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Salvatore Mannuzzu

romanzo: Alice

editore Einaudi, anno: 2001

Lire 26.000



L'inizio del romanzo:

Il relitto

Ho qui davanti una fotografìa piuttosto antica, ripro-
dotta sulla carta patinata d'una rivista inglese uscita, in-
vece, verso la metà degli ultimi anni Novanta. Non so per-
ché questa fotografia sia stata ritagliata e conservata; so
invece che cosa mi induce adesso a guardarla, per l'enne-
sima volta. Appartiene alla collezione del San Francisco
Maritime National Historical Park («più di 200000 im-
magini» si legge in un frammento dell'articolo che illu-
strava, rimasto sul verso): e secondo la breve didascalia
raffigura il «relitto del brigantino francese Alice. Peniso-
la di North Beach, foce del Columbia River, 1909». Ma
il brano superstite dell'articolo, che ho faticato a tradur-
mi, niente dice di quella vicenda.

Cerco adesso di descrivere la fotografia. Ciò mi aiuta,
penso, a vederne tutti i particolari, anche i più minuti cui
finora non ho badato - minuti, però (chissà) non irrile-
vanti: può darsi che enunciandoli io riesca a capire sino
in fondo i motivi della mia attenzione. Sebbene non sia
possibile adeguare le parole a ciò che gli occhi vedono: ri-
mane uno iato incolmabile, come fra qualità irrimedia-
bilmente diverse. Ma è pure vero il contrario: le parole for-
niscono un apporto che è vano cercare altrove; forse an-
ch'esso, in qualche modo, riguarda la cosa vista: non meno
della sua immagine (o quasi).
Salvatore Mannuzzu, pag.1

 

Dalla quarta di copertina:

Perché Lula tiene sul tavolo una fotografia del brigantino francese Alice, naufragato nel 1909 alla foce del Columbia River, Oceano Pacifico ? Alice è anche la password che custodisce il suo diario dentro un computer. Piero, che ha smesso di amare Lula e vuole lasciarla, in un momento d'ozio viola quel diario: e vi legge che Franz - il suo straordinario fratello,
morto prematuramente e ritenuto quasi un santo - aveva cercato a lungo, con ac-
canimento e addirittura con violenza, di sedurre Lula.

Ma era vero, proprio vero ? Per Piero diventa un'ossessione quotidiana, dentro l'alloggio gremito di decori consunti dove continua a vivere con Lula - arcana donna bambina - fingendo che nulla sia accaduto e nulla stia per accadere. Un'ossessione che lo accompagna negli incontri con Candida, la vestale dai capelli indomabili di cui s'è innamorato; lo segue nelle visite domenicali al padre, Giobbe decrepito e snob che siede sulle ceneri a parlare con Dio e a giocare a tressette; lo spinge ad affrontare la vedova di Franz, minuscola cattiva signora dalla voce di contralto; e persino a rivedere Giovanna, la moglie schizofrenica da cui non ha mai divorziato. Ma il dubbio diventa paura quando, nella piccola città macinata dalla storia dove abita, lui pensa all'unica figlia, Chicca: che se n'è andata in un'altra parte del
mondo - proprio là sulle coste del Pacifico - e non vuole più saperne di padre e di madre.

Si tratta anche di fare i conti col senso delle cose, con la misura del male ? Dopo però, nella prospettiva del tempo, le domande relative al diario si mischiano a
quelle sul misterioso naufragio, la cui immagine non vuoi cancellarsi dagli occhi.
Forse mischiarle è il segno dell'inguaribile ambiguità di Piero. O forse è vero, come una volta ha detto Lula, che «i misteri sono banali. E se si rivelano è solo inparte: quella che crediamo importante, magari, e non lo è». Piero comunque ritrova un tenue filo, via e-mail, con Chicca: chiedendole dell'Alice. Intanto la prospettiva del tempo fa ciò che sa fare: mu-
ta. Le cose bene o male si assestano: di come sono state rimane la memoria, il rimorso di non averle capite e d'averle perdute.

 

Salvatore Mannuzzu ha pubblicato con Einaudi cinque romanzi :

Procedura, 1988;

Un morso di formica, 1989;

Le ceneri del Montiferro, 1994;

II terzo suono, 1995;

II catalogo, 2000.

Una raccolta di racconti: La figlia perduta, 1992.

Una di poesie: Corpus, 1997.
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