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Fotografi Biellesi in Sardegna

tra fine Ottocento e primi Novecento



 

Mostra: Fotografi Biellesi in Sardegna tra fine Ottocento e primi Novecento

Periodo : Autunno 1994 – estate 1995

Sede : mostra itinerante : Biella, Aosta, Torino, Genova, Olbia, Quartu Sant’Elena, Alghero.

Organizzazione : Circolo Culturale Sardo “Su Nuraghe” di Biella

Testi di : Battista Saiu, Vittorio Sella, Paolo Soddu, Dino Gentile

Pagg.100, ill.fot.82



Il catalogo della mostra “Fotografi Biellesi in Sardegna tra fine Ottocento e primi Novecento” rappresenta un interessante contributo alla conoscenza e divulgazione del patrimonio fotografico sull’isola. Prodotto dal Circolo Culturale Sardo “Su Nuraghe” di Biella, presenta una selezione dell’opera di Vittorio Besso e dei due fratelli Sella, eseguite in Sardegna nel periodo a cavallo tra Otto e Novecento.

Le fotografie dei fratelli Sella, riprese tra il 1905 e il 1916, sono incentrate soprattutto sulla loro tenuta vitivinicola, ricca e prospera azienda modello, impiantata con criteri innovativi e con l’ausilio di macchinari decisamente all’avanguardia per quei tempi. In una serie di fotografie viene rappresentata con vivace acutezza il volto umile e dimesso dei braccianti e delle numerose lavoratrici impegnate nelle vendemmie, l’aia ingombra di macchinari, i campi durante l’aratura e le distese infinite dei vigneti solcati dai nastri candidi delle strade di collegamento.

Il punto di vista della ripresa spesso è dall’alto verso il basso, indubbiamente per cogliere meglio le figure nella loro singolare individualità, ma che tuttavia segna involontariamente la distanza di due mondi diversi e inconciliabili. In ogni caso bisogna riconoscere che, molto probabilmente, mai prima di allora il mondo contadino sardo era stato ritratto con tanto trasporto e partecipazione. Molte altre fotografie sono dedicate al paesaggio sardo nella sua selvaggia natura, a cui la visione panoramica di 180° conferisce un’ampiezza straordinaria, bilanciata da elementi in primo piano, spesso sul lato destro – un albero, delle rocce, delle persone o la frequente presenza dell’automobile dei Sella, esibita orgogliosamente quale simbolo del nuovo progresso – tutti elementi che aiutano a convogliare lo sguardo nella profondità recondita dell’orizzonte.

Un lavoro, quello dei Sella, di struggente bellezza per il suo aspetto intimo e privato, per il carattere di composta e serena spontaneità, ma anche di complice e consapevole partecipazione con cui le persone si lasciano ritrarre fiduciose. Quello di Besso è un lavoro diametralmente opposto, infatti a differenza dei facoltosi Sella egli è un professionista della fotografia, il suo obiettivo è direttamente condizionato dalla committenza e dalla clientela, il suo sguardo si fa più freddo e distaccato nella presunta obiettività della documentazione tesa ad illustrare la costruzione delle Ferrovie Secondarie della Sardegna appena ultimate.

Siamo nel 1886, Vittorio Besso viene chiamato in Sardegna dagli ingegneri Alfredo Cottrau e Giovanni Marsaglia per illustrare i nuovi prodigi della tecnica costruttiva da loro messi in atto, ponti, viadotti, gallerie e stazioni che celebrano la penetrazione della nuova civiltà nel cuore più profondo dell’isola; le rare persone ritratte, oltre ai due ingegneri spesso ripresi a sigillo dell’opera, rappresentano più che altro motivi ornamentali, infatti spesso sono vestiti in costume, uomini e donne con inutili panieri sulla testa, e un’improbabile bandiera italiana in primo piano nell’inaugurazione, di fronte alle autorità civile e religiose, della stazione Desulo-Tonara.

 

Dal catalogo ecco l’intervento di Dino Gentile

QUANDO LA FOTOGRAFIA ENTRA IN CAMPO ...

Negli anni '80 del secolo scorso, quando il primo fotografo biellese sbarca in Sardegna, l'arte fotografica è già stata praticata sull'Isola da alcuni precursori locali e stranieri. Già nel 1854 il francese Edouard Delessert aveva ripreso vedute fotografiche di città sarde. Altri fotografi erano venuti da Parigi negli anni '70 per documentare tipici costumi del Sassarese e lavoro di miniera presso Cagliari. Per parte sarda, Giuseppe Luigi Cocco e Agostino Lay-Rodriguez, fotografi cagliaritani, avevano partecipato all'Esposizione Universale di Vienna nel 1873 con immagini di folclore e paesaggio della Sardegna.

Non è certo un caso che il fotografo professionista Vittorio Besso giunga appositamente da Biella in Sardegna per immortalare - al pari di alcuni colleghi francesi - i segni e le opere del progresso tecnico e civile del tempo. Il suo obiettivo si volge a documentare miniere di carbone e lavori di appalti ferroviari, per soddisfare l'immaginario di una nuova classe politica e imprenditoriale all'opera nella trasformazione economica e strutturale dell'Italia appena unita. Besso è totalmente immerso in questa realtà e il suo lavoro fotografico spesso coincide con alcuni interessi del biellese Quintino Sella. Il ministro si era interessato in prima persona delle condizioni dell'industria mineraria in Sardegna, stilandone nel 1871 un'ampia e completa relazione per il Parlamento italiano, con espressa richiesta di sviluppo nei trasporti ferroviari sull'Isola. Lo stesso Sella, ben conscio della straordinaria portata del mezzo fotografico, aveva addirittura disposto la pubblicazione del primo catalogo fotografico di Besso nel 1881 presso la tipografìa del Ministero delle Finanze di Roma; nel catalogo del 1893 sarà presente una cospicua serie di luoghi minerari sardi. L'album fotografico più rappresentativo dell'opera di Besso in Sardegna è conservato alla Biblioteca Reale di Torino e porta il titolo "Ferrovie Secondarie della Sardegna - Circa 600 chilometri - Concessionari Comm. Ing. Alfredo Cottrau e Comm. Ing. Giovanni Marsaglia - Reale Decreto 1° Agosto 1886": sono 36 tavole fotografìche che raffigurano viadotti, gallerie, stazioni, locomotive, lavoratori, a costituire un percorso narrativo che gli occhi dell'epoca hanno certamente colto come straordinario strumento di comunicazione della realtà. Del Besso in Sardegna, si conserva ancora qualche immagine di nuraghe, torri d'avvistamento, pose di Garibaldi a Caprera, il monumento di Quintino Sella ad Iglesias: un piccolo insieme di soggetti pure richiesti dal composito gusto del tempo.

Se di Besso sono aspetti di una Sardegna pubblica, probabilmente realizzati su commissione, nelle immagini dei fratelli Vittorio ed Erminio Sella troviamo particolari punti di vista privati. I due sono nipoti del ministro Quintino e figli di quel Giuseppe Venanzio Sella, autore del "Plico del Fotografo", primo esauriente trattato fotografico in Italia, pubblicato a Torino nel 1856.

I Sella hanno la fortuna di poter scegliere liberamente la destinazione d'uso della propria macchina fotografica: per loro la fotografia non è lavoro come per Besso ma strumento per fermare e a volte formare ciò che più affascina il loro sentire, quasi che la fotografia fosse nata per seguire i loro pensieri, la loro vita stessa, di cui pare a volte uno specchio fedele. Sul finire dell'Ottocento giungono in Sardegna con la passione per la caccia; in quel momento sono già famose in tutto il mondo alpinistico e geografico le spettacolari vedute alpine a firma Vittorio Sella, riprese dalle vette più alte delle Alpi, del Caucaso, del Sikkim, in campagne fotografìche cui spesso partecipa il fratello Erminio. Il paesaggio sardo colpisce l'occhio dei Sella, borghesemente educato alla contemplazione estetica e alla considerazione pratica. E' di Erminio il pensiero: "Un biellese allorché viaggia, sia pure per diporto, tiene sempre almeno un occhio aperto", ed è proprio sua l'idea di fondare in Sardegna un'attività vitivinicola, seguendo peraltro l'antico modello della coltura della vite, praticato in casa Sella insieme all'arte della lana. Sull'Isola l'apparecchiatura fotografica documenta in modo spontaneo la nascita della tenuta "Sella & Mosca" dei soci Erminio, Vittorio Sella e Edgardo Mosca Riatel - cognato di Vittorio.

Scorrendo le immagini dell'attività nella Nurra di Alghero, si colgono le attenzioni per il dissodamento, la piantagione, la vendemmia, cui si sovrappone il respiro positivo di una prima industrializzazione agricola in Sardegna - emblematiche le fotografie dell'aratura a vapore che pubblicizzano al loro interno una sorta di emancipazione dalla dura fatica secolare del lavoro contadino. Alcune immagini offrono la possibilità di confrontare, anno dopo anno, lo sviluppo dei terreni agricoli e da esse se ne potrebbero estrapolare un certo numero con efficace funzione pubblicitaria per la vendita del vino. I Sella divideranno la maggior parte del proprio tempo tra Biella e la Sardegna. Vittorio Sella lontano dalle costanti verticali del paesaggio alpino -valli profonde, vette e cielo - si procura e praticamente collauda una macchina fotografica per la ripresa degli altopiani sardi e dei paesaggi marini. In queste immagini sembra prendere forma un pensiero dell'autore: "Le riproduzioni fotografiche senza negare la verità possono essere chiamate belle, belle anche riguardo all'arte, qualità questa che da un lato si vuol ancora negare alla fotografia. Nella riprodotta scena naturale (sia montagna o valle, foresta o sponda marina) soltanto l'occhio deve sapere ritrovare la bellezza della natura". Erminio Sella, libero da impegni famigliari, soggiorna più a lungo in Sardegna ed ha maggiori occasioni di osservare la vita locale. Fotografa scene di caccia, feste, banchetti, costumi e persino un raro avvenimento come lo sbarco sul molo di Alghero di Edoardo VII, Re d'Inghilterra. Che siano paesaggi o soggetti umani, le immagini Sella della Sardegna danno l'impressione di nascere in modo naturale, quasi inevitabile, appartenente ad un preciso momento storico: quello in cui l'apparizione della fotografia si lega con la vita stessa dei personaggi più ricchi di iniziativa del tempo. E oltre il tempo si spinge la funzione fotografica. Con due "macchine" d'eccezionale valore simbolico, l'automobile e la macchina fotografica, i fratelli Sella percorrono la Sardegna in lungo e in largo, consegnando a noi, oggi, la possibilità di ripercorrere quegli stessi tragitti di ieri, facendovi continue e straordinarie scoperte personali.

Dino Gentile

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