Senza nemici
Nessuna guerra al Messico per quel che capita in Chiapas, nè
all'Indonesia per Timor Est. Non si bombarda la Turchia per la pulizia etnica
contro i curdi, nè la Cina per il Tibet, nè la Russia per la Cecenia...
E' buona cosa, perchè le guerre non contribuiscono minimamente
a risolvere questi problemi. Li aggravano e ne creano di nuovi. Distruggono in
pochi giorni le costruzioni materiali e morali di secoli.
Una buona cosa con una cattiva spiegazione: per alcuni i diritti
umani non sono che un pretesto presentabile per scopi diversi, variabili dalla
strategia economico-finanziaria di uno stato all'atto di sottomissione e
ubbidienze di un premier.
Per questo scompare rapidamente l'attenzione ai problemi delle
popolazioni kosovare adesso che non costituiscono più un'utile scusa, ma
pongono domande cui nessuno ha interesse o voglia di rispondere.
Che l'occupazione militare abbia aperto il Kosovo ai safari di
quanti hanno vendette da consumare, è argomento che si affronta con molta
flemma.
E' sconvolgente che si trovino ogni giorno nuove tracce di
stragi, torture, crudeltà d'ogni genere.
Sconvolgente anche la meticolosa ottusità di chi nelle fosse
comuni cerca buone ragioni per una guerra che è stata un acceleratore di
crimini e misfatti; che li ha intensificati.
E' una semplificazione puerile e irreprensibile considerare
chiunque, sempre, necessariamente amico di alcuni e nemico di altri. Tutti
accusatori e tutti protettori. Tutti schierati in un campo di battaglia o sulle
opposte gradinate di uno stadio. Oltre alla comprensione del presente, si perde
così ogni speranza per il futuro.
E' invece possibile, senza mediocrità morale, rifiutarsi di
considerare nemico anche uno solo dei propri simili.
E' possibile opporsi con intransigenza a qualsiasi violazione
della dignità, della libertà, della vita di qualsiasi essere umano.
E' possibile, con coerenza e senza ipocrisia, assumere
contemporaneamente questi due atteggiamenti.
Forse è indispensabile: per capire e per agire.
