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Il Messaggiere
Torinese
Il Dagherotipo
[23 febbraio 1839]
II nostro secolo che
già si è arricchito di tante e sì utili
scoperte, si è abbellito testé d'un'invenzione
più prodigiosa forse di queste, e che occupa attualmente
la pubblica attenzione.
Il sig. Daguerre, abile pittore, e profondo chimico, che già
offrì a Parigi le meraviglie del suo Diorama, a forza
di perseveranza ottenne questo risultamento. Egli ha composto
una vernice nera che si stende sovra una tavola qualunque. Esposta
detta tavola ad una viva luce, la terra od il cielo, o l'acqua
corrente, il duomo che si perde nelle nuvole, il lastricato,
l'impercettibile granello di sabbia, tutte queste cose grandi
o piccole, e che sono eguali pel sole s'imprimono in un momento
in questa specie di camera oscura che conserva tutte le impronte.
A tanto non giunsero
mai i più grandi maestri. Il sole stesso introdotto questa
volta come l'agente onnipossente d'un'arte novella produce tale
incredibile lavoro. Or non è più lo sguardo incerto
d'un uomo che scopre da lungi l'ombra o la luce, non è
più la sua mano tremolante che disegna su mobile carta
la scena fuggevole di questo mondo; non è più necessario
di passare tré giorni sotto un medesimo punto di cielo
per ritrarne appena una dubbia immagine, poiché il prodigio
si opera in un momento pronto come il pensiero e rapido come
un raggio solare.
Le torri della
chiesa di Nostra Signora di Parigi hanno ubbidito a Da-guerre
che un di le portò con sé, dalla loro pietra fondamentale
sino all'esile guglia che s'innalza nell'aria. In questo modo
si videro ancor riprodotti i più gran monumenti di quella
città, il Louvre, l'Istituto, le Tuileries, il Ponte nuovo,
il selciato della Grève, l'acqua della Senna, il cielo
che copre santa Genoveffa, e in ciascuno di questi capo-lavori
la stessa inconcepibile perfezione.
Ma questa pittura non è uniforme come potrebbe sembrare
a prima giunta. Al contrario niuno di questi dipinti eseguiti
col medesimo mezzo rassomiglia al precedente: l'ora del giorno,
il colore del cielo, la limpidezza dell'aria, il rinesso dell'acqua
si riveggono meravigliosamente in siffatti portentosi quadri.
Epperciò con una serie di essi creati col Dagherotipo
si vide Parigi illuminato da un caldo raggio di sole, e poscia
Parigi sotto un velo di nugoli quando la pioggia cade tristamente
goccia a goccia. In questo modo non si ritraggono solo con una
fedeltà inesprimibile i particolari dell'oggetto, ma si
rappresenta ancor vivamente la luce.
Noi giungeremo
perciò a distinguere al primo colpo d'occhio il pallido
sole di Parigi e l'ardente d'Italia: una fresca valle della Svizzera
e il deserto di Saara, il campanile di Firenze e le torri di
Notre-Dame col solo aspetto dell'aria in cui s'elevano questi
grandiosi monumenti.
Ciò che poi ancor più ammirabile si è che
impressionata la tenue vernice dal sole o da debole luce, quantunque
si esponga da una vivida luce, ella è durevole, inalterabile
come un'impressione sull'acciajo.
Nella camera oscura si riflettono gli oggetti esteriori con una
fedeltà senza pari, ma questa non rimanda nulla per se
stessa. Essa non è un dipinto, ma uno specchio su cui
nulla rimane. Immaginiamoci ora che questo specchio abbia conservato
l'impronta degli oggetti che vi si sono riflessi, ed avremo un'idea
quasi esatta del Dagherotipo.
La luna stessa col suo splendore mobile ed incerto, pallido riflesso
del sole, si riflette nello specchio di Daguerre.
Quante saranno le applicazioni di questa importante scoperta
che sarà forse l'onore del nostro secolo! Sottomettete
al microscopio solare l'ala d'una mosca, e il Dagherotipo cosi
possente come quello ve la rappresenterà colle sue dimensioni
incommensurabili. Esso vi riprodurrà gli aspetti della
natura e dell'arte, come a un dipresso la stampa, i capolavori
dello spirito umano.
È un'incisione
alla capacità di tutti, una matita ubbidiente come il
pensiero, uno specchio in cui si fissano le immagini. Il Dagherotipo
sarà compagno inseparabile del viaggiatore, e renderà
comuni le più belle opere dell'arte di cui non si hanno
che copie a caro prezzo ed infedeli; si avranno i quadri di Raffaello
e di Tiziano. In fine esso provvederà a tutti i bisogni
dell'arte e ai capricci della vita.
Il signor Daguerre spera ancora di ottenere il ritratto delle
persone; trovata una macchina che renda l'oggetto perfettamente
immobile, egli vi dipingerà lo sguardo, l'aggrottar delle
ciglia, la menoma ruga della fronte, la menoma ciocca de' capelli.
Il sig. Arago farà in breve una proposizione alle Camere
per dare a questo insigne scienziato una ricompensa nazionale. |
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