FACC' D' 'MPIS'



Introduzione

I giorni della trebbiatura a Faeto nei tempi passati...non è facile dimenticarli. Erano colmi di duro lavoro, ma erano giorni di festa. Si compiva un grande rito: le parole della preghiera cristiana "Dacci oggi il nostro pane quotidiano" si tramutavano in palpitante realtà. Il grano era finalmente lì sull'aia, pronto per essere portato a casa e diventare presto pane saporoso e profumato.
Queste giornate di intensa fatica erano gioiosamente vivificate dal canto.Tutto il repertorio locale delle canzoni profane e religiose trovava sull'aia uno dei suoi palchi naturali privilegiati. L'estro poetico e canoro della nostra gente si sbizzarriva, ben innaffiato anche da qualche buon sorso di vino!
Il canto locale più eseguito, in questa circostanza, era "Facc' d' 'mpis' ". Il testo non è in lingua franco-provenzale, ma si esprime nella solita forma dialettale di derivazione irpino-sannita talvolta usata nelle nostre zone. Ha varie versioni(quì viene proposta la versione più nota e che sembra più antica) e presenta legami ed affinità anche con componimenti esistenti nell'antico folklore pugliese(soprattutto garganico e barese).
Oggetto delle prime tre strofe è la rivalita amorosa tra due giovani: il secondo molesta il primo(gli lancia contro sull'aia fruscoli di paglia) perchè gli invidia "l'innamorata"; il provocato gli affibbia... gentilmente l'appellativo di "faccia d'impiccato". Nelle ultime due strofe a cantare è il padre che, tra l'ironico e il compiaciuto, narra le singolari prodezze del figlio, che se la va "mafieggiando" dalla mattina alla sera per le strade del paese e consuma il sonno e le sue scarpe per andare cantando serenate durante la notte.
È difficile stabilire l'epoca di origine di questa composizione. Dalle testimonianze dei più anziani si può dedurre che era cantata da più di un secolo.

Tratto dall'opuscolo allegato al disco "Funtan' d' Fait' "



Testo

1

Lu vi, lu vi, mo s' n' vèn,

mo s' n' vèn lu facc' d' 'mpis'.

2

P' l'ari', p' l'ari' na pagliuch'...

Vurrìj' sapèr' chi m' l'ha m'nat'

3

M' l'ha m'nat' quillu facc' d' 'mpis'

p g'llusìj' d'lla nnammurat'.

4

Lu ninn' mìj' è bèll e maffius' :

cu lu cappi'll' 'n man' s' n' va scarus'.

5

Lu ninn' mìj' va cantènn' la nòtt'

s' tròv' lu suônn' pèrs e li scarp' rott' .

1

Guardalo, guardalo, guardalo, ora se ne viene

ora se ne viene la faccia d'impiccato.,

2

Per l'aria, per l'aria un fruscolo (di paglia)

Vorrei sapere chi me la lanciato.

3

Me l'ha lanciato quella faccia d'impiccato

per l'invidia della (mia) amorosa.

4

Mio figlio è bello e spavaldo:

con il cappello in mano se ne va (a capo) scoperto.

5

Mio figlio va cantando durante la notte:

si trova il sonno perduto e le scarpe rotte.



repertorio 2º LP