MUSEO DELLA FOTOGRAFIA               
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Attilio Della Maria

(Cagliari, 1940)

***Galleria



 

Biografia


Nato a Cagliari, il 28 aprile 1940, dopo aver frequentato il Ginnasio si diploma al Liceo Artistico di Cagliari. Dopo due anni di studi alla facoltà di Architettura di Roma, decide di rientrare in Sardegna per dedicarsi totalmente alla pittura. Frequenta l'ambiente artistico isolano e nel '63 presenta le sue opere alla prima mostra personale alla Galleria Il Capitello di Cagliari e partecipa al Gruppo di Iniziativa che all'epoca comprendeva artisti come Pantoli, Brundu, Mazzarelli, Caruso, Pettinau e Mele. Contemporaneamente alla pittura sviluppa un crescente interesse verso la fotografia, conseguendo apprezzabili riconoscimenti anche sul piano professionale. Le sue fotografie vengono infatti pubblicate in numerose testate giornalistiche, pubblica libri e cataloghi e partecipa a numerose mostre.


Intervista
(febbraio 2001)

 

Nel '64, nel negozio di Antonello Manca a Cagliari, nella piazzetta della Darsena, vidi in vendita una Pentax SV con esposimetro da incorporare sopra, me ne innamorai e la comprai. Da allora iniziò la mia avventura fotografica ed è allora che cominciai ad osservare le cose con l'occhio del fotografo e a riflettere sullo strumento e sui principi della visione. E' in quel periodo che ho cercato di costruirmi dei temi fotografici e a riprendere scorci di paese, paesaggi, personaggi; in particolar modo i bambini, grazie alla loro disponibilità e al divertimento che mi procuravano, poiché fotografarli corrispondeva ad una sorta di gioco e di impegno politico-sociale.

Inoltre, sempre in quel periodo, ho avuto altre possibilità di effettuare lavori fotografici perché mio padre mi coinvolse nelle sue ricerche archeologiche ed etnografiche, perciò iniziai ad accompagnarlo per riprendere reperti, siti, monumenti e manifestazioni popolari in tutta la Sardegna, oltre a riproduzioni di giornali, stampe e altro materiale bibliografico. Man mano che aumentava la quantità del lavoro di tipo fotografico, tendevo in parte a limitare il lavoro pittorico, anche se è proprio nel '64 che feci la mia prima personale alla galleria "Il Capitello" a Cagliari; ricordo che prima della mia esposizione si era svolta una interessantissima mostra fotografica di Guido Pegna e di altri due di cui adesso non ricordo il nome. In quegli anni Guido Pegna, professore di Fisica all'Università di Cagliari, svolgeva un interessante lavoro fotografico. Il suo interesse verso la fotografia era anche di natura scientifica, ma era anche un appassionato fotoamatore. Successivamente, intorno al 1966, grazie ai contatti che avevo preso con Alberto Rodriguez, giornalista prima del Messaggero Sardo e poi dell'Unione Sarda, grande appassionato di fotografia, ho iniziato a fare dei veri e propri reportages, soprattutto su Cagliari, i suoi quartieri, le trasformazioni di tipo urbanistico, i suoi abitanti.

Di quel periodo ricordo soprattutto il rammarico di non essere andato a Pratobello, Nuoro, per la questione delle servitù militari che gli orgolesi non volevano, quando ci furono anche dei diciamo così, dei disordini; Alberto vi andò e fece delle interessanti fotografie, io no, e ancora oggi non ho capito perché. Comunque iniziai a pubblicare, grazie ad Alberto, delle fotografie sul Messaggero; un po' con la stessa impostazione del famoso "Espresso" d'allora: immagini di grande formato, senza tagli e rispettando l'inquadratura e la visione del fotografo.

Quando poi Rodriguez andò all'Unione Sarda, mi chiamò per collaborare con mie foto alla terza pagina, lasciandomi la più ampia libertà nello scegliere i temi e il modo di rappresentarli. Io gli portavo mazzi di fotografie, centinaia, da cui lui sceglieva quelle destinate alla pubblicazione. Successivamente si intensificò anche il lavoro per la committenza commerciale, con servizi per varie industrie e ditte commerciali, anche se la fotografia che mi appassionava era esclusivamente quella di ambito sociale, sulla scia di quel grande mito che era il fotografo Cartier Bresson.

Ebbi anche modo di conoscerlo personalmente e mi lasciò un'impressione folgorante. Il suo modo di fotografare, ossia la fotografia come incontro umano, come contatto diretto con la realtà, una fotografia che finalmente documentasse aspetti non programmati, ma momenti significativi e poetici della nostra società ha considerevolmente influenzato il mio stile e il mio atteggiamento verso la fotografia e verso la società. Naturalmente mi hanno interessato anche altri fotografi, come la scuola italiana di Mimmo Jodice, Ferdinando Scianna, D'Alessandro e altri, ma Cartier Bresson ha continuato ad essere un riferimento costante nella mia opera. Successivamente ho cercato di indirizzare la mia ricerca su altri temi, come il lavoro svolto sullo scultore Giò Pomodoro per i "Quaderni di Gramsci", reportage che venne esposto alla Biennale di Venezia o come il lavoro sui casotti del Poetto, o le indagini su certi particolari significativi dell'arredo urbano.

Successivamente ho continuato a lavorare sulle tradizioni popolari, le feste soprattutto, come il Carnevale di Cagliari, di Oristano, Mamoida, Ottana, Orotelli, etc; anche se per un lungo periodo ho dedicato la maggior parte delle mie energie per un lavoro che mi interessava e stimolava molto sul quartiere dove vivo a Cagliari, ossia Villanova; di questo lavoro è stato pubblicato un libro che raccoglie una documentazione notevole sui mestieri, le botteghe artigiane, gli interni delle case, i personaggi e, naturalmente, i bambini che ne popolavano le strade.

Quella per me è stata una profonda esperienza umana, perché entrare nelle case, conoscerne i personaggi, essere accettato ed invitato ad entrare nelle cucine o nei salotti è stata una bella esperienza che mi ha arricchito molto sul piano umano. Mi ricordo che in quel periodo giravo sempre con la macchina appresso, col grandangolare e l'ottantacinque, per cercare di non lasciarmi sfuggire i momenti più significativi della vita del quartiere. Poi nell'81 ho fatto la mia mostra antologica di fotografia alla Galleria "Photo 13" di Cagliari. Lì, per la prima volta, esposi anche le fotografie dei casotti del Poetto che furono particolarmente apprezzate. Erano fotografie d'ambiente, dove i casotti venivano contestualizzati attraverso il loro rapporto con la sabbia, il mare, la luce e il cielo. Successivamente i miei interessi si sono sempre più concentrati sulla pittura, che tuttora assorbe la maggior parte delle mie energie.

 

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