|
Le origini
Atto di battesimo del figlio
di Niepce a Cagliari - 1797
Le condizioni sociali
ed economiche della Sardegna nell'Ottocento erano estremamente
arretrate rispetto ai possedimenti di terraferma; naturalmente
anche le comunicazioni venivano fortemente penalizzate dalla
scarsezza dei collegamenti e da vaste aree geografiche difficilmente
raggiungibili. Nel panorama delle regioni italiane la Sardegna
appariva una tra le meno progredite. Non stupisce quindi che
contemporaneamente all'annuncio ufficiale della scoperta della
fotografia, nel 1839, in Sardegna il re Carlo Alberto fosse ancora
impegnato nella liquidazione del feudalesimo.Tuttavia le prime
notizie sulla scoperta vennero diffuse nell'isola abbastanza
celermente, infatti il giornale L'Indicatore Sardo, riprendendo
un articolo della Gazzetta Piemontese del 6 marzo, pubblicava
la notizia delle invenzioni di Daguerre e di Talbot, nonché
degli esperimenti di Herschell e Brewster. A questo primo articolo
ne succedettero molti altri per tutto il 1839, a testimonianza
del grande interesse della stampa locale per la nuova, rivoluzionaria
scoperta; finchè a settembre venne pubblicata una relazione
tecnica che per la prima volta illustrava dettagliatamente il
procedimento in tutte le sue parti. Negli anni immediatamente
successivi il metodo di Daguerre, ormai conosciuto ed affermato
in tutta Europa, cominciò ben presto a varcare gli ormai
angusti confini del vecchio continente per diffondersi capillarmente
in tutto il mondo, grazie soprattutto all'impegno di intraprendenti
viaggiatori desiderosi di riprendere i luoghi più remoti
e sconosciuti del pianeta. Contemporaneamente l'originario metodo
di riproduzione meccanica della realtà, per quanto ancora
rozzo e artigianale, andava assumendo sempre più i connotati
della speculazione di tipo proto-industriale. Dopo l'iniziale
entusiasmo della stampa locale, le notizie di rilievo sulla fotografia
lentamente scemarono, sempre più incentrate sulle notizie
mondane intorno alla figura di Daguerre o sui perfezionamenti
più o meno importanti del suo procedimento, in particolar
modo la ricerca di tempi di esposizione alla luce più
brevi di quelli insopportabilmente lunghi delle origini. Probabilmente
questa perdita di interesse si dovette al fatto che l'invenzione
finì ben presto col perdere il carattere straordinario
e sorprendente della novità per trasformarsi in una pratica
che, seppur elitaria, veniva ad assumere una dimensione più
dimessamente quotidiana, perdendo così quel ruolo di protagonista
che aveva ricoperto nei primissimi anni. Passando in rassegna
i giornali dell'epoca bisogna attendere sino al 1843 per ritrovare
una notizia di un certo rilievo che riguardi la fotografia; infatti
in quell'anno Stefano Sirigo, padre scolopio e professore di
fisica sperimentale della Regia Università di Cagliari,
all'interno di un trattato intitolato "Lezioni di Fisica
Sperimentale", pubblicò un paragrafo contenente la
descrizione della camera oscura e del dagherrotipo. E' probabile
che, come avveniva a Torino col suo collega Carlo Jest, il prof.
Sirigo avesse sperimentato in pratica quel metodo che dimostrava
di conoscere molto bene, se non altro quale esercitazione didattica
a esclusivo beneficio degli studenti, tuttavia con una importanza
modesta per quanto riguarda lo sviluppo della fotografia in Sardegna.
Nel 1844 apparve un comunicato pubblicitario di Claudio Porraz
che annunciava l'apertura a Cagliari di un laboratorio per l'esecuzione
di dagherrotipi, la vendita dell'attrezzatura completa per la
dagherrotipia e la disponibilità a dare lezioni per far
apprendere il procedimento. Non è dato sapere quanto tempo
egli si trattenesse in città e quanti dagherrotipi riuscisse
ad eseguire, ma il suo successo probabilmente non dovette essere
molto lusinghiero, poiché a quel primo avviso non ne seguirono
altri, ed il signor Porraz e i suoi dagherrotipi vennero ben
presto dimenticati. Un'altra notizia di un certo interesse è
quella pubblicata nel 1846, in cui si illustra l'attività
del noto pittore e litografo Raffaele Arui. L'articolista, dopo
averne recensito la produzione pittorica e ricordato che per
primo Arui aveva introdotto la litografia in Sardegna, annunciava
che l'insigne artista, dopo aver aperto una scuola gratuita di
disegno e ornato, ne aveva inaugurata un'altra, anch'essa gratuita,
di dagherrotipia. Col passare degli anni gli annunci pubblicitari
sostituirono totalmente gli articoli, a sottolineare il ruolo
sempre più commerciale che la fotografia andava assumendo
in Sardegna, soprattutto a partire dalla seconda metà
del secolo, quando più chiari si manifestarono i segni
del progresso sociale e culturale, e la propensione della nascente
classe borghese cittadina a ricercare e riconoscere nella fotografia
il proprio mezzo di espressione e d'identità, visto che
le consentiva di testimoniare in modo tangibile e permanente
la propria ascesa verso il potere economico e politico finora
detenuto dall'aristocrazia e dal clero.
|
|