|
PIETRO SELVATICO
ESTENSE
Sui vantaggi che la
fotografia può portare all'arte
[1859]
Scorgo adesso in
coloro i quali trattano le arti, indistinto un timore; cioè,
che ogni di meno saranno richieste ed amate dal pubblico le produzioni
loro:e questo timore nasce da uno di quei miracoli che fanno
l'orgoglio e la mara-
viglia dell'età presente. Intendo alludere a quell'insigne
trovato della chimica
e dell'ottica congiunte insieme, il quale, ponendo entro alla
camera oscura perfezionata, non più lamine metalliche,
ma vetri e carte preparate da acidi variamente sensitivi al guizzo
del raggio solare, ottiene indelebili e maravigliosamente esatte
le immagini di qualsiasi oggetto del vero.
Non è per
certo a negarsi che ponendo attenzione allo universale entusiasmo
destato dalla scoperta recente dello inglese Talbot, scoperta
che valse a far moltiplicabili sulla carta le immagini fotogeniche,
le quali poteano aversi soltanto, una ad una, col dagherrotipo;
vedendo comperare con ansio desiderio da tanti, codesti prestigiosi
prodotti della luce costretta a farsi pittrice; scorgendo come
la fotografia ci porga in un istante, con precisione inimitabile,
ciò che l'artista deve, a stento ed incompiutamente, ritrarre
colla mano e coll'occhio, a costo di veglie e sudori; l'animo
corre trepidando a ripensare, che se in questi tempi, per utile
applicazione della scienza resi rinomatissimi, v'hanno congegni
che risparmiano alla delicata mano della donna il torcere fusi
e conocchie, e l'agile trapuntare dell'ago; se v'hanno congegni
che rendono inutile il cavallo, superandone il corso; innocente
il soffiare di libeccio entro alle vele della nave; congegni
che surrogano, migliorandoli, i tagli di acuto bulino; congegni
che riproducono esatti in bronzo i capolavori della statua per
un altro congegno, perfezionato che sia dalla giovane e si robusta
chimica, giunga a darci, di nulla manchevole quelle immagini
della verità che finora tenemmo fattibili unicamente dall'ingegno
dell'uomo.
Ma solo che si
pensi come la fotograna possa adesso e potrà anche, avanzata
di più, darci la rappresentazione di un fatto, ma non
crearlo, non rinfocarlo di
affetti, non annobilirlo di elevate idee, non allegrarlo di que'
gai, freschi, vividi colori che rendono perennemente insigni
i dipinti famosi de' secoli scorsi, solo che si pensi infine,
come la fotografia possa darci le esatte apparenze della forma,
ma non isprigionare dall'intelletto la idea; deve ogni paura
esser quieta, che non verrà danno nessuno all'arte vera
e grande per tale mirabile invenzione, anzi invece soccorso grandissimo.
Difatti, avvezzo
il pubblico a considerare la verità entro ad una fotografia,
quasi fosse già un prodotto dell'arte, diventerà
più sicuro giudice delle opere
uscite dall'artista, e solo apprezzerà quelle che meglio
si raccosteranno al vero
avvivato dall'ideale; nè più muterà di gusto
col mutar della volubile moda; nè
più crederà che nel molle e nello sfumato si chiuda
bellezza e grazia, perché
scorgerà come la immagine di ogni vero abbia a mostrarsi
decisa e ferma.
Che se molto il
pubblico imparerà, quanto più non avranno da imparare
gli
artisti, allorché verrà dì che prenderanno
ad aiuto dei loro studi la fotografia?
S'accorgeranno allora come un'immagine eliografica, tratta da
una movenza
istantanea dell'uomo, possa dar lezioni ben altrimenti fruttuose
che non sian
quelle fornite dalle statue, dalle preparazioni anatomiche, e
dalle sudate copie
di un modello forzato ad impossibili immobilità. Si accorgeranno
che i panni
gettati sull'uomo vivo, e riprodotti sulla carta fotografica
offrono ben altra apparenza di verità, che non quelli
composti artatamente sopra il fantoccio, i quali non mai possono
manifestare gli effetti del moto naturale d'una figura, e velano
soltanto le forme di un automa senza vita.
Aiutati cosi dalla
fotografia, gli artisti potranno eseguire le statue e i dipinti
loro, sicuri che il tempo da concedersi allo studio dei particolari
non scemerà
punto la forza del concetto collettivo. E a questo concetto,
ch'esce sovente incompiuto dall'anima, potranno gli artisti dare
compimento, sottomettendo alla preziosa invenzione tutte quelle
parti del naturale che giovano a bene svolgerlo, ed in quell'aspetto
d'istantaneità, che solo infonde nei prodotti dell'arte
significazione efficace. Imperocché l'arte nulla più
dice a nessuno, se non è manifestazione della vita, istromento
di verità; laonde ciascuno si ridice nel pensiero, col
poeta di Beatrice
Io veggo ben che
giammai non si sazia
Nostro intelletto, se il ver non lo illustra.
Così pittori
e scultori, assoggettando al riscontro del vero i loro concepi-
menti, abbandoneranno per sempre, perché le vedranno rinnegate
dai fatti e dal pubblico, le enfatiche esagerazioni, le false
interpretazioni dell'antico, i nudi pedantescamente anatomici,
le gonfiezze del teatrale; e tenteranno, col depurato pensiero,
di suscitar l'entusiasmo, non di fabbricar la natura.
Così i prospettivi
non più comporranno a lor talento vedute de' monumenti
e
de' siti famosi, nè ingrandiranno alle proporzioni del
Colosseo la gentile Alhambra, nè abbatteranno muri e fabbriche,
per lasciarne trionfante una sola.
Così gli
architetti, meglio giudicando gli effetti delle proporzioni reali
negli
edifizi, e la spiccatezza dei loro particolari, impareranno a
non perdere il tempo sulle arbitrarie regole di un trattato classico.
Così, in
una parola, tutte le arti meglio s'accosteranno a sciogliere
il grande
enigma del vero, nè potranno più forviare dalla
linea, varia ed una ad un tempo, segnata loro dalle regole scientifiche.
Ma il beneficio maggiore
che la fotografia porterà all'arte, quello sarà
(e già
comincia) di rendere inutili i tanti riproduttori materiali della
natura, vale a
dire i fabbricatori di vedutine e di ritrattini. Così
essa verrà risparmiando alla
società una miriade di mediocri che l'assediavano; e rialzerà
nel concetto di questa, l'arte propriamente tale, l'arte cioè
che si giova della verità per manifestare un'idea grande,
e s'innalza a quella poesia di concetti ch'è seggio del
vero artista, non del servile imitatore della natura. |
|