplina che ha a suo oggetto di studio questioni filosofìcamente rile- vanti connesse con una problematico generale co- mune a tutte le se. empiriche (senza escludere, naturalmente, problematiche specifiche di singole se. empiriche: si potrà così parlare di filosofia della fisica o di filosofìa della biologia). La filo- isofia della se., le cui radici storiche vanno ricer- cate nel secolo scorso, in The philosophy of the induce sciences founded upon their history di W. Whewell (184o) e nel System of Ioni rationa- tive a-nd induce di J. Stuart Mill (1843), si è sviluppata come disciplina autonoma con parti- colare riferimento alle correnti filosofiche neo- positiviste. R infatti di stampo prettarnente neo- positivista l'assunzione che esista una proble- matica comune a tutte le se. empiriche, assun- zione legata alle ben note tesi fisicalistiche di 0. Neurath e di R. Carnap e al progetto di un'enei- ciopedia della scienza unificata (International encyclopedia of unified scienee, fondata nel i938). Ridurre tuttavia la filosofia della se. agli sviluppi più o meno recenti del pensiero neopositivista in Inghilterra o negli Stati Uniti porterebbe a perdere di vista il complesso intreccio di motiva- zioni filosofiche e di esigenze scientifiche che hanno determinato, sia nel secolo igl, sia nel no- stro secolo, la varietà (e talora la contrapposi- zione) delle interpretazioni metodologico-episte- mologiche della scienza. All'ernpirismo di Mill che conduce a privilegiare come momenti fonda- mentali del procedimento scientifico l'osserva- zione e l'esperimento, che sostiene un rigido in- duttivismo (o rendere i particolari generali, me- diante l'induzione, ", spiegata facendo ricorso a un postuiato di " uniformità della natura"), ritiene che la causalità si identifichi con la regolarità nelle successioni di eventi e auspica una riduzione di ogni concetto teorico agli osservabili, si con- trappone la posizione di Whewell, tesa invece ad

analizzare, nell'ambito del metodo scientifìeo, la funzione delle teorie. Si può affermare, con un certo rischio di schematizzazione, che a questi due punti di vista, in netto contrasto, si rifacciano in ultima istanza, sia pure con sfumature e ae- centuazioni diverse, le più importanti posizioni metodologiche nel campo della filosofìa della se. fino ai giorni nostri. Così l'estensione delle tesi di Mili, insieme all'impiego del calcolo di Boole al campo della chimica, porterà B. Brodie (The calculus Of che?nical 0PeyatiOfts, 1876) a sviluppare una teoria chimica assiomatizzata, in grado di rendere conto di tutti i fatti allora noti, esclu- dendo il concetto di atomo a favore di attributi osservabili, legati a cambiamenti qualitativi delle sostanze chimiche e a mutamenti di peso, prima e dopo una reazione. La critica di Brodie al concetto di atomo dove- va essere ulteriormente sviluppa- ta nell'epistemelogia di E. Mach (Die Mechanik in ihre-r Entwick- lung historisch-kritisch dargestellt, i883, trad. it. igog), legata all'em- pirismo humiano specie nel pre- sumere una riducibilità alle sen- sazioni di qualunque fenomeno oggetto di conoscenza scientifica. Le teorie e le entità teoriche non hanno, nell'ambito dell'indagine scientifica, altro valore che quello di tnettere in relazione tra loro dei fenomeni e di fornirne una rap- presentazione * economica *@ so- no dunque meri strumenti. Sulla stessa linea si pone il rifiuto, esem- plarmente espresso nell'opera di P. Duhem (La théorie physique, son o@ict et sa structure, i 9o6), del va- lore dei modelli nella prassi scien- tifica, se non come utili artifici (no- nostante la fondamentale impor- tanza assunta dalla modellistica nei fisici inglesi dell'8oc, da lord Kelvin fino a certe enunciazioni di Maxweli: v. MODELLO), priViIC- giando piuttosto la siatematizzazione assiomatico- deduttiva. Fra gli avversari di queste tesi riduzio- nistiche vanno annoverati anzitutto L. Boltzmann (col suo attacco alla notissima Grammar of science di K. Pearson pubblicata nel i ggz) e in tempi più recenti N. R. Campbell (Physies. The elem~s, xgzo). Ostile all'impostazione ipotetico-deduttiva, a suo parere sterile, Campbell proponeva una brillante analisi delle teorie scientifiche, indi- viduando in esse una pluralità di livelli, che vanno dalle generalizzazioni ernpiriche, frutto dell'os- servazione e dell'esperirnento, alle ipotesi, non ricavate per astrazione dai fenomeni, ma for- rnulate piuttosto - autonomamente - in funzione esplicativa, al * dizionario ", destinato a porre in correlazione i due precedenti livelli (concetti cm- pirici, cioè, e concetti teorici) e infìne al momento * analogico *, particolarmente importante al fine di permettere l'estensione delle teorie e in grado di spiegasse le caratteristiche produttive e inno- vative. Va infine consi- derata la filosofia della se. di H. Poincaré (La sc"- ce et l'hypothèse, 1902" trad. it. i969; La valeur de la scienee, i9o4, trad. it- 1947; Scienee et mé- thode, x9o8), col suo ac- cento sulla natura con- venzionale degli assiomi geometrici e sul ruolo detern-tinante delle for- mulazioni i linguistiche delle teorie. La serrata critica rivolta in nurne- rosi scritti alle concezio- ni * induttivistiche * del- la se. da parte di X. Popper (Logik der For- schung, i935, trad. it. 1970; Conjectures and re- futatiom, i963, trad. it, tra i prinú a cri- ticare il criterio di verifica neopositivista, mo- strando invece l'utilità del suo criterio di falsifi- cabilità, induce a ritenere ancor oggi non supe- rato il contrasto originario Mill-Whewell. L'im- patto e l'influenza del neopositivismo nel mondo anglosassone consentirono peraltro il codificarsi in forma più o meno istituzionale della filosofia della se. (col tentativo di riassorbire su posizioni neocmpiristiche anche la critica operazionalistica esposta da P. W. Bridgmann nell'opera The logic Of MOdern PhY$ics, 1977, trad. it. 1952 e 1965). Le più note trattazioni " manualistiche * di filo- sofia della se. si possono considerare quelle di R. B. Braithwaite in Inghilterra (Scientific explanation, i953, trad. it. ii966, con particolare riguardo all'analisi delle teorie scientifiche), di E. Nagel negli Stati Uniti (The structure of science, i96i, trad. it. ic)68, la trattazione più ampia, estesa anche alla biologia, alle scienze umane e alla storia) e di A. Pap (Introduction to the philo- sophy of scienee, x96z, trad. it. 1967). Più di re- cente (ne è esempio il lavoro di I. Scheffler Anatomy of inquiry, 1963, trad. it. 1972, in cui compare tra l'altro un esame critico del nesso spiegazione-previsione, così corn'era stato formu- lato nel classico modello nomologico-inferenziale di C. G. Hempel e P. Oppenheim) la densa tema- tica delle opere istituzionali suddette (spiegazio- ne, leggi scientifiche, natura delle teorie, causa- lità, ecc.) viene riportata a tre fondamentali pro- blemi, quelli del significato (in rapporto con la verfflcabilità empirica), della spiegazione (median- te leggi scientifiche) e della conferma (di ipotesi scientifiche, mediante vari tipi di inferenza indut- riva). Particolare importanza sembrano avere or- mai assunto, nell'ambito della moderna filosofia della se., gli studi di logica induttiva (antecedenti di questo tipo di impostazione si possono già ritrovare nell'opera di W. S. Jevons, The principles of scienee, 1874, rist. i958), connessi alla teoria della probabilità e dell'inferenza statistica. t pro- prio lo studio della forza del nesso evidenziale tra premesse e conclusioni di un'argomentazione scientifica che è al centro degli interessi dell'ul- timo Carnap (The co-ntinuum of indueti-ve methods, i95a, trad. it. in R. Carnap, Analiticità, signifi- ca-nza, induzione, 197 1 ; Inductive logic and ratio-nal decisioni con R. jeffrey, 1971; A basie system for induetive logie, in Studies in induetive logie and probability, a cura di R. jeffrey, 1975) e che viene poi largamente sviluppato ad opera di logici co- me il finiandese J. Hintikka (si vedano special- mente A two-dimensional continuum of induetive methods, in j. Hintikka - P. Suppes, Aspects of induetive logic, 1967, e la raccolta di saggi Indu- zione, accettazione, informa--ione, 1974) e i suoi allievi I-Iilpinen, Tuomela, Niiniluoto. Una serie di complesse questioni, come per es. il problema dello status e della funzione dei concetti teorici nella se., viene cosi a trovare un suo pro- mettente inquadramento. Sulla scorta delle posi- zioni epistemologiche di K. Popper si è andata intanto sviluppando tutta una serie di indagini storico-teoriche sulla se., volte a spiegare da un lato l'evoluzione delle teorie scientifiche dal- l'altro a coglierne analiticamente le articolazioni (si veda J. Lakatos - A. Musgrave, Criticism and the growth of knowledge, 1970, trad. it. 1976 e il recentissimo lavoro di E. Zahar, Why did Ein- stei,n's programmi supmede Lorentz's? in Brifish journal for philosophy of scienee, 1973).

 

SCIENZA E FILOSOFIA. - In senso lato, se. s'iden- tifìca con conoscenza, in un unico concetto di sapere, la cui analisi e i cui problemi trovano ade- guata trattazione sotto altri esponenti (v. FILOSO- FIA; GNOSEOLOGIA; LOGICA; CCC.). In un senso più ristretto e più moderno, invece, la se. si distingue dalla filosofia, dando luogo a due tipi di conoscenza la cui differenziazione è estrema- mente complessa e tutt'altro che pacifica. Grosso modo si può dire che se. è divenuto sinonimo di conoscenza del particolare, e filosofia di cono- scenza dell'universale. Qui i problemi che specu- lativamente si pongono sono i seguenti: i) se e in quanto sia possibile concepire due tipi diversi di conoscenza; 2) dato che il dualismo sia conee- pibile, come si debba intendere il rapporto tra le due specie di conoscenza. Risposte esplicite a tali quesiti invano si cercherebbero nei filosofì dell'antichità e del Medioevo: anzi una coscienza precisa dei problema si può dire non sorga che in tempi molto vicini a noi, verso la fine del sec. i90. Risposte più a meno implicite invece sono state date fin da quando si è posto con consape- volezza il problema logico e con esso la diffe- renza tra ideale e reale, eterno e contingente, universale e particolare. Già in Platone comincia a porsi l'esigenza di una classificazione dei gradi della conoscenza e si distingue, nella P67p4@ (v. Notsi), una ótávo&a (V. DiANoiA) e una

cioè il sapere delle se. (aritinetica, geometria, astrononúa, armonia) dal sapere perfetto che è la dialettica. Ma la distinzione resta appunto di gradi, molto generica e incerta, non senza insa- nabili contraddizioni. 1 veri termini del dualisnio si delineano invece in Aristotele, nel quale ac- canto alla fede idealistica di Platone si fa strada per la prima volta in modo sistematico l'istanza dell'ernpirismo. Filosofo e insieme scienziato, egli non può non avvertire l'importanza dei pro- blema dell'esperienza in senso empiricc> e non distinguere in qualche modo le due specie del conoscere. Se non che, forse appunto perché fìlosofo e scienziato insieme, Aristotele non giunse mai a porre tra le due forme del conoscere un distacco netto e sostanziale. Più che una distin- zione logica, la sua rimane ancora distinzione di gradi, e il conoscere della fìlosofia, della fisica e della matematica ha in fondo sempre lo stesso fondamento e la stessa validità. Una è la logica aristotelica, e l'istanza empiristica che in lui si fa strada non trova e non troverà per molti secoli, fino agli albori del pensiero moderno, una logica propria. Nella filosofia postaristotelica e in quella medievale i termini del dualismo si approfondiscono, ma non attraverso la ricerca di due modi del conoscere, bensì nella difesa, in senso platonico o in senso aristatelico, delle opposte esigenze dell'idealisrno e dell'empirismo. Tutte le discussioni dei realisti e dei nominalisti intorno alla natura degli universali valgono, in effetti, a chiarire due diverse concezioni del pro- bierna del conoscere ma non il problema di due forme dei conoscere, che poi ne scaturirà. Il vero presupposto del problema speculativo della di- stinzione di se. e filosofia si chiarisce, invece, col sorgere di una nuova logica contrapposta a quella aristotelica, col sorgere cioè dell'empi- rismo moderno e con l'affermazione sistematica del metodo induttivo. li germe della concezione empiristica, ch'era rimasto soffocato nel sistema aristotelico, passa ora in primo piano e il centro del problema si sposta dal sapere più propria- mente filosofico a quello scientifico. Col naturali- amo dei Rinascimento, col Novum Organum ba- coniano, con il metodo galiiciano, il criterio dell'esperienza diventa il fondamento logico della nuova speculazione e s'inizia il discredito della vecchia metafìsica. Logica induttiva contro logica aristotelica, ernpirismo contro scolastica, cioè nuova concezione gnoseologica e nuova filosofia. Non si tratta di una logica della se. che si pone accanto alla logica della filosofia per coe- sistere in due forme distinte di conoscenza, bensì in una scienza opposta alla filosofia e volta a prenderne il posto. E anche là dove la vecchia

logica rimane e si rafforza, essa cambia carattere e presta la forza dei suo formalisrno a una logica matematica che si accompagna allo stesso svi- luppo della se. empirica. Donde poi la caratte- ristica dell'illunùnismo in cui logica empiristica e razionalismo cartesiano si mescolano e si in- tegrano senza vera coscienza della diversità della loro origine. Nasce, quindi, con l'empirismo il vero presupposto della distinzione di se. e filoso- fìa, ma non nasce la distinzione. Perché il pro- blema potesse formularsi occorreva che l'atteg giamento polemica della nuova logica nei ri- guardi dell'antica si attenuasse e che l'unilaterali- tà della nuova posizione divenisse evidente. Il che avvenne per una crisi interna allo stesso CM- pirismo, il quale attraverso Locke, Berkeley e soprattutto Hurne si accorse di non poter attin- gere quell'universale in cui il vero consiste e de- generò nello scetticismo. La certezza dell'a po- steriori si rivelava senza consistenza perché non illuminata dalla luce dell'a priori. A questo punto l'antitesi delle due logiche si trasforma e sbocca in una nuova logica, caratteristica del pensiero contemporaneo, per la quale il problema del- l'unità o della distinzione di scienza e fìlosofia acquista un significato preciso e via via sempre più esplicito. La rivoluzione è compiuta da Xant che si assume il compito di dimostrare il fonda- mento logico dell'universalità delle leggi della natura. Contro l'istanza negativa di Hume, Xant osserva che la se. della natura è possibile in quanto l'esperienza non va intesa in senso empi- ristico, a posteriori, bensì come sintesi a priori . di contingente e necessario, cioè di dato sensi- bile e di forma scaturente dalla stessa attività co- noscitiva. Così le scienze matematiche come le se. naturali trovano appunto nell'apriorità delle for- me dell'intuizione e dell'intelletto il fondamento dell'assolutezza delle loro leggi, e l'imrnediatezza dell'empirisrno è definitivamente superata. Ma se è vinta la contingenza dell'esperienza non è trascesa la stessa esperienza nella quale l'intel- letto si trova assolutamente circoscritto. La sin- tesi delle se. implica necessariamente il dato sperimentale e non ci consente la comprensione di ciò che sperimentare non si può. 1 problemi primi della filosofia, e in particolare il problema di Dio che è alla base di tutti gli altri, riman- gono in tal guisa pregiudizialrnente esclusi dal- l'indagine scientifica: la metafisica è debellata, ma di fronte ad essa rimane valida la conclusione scettica dell'empirismo. Xant avverte la contrad- dizione dei risultati e va in cerca di un'altra forma di conoscenza che gli garantisca i presupposti della vita morale. Quest'altra forma, imperniata sul principio dell'inconoscibilità teoretica della cosa in sé, è la ragione pratica. Il problema del dualisrno di se. e filosofia è finalmente posto in un'esplicita consistenza dei termini. Se. mate- matica e naturale da una parte, coscienza pratica di Dio, dell'anirna, del mondo, dall'altra. Il dualismo si pone come dualisrno di forma teo- retica e di forma pratica, e. la filosofia, nella sua esigenza antimetafisica, rinuncia a fondarsi sulla ragione teoretica. Se non che, nella terrninologia e nella concezione kantiane, il dualismo di ra- gione teoretica e ragione pratica non coincide con il dualismo di se. e fìiosofia. La filosofia per Kant è una scienza speciale definita più pre- cisamente come critica della ragione, o critica trascendentale o filosofia trascendentale. Da una parte, dunque, scienza matematica e fisica; da un'altra, conoscenza non teoretica del mondo ideale; da una terza, conoscenza critica del modo di conoscere. Il dualismo di se. e filosofia pone in sostanza, e insieme presuppone, un terzo modo di conoscere, che è poi esso il vera conoscere e la vera ffiosofia. Il pensiero speculativo si trova, dopo Kant, di fronte a tutte le contraddizioni scaturite dalla nuova posizione rivoluzionaria. La fecon- dità anzi del pensiero kantiano è data soprattutto dal contrasto delle nuove esigenze messe in luce e dalla necessità di superarle componendole. Una se. naturale e matematica, che rinunciasse ai problemi fondamentali della speculazione, non poteva veramente soddisfare e doveva far na- scere il dubbio circa l'assolutezza teoretica delle sue leggi. La particolarità della sua verità darà quindi luogo all'accusa'di conoscenza empirica e si finirà col capovolgere la tesi kantiana e attri- buire alle se. particolari soltanto un valore pragma- tistico. Una ragione pratica senza vero valore teoretico doveva rivelarsi, oltre che intimamente antinomica e assurda, tale da rendere problema- tica l'assolutezza della stessa ragione teoretica e da risospingere verso lo scetticismo ernpiri- stico al quale il sistema kantiano intendeva con- trapporsi. Una fìlosofia critica, infine, che risol- vesse il problema gnoscologico indipendente- mente da quello metafisica, doveva riproporre in termini gnoscologici gli stessi problemi meta- fisici e tutti risolverli in un unico sistema cono- scitivo. In conclusione, la posizione esplicita del dualismo di se. e filosofia dà luogo al problema della consistenza di diversi modi di conoscenza assoluta che diventerà il tormento di tutta la speculazione successiva. La soluzione tenderà sempre verso il riconoscimento di un'unica forma di conoscenza assoluta, ma le esigenze della dif- ferenziazione, messe in tanta evidenza da Xant, non daranno più tregua al pensiero contempo- raneo. Il pzimo tentativo di unificazione avviene con la critica di ciò che Kant aveva dichiarato in- conoscibile, il noumeno. Era la sussistenza del noumeno accanto al fenomeno che aveva impo- sto la distinzione di ragione teoretica e ragione pratica, e bastava vincere questo dualismo per elirninare l'altro di se. e filosofia. E infatti, allor- ché, dopo gli sforzi dei postkantiani e in partico- lare di Fichte e di Schelling, si giunge con I-legel alla fenomenologia assoluta, ogni ragione di dif- ferenziare la conoscenza speculativa da quella della natura viene a mancare, e nel concetto di enciclopedia trova posto tutto il sapere, in un unico procedimento logico. Metodo aristotelico e metodo induttivo, superati dal criticismo kan- tiano, cedono il posto alla nuova dialettica che sintetizza tutti gli opposti. Una sola forma di conoscenza e una sola metodologia ci consentono di passare dal più alto problema speculativo ai n-únimi particolari delle se. naturali. Vero è che anche in Hegel si ripresenta qua e là l'istanza di una distinzione di fìlosofia e se. e si ammette che il concetto non può giungere a tutte le deter- minazioni della natura. Ma l'empirismo che si riaffaccia in Hegel non riguarda la diversifi- cazione del metodo, bensì la relativa inconosci- bilità della natura data dalla sua relativa irra- zionalità. La filosofia della natura si può deter- minare concettualmente solo in grandi linee, per- ché nel particolare il processo giunge a espres- sioni contingenti non riducibili a sistema. Ma per quel tanto che è sistematico, il conoscere della natura non si diversifìea affatto dal conoscere filo- sofico. Contro questa conclusione è insorto il pensiero posthegeliano, spinto nella sua reazione soprattutto dall'uso che Hegel e più la sua scuola avevano fatto della dialettica nella fìlosofia della natura. 1 risultati paradossali raggiunti nella deduzione di leggi fìsiche e naturali hanno fatto pensare all'inapplicabilità della dialettica alle se. e hanno fatto considerare la filosofia della natura come una semplice aberrazione dovuta all'astrat- tezza della metodologia filosofica. La reazione quindi ha assunto in un primo tempo un'into- nazione antispeculativa e, nella preoccupazione di contrapporre il concreto all'astratto, ha smarrito il senso delle più profonde esigenze dello stesso kantismo. Col positivismo, invero, alla religione dell'idea subentra quella del fatto e al monismo fìlosofico succede in forma puramente antitetica il monismo scientifico. Se non che, nell'astratta loro contrapposizione, hegelismo e positivismo tendono alla soluzione dello stesso problema e cioè all'unificazione di se. e filosofia in uno stesso processo logico. L'hegelismo si concreta nel- l'enciclopedia filosofica, il positivismo nella sociologia, riducendo il primo la scienza a filo- sofia, il secondo la filosofia a se.: ma entrambi vogliono liberarsi dalle antinomie irresolubili del kantismo, superando il dualismo delle fonti conoscitive. E come opposto è il criterio per ri- solver.c lo stesso problema, opposto è l'errore della %oluzione, in quanto, se, col sacrificare la se. alla fìlosofia, si perde con l'hegelismo la pos- sibilità di passare concretamente dall'idea al particolare, col sacrifìcare la filosofia alla se. si perde poi coi positivismo la possibilità di passare dal particolare all'idea e al principio sistematico dalla molteplicità dei fatti. Le due soluzioni si rivelano ben presto insufficienti e il problema si riapre con maggior crudezza. Nelle critiche che seguono alle concezioni hegeliana e positi- vistica, si fa strada a poco a poco la convinzione che il tentativo di una soluzione monistica deb- ba essere abbandonato. Hegelismo e positivismo sono falliti perché il loro assunto era utopistico: se. e filosofia rispondono a due criteri irriducibili, entrambi indispensabili all'effettiva comprensione della realtà. D'altra parte la critica monistica alla dualità delle fonti conoscitive è troppo evi- dente perché la si possa senz'altro trascurare, e si cerca allora una via d'uscita in una concezione pragmatistica della scienza. Le correnti filosofiche che iniziano la cosiddetta reazione idealistica contro la se. e che rapidamente si diffondono verso la fine dei sec. ig,1, nelle varie intonazioni antintellettualistiche, volontaristiche, intuizio- nistiche, ecc., tendono tutte a ridurre le scienze a pseudoconoscenza di valore convenzionale e puramente utilitario (v. CONVENZIONALISMO). Il teorico più rigoroso del nuovo dualismo è stato Benedetto Croce, che ha posto a fondamento delle se. empiriche e astratte lo pseudoconcetto. Prendendo le mosse dalla filosofia di I-legel, egli ha sostenuto la necessità di correggere la dialet- tica degli opposti distinguendola da quella dei distinti e in conseguenza di rinunciare all'esi- genza unificatrice dell'encielopedia, espellen- done la filosofia della natura. I concetti della fi- sica e delle se. naturali non sono concetti, bensì fìnzioni intellettuali, di carattere pratico o eco- nomico, estranee all'universale fìlosofico. Se. e filosofia, dunque, debbono procedere distinte e loro preoccupazione costante deve essere ap- punto quella di mantenersi reciprocamente estra- nee. A una conclusione opposta perviene l'attua- lismo di Giovanni Gentile, per il quale, essendo la se. conoscenza del particolare, essa in concreto non può non implicare la conoscenza dell'univer- sale o filosofia; questa, d'altra parte, quale cono- scenza dell'universale, non può in concreto non implicare la conoscenza del particolare da univer- salizzare. In tal modo, il dualismo di se. e fìlosofia si è risolto, non più riducendo hegelianamente la prima alla seconda, né positivisticarnente la se- conda alla prima, bensì considerando se. e filoso- fia come momenti di un unico processo di uni- versalizzazione del particolare e di particolariz- zazione dell'universale. Unico processo che si realizza nell'atto del filosofo come nell'atto di chi compie la più particolare delle affermazioni della più particolare delle se. Una nuova dimen- sione del rapporto se.-fìlosofia si ha con il neo- positivismo o positivismo logico, affermatosi particolarmente nei paesi anglosassoni e scandi- navi, il quale rinnova ed accentua il rifiuto della metafisica, che si era avuto col positivismo del secolo i <)o, e ha i maggiori esponenti in R. Carnap, H. Reichenbach, M. Schlick, L. Wittgenstein. Esso estende l'empirismo a tutto il dominio del sapere, ritenendo fornite di significato, in quanto verificabili, solo le proposizioni reali o sin- tetiche di natura empirica e le proposizioni lo- gico-rnatematiche. Queste ultime, regolate dal principio d'identità, non estendono ma ordinano le conoscenze iniziali derivate dai fatti ed espresse dalle proposizioni reali, sono cioè meramente analitiche e quindi tautologiche. Le prime sa- rebbero verificabili nel confronto con i fatti, le seconde secondo le regole con cui vengono co- stituite. Le proposizioni non riducibili a questi due tipi sarebbero inverificabili e quindi prive di senso. Di qui la condanna di ogni discorso filosofico, le cui proposizioni, non essendo ri- conducibili né a quelle reali di natura empirica, né a quelle logico-matematiche, sono dette * pseu- doproposizioni * e ritenute " prive di significato ". E di qui una gravissima aporia.- questo discorso, condannante il discorso filosofico in quanto co- stituito di pseudoproposizioni, è esso stesso di- scorso fìlosofìco formato di pseudoproposizioni ed è quindi privo di significato. A questa con- seguenza nullistica, il positivismo logico, spe- cialmente nei suoi sviluppi più recenti, cerca di sottrarsi negando sì alla filosofia una autonoma dignità, un suo oggetto e una funzione propria, ma assegnandole un compito che essa eserci- terebbe in funzione delle se. particolari. Questo consisterebbe nell'analizzare, chiarire e retti- ficare i linguaggi scientifici, nonché nel coor- dinarli, al fine di raggiungere l'unità di linguaggio, condizione e fondamento del sistema della " se. unifìcata * (che è il progranuna della International encyclopedia of unified scie-nce, v.).

 

LA SCIENZA NELLA STORIA DEL PENSIERO. - La se. della natura e la se. matematica si sono elevate alla posizione critica dei loro problemi solo in una fase avanzata del loro sviluppo. La rilevazione di dati sperimentali o l'elaborazione di un'espres- sione aritmetica implicano modi di conoscenza, di cui si dovettero svelare le premesse per garan- tire senso e valore ai singoli atti di conoscenza. L'imperativo platonico, " salvare i fenomeni ", ha condotto alle sorgenti del conoscere, e la storia della se. s'è integrata nella storia del pen- siero. Quale significato ha tale integrazione? La se. non viene a mutare affatto la propria fisiono- mia in quella del pensiero filosofico ? Ciò può senza dubbio avvenire, e la gnoseologia kantiana è l'escinpio probante dell'elevazione al piano integralmente gnoseologico di un corpus di co- noscenza scientifica, quello della fisica newtonia- na: ma importa mettere in evidenza l'insorgere dell'istanza critica dal contesto dell'esperienza scientifica e il nesso della continuità problematico che congiunge se. e fììosofia del conoscere - quest'ambito della filosofia, innanzi tutto, e in forma più o meno esplicita - nell'opera di natu- ralisti e matematici insigni. La geometria e l'arit- metica cuclidee rappresentarono il costituirsi in fortna di deduzione rigorosa di nozioni scien- tifiche e tecniche, prima di Euclide irrelate e ri- condotte ai più diversi fondamenti. Il sistema rigorosamente deduttivo dipende da alcuni prin- cipi che sono formulati: nelle spiegazioni dei termini o definizioni, nei postulati (ciò che si chiede al lettore di voler ammettere) e nelle no- zioni comuni o assiomi. La fìlosofia del corpus cuelideo è contenuta nei Secondi Analitici di Aristotele, ma non meno significativo. è il consa- pevole assurgere della geometria alla forma ari- stotelica della deduzione. Il ricondurre, certe proposizioni, anche empiricamente verificabili, a poche premesse intuitive, equivaleva a mostrare la struttura semplice della se. geometrica, com- plessa peraltro nelle sue diramazioni teoriche e ancor più nelle applicazioni pratiche: in altre parole, quella dipendenza di una pluralità attuale e possibile da pochi principi generalmente validi, nella quale s'era e si sarebbe fatta consistere la razionalità del discorso e dell'esperienza. La perspicuità della se. cuelidea - così come in seguito la perspicuità della se. newtoniana - era anche destinata a nuocere ai secoli venturi, se- condo la profonda osservazione di L. Couturat, poiché avrebbe tenuto celata la relatività di certe affermazioni assiomatiche: e tuttavia negli Ele- menti euclidei la se. assurse a quella struttura dimostrativa che ne convalidava la dignità sul piano del pensiero come posizione radicalmente critica dei problemi formulati dall'uomo: la di- gnità e la rilevanza, poiché la franunentaria geo- metria pre-cuclidea, nel disporsi entro lo schema dimostrativo aristotelico, ne giustificava altresì la funzione categoriale. Gli Elementi divennero il modello della conoscenza scientifica, al quale si cercò di adeguare ogni se. della natura. Ne fa fede anche il gran numero di critici e conunen- tatori che si cimentarono con gli Elementi fìno all'età del Rinascimento, la quale instaurò una nuova prospettiva scientifica. Tale prospettiva ha il nome dell'esperienza e per autore precipuo Galileo Galiici. Questi si trovava dinnanzi a una se. fìsica, che nella generalità della defìnizione pretendeva dare la ragione necessaria dei casi

particolari: ciò per cui essi erano essenzialmente ciò che erano. La definizione non aveva origine induttiva né intuitiva, ma implicava l'aderenza a un concetto úlosofico della realca. 1 casi parti- colari di corpi in movimento erano, per esempio, spiegati dagli aristotelici con una definizione del moto quale tendenza dei corpi al luogo naturale - definizione che dava appunto la " generalità* dei casi di quel fenomeno. In possesso di sif- fatte definizioni, la ragione scientifica, se poteva presumere di " spiegare * gli eventi, restava af- fatto estranea a una generalità fenomenica, che notasse le presenze, le assenze e le relazioni co- stanti e non implicasse alcuna remara all'impre- vedibile dispiegarsi dell'esperienza. Galileo, che seppe volgersi contro " i troppo timidi e gelosi del- la inimutabilità del cielo * - in tale inimutabilità consisteva uno dei caratteri dell'universo siderco affermato necessariamente dai fisici aristotelici - guardò invece a un modo fenomenico di quella ge- neralità, di cui peraltro non può privarsi la se. del- la natura. Esso consiste nel nesso relazionale, quan- titativarnente variabile che congiunge aspetti dei fenomeni di cui si dà esperienza. Velocità del corpo in movimento, accelerazione del movimen- to, spazio percorso dal corpo mobile, tempo im- piegato a percorrere un certo spazio, ciò basta per poter forrnulare definizioni generali dei moti e per descrivere esaurientemente qualsiasi ca- so particolare di movimento. La se. moderna seppe compiere con Galilei la duplice rinun- cia al superfluo del caso particolare e al presunto necessario della definizione generale. La o rela- zione * diveniva la forma della nuova conoscenza scientifica e si contrapponeva alla * sostanzia- lità * logico-linguistica della scienza antica. E poiché al concetto di sostanza è ricondotto, nella Fisica aristotelica, quello di causa, la forma rela- zionale della nuova conoscenza scientifica fece passare in secondo piano anche quest'ultimo concetto. La seconda generazione post-rinasci- mentale dei grandi investigatori della natura (Huygens, Boyle, Newton, ecc.) accentuava la tendenza alla trascrizione, nel linguaggio rela- zionale della matematica, di ambiti sperimentali più o meno estesi. L'hypotheses nonfingo di New- ton stava a significare consapevole prudenza di fronte all'ultimo significato della nuova veste matematica della scienza della natura, mentre il genio di Cartesio audacemente ne cercava pro- prio le scaturigini metafisiche e, in una lettera famosa, redarguiva l'agnosticismo ernpiristico di Galilei. Ma non soltanto in senso metafisica si rischiava di eludere la prudenza newtoniana. Dalla matematica usata per la trascrizione del- l'esperienza fisica e astronomica, nasceva il mee- canicismo, come unica ipotesi esplicativa del- l'intera realtà naturale. 1 concetti di forza, massa e movimento avrebbero dovuto avere universale validità esplicativa. Ma nel sec. igo la scienza si affranca dal rneccanicismo in più d'un ambito-. dall'elettrologia alla fisiologia, alla psicologia. Il discorso sui Sette enigmi del mondo che E. Du Bois-Reymond tenne all'Accadernia delle Scienze di Berlino l'8 luglio i88o, dava palesemente a conoscere lacune molteplici nell'applicazione dell'assiomatica meccanicistica. La fase del pro- cesso di sgretolamento dell'unico schema esplica- tivo della realtà, nella quale la se. assurse a nuova consapevolezza del proprio carattere, fu quella della nascita delle geometrie non cuclidee. li pensiero scientifico aveva lungamente coltivato la convinzione che i principi primi di ogni cono- scenza fossero certi e unici perché intrinseca- mente evidenti. Verso la metà dei &ce. igl, furono elaborati i primi sistemi geometrici indipen- denti dal quinto postuiato di Euclide, affermante l'unicità della parallela che in un piano si può condurre, da un punto, ad una retta la quale non passi per esso. La crisi dell'evidenza si accentuò dopo che altri postulati cuclidei furono negati o sostituiti con proposizioni diverse. Dopo la na- scita delle geometrie non-cuclidee ebbe inizio il dibattito sui fondamenti della matematica, che per lungo tempo s'erano fatti consistere nella intuitività della nozione di numero. Ora già l'es- sersi tale nozione molto ampliata e generalizzata rendeva difficilmente accettabile il ricorso al- l'intuizione. Da tale dibattito nacque la conce- zione logica della matematie-a (Frege). Da essa le costanti che figurano nelle proposizioni rnate- matiche sono definite in funzione delle sole co- stanti logiche, e le proposizioni stesse dimostrate mercé i soli assiorni della logica. Anche la geo-

metria, dopo la nascita dei sisten-á non-cuclidei, s'era venuta ancorando al fondamento logico, Non potrebbe più parlarsi di fondamento intui- tivo per lo spazio di Riemann o per quello di LobaZevskij; la geometria ha assunto invece, da allora, una struttura deduttiva: da certe premesse, sulle quali si sia convenuti, vengono dedotte delle conseguenze con il solo ausilio della logica. Il problema del fondamento s'è venuto spostando, per le ragioni sopra dette, dall'aritmetica e dalla geometria alla logica, e in tale trapasso la se. sta vivendo, dalla metà dei secolo scorso, un periodo di consapevolezza critica particolarmente intensa. Non è più questione, infatti, delle premesse di limitati ambiti della conoscenza umana, ma di tale conoscenza vista nella sua generalità, cioè, appunto, nella sua forma logica. La vigorosa ripresa, da un secolo (Boole, Pcirce, Schroeder, Peano, Russell, Whitehead, Lukasiewicz, ecc.), degli studi di logica formare o sirnbolica tende alla costruzione di strutture logiche anche molto dissimili dalle tradizionali aristoteliche, mediante segni univoci ed esatte formulazioni, a garanzia della correttezza e della purezza della deduzione. Nella vicenda della logica contemporaneo, alla quale la se. odierna resta legata come al proprio sostegno espressivo, si può indicare l'episodio distintivo della più recente fase della storia della scienza.

Il problema del progresso della serena. - Lo studio specifico della storia delle se. ha permes- so di affrontare sia il problema dell'origine dei pensiero scientifico e della sua progressiva sepa- razione dal pensiero filosofìco, per lo meno a partire dalla fondazione galileiana della fisica mo- derna, sia il problema della continuità o non-con- tinuità del progresso scientifìco e il problema del criterio con cui verifìcarne l'effettiva realizza- zione tappa per tappa. Il modello tradizionale d'interpretazione dello sviluppo storico delle se. presenta i loro risultati come soggetti a un pro- cesso continuo di accumulazione, che riflette la continuità dell'avvicinamento conoscitivo a una realtà in larga misura indipendente dall'attività dello scienziato, sia egli un osservatore della na- tura o dell'uomo, o anche un puro matematico. Mentre nel caso della natura gli oggetti di studio dello scienziato sono considerati oggetti acces- sibili coi tramite degli organi di senso o degli str@urnenti sempre più " perfezionati @ che ne am- plificano la, potenzialità, nel caso dell'uomo l'og- getto è ritenuto dello stesso genere solo dal com- portamento più radicale, che vorrebbe evitare in psicologia ogni riferimento a stati interni non evidenziabili con questi strumenti o a proiezioni dei risultati della propria introspezione su altri esseri urnani o su animali. Nel caso degli " enti @> matematici, l'attribuzione ad essi di un'indipen- denza dall'attività dello scienziato è legata a una qualche forma di realismo platonico, ma ciò che ha interesse ai fini delle interpretazioni tradi- zionali della storia delle se. è la conseguente possibilità di parlare, anche in questo caso, di " progresso @> valutabile in termini di sempre mi- gliore conoscenza delle proprietà di questi enti, siano essi i numeri primi dell'aritmetica degli interi, i o trascendenti @> a ed e o l'" immagina- rio * i. Ma come per queste ultime @ invenzioni " della matematica si è parlato, già nell'Ottocento con Kronecker, di opera dell'uomo, da contrap- porre ai numeri interi considerati opera di Dio, così per una serie a sua volta progressiva di co- strutti della fìsica, della biologia, della psicolo- gia e di altre se. si è gradualmente fatto strada, col passaggio dal positivismo al neopositivismo, il principio che non si trattava di enti empirici accessibili anche all'osservatore prescientifico, ma di elementi di una " rete teorica " ancorabile al piano dell'osservazione solo mediante opportune regole interpretative (C. G. Hempel, ligsz), op- pure di " prodotti dell'immaginazione ", parago- nabili a quelli dell'arte non figurativa sia per la loro astrattezza sia per la loro capacità di eviden- ziare strutture e relazioni inaccessibili all'espe- rienza immediata (E. I-1. Hutten, i967). In questo processo di allontanamento dalla visione passivi- stica della se., che le affidava in sostanza soltanto il compito di rispecchiare nelle proprie costru-

zioni verbali le caratteristiche di una realtà da essa indipendente, e ne misurava il progresso in termini di incrementi nella fedeltà di questa im- magine, svolgono un ruolo particolare le critiche alla concezione cumulativa degli effetti di questo progresso, avanzate nel i967 da T. S. Kuhn coi saggio su La struttura delle rivoluzioni scientifiche, nato da una convergenza tra il programma neo- positivistico dell'International encyclopedia of unified science di Chicago e quello di " educazio- ne generale * mediante nuove forme di storiografia scientifica propugnato da James Conant, allora rettore della 1-larvard University. La definizione di se. adottata da Conant (" una serie di concetti e di schemi concettuali connessi tra di loro, che si sono sviluppati come risultati della sperimen- tazione e dell'osservazione e sono fecondi di ul- teriori procedirnenti di sperimentazione e osser- vazione *) è stata considerata da qualche critico, come il biologo evoluzionista G. G. Simpson, tanto ampia da includere anche il lavoro di un pittore come Picasso; ma è appunto al carattere unitario della creatività sia tecnica sia artistica e scientifica, evidente nell'opera di Leonardo da Vinci, che fa riferimento Kuhn per sottolineare l'importanza delle * idee generali speculative s ri- spetto al ragionamento deduttivo e alla sperirnen- tazione che permettono il loro collaudo, inverten- do in certo modo l'ordine della procedura indutti- va, dai fatti alle teorie, ritenuta la caratteristi- ca fondamentale delle se. empiriche da Bacone e dalla tradizione episternologica che a lui si è ispirata negli ultimi tre secoli. All'ottimismo di Stuart Mill e di Spencer, che ritenevano presso- ché automatico il progresso delle se. come quello delle strutture organiche in evoluzione verso e oltre l'uorno, si contrappone con Kuhn, come già in parte con Kari Popper, la tesi di una crescita discontinua della conoscenza scientifica, carat- terizzata da rivoluzioni imprevedibili che danno luogo a nuove interpretazioni o ricostruzioni della realtà, radicalmente inconciliabili con quelle pre- cedenti anche se i loro risultati vi ricompaiono in parte come casi particolari o prime approssima- zioni. Così la relatività cinsteiniana rispetto alla meccanica newtoniana, valida per moti di velo- cità molto piccola rispetto a quella della luce, o la meccanica quantistica rispetto alla fisica ot- tocentesca, valida per fenomeni in cui non entra in gioco la struttura granulare dell'energia. Con- tro l'asserita irnprevedibilità delle rivoluzioni scientifiche, in particolare nella fisica, P. W. Bridgrnan aveva sostenuto già intorno al i93o la tesi che un'accurata analisi delle operazioni men- tali e materiali dello scienziato può anticipare le situazioni di crisi in cui egli si verrà a trovare quando il campo di fenomeni affrontato differi- sce nettamente dai campi precedenti, e indicare le precauzioni da prendere per prevenire, in cer- to modo, l'eventuale sorpresa e mantenere aperta la possibilità di una rapida assirnilazione delle novità nel quadro di una se. più articolata e meno rigida di quella correnternente insegnata nelle scuole e praticata nei laboratori. Le influenze so- ciali che determinano'la cristallizzazione in para- digmi indiscussi delle nozioni precedentemente accumulate, o favoriscono la loro rottura e so- stituzione con paradigmi interamente nuovi, sono state analizzate in termini marxistici e non marxi- stici da varie correnti di storia e filosofia della se., che in parte tendono a ristabilire la concezione cumulativa del progresso conoscitivo e la col- legano con un'analisí delle differenze tra il tra- zionalismo * di Popper e l'o irrazionalisrno $ di Kuhn, ritenuto responsabile dei discredito gettato sull'obiettività della se. dalla cosiddetta lettera- tura della contestazione (da H. Marcuse a Th. Roszak). A questa controversia d'interesse pre- valentemente episternologico si è sovrapposta quella sulla neutralità o non-neutralità della se., cioè sull'eventuale dipendenza dal contesto socia- le non solo delle applicazioni industriali e mili- tari delle scoperte scientifiche, ma anche dei pro- granuni di ricerca non " finalizzati * e dei conse- guente sviluppo della se. " pura @>. Mentre a prima vista ci si attenderebbe una correlazione positi- va da un lato tra la tesi della neutralità della se. e quella del suo sviluppo continuamente pro- gressivo, dall'altro tra la tesi della non-neutra- lità e quella delle rivoluzioni provocate da caìn- biamenti più vasti e più profondi nella visione del mondo, di fatto l'incrociarsi delle due pole- miche ha dato luogo spesso, negli anni più recen- ti, a una convergenza tra critici della irraziona- lità i> delle tesi di Kuhn e dei suoi aspiratori E. A. Burtt e A. Koyré e critici della non-neutralità della se. contrapposta alla convergenza tra soste- nitori della neutralità della creazione scientifica in sé e sostenitori della dipendenza del suo ' pro- cedere discontinuo o a zig-zag da fattori extra- scientifici, eventualmente anche irrazionali. La complessità del problema è tale, in definitiva, da giustificare ancora oggi la risposta solo appa- rentemente contraddittoria data da Einstein nel 193 5: * La se. nella sua completezza è, in sé e per sé, quanto di più obiettivo l'uomo possa co- noscere. Ma la se. in sviluppo, la se. come fine che deve essere perseguito, è altrettanto soggettiva e psicologicamente condizionata quanto ogni al- tra branca del lavoro umano ".

CLASSIFICAZIONE DELLE SCIENZE. - li problema di una classificazione delle se. s'impose in età rinascimentale quando ormai la crescente varietà e specializzazione delle se. non poteva più venire inquadrata negli schemi sommari ideati da Ari- stotele e ripresi dai cuitori medievali delle se. dei trivio (grammatica, dialettica e retorica) e dei quadrivio (geometria, aritmetica, musica, astronomia). Il problema fu affrontato da Bacoiie, la sua classificazione è tuttavia anch'essa di ca- rattere soggettivo in quanto basata sulle * facoltà dell'anima razionale w: memoria, immaginazione e ragione. La memoria è il fondamento della storia naturale e della storia civile, che registrano • ordinano rispettivamente le opere della natura • dell'uomo. L'immaginazione produce le opere letterarie e la ragione quelle filosofiche, che si dividono in i divine * (ovvero teologiche), " na- turali * e " umane ". La filosofia naturale si divide a sua volta in " speculativa * e " operativa *, rien- trando nella prima sia l'astronomia sia la meta- fisica, e nella seconda sia la meccanica e la ma- gia, intese come metafisica applicata, sia la ma- tematica. La filosofia umana comprende lo studio del corpo umano e delle arti basate sui sensi oltre che quello della logica, dell'etica e delle se. sociali. La classificazione di Bacone verrà utiliz- zata anche d'agli illuministi D'Alembert e Dide rot nella loro famosa Enciclopedia, o Dizionario ragionato delle scienze, arti e mestieri (1751), men- tre 1-lobbes esclude la poesia e dà un'impronta oggettiva alla distinzione tra storia (se. dei fatti) e fìlosofia (se. delle conseguenze); tale impronta viene poi accentuata da Locke e da Leibniz, che distinguono la fisica (del corpo e dello spirito) dalla pratica (storia ed etica), aggiungendovi l'una la semiotica (se. dei linguaggio) e l'altro la logica formalizzata sul modello della mate- matica. Dopo la nascita della meccanica newtonia- na, che realizza la sintesi della dinamico dei corpi terrestri con quella dei corpi celesti, e la sistema- zione da parte di Buffon e di I-lumboldt dei dati della storia naturale, nascono nuove classifica- zioni più comprensive e accurate. Il fisico A.-M. Ampère applica un procedimento per dicotomie successive, che dalle due grandi categorie delle se. cosmologiche (o della materia) e noologiche (o dello spirito) gli permette di ricavare progressi- vamente ben i28 scienze specifìche. Alla sua pri- ma suddivisione corrispondono quelle di W. Schuppe e H. Miinstérberg (in se. oggettive e soggettive), M. Adier (se. naturali e sociali) e A. Menzel (se. della natura e della cultura). W. Wundt ricondúce invece le se. della natura e dello spirito a un gruppo unico di se. reali, opposte a quello delle se. formali o matematiche; con lui si accordano altri autori, mentre W. Ostwald in- troduce una tripartizione in sc.'formali, fisiche e biologiche, le ultime due corrispondenti alle se. empiriche, o a posteriori, e le prime alle se. a priori della divisione proposta da Schopenhauer. Le classificazioni più interessanti, anche ai fìni bibliografici, sono risultate quelle di A. Comte A.-A. Cournot, H. Speneer. Il Comte stabilì un ordinamento insieme logico e cronologico, che comporta un continuo aumento di complessità e diminuzione di generalità procedendo dalle se. più antiche verso quelle più moderne. Ogni se. dipende da quella che la precede, ma è indipen- dente da quella che la segue, il ruolo dell'espe- rienza e dell'asservazione crescendo nell'ordine in misura tale, che le se. più complesse non si possono dedurre da quelle più semplici che le precedono e le condizionano. Per quanto riguarda, in particolare le se. teoriche, astratte e generali, che Cornte contrappone a quelle concrete, parti- colari e descrittive, l'ordine è il seguente: i) ma- tematica; z) astronomia; 3) fisica; 4) chimica;

5) biologia; 6) sociologia. La successione sembra corrispondere effettivamente a quella secondo cui tali se. si sono formate nel corso della storia del- l'umanità ed è tuttora rispettata, per esempio, nell'International encyclopedia of unified scienee (v.), in corso di pubblicazione a Chicago dal 1938 per iniziativa di N. Bohr, R. Carnap, j. Dewey, Ph. Frank, Ch. Morris, 0. Neurath, B. Russell e altri rappresentanti delle correnti e _uropee e americane sopra ricordate di filosofia della scienza. Lo Spencer usò una tripartizione in se. astratte (logica, matematica), astratto-concrete (meccanica, fisica, chimica) e concrete (astrono- mia, geologia, biologia, psicologia, sociologia). li Cournot definì, sotto l'aspetto logico, tre serie di discipline - teoriche, storiche e tecniche, di- stinguendo le prime in matematiche, fisiche, bio- logiche, noologiche e politiche. Le classificazioni ;di Comte e Coumot sono state criticate parti- colarmente da J.-E. Naville e da E. T. -Whittaker, il primo insistendo sulla distinzione tra se. di leggi, necessarie e condizionali, e se. di fatti o storiche (ivi compresa la storia naturale e in que- sta l'astronomia in quanto non riducibile alla sola meccanica celeste), il secondo trascurando l'aspetto storico della questione e raggruppando le se. astratte in due ordini: oggettive (logica ma- tematica, matematica, fisica, chimica, biologia) e soggettive (psicologia animale, sociologia, psi- cologia umana, metafisica come teoria della co- noscenza, logica formale).

FILOSOFIA DELLA SCIENZA

Con l'espressione filosojia della sc. s'intende comunemente indicare, specie nel contesto cultu- rale anglosassone, quella disciplina che ha a suo oggetto di studio questioni filosofìcamente rile- vanti connesse con una problematico generale co- mune a tutte le se. empiriche (senza escludere, naturalmente, problematiche specifiche di singole se. empiriche: si potrà così parlare di filosofia della fisica o di filosofìa della biologia). La filo- isofia della se., le cui radici storiche vanno ricer- cate nel secolo scorso, in The philosophy of the induce sciences founded upon their history di W. Whewell (184o) e nel System of Ioni rationa- tive a-nd induce di J. Stuart Mill (1843), si è sviluppata come disciplina autonoma con parti- colare riferimento alle correnti filosofiche neo- positiviste. R infatti di stampo prettarnente neo- positivista l'assunzione che esista una proble- matica comune a tutte le se. empiriche, assun- zione legata alle ben note tesi fisicalistiche di 0. Neurath e di R. Carnap e al progetto di un'enei- ciopedia della scienza unificata (International encyclopedia of unified scienee, fondata nel i938). Ridurre tuttavia la filosofia della se. agli sviluppi più o meno recenti del pensiero neopositivista in Inghilterra o negli Stati Uniti porterebbe a perdere di vista il complesso intreccio di motiva- zioni filosofiche e di esigenze scientifiche che hanno determinato, sia nel secolo igl, sia nel no- stro secolo, la varietà (e talora la contrapposi- zione) delle interpretazioni metodologico-episte- mologiche della scienza. All'ernpirismo di Mill che conduce a privilegiare come momenti fonda- mentali del procedimento scientifico l'osserva- zione e l'esperimento, che sostiene un rigido in- duttivismo (o rendere i particolari generali, me- diante l'induzione, ", spiegata facendo ricorso a un postuiato di " uniformità della natura"), ritiene che la causalità si identifichi con la regolarità nelle successioni di eventi e auspica una riduzione di ogni concetto teorico agli osservabili, si con- trappone la posizione di Whewell, tesa invece ad

analizzare, nell'ambito del metodo scientifìeo, la funzione delle teorie. Si può affermare, con un certo rischio di schematizzazione, che a questi due punti di vista, in netto contrasto, si rifacciano in ultima istanza, sia pure con sfumature e ae- centuazioni diverse, le più importanti posizioni metodologiche nel campo della filosofìa della se. fino ai giorni nostri. Così l'estensione delle tesi di Mili, insieme all'impiego del calcolo di Boole al campo della chimica, porterà B. Brodie (The calculus Of che?nical 0PeyatiOfts, 1876) a sviluppare una teoria chimica assiomatizzata, in grado di rendere conto di tutti i fatti allora noti, esclu- dendo il concetto di atomo a favore di attributi osservabili, legati a cambiamenti qualitativi delle sostanze chimiche e a mutamenti di peso, prima e dopo una reazione. La critica di Brodie al concetto di atomo dove- va essere ulteriormente sviluppa- ta nell'epistemelogia di E. Mach (Die Mechanik in ihre-r Entwick- lung historisch-kritisch dargestellt, i883, trad. it. igog), legata all'em- pirismo humiano specie nel pre- sumere una riducibilità alle sen- sazioni di qualunque fenomeno oggetto di conoscenza scientifica. Le teorie e le entità teoriche non hanno, nell'ambito dell'indagine scientifica, altro valore che quello di tnettere in relazione tra loro dei fenomeni e di fornirne una rap- presentazione * economica *@ so- no dunque meri strumenti. Sulla stessa linea si pone il rifiuto, esem- plarmente espresso nell'opera di P. Duhem (La théorie physique, son o@ict et sa structure, i 9o6), del va- lore dei modelli nella prassi scien- tifica, se non come utili artifici (no- nostante la fondamentale impor- tanza assunta dalla modellistica nei fisici inglesi dell'8oc, da lord Kelvin fino a certe enunciazioni di Maxweli: v. MODELLO), priViIC- giando piuttosto la siatematizzazione assiomatico- deduttiva. Fra gli avversari di queste tesi riduzio- nistiche vanno annoverati anzitutto L. Boltzmann (col suo attacco alla notissima Grammar of science di K. Pearson pubblicata nel i ggz) e in tempi più recenti N. R. Campbell (Physies. The elem~s, xgzo). Ostile all'impostazione ipotetico-deduttiva, a suo parere sterile, Campbell proponeva una brillante analisi delle teorie scientifiche, indi- viduando in esse una pluralità di livelli, che vanno dalle generalizzazioni ernpiriche, frutto dell'os- servazione e dell'esperirnento, alle ipotesi, non ricavate per astrazione dai fenomeni, ma for- rnulate piuttosto - autonomamente - in funzione esplicativa, al * dizionario ", destinato a porre in correlazione i due precedenti livelli (concetti cm- pirici, cioè, e concetti teorici) e infìne al momento * analogico *, particolarmente importante al fine di permettere l'estensione delle teorie e in grado di spiegasse le caratteristiche produttive e inno- vative. Va infine consi- derata la filosofia della se. di H. Poincaré (La sc"- ce et l'hypothèse, 1902" trad. it. i969; La valeur de la scienee, i9o4, trad. it- 1947; Scienee et mé- thode, x9o8), col suo ac- cento sulla natura con- venzionale degli assiomi geometrici e sul ruolo detern-tinante delle for- mulazioni i linguistiche delle teorie. La serrata critica rivolta in nurne- rosi scritti alle concezio- ni * induttivistiche * del- la se. da parte di X. Popper (Logik der For- schung, i935, trad. it. 1970; Conjectures and re- futatiom, i963, trad. it, tra i prinú a cri- ticare il criterio di verifica neopositivista, mo- strando invece l'utilità del suo criterio di falsifi- cabilità, induce a ritenere ancor oggi non supe- rato il contrasto originario Mill-Whewell. L'im- patto e l'influenza del neopositivismo nel mondo anglosassone consentirono peraltro il codificarsi in forma più o meno istituzionale della filosofia della se. (col tentativo di riassorbire su posizioni neocmpiristiche anche la critica operazionalistica esposta da P. W. Bridgmann nell'opera The logic Of MOdern PhY$ics, 1977, trad. it. 1952 e 1965). Le più note trattazioni " manualistiche * di filo- sofia della se. si possono considerare quelle di R. B. Braithwaite in Inghilterra (Scientific explanation, i953, trad. it. ii966, con particolare riguardo all'analisi delle teorie scientifiche), di E. Nagel negli Stati Uniti (The structure of science, i96i, trad. it. ic)68, la trattazione più ampia, estesa anche alla biologia, alle scienze umane e alla storia) e di A. Pap (Introduction to the philo- sophy of scienee, x96z, trad. it. 1967). Più di re- cente (ne è esempio il lavoro di I. Scheffler Anatomy of inquiry, 1963, trad. it. 1972, in cui compare tra l'altro un esame critico del nesso spiegazione-previsione, così corn'era stato formu- lato nel classico modello nomologico-inferenziale di C. G. Hempel e P. Oppenheim) la densa tema- tica delle opere istituzionali suddette (spiegazio- ne, leggi scientifiche, natura delle teorie, causa- lità, ecc.) viene riportata a tre fondamentali pro- blemi, quelli del significato (in rapporto con la verfflcabilità empirica), della spiegazione (median- te leggi scientifiche) e della conferma (di ipotesi scientifiche, mediante vari tipi di inferenza indut- riva). Particolare importanza sembrano avere or- mai assunto, nell'ambito della moderna filosofia della se., gli studi di logica induttiva (antecedenti di questo tipo di impostazione si possono già ritrovare nell'opera di W. S. Jevons, The principles of scienee, 1874, rist. i958), connessi alla teoria della probabilità e dell'inferenza statistica. t pro- prio lo studio della forza del nesso evidenziale tra premesse e conclusioni di un'argomentazione scientifica che è al centro degli interessi dell'ul- timo Carnap (The co-ntinuum of indueti-ve methods, i95a, trad. it. in R. Carnap, Analiticità, signifi- ca-nza, induzione, 197 1 ; Inductive logic and ratio-nal decisioni con R. jeffrey, 1971; A basie system for induetive logie, in Studies in induetive logie and probability, a cura di R. jeffrey, 1975) e che viene poi largamente sviluppato ad opera di logici co- me il finiandese J. Hintikka (si vedano special- mente A two-dimensional continuum of induetive methods, in j. Hintikka - P. Suppes, Aspects of induetive logic, 1967, e la raccolta di saggi Indu- zione, accettazione, informa--ione, 1974) e i suoi allievi I-Iilpinen, Tuomela, Niiniluoto. Una serie di complesse questioni, come per es. il problema dello status e della funzione dei concetti teorici nella se., viene cosi a trovare un suo pro- mettente inquadramento. Sulla scorta delle posi- zioni epistemologiche di K. Popper si è andata intanto sviluppando tutta una serie di indagini storico-teoriche sulla se., volte a spiegare da un lato l'evoluzione delle teorie scientifiche dal- l'altro a coglierne analiticamente le articolazioni (si veda J. Lakatos - A. Musgrave, Criticism and the growth of knowledge, 1970, trad. it. 1976 e il recentissimo lavoro di E. Zahar, Why did Ein- stei,n's programmi supmede Lorentz's? in Brifish journal for philosophy of scienee, 1973).

 

XXXXXXXXXX

Up

 

Home ] Up ] NEW ENGLISH ] MEMBERS ] Gallery ] Archive ] Services ] NEWS ] VRML GALLERY ] EDUCATION ] DESIGN ]

Mail to demontmorphology@hotmail.com
© 1999 DEMONT morphology Copyright
      The contents of this site, including all images and text, are for
      personal, educational, non-commercial use only.
      The contents of this site may not be reproduced in any form .