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Parma
Salgado guarda Parma

Parma, Palazzo Pigorini

6 aprile - 30 giugno 2002

 

 

Palazzo Pigorini a Parma apre la stagione primaverile con una mostra fotografica di grande rilievo e prestigio.

L'esposizione è promossa dall'Assessorato alla Cultura e dall'Assessorato alle Celebrazioni Verdiane del Comune di Parma, e dalla Fondazione Monte di Parma in collaborazione con Contrasto. Presenta le opere del celebre fotografo Sebastião Salgado in un reportage documentario realizzato appositamente per la città di Parma nell'ambito delle celebrazioni verdiane: 51 fotografie in bianco e nero esposte al primo piano di Palazzo Pigorini.

Il tema principale nelle opere di Salgado è la gente. Nato in Brasile nel 1944, dopo una formazione universitaria da economista, si appassiona, lavorando in Africa per una compagnia internazionale di caffè. Successivamente si dedica alla fotografia e ne fa la sua professione.

Fotografo di profonda sensibilità, della gente ha sempre voluto cogliere e testimoniare attraverso l'obiettivo le situazioni più difficili e problematiche dal punto di vista sociale e umano. In questa occasione invece, l'artista brasiliano ci mostra ciò che ha visto e vissuto a Parma, riportando immagini "felici": i teatri e gli artisti durante le prove, le attività produttive e gli operai dei prosciuttifici, dei caseifici e dell'industria del vetro, la vita della città, il gioco delle bocce, gli anziani che giocano a carte nei circoli, i bambini, la gente per la strada … Una città in bianco e nero, privilegiata, gioiosa, vivace, consapevole e fiera della propria bellezza e della propria storia.

Il catalogo, edito e curato da Contrasto, contiene le fotografie di Salgado e testi di José Saramago e Bernardo Bertolucci.

Al secondo piano di Palazzo Pigorini, sarà inoltre possibile vedere una proiezione in anteprima delle immagini dell'americano Bob Sacha - famoso per i suoi reportages pubblicati sul National Geographic Magazine - anch'esse scattate a Parma durante l'anno verdiano. Rigorosamente a colori, esse ci presentano una serie di immagini spettacolari con l'accento sul paesaggio e l'architettura: il Battistero e il Duomo, gli affreschi e le vedute panoramiche, le torri, i campanili. Gli scorci di vita in vicoli e borghi sono uno dei soggetti preferiti del fotografo di New York, che in questo caso è riuscito a cogliere l'essenza, tranquilla e laboriosa, della città.


per ulteriori informazioni:

www.studiopesci.it

 



Salgado il narratore

di Pino Cacucci

Sono tante le foto di Salgado che mi guardano dalle pareti di questa casa in cui vivo adesso, come mi guardavano in altre case, tutte rispuntate fuori al momento giusto nonostante gli innumerevoli traslochi. Ho detto che mi guardano perché sono immagini di volti divenuti familiari malgrado l'immensa lontananza, occhi luminosi d'intensa energia, con sfondi di luoghi particolari e universali al tempo stesso. Il grande narratore per immagini è capace, con un'alchimia della durata d'un attimo che unisce cuore-occhio-polpastrello, a raccontare storie lunghe cento pagine e volumi interi... Un esempio concreto: ho davanti quei due uomini, uno praticamente nudo e l'altro con addosso una misera divisa da soldato. L'uomo nudo è un colosso, un fascio di muscoli temprati attraverso generazioni e generazioni di lavori sfiancanti, risultato di una spietata selezione, e il colore della sua pelle è simile al bronzo, lucido di sudore e opaco di polvere e fango. Il soldatino è minuto e biondiccio, anche lui ha nelle vene il sangue di chissà quante razze, forse di contadini veneti o padani, o anche bavaresi o iberici, terre oggi opulente e un tempo - non ancora remoto - disperate e aride. Il soldatino impugna un fucile: la canna è puntata al petto del gigante mulatto. Che l'afferra e sembra volerla piegare con la sola forza del suo pugno in cui si concentra la rabbia di secoli. La storia che mi raccontano quei due, colta in un istante di chissà quale giorno ma eterna, è fatta di frustrazioni comuni, umiliazioni che nel primo hanno prodotto orgoglio e fierezza, nell'altro meschina scappatoia nell'uniforme da indossare per sentirsi spoglio di ogni decisione, con un moschetto in mano per distinguersi da chi ha solo pietre da scagliare. Gli sguardi sono fissi l'uno nell'altro, quello del mulatto è impavido e sfidante, quello del giovane soldato è quasi implorante... E sembra dire, piagnucolare: ti prego, non costringermi a sparare, perché se ti sparo, poi, tutti gli altri mi faranno a pezzi, e quelli come me spareranno anche loro, e poi... Il cercatore dell'oro altrui, che si è visto passare per le mani fortune che non ha mai potuto fermare, il mulatto che passa la vita a scavare nel fango, con il suo sguardo dice: e spara, se hai il fegato di farlo... Ecco, ce l'ho sul cuore, il tuo fucile assassino, tira quel dannato grilletto e vediamo come va a finire... Io non ho paura perché non ho niente da perdere, non l'ho mai avuto... Se devo chinare la testa davanti a una marionetta come te, allora tanto vale crepare qui, adesso. Ed entrambi mi raccontano vite di migranti, genitori e nonni e bisnonni partiti un giorno a cercar fortuna e scampo a un'esistenza grama in quelle terre delle Americhe, dopo settimane e mesi su ponti e stive di bastimenti gravidi di speranze e nostalgia precoce. Bastimenti carichi di niente da perdere...
Ci vuole un eccesso di sensibilità per saper narrare tutto questo in un'immagine. Tanto, troppo cuore.
Una sera, a Parma, ho finalmente abbracciato Sebastiao Salgado. Erano i giorni in cui vagabondava per la città cogliendo facce e corpi e mani di genti che mettono nel lavoro la propria anima, un pezzo di se stessi anche nel lanciare una boccia, sguardi di bambini ancora puri verso un mondo che è pur sempre l'unico che abbiamo, ovunque la sorte ci faccia nascere... Sebastiao mi ha salutato mettendosi una mano sul cuore, alla maniera antica delle genti migliori di questo disgraziato mondo - che è pur sempre l'unico che abbiamo e che ogni tanto lo costringe, come ha detto, a lasciare la macchina fotografica per cercarsi un angolo in cui piangere da solo - e mi ha confermato tutto ciò che intuivo o speravo... Sebastiao è davvero come la sua opera: sensibile e schietto, generoso e umile, capace di cogliere storie di vita con la mano sul cuore.

 

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