CIAO FORTUNATO

Presentazione del libro "I REBELLI E DISGRAZIATI DEL RE"
di Fortunato Pergolizzi
Teatro Vittorio Emanuele - Messina 25 ottobre 2000

Saluto agli intervenuti ed introduzione ai lavori di presentazione del libro di Fortunato Pergolizzi “I REBELLI E DISGRAZIATI DEL RE” (Diario di una rivolta) da parte del curatore e direttore della collana libri Parentesi,  Dott. Filippo Briguglio

 

Desidero ringraziare a titolo personale ed a nome dell’Associazione Culturale “Parentesi”, tutti voi gentilmente intervenuti: il relatore Professor Gaetano Briguglio, la professoressa Maria Pia Sidoti Presidente dell’A.E.D.E. con la quale abbiamo organizzato questa serata. Ancora un ringraziamento desidero rivolgere, all’Avvocato Pompeo Oliva, Presidente dell’Ente Teatro che ci ha gentilmente concesso il foyer, nonostante sia già iniziata la Stagione Teatrale. La motivazione che ci ha indotto a presentare il libro qui al“Vittorio Emanuele" è nata dal desiderio espresso dallo stesso autore, poco prima della sua improvvisa scomparsa. Questa serata per me rappresenta un momento di grande commozione, poiché con la presentazione di questo libro, (il secondo, pubblicato da parentesi a Fortunato Pergolizzi), segna un momento conclusivo di una fatica cui l’Autore si è sottoposto in prima persona, lavorandoci ininterrottamente sino agli ultimi giorni che hanno preceduto la sua dipartita.  A me, che l’ho incoraggiato in quest’impresa, resta l’onore ed il piacere di essergli stato vicino sino all’ultimo e di avere gioito con lui già nello scorso mese di giugno, quando gli è stato conferito a Roma l’ambito premio nazionale “Antonello da Messina”, per il primo dei libri che Parentesi gli ha pubblicato, ”Antonello oltre il Visibile”. Cospicuo è ancora il materiale che il professor Pergolizzi ha lasciato, a testimonianza del suo grandissimo amore per l’arte e per la storia della sua Città, principalmente, coltivata in tanti anni d’approfondite ricerche e studi non comuni.



Intervento della Prof. ssa Nella Trimarchi


Leggere i risultati dell'ultima fatica letteraria di Fortunato Pergolizzi, significa fare un tuffo all'indietro nella società del '600 e sentire l'amore che egli ha nutrito per la sua Messina e per i messinesi.
Docente, giornalista, storico, critico d'arte ed artista, Pergolizzi ha contribuito con i suoi studi a riproporre e rivalutare Messina, i suoi avvenimenti, i suoi personaggi, le opere più significative.
Siamo nella storica Messina scomparsa del tutto, per i noti effetti dei governi predatori, dei terremoti e delle guerre. La rivolta messinese del '600 nasce in una città economicamente prospera, lo conferma, tra l'altro, la Fiera di Agosto, nata sin dal '500, che mette in bella mostra sete lavorate, vari prodotti dell'artigianato locale, soprattutto lavori in oro, argento, smalto. L'esportazione di seta grezza e manufatturata raggiunse delle punte talmente alte, che ci fu un momento in cui il reddito doganale dei porto di Messina rappresentò la metà di quello di tutto il paese. Questi vantaggi Messina li ricavò principalmente grazie alla sua posizione strategica, oggi non più valorizzata. Essendo il centro più importante del commercio siciliano, che era basato sui trasporti marittimi, Messina infatti godeva di un porto naturale in epoca in cui era impossibile costruirlo artificialmente. A dispetto di Palermo aveva ottenuto molti privilegi politici, quasi come una città Stato; fra l'altro, poteva battere moneta e puntare su un'amministrazione meridionale. E' con grande compiacimento ed orgoglio che l'Autore si sofferma sulla Messina fiorente e produttiva dell'epoca, considerando che la fortuna economica faceva da base ad una ricca e varia produzione culturale ed artistica, dall'Architettura alla Pittura, alle varie istituzioni civili, militari, religiose. L'autore risale alla distribuzione topografica, delle strade e del centro abitato, facendo riaffiorare i fermenti e le nuove idee delle botteghe d'arte, le varie manifestazioni popolari e religiose, come quando descrive la processione del sacro capello della Madonna, scortata, per consuetudine, dai Cavalieri della Stella, il cui potere carismatico viene documentato con la guarigione del figlio del feroce viceré Benavides, che ormai tutti davano per spacciato. L'Autore ascolta la voce del popolo ora allegra, ora triste, sia quando innalza le lodi al re di Francia, che ha mandato aiuti alla città insorta "... spizzandu di la Spagna l'arruganza ... viva, viva, pi sempri lu re di Franza " sia quando, in seguito all'allontanamento delle truppe francesi da Messina, leva il grido di dolore: "Carru di Spagna e Luigi di Franza na bicocca ridussiru Missina, chi peju non si pò, ca Diu ni scanza, di focu e furchi la citati è china, nni tradiu, nni vinniu lu re di Franza". A proposito della presenza delle guarnigioni francesi a Messina, si racconta che i cittadini che dovettero ospitare i soldati nelle loro famiglie, andarono incontro alla difficoltà di difenderne l'onore, infatti si riferiscono casi di donne avvelenate dal padre o dal marito per evitare il disonore. Un altro momento storico, legato alla tradizione popolare, è la descrizione che l'Autore fa dei vari tornei che si tenevano nella fiumara dell'odierna Giostra. Fra i vari giochi è interessante ricordare quello del "saracinu", di genere apotropaico, che aveva come bersaglio il turco, l'endemico nemico, rappresentato da un pupazzo col turbante in testa, posto su un'asta girevole, che cercava di sottrarsi ai colpi dei cavalieri. Il torneo si chiudeva in bellezza col ballo dei cavalli guidati da diciassette cavalieri al suono di pifferi e tamburi. Poi, " ... a causa dei fatti narrati - dice con amarezza l'Autore - sulla fiumara scese il silenzio, dei giochi rimasero le memorie scritte. ... Altri cavalieri tornarono a Giostra a incrociar le armi, ma furono quelli di legno dell'opera dei pupi di don Lisciandru " (Alessandro Morasca). Nel contesto di queste narrazioni di storia popolare, si può inserire un aneddoto ancor oggi custodito dalla tradizione, che si rifà, naturalmente, al periodo dei viceré spagnoli in Sicilia. Il governatore di Messina, volendosi occupare di caccia, mandò una lettera, affinché dalla Spagna gli mandassero due o tre cani. Avendo scritto in cifre, chi ricevette la lettera lesse la 'V' come se fosse zero quindi 203 anziché due o tre. Dopo qualche tempo arrivò a Messina un brigantino carico di 203 cani. Lungo la riviera dello stretto si sentì un grande e continuo abbaiare: gli abitanti di Faro e di Ganzirri non si spiegavano da dove provenisse quel grande latrare, che durò dalla sera fino a tutta la mattinata. Quando finalmente sbarcarono i 203 cani, l'unica soluzione fu quella di mandarli a Brasi, uomo di fiducia del governatore, che viveva "o Scoppu", lontano dal centro abitato. Ecco perché a tutt'oggi, in riferimento ad un gruppo numeroso di persone, si usa talvolta dire "Sunnu cchiù di cani 'i Brasi ".
Concludo ringraziando la Casa Editrice "Parentesi" ed il suo Direttore Filippo Briguglio che ha permesso, con la pubblicazione delle opere di Pergolizzi, la salvaguardia della memoria storica di Messina.

Gazzetta del Sud
SABATO 28 OTTOBRE 2000
La Storia vista con gli occhi della gente comune

Annamaria Crisafulli Sartori 

   Alla ribellione anti-spagnola messinese (1672-78) che nei testi di storia appare nella sua seconda fase (1674-78), quella promossa dai ceti elevati, quale momento del più ampio scontro tra francesi e spagnoli nel mediterraneo, è dedicato l’ultimo lavoro di Fortunato Pergolizzi. Il volume dal titolo:<<…I rebelli e disgraziati del re>>, uscito postumo per volontà della moglie, prof. Lina Giacobbe, è stato presentato ad un folto pubblico, nel salone del Teatro Vittorio Emanuele, per iniziativa dell’Aede e dell’Associazione Culturale <<Parentesi>>. Dopo gli interventi dell’editore, Dott. Filippo Briguglio e dell’Avv. Nunzio Astone, quale rappresentante dell’Ente Teatro, la Prof. Maria Pia Sidoti, presidente dell’Aede, ha ricordato il contributo umano e culturale dato alla sezione da Pergolizzi, docente di Storia dell’Arte presso il liceo scientifico Archimede, pubblicista, attento studioso della storia della sua amata città. Tale legame, che non cessò mai di alimentare in lui la speranza di un riscatto di Messina, è stato sottolineato anche dal Prof. Gaetano Briguglio, docente di Storia e filosofia del liceo classico di Locri. L’attenzione di Pergolizzi va alla vita quotidiana alla storia del popolo minuto che è stata sempre posta in secondo piano dalla grande storiografia: il saggio ci fa comprendere che le radici della crisi che tuttora angustia la città vanno ricercate non nel terremoto del 1908, ma risalendo a ritroso fino al tardo Cinquecento. Nel libro si narrano con molti dettagli le due fasi della rivolta che maturano in fasce diverse della popolazione. Quella del 1672 è promossa dal partito dei Merli e vede protagonista il popolino: feroce la repressione da parte del governo madrileno di Carlo II. Nella seconda fase sono i Malvizzi, conservatori, reazionari a battersi per il ripristino di antichi privilegi. Da qui la richiesta di sostegno alla Francia di Luigi XIV contro la Spagna. La particolare angolazione da cui muove la ricerca dell’autore è stata ben sottolineata anche dalla Prof. Amelia Ioli Gigante. Dopo l’intervento della prof. Nella Trimarchi, il preside, prof. Francesco Scisca, ha voluto dare una testimonianza di amicizia e di apprezzamento per il lavoro formativo svolto dal prof. Pergolizzi.




Relazione del Prof. Gaetano Briguglio, Docente di Filosofia e Storia presso il Liceo Classico di Locri, sul libro "I REBELLI E DISGRAZIATI DEL RE" <<Diario di una rivolta: i Messinesi contro la Spagna di Carlo II>> di Fortunato Pergolizzi.
Messina 25 ottobre 2000 - Teatro Vittorio Emanuele - 



Dobbiamo considerare nella rivolta di Messina, due fuochi di ribellione non solo diversi tra loro ma per molti aspetti addirittura contrapposti. Il primo fuoco insurrezionale si ha tra marzo ed aprile 1672, ebbe connotazioni che videro in qualche modo protagonista il popolo minuto composto soprattutto da artigianato emergente cui si aggregarono corporazioni di vario tipo ed elementi appartenenti al ceto medio formato da negozianti e mercanti di media levatura, lavoratori in genere che venivano identificati col partito dei Merli, ed ebbe come nemico il ristretto gruppo dei membri del senato. Non bisogna dimenticare che l'oligarchia senatoriale deteneva il monopolio del sistema annonario e dei rifornimenti di grano per tutta la città dello Stretto. La carestia del 1672 aveva contribuito ad inasprire gli animi che passarono facilmente dalla critica al sistema dell'annona e dei mercati a tutto il sistema dei gravami fiscali e non solo. L'appoggio alla rivolta da parte dello stratecoto regio Luis dell'Hojo consentì alle corporazioni di vincere la loro battaglia. Infatti, dopo che vennero incendiate le case di alcuni senatori, fu istituita la riforma del senato che portò ad un consiglio paritetico di popolari e nobili. Addirittura il controllo dell'annona fu affidato ad una commissione che era formata da due popolari e due nobili, fu sottratto al senato il diritto di contro privilegio che era in definitiva l'elemento precipuo dell'autonomia politico- amministrativo della città di Messina nei confronti dei poteri dello stato centrale e affidato al consiglio generale in cui erano preminenti i consoli delle arti. Anche il sistema doganale venne modificato utilizzando gli stessi criteri. Tutto ciò dimostrava che il sistema fondato sul potere dell'oligarchia senatoriale non funzionava più e andava abolito con somma gioia, tra gli altri dello straticoto regio, che però non ebbe l'approvazione piena né del viceré né della corte di Madrid. Ma non si deve dimenticare che i gruppi sociali che sostenevano la rivolta erano deboli e poco organizzati, isolati dalla massa che dipendeva ancora dagli oligarchi. Solo l'appoggio di Luis de Hojo la portò alla vittoria. Nonostante ciò il movimento popolare messinese riuscì ad influenzare altre città della Sicilia, come Catania e Trapani. A questo punto la risposta del governo fu brutale rivelando la strumentalità dell'appoggio dello straticoto. La rivolta venne soffocata, ma a Messina il nuovo ordinamento avviato in seguito alle agitazioni non veniva abrogato. Ma il nuovo sistema era troppo avanzato per il ceto dei nobili e degli oligarchi e troppo sofisticato per essere compreso dal popolo minuto. Da questo malcontento nasce la rivolta del '74 la quale può essere considerata come la reazione conservatrice dei nobili cittadini, i Malvizzi, "gli scritti alla mastra giuratoria e i loro parenti, qualche artigiano, il clero e gli ordini religiosi…" alla decadenza dell'ordinamento autonomistico di Messina che li aveva visti egemoni. Pertanto la rivolta del '74-78 e la ribellione dei ceti sconfitti si conclude con la scomparsa anche fisica, almeno per tre quarti della sua consistenza dalla scena politica cittadina. Merli e Malvizzi si faranno la guerra ma soccomberanno insieme. E con loro l'intera città dello Stretto che d'ora in poi avrà un ruolo più modesto così come già più modesto nel seicento era stato il ruolo dell'impero mediterraneo.

RASSEGNA STAMPA (Gazzetta del sud del 24 ottobre 2000)

 
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