...SEMPRE NEL 1945...

13 APRILE - Mentre si stanno decidendo i destini del mondo, in Italia, ai partigiani impegnati con la Direttiva N. 16 di Longo  ("tenersi pronti per l'insurrezione finale") arrivò il perentorio comunicato di CLARK (comandante le forze alleate in Italia).Abbiamo accennato al disatteso diktat di ALEXANDER sulla smobilitazione e il disarmo delle Brigate Partigiane nello scorso inverno, poi rientrato; ma  ora quello del nuovo generale, avuto sentore della iniziativa insurrezionale dei partigiani (infuriati gli alti comandi e lo stesso TRUMAN) da' l'ordine a tutte le forze partigiane di astenersi da qualsiasi operazione militare, insurrezionale, di mobilitazione politica o anche sollevazione popolare.
Con molta superficialità vennero bollati tutti i "gruppi" come delle "bande armate" cui gli alleati diedero all'inizio poco affidamento e alla fine temettero essere un grosso pericolo, non di certo militare ma politico.

Gli americani organizzavano la guerra secondo i metodi della grande industria, per loro la guerriglia partigiana era un fatto anacronistico e anarchico, privo di interesse, e nemmeno volevano capirla; avevano accettato in un certo periodo la Resistenza, ma poi la volevano a loro disposizione, e non esitarono più di una volta e in vari luoghi ad abbandonarla al suo destino; perfino  boicottarla e combatterla quando incominciò a intralciare i loro piani politici; ne diffidavano, perchè erano persone e bande in armi con una marchio ideologico inconfondibile e per loro inquietante.

Ma ormai il CLN-AI era un organo delegato dal governo di Roma, che gli aveva dato pieni poteri "civili e militari", e in virtù di questa forza, contrapponendosi alle indicazioni di Clark proseguì la sua azione. Avevano già firmato un documento, in cui affermavano che solo ad avvenuta Liberazione del Paese avrebbero deposto le armi e riconsegnate le città all'amministrazione dello Stato, ma non ora. E c'erano tutte le condizioni ottimali materiali e morali perchè queste liberazioni diventassero dei successi autonomi.

Comunque gli alleati rimasero sulle rive del Po in una infastidita attesa degli sviluppi di questi eventi pieni di incognite, temuti più politicamente che militarmente; di mezzi ne possedevano, infatti seguitarono a bombardare (anche dopo il 25 di Milano) tutto l'Est fino al 28 aprile: Verona, Vicenza, Padova, Treviso, Mestre, dove tatticamente non era nemmeno necessario (i tedeschi si stavano ritirando - quasi senza combattere - verso il Brennero, la Valsugana, Tarvisio - come del resto a Como, quasi indisturbati visto che i partigiani cercavano solo i fascisti, davano la caccia solo a loro e non ai tedeschi. Purtroppo i bombardamenti politicamente furono ritenuti necessari. Le bombe cadevano nel Veneto ma in effetti erano dei segnali precisi a est. Per  impedire un'avanzata e un golpe proveniente da est. Non avevano tutti i torti, agli alleati facevano più paura gli italiani comunisti che non i tedeschi, e infatti arrivando con sole poche ore di ritardo su Trieste, fu a loro fatale, i partigiani comunisti erano già entrati  e quelli locali (italiani) si unirono ai titini occupando la città.

16 APRILE - Dopo una riunione con i tedeschi nel quartiere generale a Gargnano il 14, Mussolini decide di trasferire il governo della RSI nella prefettura di Milano.

18 APRILE - Torino non attende la data fissata dell'insurrezione impartita dalla Direttiva 16. Gli eventi incalzano con la ritirata dei tedeschi i cui reparti dovrebbero attraversare Torino. Le formazioni partigiane prima riescono a promuovere un grande sciopero generale nelle grandi fabbriche, che sono occupate, poi scatenano l'offensiva che si estende in tutte le valli e la regione piemontese soprattutto nel Cuneese, nel Biellese, nella Valsesia. La sollevazione popolare non conoscerà soste fino al 28 aprile, quando riusciranno a cacciare gli ultimi tedeschi ed entreranno gli alleati nella città ripulita. Non abbastanza nella periferia, dove il 1° maggio c'é l'ultimo massacro dei tedeschi a Grugliasco, vengono catturati e fucilati 66 partigiani.

Da questo momento inizia la caccia non più solo al tedesco (pittosto blanda e solo se commettono delitti lungo il percorso) ormai in ritirata verso est, ma inizia la caccia esclusivamente al fascista, ai delatori, ai collaborazionisti. Al Cmrp (Comando Militare Regione Piemonte) si fecero prendere la mano. "Nelle disposizioni c'era l'ordine di passare alle armi non meno di 350.000 soldati che avevano indossato la divisa della RSI. Ma proprio tutti. Perfino quelli della polizia ferroviaria, della portuale e della stradale." 

Non tutte le esecuzioni sommarie avvengono solo per motivi politici, scorre sangue anche per altre abietti motivi, come vendette e perfino rancori personali. Le cronache del Biellese, nel Torinese, Astigiano, in Valsesia registreranno episodi inquietanti, dove spesso furono vittime anche persone innocenti, o con peccati veniali. (avere occultato sacchi di farina costò  a un mugnaio lo sterminio della famiglia, 10 persone). Ci fu insomma una vendetta incontrollata di bande che infangarono le molte gesta di vero eroismo che si erano guadagnati regolari reparti della Resistenza in vere e proprie operazioni militari.

In questo contesto di vendette, un brutto momento lo passò a Torino anche VALLETTA, alla Fiat dal 1921, amministratore delegato dal 1939, presidente poi dal 1945 al 1966. Tutto il ventennio del fascismo lo si era visto protagonista, e lo sarà anche nel dopoguerra per altri venti anni. Il più potente uomo di Torino e forse d'Italia. Ma il Cmrp voleva la resa dei conti e appena liberata la città il primo pensiero fu quello di catturarlo e processarlo. Rifugiatosi presso un comando alleato, questi rifiutarono di consegnarlo, ma anzi rivelarono con documenti alla mano che Valletta aveva fatto durante i mesi della Resistenza il doppio gioco con i nazisti, rimanendo sempre in contatto con gli inglesi per boicottare la produzione bellica con scioperi e serrate pretestuose. Scampò alla vendetta improvvisata. Non andò così bene in Germania all'ultimo erede dei Krupp, anche lui catturato per i grandi profitti ottenuti con gli armamenti di Hitler. Fu processato e messo in carcere per sei anni, fino a quando nel 1951 fu prosciolto.

21 APRILE - Anche a Bologna dal giorno 19 i partigiani organizzano e fanno scattare l'insurrezione che avrà momenti drammatici con centinaia di morti per le strade sia di fascisti, tedeschi e naturalmente le rappresaglie verso i partigiani che ormai affrontano i nemici in campo aperto in vere e proprie battaglie militari. Un'epopea della città rossa, dove i suoi partigiani inseguono i tedeschi in ritirata, li precedono per tagliare loro la strada, li accerchiano, li catturano, o li mettono in fuga. Il tutto mentre 1673 bombardieri sganciano sulla città e in periferia, sul Serio e sul Santerno, 100.000 bombe e spezzoni incendiari. Gli americani quando arrivarono, la città era già stata liberata, fumava con i loro bombardamenti non proprio molto precisi e si contavano i morti e i feriti per prezzo della liberta'.
L'assurdità era (a questo poi conduce la guerra) che si applaudivano i bombardamenti, e si gridava "ancora! ancora!" mentre le bombe distruggevano case, uccidevano cittadini, amici, parenti. A morti ancora caldi, quando entrarono in città i "liberatori" trovarono la città in tripudio.

23 APRILE - Il segnale insurrezionale a Genova scatta nelle prime ore di questo giorno. I partigiani scendono dalle colline, sbucano dalle gallerie e dagli anfratti, assaltano il porto, dilagano nelle strade, bloccano i reparti in ritirata, catturano quasi diecimila tedeschi, e proseguono la lotta per cinque giorni; quando in città entrano i primi reparti degli alleati, Genova era già una città libera, e non doveva niente a nessuno.

24 APRILE - Gli alleati attraversano il Po ma non dilagano subito, non si affrettano, ma tutti i bombardieri nelle vicine basi sono allertati per Torino e Milano, mentre al Veneto non sono risparmiate le incursioni che proseguiranno fino al 28 senza una motivazione strategica, quasi inutili sul piano tattico militare, ma solo utili per piegare e fiaccare il morale degli italiani, ma anche per  mandare segnali di pericolosità territoriale se qualcuno oltre Trieste e il Friuli aveva intenzione di invadere e occupare il Veneto. Vi erano tutte le condizioni oggettive. I partigiani di Tito non aspettavano che un ordine. Non di meno l'inquietudine veniva da Milano, dove si attendeva l'esito della Direttiva 16. Mancavano 24 ore.

25 APRILE - A Milano a mezzanotte è scattata l'ORA X. E' iniziato lo sciopero generale. Tutte le fabbriche vengono occupate e difese. Il CLN-AI assume pieni poteri, si insedia nell'amministrazione della giustizia, nel tribunale di guerra, nei consigli di gestione delle grandi aziende, nei posti chiave del governo della città. Dalla pianura e dalle valli convergono tutti i partigiani in città. La guerriglia si sposta ora dalle campagne nelle vie di Milano. La caccia ai fascisti, ai gerarchi diventa spasmodica, la vendicatività cruenta. Le esecuzioni sommarie diventano migliaia. Si spara dalle finestre, dai tetti, dal cielo, in terra e da ogni luogo, e spesso cadono innocenti.

La pagina storica dell'anno - 26 Aprile 1945

Gli alleati vi entreranno il 30 con la città' liberata e già con un governo provvisorio del CLN. Ma è una città liberata da un mostro che ha partorito un altro mostro, quello della vendetta, l'orrore motivato e giustificato con una "restituita" rappresaglia. Un bagno di sangue, che é anche messo in mostra come in uno spettacolo, come trofeo, il trofeo di altrettanti pazzi sanguinari, che si sono arrogati di "fare giustizia".

25 APRILE - ORE 8 -Al collegio dei Salesiani di Via Copernico, nella biblioteca del collegio milanese, alle ore 8 del mattino del 25 aprile, si riunirono Marazza, Pertini, Arpesani, Sereni e Valiani. Ci fu la riunione più risolutiva del Clnai. Approvarono il primo decreto: "Tutti i poteri al Clnai"; il secondo riguardava l'amministrazione della "giustizia". Cioè le sentenze di morte. E tra queste fu anche decisa l'eliminazione di Mussolini.

25 APRILE - ORE 16 - Mussolini dalla prefettura si reca in Arcivescovado, e nell'incontro con il cardinale Schuster propone o riceve la proposta di arrendersi. La proposta del prelato che intercede per conto degli alleati, è di arrendersi senza condizioni; per la sua incolumità gli ha preparato una stanza per la notte, in attesa dell'arrivo degli alleati per poi a loro consegnarsi. Sono invitati a partecipare e a esaminare le condizioni i rappresentanti del CLN-AI. Sono i moderati ACHILLE MARAZZA (DC), GIUSTINO ARPESANI (PLI), RICCARDO LOMBARDO (PdA). L'unico che non sa ancora nulla é SANDRO PERTNI (PSIUP) che il mattino aveva una sola idea "Mussolini doveva arrendersi senza condizioni, e poi sarebbe stato passato per le armi".

25 APRILE - ORE 17.30 - Ritorniamo nella sala del cardinale e al dialogo che si é svolto nei minuti precedenti. Il CLN-AI detta le condizioni 1) L'esercito e le milizie fasciste consegneranno le armi e verranno fatti prigionieri con le norme della Convenzione di Ginevra. 2) Le famiglie dei fascisti, come tali non avranno alcun fastidio, ma tutti devono abbandonare Milano. 3) Mussolini deve consegnarsi al CLN-AI.

Sembra tutto filare liscio, Mussolini sembra quasi soddisfatto anche se non sa la sorte che lo aspetta; ma a rovinare tutto é GRAZIANI che si fa scrupolo di non volere tradire i tedeschi non informati della resa. PAOLO ZERBINO reagisce e non può trattenere di dire quello che ha saputo da poche ore: comunica a tutti i presenti che WOLF ha già trattato la resa. Schuster che già sapeva, conferma. Mussolini é furibondo e indignato " Ci hanno sempre trattati come schiavi e servi e alla fine mi hanno anche  tradito". Crolla dunque il dialogo; Mussolini chiede di poter ritornare in prefettura e prendersi un ora di tempo per deliberare non sentendosi più  legato ai "traditori tedeschi - e aggiunge- e poi dicono di noi!" .

25 APRILE - ORE 19 - Irrompono in arcivescovado (mentre Mussolini vi sta uscendo) EMILIO SERENI; LEO VALIANI con SANDRO PERTINI che brandisce una pistola in pugno. Dalla foga salendo le scale ha incrociato un gruppo di persone, in mezzo alle quali c'era Mussolini, ma non lo ha notato. ("Gli avrei sparato subito" dirà in seguito). Entra impetuosamente e quasi insulta il cardinale quando gli riferisce i tre punti esposti da Mussolini per la resa. "Mai! Deve solo consegnarsi a noi", "per cosa fare?" chiede il Card. Schuster, "Questa é cosa che non la riguarda" risponde Pertini. E rivolgendosi agli altri "siete stati tutti giocati". Monsignor Bicchierai presente riferisce anche altro nelle sue Memorie "Uno dei tre ci minacciò "per voialtri c'é un colpo di rivoltella pronto".

25 APRILE - ORE 20 - CARLO TIENGO che ha assistito alla scena corre ad avvisare Mussolini in prefettura " Vi vogliono uccidere, stasera stessa". Mussolini viene quindi dissuaso o  ritiene lui stesso di non doversi più recare in arcivescovado; decide di fuggire a Como per incontrarsi con un misterioso emissario di Churchill. Ha con sé una cartella con importanti documenti.

26 APRILE - Giunto a Como Mussolini si dirige verso Menaggio dove passa la notte, lo raggiunge la sua inseparabile amante Petacci, e la mattina successiva si aggrega a una colonna di automezzi tedeschi che in ritirata e quasi indisturbati si stanno avviando verso il confine svizzero per il rientro in Germania.

27 APRILE - Salito su un camion vestito con una cappotto e un elmetto tedesco, a un posto di blocco a MUSSO, MUSSOLINI viene riconosciuto da due partigiani saliti sul camion per un controllo. I tedeschi in ritirata li lasciano passare, ma i fascisti con questo sistema di mimetizzarsi con i tedeschi  lo conoscono già, quindi fanno le perquisizioni su ogni mezzo. Ed ecco che su uno di questi trovano nascosto Mussolini. I due partigiani sono PEDRO (Pier Bellini delle Stelle), e BILL (Urbano Lazzaro). Mussolini viene dunque catturato e portato in un casolare a passare la notte (nel frattempo é stata anche catturata la Petacci) mentre la notizia rimbalza fino a Milano, e nella notte "qualcuno" parte per fare, si dirà, "giustizia".

28 APRILE - Mussolini con altri cinquantuno fascisti fra cui 16 gerarchi sono consegnati "si racconta" al colonnello VALERIO (WALTER AUDISIO) all'alba arrivato da Milano. Convocato un improvvisato Tribunale di guerra, con un rapidissimo processo sommario in base alle disposizioni del CLM-AI, sono tutti condannati a morte e fucilati nella piazzetta di Dongo davanti a tutta la popolazione, mentre Mussolini e la Petacci sono portati fuori Dongo a Giulino di Mezzegra; fatti scendere dall'auto davanti a un cancello sono giustiziati . In effetti dopo le rivelazioni fatte dal segretario di Palmiro Togliatti, MASSIMO CAPRARA il 23 gennaio del 1997, a sparare fu ALDO LAMPREDI, che Togliatti per non offuscare la popolarità di uno dei capi storici del PCI, diede invece la celebrità a Walter Audisio che  recitò la parte per anni.

Delle due verità sembra che nemmeno questa sia quella giusta. Infatti arrivano le clamorose rivelazioni di BILL (Urbano Lazzaro) di Vicenza, che ora vive a San Paolo del Brasile. Il 27 agosto sul Borghese ha dichiarato con tutta la sua piena responsabilità che "Valerio non era Walter Audisio, come si continua a raccontare da due generazioni, ma LUIGI LONGO, Comandante generale delle Brigate Garibaldi,  a quell'epoca numero due del partito comunista dopo Togliatti. Egli nell'ordinare le fucilazioni di Dongo, non eseguì affatto un legittimo ordine del governo di Sua Maestà il luogotenente, ma una disposizione interna del PCI e dunque dell'Armata Rossa sovietica, di cui il PCI, era la longa manus in Italia". 

29 APRILE - Eseguite le condanne, raccolti i cadaveri dei giustiziati su un camion, si parte per Milano nella notte; i corpi massacrati sono scaricati all'alba sul selciato di Piazzale Loreto e lasciati il balia della folla imbestialita che si avventa assetata di sangue per vedere lo "spettacolo". A terra i cadaveri ricevono lo scempio, calci, sputi e perfino rivoltellate. La folla si accalca sempre più numerosa, vuol vedere, preme, spinge, urla. Qualcuno ha la "brillante" idea macabra di prendere i corpi e appenderli per i piedi al traliccio di un distributore di benzina, dove rimangono esposti "al pubblico" in un modo oltre che tragico, anche osceno. La donna più famosa d'Italia, odiata, disprezzata, per anni invidiata e chiacchierata, appesa per i piedi mostra le sue vergogne. Una donna forse offesa dalla sua dignità di donna, si sfila una spilla, raccoglie e ricompone la gonna della sciagurata. Le "vergogne" sono cosi' occultate, la "vergogna" di quello spettacolo invece no. Quello scempio tribale non fu una Liberazione, ma un incubo che un popolo di milioni di italiani vedrà chissà fino a quando, oltre la stessa esistenza delle varie generazioni che vi hanno assistito.

Trasversalmente i "giustizieri" erano da entrambi le parti, chi più chi meno avevano le menti assetate di sangue; perfino alcuni credenti negli eccidi, nelle esecuzioni di massa, fecero il distinguo sul decalogo dove c'e' scritto "non uccidere"; "il comandamento - dissero- riguarda il singolo, il privato, non la comunità, lo Stato". Era una frase scritta al tempo delle altrettanto sanguinarie Crociate, e così anche questo massacro fu giustificato!

Piazzale Loreto non era stato scelto a caso per fare questo sacrificio degno di tribù arcaiche della più profonda e nera Africa, era una compensazione o una rivalsa ad un altrettanto delitto e strage che era stata fatta alcuni mesi prima, quando furono trucidati da altri pazzi italiani 15 partigiani e lasciati lì nella piazza per giorni, come monito. Dovevano anche quei poveri corpi offrire lo spettacolo in un modo osceno. Ma pur con questa attenuante del particolare momento psicologico, così emotivo, rimane il fatto che l'episodio non fu un buon inizio della fine della guerra, anzi la scelleratezza, la sete di sangue iniziò proprio da questo momento. L'esempio veniva dall'"Alto", dalla "giustizia" sommaria, tutti si sentirono dispensati dalla morale, dalla dignità, dall'etica umana, e tutti coloro che erano nati e avevano latente la voglia di uccidere o la predisposizione al sadismo più necrofilo, ebbero a disposizione le loro vittime in quantità per il sacrificio, dal vicino di casa che un tempo faceva il gradasso nel quartiere, a quello che magari un giorno aveva rifiutato qualche chilo di farina, da quello che aveva osato dargli uno schiaffo in pubblico a quello che lo aveva licenziato per aver parlato male di Mussolini o del fascismo.

Nei giorni che seguirono i "giustizieri" improvvisati, come brutalità e ferocia e con vaghe motivazioni, andarono molto oltre la ritrovata "liberta" e oltre la "giustizia". I giustizieri imitavano le gesta dei giustiziati. Si calcola insomma che da questo 25 aprile e fino al 6 luglio siano stati giustiziati oltre 20.000 fascisti, e secondo i parenti delle vittime, 50.000. L'ultima  il 6 luglio quando a Schio un commando si impossessò del carcere dove vi erano rinchiusi 91 fascisti in attesa di processo; entrati dentro "gli uomini liberi"  li mitragliarono a bruciapelo.

A Marzabotto nelle 1830 persone uccise c'era Giorgio Bensi che aveva sei mesi, Iole Marchi tre mesi, Tito Lelli ventidue giorni, Valter Cardi era venuto al mondo - in questo mondo di orrore - da soli 12 giorni, 1 e 3 anni avevano quei due bambini buttati dentro nel forno del pane. Chi fu il responsabile? Tutti! Chi fu l'assassino? Tutti! Chi erano gli innocenti? Solo loro, questi bambini!

Le Stragi dei nazisti in Italia.
Boves 45 massacrati. Cervarolo, 24 fucilati. Alla Benedicta, 51 impiccati. Trieste via Ghega, 71 massacrati. Fondotoce, 42 fucilati. Fossoli, 68 mitragliati. Stazzena, strage di 560 abitanti. Valla, strage di 107 abitanti. San Terenzio 53 impiccati. Bassano d. G., 31 impiccati. Vinca strage di 200 abitanti. Marzabotto strage di 1830 abitanti. Cumiana, 51 fucilati. Fosse Ardeatine, strage di 355. Capistrello, 32 fucilati. Francavilla, 20 fucilati. Pietransieri, strage di 128 abitanti. - Limmari, strage dei 30 abitanti. Onna strage di 16 abitanti. Filetto, strage di 17 abitanti.

29 APRILE - Anche a Trieste era stato dato l'ordine di insurrezione, ma qui più che altrove i locali partigiani sono "rossi" e non hanno difficoltà a unirsi con i "compagni" slavi, che hanno già occupato Cividale, e sembrano molto decisi a penetrare nella pianura veneta.

La situazione qui si presenta subito come quella Francese in Val d'Aosta e in Piemonte e se qui la rivalsa-vendetta risaliva al 1939, in Iugoslavia veniva da più lontano, era l'odio del 1918 (con Fiume, D'annunzio, Gorizia , Trieste). Ora a parte che di fatto da soli stavano vincendo tedeschi e  fascisti (quindi gli italiani) che avevano invaso il loro paese, le loro pretese su Trieste  Gorizia e Fiume erano che gli italiani, allora avevano costretto gli slavi a sloggiare, ora loro si preparavano a fare altrettanto con gli italiani, e convinti che la fine della guerra e la pace avrebbe modificato il confine, occuparono la città di Trieste, l'Istria, e una parte di quell'Italia che oggi si trova in Slovenia ma che per conquistarla morirono quasi 200.000 soldati: Caporetto.