I pregiudizi... cerchiamo di comprenderli per sorriderne

Se conosceste una donna che si trova in stato interessante, che ha già otto figli, tre dei quali sono sordi, due sono ciechi, uno è ritardato mentale e lei stessa ha la sifilide, le consigliereste di abortire?

Questa incredibile domanda è piuttosto diffusa in rete. Probabilmente è artatamente veicolata in modo da renderla credibile in quanto accompagnata da un'altra domanda che proporremo alla fine di questa lettura. In pratica, se rispondete positivamente alla domanda di cui sopra, scoprirete che avete appena ucciso Beethoven...

La madre di Beethoven non aveva la sifilide e l'unica pecca in famiglia era il padre dedito all'alcol. Beethoven (n. 1770) era il secondo di 7 figli di cui sopravvissero solo in tre (Ludwig, Kaspar e Nikolaus). Questo pero' era un fatto abbastanza comune data l'elevata mortalità di quel tempo. Nel 1798, Beethoven inizio' ad avvertire i primi sintomi di quella sordità che sarebbe divenuta quasi completa nel 1815.

tentazioniCome premesso, prima di passare alla domanda successiva, esamineremo alcune semplici osservazioni sui pregiudizi e sulle loro possibili funzioni. La discussione non ha né potrebbe avere la finalità di esaurire l'argomento, piuttosto è una traccia per affrontare questa realtà che ha enorme diffusione oltre che vaste implicazioni personali e sociali. Infatti, sarebbe bene imparare a conoscere i pregiudizi, in modo da comprenderli meglio ed evitare che emergendo incontrollati possano diventare fuorvianti per la nostra capacità di giudizio e per il nostro comportamento.

Nessuno può sostenere con sicurezza che in qualche remoto angolo della propria mente nasconda qualche piccolo o grande pregiudizio che improvvisamente si manifesta con parole dette in un certo modo, con un'espressione appena percepibile, con una decisione "istintiva", ecc. I pregiudizi esistono, e non è possibile negarli e relegarli nel nostro intimo, perché - come sosteneva Jung - malgrado tutti i nostri sforzi continueranno ad esistere in noi ed in coloro che ci seguiranno sulla scena del mondo.

Come suggerisce la parola, un pre-giudizio è una forma di valutazione che si manifesta prima che noi abbiamo, o riusciamo ad avere a nostra disposizione tutte le conoscenze necessarie per formulare una vera opinione. Un pregiudizio dovrebbe essere una sorta di prima approssimazione che, successivamente, dovrebbe portare alla formulazione di un giudizio vero e proprio. Pero' questo avviene raramente, essenzialmente perché l'essere umano non è in grado di memorizzare dati infiniti, e d'altra parte spesso non riceve né dispone di tutte le informazioni necessarie a sviluppare un'idea vera e propria. Questo perché le informazioni semplicemente non sono disponibili; perché altre situazioni impediscono, limitano o confondono la diffusione delle conoscenze; perché non tutti sono in grado di elaborare messaggi magari complessi ed astratti; perché la questione suscita particolari emozioni, ecc.

Accettando queste premesse, è possibile supporre che una parte decisamente prevalente dei pensieri creati dalla nostra mente, sia orientata da pregiudizi e non basata su giudizi veri e propri.

Si usa dire che il pregiudizio è figlio dell'ignoranza. Questa affermazione non è del tutto corretta perché, in qualche modo, richiama alla mente comunità agricole dei primi del '900. Pero' oggi queste comunità sono molto ridotte e prevalentemente appartenenti a Paesi non occidentali e, in generale, ai margini di quel processo che, nel bene e nel male, costituisce la globabizzazione.
In effetti, per comprendere le ragioni per le quali istintivamente ricorriamo al pregiudizio, occorre considerare anche la realtà opposta: l'eccesso d'informazioni incessantemente proposte da quotidiani, periodici, radio, televisione e, non da ultima, INTERNET. Coloro che effettuano ricerche in rete, sanno bene che è sufficiente inserire in un motore di ricerca una parola chiave, ad es. "fantascienza", per essere sommersi da migliaia di nozioni più o meno coerenti con l'argomento cercato. Così, nella vita di tutti i giorni, per coloro che vogliono avere anche una minima conoscenza del mondo è più facile avere troppe informazioni (anche superflue) piuttosto che non riceverne affatto.

Per poter vivere attivamente in questa società necessitiamo di una quantità piuttosto articolata di informazioni (essenzialmente molto pratiche). Queste informazioni si succedono in quantità tale che non è sempre possibile, analizzarle, confrontarle e quindi organizzarle. Così, siamo necessariamente costretti ad ignorare buona parte del mondo che ci circonda, dimenticando sùbito quasi tutto ciò che abbiamo visto, letto o ascoltato.
Per esempio, provate a ricordare le notizie che avete letto nel giornale di ieri: nella maggior parte dei casi, scoprirete quanto poco ricordate effettivamente. Questo, sebbene possa provocare un senso di frustrazione, è un bene in quanto rappresenta un processo di difesa che il nostro cervello adotta per evitare di essere sommerso da una quantità d'informazioni che potrebbero rivelarsi inutili oltre che dannose. Per convincersene, possiamo citare ad esempio quelle persone che leggendo l'elenco telefonico ricordano tutti i numeri di telefono e tutti gli indirizzi; queste persone non sono sempre invidiabili, poiché generalmente non sono in grado di avere una vita indipendente (come è per gli autistici): la loro enorme capacità mnemonica limita la capacità di superare con successo le piccoli e grandi necessità della vita di tutti i giorni.
Selezionare le informazioni in modo da dimenticarle o ricordarle è dunque una necessità. Tuttavia questo selezione, essendo per lo più incontrollabile, non è sempre possibile.

La nostra vita è un susseguirsi di decisioni. Per prendere decisioni, dobbiamo sapere. Per sapere dobbiamo avere informazioni. Anche se non abbiamo informazioni, spesso dobbiamo comunque decidere. E dunque siamo costretti a sviluppare rapidamente un'opinione che ci indichi come reagire davanti ad uno stimolo.

Il classico esempio che segue, descrive come generalmente si sviluppa una decisione volontaria in assenza d'informazioni.
Immaginate di camminare da soli in una strada secondaria e scarsamente illuminata di una grande città. State per incrociare una persona. Provate ansia? Rimanere tranquilli? Vi spostate sul marciapiede opposto, oppure continuate per la vostra strada?
Per avere un comportamento veramente adeguato alla situazione, dovreste sapere chi è la persona che state per incrociare, le sue abitudini di vita, il suo stato d'animo in quel preciso momento.
Ovviamente queste informazioni sono impossibili da ottenere nei pochi secondi a disposizione. Così, per decidere, ricorriamo al pre-giudizio. Formuliamo assunzioni basate sul sesso della persona (donna = pericolo minore; uomo = pericolo maggiore), sull'altezza, sulla corporatura, sul colore della pelle, sull'abbigliamento, sui tratti somatici, ecc.
Questi criteri, in generale non hanno alcun rapporto diretto sul possibile comportamento (aggressivo, indifferente, socievole) della persona che stiamo incrociando. La persona può essere una donna bassa psicopatica e violenta, oppure un uomo di colore, grande quanto un armadio e di filosofia buddhista.

Questo semplice esempio evidenzia come il pregiudizio abbia una funzione di semplificazione della realtà, aiutandoci a prendere rapidamente delle decisioni. Ma se poi queste decisioni siano anche corrette, questo è del tutto opinabile.

Nessuno - ricordando ancóra Jung - è una "tabula rasa". La nostra predisposizione (genetica, biologica, psicologica) unita all'ambiente in cui viviamo plasmano il nostro comportamento per tutto l'arco della nostra vita. Durante questo "percorso", nella nostra mente formuliamo degli schemi che cerchiamo di seguire e realizzare per raggiungere un benessere personale. Gli schemi sono svariati ed in parte anche personali, ma alcuni sono più frequenti di altri; fra questi, due sono più comuni: lo schema conservatore e lo schema egoistico.


Il pregiudizio ha anche una componente sociale in quanto avere una determinata pre-opinione permette di ricavarne un giovamento diretto. Spesso ascoltiamo con attenzione quello che dice una persona da cui vogliamo anche ottenere qualcosa. Preso atto della sua opinione (che spesso valutiamo approssimativamente), la riproduciamo cercando così di ricreare una somiglianza reale o virtuale tra il suo ed il nostro pensiero. La somiglianza crea simpatia e la simpatia aumenta le possibilità di ricevere quello che vogliamo. E' evidente che in questi casi possiamo avere a che fare con dei pregiudizi superficiali, puramente opportunistici, che in realtà non corrispondono al nostro pensiero reale. Ma è anche vero che in altri casi si finisce per credere fermamente a qualcosa, arrivando a considerare un'idea profondamente vera e non riconoscendo più il fatto che, forse, quell'idea si è formata solo per un mero tornaconto. Allorché non ne avremo più bisogno o addirittura potrebbe rivelarsi dannosa, assumeremo un nuovo pensiero, un nuovo pregiudizio, anche opposto a quello precedente, e tutto ricomincerà daccapo.

Abbiamo pregiudizi morali (vedi processo alla scimmia), sugli alimenti (biotecnologie), sul gioco (vedi la probabilità), sulle persone, ecc. Molti di questi pregiudizi sono suggeriti da proverbi, che sono sì frutto della saggezza popolare, ma spesso inadatti a contesti e periodi diversi. Quelle che seguono sono alcune "perle" di saggezza popolare. Giudicate voi...


domanda finale

E' tempo di elezioni e voi siete chiamati a votare. Queste sono le informazioni relative ai tre candidati:

Quale dei tre candidati eleggereste?

Se volete conoscere la risposta, scrivetemi comunicandomi la vostra scelta. Vi risponderò rapidamente (il vostro indirizzo è strettamente riservato e non verrà utilizzato per comunicarlo ad alcun centro di raccolta di mailig-list).


Molto spesso le barzellette riflettono alcuni aspetti della realtà esaperandoli in maniera divertente. Quella che segue, sottolinea i pregiudizi legati a due professioni. In effetti, c'è un fondo di verità...


mongolfieraUn uomo su una mongolfiera finisce su un albero in aperta campagna. Vedendo un signore che gli si avvicina, gli domanda a gran voce:
«Mi scusi, mi sa dire dove sono?»
«Lei è in cima ad un albero, a sei metri di altezza da terra, a 40 km dal centro abitato più vicino e io non ho una scala per farla scendere»
Prontamente l’uomo sull’albero con tono sarcastico replica:
«Scommetto che lei si occupa di sistemi informatici»
«Come ha fatto a capirlo?»
«Vede, lei mi ha fatto una perfetta analisi della situazione, ma non mi ha dato la minima soluzione per risolvere i miei problemi»
Allora l’altro ribatte:
«Io invece scommetto che lei di mestiere fa il dirigente d’azienda»
«E come lo ha capito? »
«Facile: lei ha sbagliato, ha fatto un casino, ora si trova nei guai, non sa come uscirne, pero' è riuscito comunque a dare la colpa ad un altro».

nemesi

copyright Marcello Guidotti, 2000
Questo articolo può essere liberamente pubblicato su qualsiasi supporto o rivista, purché con limitati adattamenti e con citazione della fonte e l'indirizzo di questo sito.