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Ed io imparai la fotografia Ciò che Gerard de Nerval mi raccontava dell'Oriente
non poteva illuminarmi molto; mi misi a lavorare per procurarmi
nozioni più serie perché si avvicinava l'ora in
cui ci saremmo messi in
Allora la fotografia non era quella che è
diventata poi; non esistevano vetri, collodio, fissaggio rapido,
operazione istantanea. Eravamo ancora al processo della carta
umida, processo lungo, meticoloso, che esigeva una grande abilità
di mano e più di quaranta minuti per portare a compimento
una prova negativa.Qualsiasi fosse la forza dei prodotti chimici
e dell'obiettivo adoperato, per ottenere un'immagine, anche nelle
condizioni di luce Per quanto lento fosse tale processo, esso costituiva un progresso straordinario sulla lastra dagherrotipica, che presentava gli oggetti in senso inverso e che spesso i lustri metallici impedivano di distinguere. Imparare a fotografare era cosa da poco; ma trasportare l'attrezzatura a dorso di mulo, di cavallo, d'uomo era un problema difficile. A quel tempo non esistevano vasi di guttaperca;ero costretto ad adoperare fiale di vetro, flaconi di cristallo, bacinelle di porcellana che un accidente poteva mandare in pezzi. Feci fare degli astucci come per i diamanti della Corona e, nonostante gli urti inseparabili da una serie di trasbordi, riuscii a non rompere nulla e per primo a riportare in Europa la prova fotografica dei monumenti incontrati in Oriente. |
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