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Il castello di Rocca Sinibalda tra le opere di Baldassarre Peruzzi

 

L’artista, nominato architetto della Fabbrica di S. Pietro nel 1530, è stato l’artefice del progetto del castello del centro sabino

Paul Bril (1554-1626), Feudo di Casa Mattei: Roccasinibalda, GNAA, Foto SBAS

 

A pochi chilometri da Rieti, nelle vicinanze del lago del Turano, sorge su uno scosceso promontorio il piccolo paese di Rocca Sinibalda le cui case circondano umili l'imponente castello e sembrano aggrapparsi a quella che deve essere stata, nei secoli passati, un’inespugnabile roccaforte.

Il castello sorge strategicamente su un colle alto 520 metri e solo una stretta striscia di terra, oggi mascherata dalle case più nuove, lo collega al resto della collina, mentre tutto intorno è diviso dai colli circostanti tramite la valle del fiume Turano, importante via di comunicazione con il vicino Abruzzo.

L'origine del borgo è purtroppo ignota, anche se i tortuosi percorsi delle sue stradine denotano, insieme a una obbligata esigenza di adattamento all'aspro sito naturale, una probabile origine medioevale attestata tra l'altro dalla presenza di più documenti risalenti all’ XI secolo.

Identificabile con l'antica Trebula Suffennate ricordata da Strabone, Dionigi d'Alicarnasso e Plinio, Rocca Sinibalda venne probabilmente fondata da Sinebaldo, un nobile longobardo, conte e rettore della Sabina dal 1058 al 1065. Le più antiche notizie del paese sono riportate nel Registro Farfense del 1084 in cui si legge:"pergentes in Roccam de Sinebaldo, et venentes in turanum" (Reg.Farf.Doc.109-V). Documenti successivi indicano alla fine dell'XI secolo un diretto dominio sulla rocca da parte dell'Abbazia Benedettina di Farfa, dominio usurpato, intorno al 1106, dai figli del Conte Taudino fondatori in seguito della consorteria feudale che vi signoreggiò fino al tardo medioevo. Dal XIII al XV secolo il castello fu posseduto dalle famiglie Buzzi e Brancaleone di Romancia.

 

Occorre a questo punto fare una rapida digressione riguardante l'evoluzione dell'architettura fortificatoria per una maggiore comprensione della storia del castello di Roccasinibalda.

In epoca medioevale, con il frazionamento del potere politico derivante dal sistema feudale, si erano andate sempre più perdendo tutte quelle conoscenze tecniche militari di attacco e di difesa che romani e greci avevano portato ad altissima perfezione. Solo dalla fine del XV secolo il sistema difensivo pone nuovi problemi: Carlo VIII, durante la sua discesa in Italia non può essere fermato perché nessun muro può resistere ai suoi cannoni; cambiava infatti la situazione generale, entravano in gioco le armi da fuoco.

Anche nei trattati di architettura si era già sentito il bisogno di svolgere una più accurata ricerca nell'ambito delle fortificazioni, ed è soprattutto con Francesco di Giorgio Martini (1) che cominciano ad essere formulati nuovi princìpi architettonici per un efficace sistema difensivo. Così alla pianta del castello viene data una forma poligonale con angoli che si oppongono al fuoco con superfici sfuggenti, al corpo centrale vengono aggiunti elementi fiancheggianti di difesa e il bastione triangolare prende il posto della torre rotonda per schivare meglio i proiettili delle bombarde.

Nel castello di Rocca Sinibalda, tracce dell'antica struttura si possono scorgere nella cinta esterna e nelle ampie mezze torri che ne sporgono, dove è appunto evidente un sistema di difesa antecedente l'invenzione delle armi da fuoco; per il resto la fortificazione appare quasi completamente cinquecentesca.

 

All'inizio del Cinquecento, i conti Mareri risultano ufficialmente proprietari di Rocca Sinibalda (2), ma non ne hanno il possesso, di cui usufruisce invece il Comune di Rieti (3). Ma chi fu in quest'epoca l'autore della ricostruzione del castello? Nel Gabinetto degli Uffizi a Firenze sono conservati due disegni (n.579-A e n.4204-A) identificati come progetti del castello di Rocca Sinibalda e attribuiti a Baldassarre Peruzzi (4), che si qualifica dunque come autore della fortificazione attuale.

B.Peruzzi nasce a Siena nel 1481 e qui probabilmente inizia a lavorare come aiuto del Pinturicchio nella Cappella di S.Giovanni nel duomo di Siena. Nel 1503 si reca a Roma dove lavora con Bramante e Raffaello. Tra il 1508 e il 1511 costruisce per Agostino Chigi il Palazzo della Farnesina (il cantiere più prestigioso della Roma di quegli anni dopo S. Pietro), schema moderno dell'evoluzione dell'architettura delle ville private tra XV e XVI secolo, una facciata inserita tra due corpi sporgenti la cui forte vibrazione luministica si fa sentire anche all'interno nella decorazione a fresco a trompe-l'oeil di cui si incaricò lo stesso Peruzzi.  

Nominato nel 1530 architetto della fabbrica di S.Pietro, frammenta lo spazio con il continuo susseguirsi di colonne e vani creando così dei vivaci giochi di luce. Negli stessi anni del cantiere di Rocca Sinibalda, è impegnato nel Palazzo Massimo alle Colonne a Roma (1532-36), la cui facciata modulata dal chiaroscuro delle finestre e dei conci a bugnato si presenta come schermo di luce contrastante con il buio del portico.

Per quanto riguarda Rocca Sinibalda, la paternità del Peruzzi è stata a lungo discussa: lo stesso Vasari, che lo ricorda come insigne architetto, non nomina questo castello. Recenti studi hanno portato alla conclusione che se l'ideazione del progetto è con certezza attribuibile al Peruzzi, non è però possibile riconoscere con altrettanta sicurezza un suo intervento diretto nell'esecuzione, che mostra una realizzazione del progetto talmente rigida da far pensare all'intervento di un architetto più modesto, probabilmente il figlio Sallustio.

Probabilmente per il suo progetto Peruzzi si appoggiò ad una struttura preesistente. Nel disegno n.579-A degli Uffizi c'è una annotazione dell'architetto al margine del foglio che segnala con la definizione ‘muro vecchio’ la prima parte della cortina immediatamente dopo il bastione sul lato opposto all'odierno ingresso. A prova di ciò, in una sala del piano nobile, si trova una riproduzione ad affresco del castello databile alla fine del XVI secolo in cui è possibile vedere davanti al mastio una torre merlata più bassa, ricordo probabilmente della struttura più antica incorporata nella nuova costruzione (5).

 

Particolare del Castello, Foto Roberto Palombi

 

La pianta del castello peruzziano evoca vagamente le forme di un'aquila: il robusto bastione fiancheggiato da due torrioni irregolari ne ricorda l'aguzzo becco, mentre, all'estremità opposta, un'elevata costruzione si slancia nel cielo come la coda di una rapace.  

Questa particolare forma, che potrebbe anche nascondere eventuali simbolismi o allegorie (uso invalso nel XVI secolo e riferibile qui allo stemma araldico della famiglia Cesarini raffigurante appunto un'aquila), è giustificata soprattutto dallo stesso linguaggio peruzziano, con il quale abbiamo uno splendido coniugarsi di necessità pratica della fortificazione ed esigenza estetica; tutto ciò porta ad una forte esigenza di espressione, risultato definitivo della grande osmosi tra sito naturale e fortificazione.

A differenza infatti del contemporaneo Palazzo Massimo alle Colonne a Roma, dove il linguaggio peruzziano viene contenuto quasi forzatamente in una implosione di energia traboccante nella densa vibrazione luministica esterna, il castello di Rocca Sinibalda, intriso di una grande forza espressionistica quasi incontenibile, sembra spingersi alla conquista di una ambiente da caratterizzare per poi estendersi liberamente attraverso lo spazio tramite le continue rientranze e pendenze della cinta, la variazione degli ambienti e il rapido alternarsi di nuda roccia e struttura muraria, per giungere infine ad un intenso ed inquietante assolo plastico.

Paola Berardi

 

(1)Vasari attribuisce l’invenzione del sistema bastionato all’architetto veronese Michele Sanmicheli. C. Promis (Cfr.: Cinque Memorie Storiche sullo stato dell’architettura militare in Italia circa il 1500, Torino 1841) lo attribuisce invece a Francesco di Giorgio Martini, come A. Chastel (Cfr.: Le grand atelier d’Italie, Parigi 1965), che ritiene appunto l’invenzione del bastione triangolare al posto della torre rotonda concepita da Francesco di Giorgio Martini, almeno in teoria, prima che il Sanmicheli la attuasse nelle sue roccheforti del nord.

(2)Un inventario, fatto il 22 maggio 1504, indica a difesa della fortezza: Diciassette Boche de Foco … Polvere Barili … Samitro e Solvo … Settime Ferrato … Balestre de Acciaro …

(3) All’interno di questa disputa per il possesso della fortezza, assume un ruolo particolare una personalità burrascosa: un certo Picciotto (ricordato nei documenti dell’epoca), che per la difesa di Rocca Sinibalda propose di chiamare come rinforzo balestrieri e fanti dai ‘castelli della Maglianesca, della Valle Canera, di Labro e di Morro’, ammonendo gli abitanti della rocca di ‘fare buona difesa’, minacciando altrimenti di distruggere le loro case scaraventandole nel fiume.

(4) Il primo a fare il nome del Peruzzi quale autore del castello è stato F. Palmegiani, che però non documenta la sua asserzione (Cfr.: Rieti e la Provincia Sabina, 1932); G. Zander. in seguito, ha mostrato le analogie tra i due progetti del Peruzzi agli Uffizi e il castello di Rocca Sinibalda (Cfr.: Due disegni di B. Peruzzi per il castello di Rocca Sinibalda, in ’Palladio’, 1955).

(5)Tra le innovazioni dell’architettura fortificatoria del XVI secolo c’è anche l’abbandono dell’uso dei merli.

 

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