Interventi urgenti in materia di spesa sanitaria
Il testo della Legge approvata definitivamente dalla
Camera
pubblicato sulla G.U del 17 novembre
Più risorse per la sanità, un freno alla spesa farmaceutica,
più autonomia e maggiori responsabilità per le Regioni.
Queste le “parole chiavi” della legge sulla spesa sanitaria
approvata in via definitiva dalla Camera.
Con il provvedimento, che recepisce sostanzialmente l’accordo dell’8
agosto fra Stato e Regioni, queste ultime ottengono un aumento delle risorse
per la sanità di oltre 20mila miliardi di lire: 146.376 miliardi
per il 2002, 152.122 miliardi per il 2003 e 157.371 miliardi per il 2004.
Per il 2001, il Fondo Sanitario Nazionale viene incrementato di quasi 8mila
miliardi, toccando quota 138mila miliardi, mentre 6mila miliardi vengono
destinati al ripiano dei disavanzi regionali.
Il provvedimento porta il Fondo sanitario nazionale al 5,8% del PIL
e, contemporaneamente, impegna le Regioni a tenere sotto controllo la spesa,
in particolare quella farmaceutica, “lievitata” negli ultimi anni.
Dal prossimo anno, lo Stato non ripianerà più i disavanzi
delle Regioni, che dovranno coprire da sole eventuali “buchi”, ricorrendo
a un aumento dell’aliquota Irpef, ad altre tasse locali o ai ticket.
Il tetto per la farmaceutica viene fissato al 13% della spesa sanitaria
complessiva.
Dal primo dicembre, il prezzo di riferimento per il rimborso dei farmaci
viene calcolato sul medicinale meno caro: a chi sceglie il prodotto più
costoso, viene rimborsato, cioè, solo il valore del farmaco a prezzo
più basso.
Solo il medico può decidere la sostituzione del farmaco prescritto
con altri a base dello stesso principio attivo.
Scatterà in via sperimentale, per sei mesi, il prezzo di riferimento
per categorie omogenee di medicinali. I farmaci più costosi, quelli
per le patologie più gravi, vengono acquistati dalle aziende sanitarie
al 50% del loro prezzo e vengono poi venduti attraverso le strutture pubbliche
o le farmacie che hanno stipulato convenzioni con le Asl.
In ciascuna ricetta, non potranno essere prescritte più di 3
confezioni, 6 se si tratta di antibiotici in confezione monodose, interferone
per malati di epatite cronica e medicinali somministrati per fleboclisi.
Alla fine dell’anno, le aziende sanitarie e ospedaliere dovranno far
quadrare i conti e chiudere in attivo: l’obbligo dell’equilibrio di bilancio
non vale più per singolo presidio ospedaliero, come stabiliva l’accordo
fra governo e Regioni, ma per l’intera azienda.
Si prevede, inoltre, l’acquisto centralizzato di beni e servizi, attraverso
convenzioni stipulate dalla Consip (Concessionaria servizi informatici
pubblici) e una riduzione dei posti letto ospedalieri per acuti, 4 ogni
mille abitanti.
Slittano di un anno la riduzione e l’eliminazione dei ticket sulla
diagnostica e sulla specialistica.
Entro il 30 novembre definiti i livelli essenziali di assistenza con
un accordo tra Sanità, Tesoro e Regioni.
Allentata, infine, la stretta sulle farmacie rurali: le agevolazioni
fiscali sono confermate per quelle che fatturano fino a 750 milioni l’anno,
mentre beneficeranno di sconti ulteriori gli esercizi con un fatturato
inferiore a 500 milioni.
Alcune novità sono state apportate al provvedimento durante
l’esame del Senato e recepite dalla Camera.
Dal primo marzo 2002, un bollino sulla confezione permetterà
il riconoscimento dei farmaci acquistabili senza ricetta medica.
I rifiuti sanitari non tossici, dopo essere stati disinfettati, vengono
eliminati come quelli urbani.
E’ prorogato al primo febbraio 2002, infine, il tempo definito per
i medici.
Il testo della Legge è
nella rubrica "Legislazione"
SSN regionalizzato ?
La Legge approvata dal Parlamento, preoccupa la Federazione Nazionale
degli Ordini dei Medici.
Con un comunicato il Presidente, Giuseppe Del Barone, esprime
le sue perplessità dichiarando fra l’altro: “Nonostante le assicurazioni
fornite stiamo assistendo ad un progressivo smantellamento di un Servizio
Sanitario Nazionale basato su principi di solidarietà che, seppur
perfettibile, rappresenta un modello di assistenza di alto profilo nel
panorama internazionale. L’autonomia regionale esasperata prevista dal
decreto potrebbe portare a tanti sistemi sanitari regionali, ognuno dei
quali in grado di garantire livelli qualitativi e quantitativi di assistenza
rapportati alle locali possibilità finanziare, determinando così
un processo che finirebbe per stravolgere i principi costituzionali di
tutela della salute. Di fronte a questa decisione del Governo è
facile prevedere che i medici italiani potrebbero non condividere una scelta
che rischia di destabilizzare l’uniformità delle prestazioni sanitarie,
riaffermando la necessità di garantire alla collettività,
da Nord a Sud del Paese, gli stessi livelli di assistenza”.
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