MISTRETTA

(Comune del Parco dei Nebrodi)

 

L'ARTIGIANO - OPERATORE DEL FERRO - GIOVANNI MENTESANA

Per ricordare un grande artigiano che recentemente ci ha lasciati

 

INTERVISTA FATTA POCHI MESI PRIMA DELLA SUA SCOMPARSA

Giovanni Mentesana

Attratto ed incuriosito dal ritmo che sapeva di musica, appoggiato alla porta  d’entrata du furgiaru(1), con ammirazione guardavo forgiare un ferro di mulo con una maestria straordinaria che mi ha  inchiodato lì fino alla fine.

I colpi “sordi”, dati sul ferro reso incandescente dalla fucina,  si alternavano con quelli squillanti della pesante incudine d’acciaio, a ritmo continuo, sempre uguale, con una metrica musicale somigliante ad una canzone cantata con la stessa nota.

Quei colpi sull’incudine forti e penetranti mi consigliavano di proteggere le orecchie che, spontaneamente, coprivo con le mani, ma rimanevo lì a guardare incurante del rumore assordante.

Successivamente veniva usata la pesante mazza da un altro collaboratore per fare i buchi al  ferro che servivano per fissare, con i chiodi, lo stesso ferro allo zoccolo. Anche in questo caso la sequenza dei colpi era perfetta, variamente alternata, spettacolare.

Di tanto in tanto il ferro veniva rimesso tra i carboni ardenti (carbon coke) che sprizzavano scintille rese vive dal soffio di un mantice azionato da un giovane apprendista.

Batti e ribatti e il ferro si modellava come per miracolo: veniva fuori l’esatta misura del ferro da applicare “a quel mulo”. Leggevo negli occhi e notavo, nei gesti del fabbro, un grande rispetto per l’animale che, paziente, aspettava di essere ferrato.

Sentire oggi, dalla viva voce del Sig. Mentesana, che i maniscalchi facevano agli animali la “ferratura correttivami fa pensare ai “ferri ortopedici.  Se da un lato sembra strano e curioso dall’altro  è una conferma che il maniscalco non poteva essere un operatore sprovveduto, ma un bravo artigiano capace di capire e risolvere i problemi che l’animale visibilmente presentava: u quartu ruossu e u quartu lisciu … è uno dei tanti modelli di ferratura correttiva.   

La figura del maniscalco a Mistretta (come in tutti i paesi agricoli), oggi quasi inesistente, è stata nel passato di grande importanza per la vita contadina. Basta pensare agli strumenti di lavoro: u fesi(2), "u zappuni"(3), "u sciamarru"(4), "a vommira"(5), "a runca"(6), " a fauci e u faucigghiuni"(7), "u cutieddu"(8), " u ccittuni"(9) ecc. Molti di questi strumenti  venivano “timpirati(10) dal maniscalco per renderli più duri; venivano affilati, riparati o completamente ricostruiti.

 L’attività agricola, dunque, era in mano ai fabbro ferrai senza i quali il contadino avrebbe trovato serie difficoltà  Un’attività artigianale, quella del maniscalco,  ricca di operatori, ognuno dei quali lavorava in piccoli ambienti in svariati punti della nostra città.

Credo sia doveroso citarli perché rappresentano un passato in parte agonizzante o completamente cancellato dall’evoluzione tecnologica.

Il signor Giovanni Mentesana, ancora in attività, grazie alla sua fresca memoria, degno rappresentante della categoria, racconta che il padre Sebastiano lavorava insieme ai fratelli Francesco e

TRA FORGIA, FURGIARA E CHIAVITTIERI

    

saranno ricordate dalla storia ed i giovani saranno i testimoni di un lento processo involutivo del nostro artigianato.   

La sensibilità umana e la bellezza che il Sig Mentesana  imprime, colpo su colpo, alle sue opere, è spiegata dall’amore che manifesta per la musica che lo fa sentire vivo, che lo emoziona. Le sue creazioni sono impregnate dalle più belle opere del melodramma italiano che lui ascolta ininterrottamente grazie ad un vecchio registratore che resiste in officina come se volesse reggere il confronto con il ferro.

Un’altra categoria  che rivestiva un’importanza non solo storica, ma culturale e artistica è quella dei “chiavittera”(11).  Erano artigiani specialisti nel costruire serrature, chiavi, inferriate ed oggetti d’arredo realizzati in ferro battuto. A questa categoria appartennero: Natale Sutera (sopra la Chiesa di S. Giovanni), Paolo Messina, Sebastiano Zampino, Vincenzo Lentini ed infine Antonino Cardinale. Quest’ultimo, maestro di Giovanni Mentesana, considerato “il  più grande chiavettiere amastratino” dice il sig. Giovanni, fu “operaio civile militarizzato che lavorò nelle officine “Dugrot” di Palermo”. “Da lui ho imparato tutto, non era mai contento dei miei lavori – aggiunge  – Oggi so che aveva ragione. E’ stato un maestro di vita”.  

Così come l’ho trovato, il Sig. Giovanni, immerso in un’armonia di suoni, guarderà,   davanti a sè, una serratura, una grossa chiave e un “capizzuni” di sua creazione, destinati al figli Sebastiano, come volesse dire “ecco il ricordo di un passato che domani non sarà più vivo” .

Noi sappiamo, però, che la sua opera legata alla vita dei maniscalchi di un remoto passato rimarrà per sempre nei ricordi di quanti, grazie a lui e a quelli come lui, hanno dato un senso alla loro vita con il lavoro. Noi sappiamo che il Sig. Giovanni, quando deciderà di godersi la sua meritata pensione, lascerà indelebili ricordi perchè la storia non cancella le manifestazioni creative ed il frutto delle sue esperienze sarà una preziosa eredità per tutte le nuove generazioni.  

  Lucio Vranca

 

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(1)“Furgiaru”- Maniscalco; ­ (2)“fesi”- Strumento di ferro con una parte a scure e l’altra a piccone usato “pu scatasciu” che è lo scasso che si fa al terreno(oggi con il trattore) prima dell’impianto di una vigna; (3)zappuni” – Zappa; (4)Sciamarru”- Sorta di zappa, larga da un lato e stretta dall’altro; (5)“vommira”- Vomere; (6)runca”- Strumento di ferro come una piccola falce per tagliare le parti inutili della pianta; (7)“faucigghiuni”- Piccola falce; (8)“cutieddu”- Coltello; (9)“ccittuni”- Piccola accetta; (10)“timpirari”- Dare la tempra (stato di maggiore durezza dei metalli riscaltati e rapidamente raffreddati).

(11)“Chiavittera”- Artefici di piccoli lavori di metallo come toppe, chiavi ecc.; (12)“firmaturi” –Serrature; (13)“paggheri”- Luogo dove si conserva la paglia; (14)“maiaseni”- Magazzini; (15)“staddi”- Stalle; (16) “capizzuna”- Arnese che si mette sopra il naso del mulo e dell’asino per guidarli; (17)rastieddu”- Arnese che serve a tirar la brace dal fuoco; (18)“ucchina ru furnu”- Lamina sagomata che chiude la bocca del forno durante la cottura del pane; (19)stutabbrascia”- Contenitore che serve a spegnere la brace ardente durante la preparazione del forno. 

Vincenzo e aggiunge con orgoglio: Mio padre, introducendosi nella Scuola di Cavalleria di Pinerolo (TO) acquisì una grande conoscenza del mestiere. Fu, per questo, un maestro non solo per me, ma per molti altri apprendisti che vollero imparare l’arte della lavorazione del ferro”. 

Il Sig. Vincenzo Chiella – prosegue il Sig. Mentesana - aveva “a forgia” a S. Francesco, mentre il fratello Giuseppe operava a S. Caterina. “I furgiara” Antonino Belluomo ed il figlio Sebastiano lavoravano “o palu”, i fratelli Vincenzo e Antonino Messina in Piazza SS. Rosario; Vincenzo Romeo in Via Libertà; Lucio Ribaudo e Nicola Di Salvo in Via Libertà; Giovanni Aliberti a S.Giovanni; Antonino Lo presti a S. Nicola.

Molti i lavori che si possono ammirare frutto della maestria dell’artigianato locale, basta osservare l’elegante balconata del Palazzo Russo che s’inserisce splendidamente nell’intero movimento architettonico; la casa Germanà dai prospetti impreziositi dalle finestre con chiusure in ferro battuto “disegnate da Noè Marullo (scultore amastratino) che fu anche direttore dei lavori”. A questi si aggiungono tutti i balconi in ferro del centro storico, i cancelli e le cancellate che sono, in certi casi, veri capolavori d’arte. “I firmaturi”(12) ·, le grosse chiavi (a prova di ladro) che servivano per aprire le vecchie case, “i paggheri”(13) i “maiaseni”(14), i staddi“(15) ..ecc.;” i capizzuna”(16) dei muli e degli asini ed altri piccoli oggetti casalinghi come “u sastieddu"(17), a ucchina ru furnu"(18), "u stutabbrascia"(19) ecc.

E’ triste constatare come la civiltà contemporanea possa creare le condizioni affinché le nuove generazioni si orientino a scegliere soluzioni che, se da un lato sono meno costose e pratiche, dall’altro offendono il senso estetico e il buon gusto oltraggiando  la magnificenza e la preziosità quale risultato di un lavoro fatto con il cuore da persone che hanno conosciuto (o conoscono) l’umiltà, la fatica e, inconsapevolmente, sviluppato  il senso dell’arte .

Sebastiano Mentesana, Mario Aliberti, Mario Di Salvo sono i pochi rimasti a tenere vive le officine dove si fanno lavori in ferro. “La gente vuole spendere poco” – dice il Sig. Sebastiano – “e noi per potere vivere ci dobbiamo adeguare”. Il figlio del grande maestro Giovanni, dunque, è costretto ad affidarsi alle nuove tecnologie che mettono sul mercato prodotti più economici.

Giovanni Mentesana, forte dell’insegnamento del maestro Cardinale, ha fatto conoscere le sue opere di ferro battuto in svariati posti della Sicilia e dell’Italia (Valle d’Aosta). I cancelli commissionati dall’Architetto Di Luisi di Palermo, i lampadari e moltissimi altri manufatti, sono  autentici gioielli che il Sig.Mentesana ha realizzato per venderli, ma senza fretta perché sarebbe come voler dire addio a una sua creatura che promette al suo creatore di ricordarlo alle nuove generazioni.

 Gli eventi umani, le testimonianze non verbali delle opere degli artefici amastratini,