OMERO, ODISSEA LIBRI I - XII

Traduzione dal greco in lingua siciliana di
Rosa Gazzara Siciliano

Edizioni Parentesi, Messina, 1991


Dopo la Divina Commedia in tutte le tre cantiche, l'Odissea, si è tentati di pensare fosse il passo più breve. Forse, dovremmo chiederlo a Rosa Gazzarra Siciliano, alla quale si devono le traduzioni in lingua siciliana. Ci ha pensato, però, l'editore nell'elencare ai margini del libro la produzione dell'autrice. Sette sillogi di versi, un romanzo e poi, Dante e Omero, quest'ultimo tradotto dal greco. Per Rosa Gazzara Siciliano il passo più breve è l'attualità del pensiero e l'immortalità di un'opera. Per questo ha scelto di tradurre in vernacolo siciliano i primi dodici libri del poema omerico esattamente, la metà. Cantare le gesta d'Ulisse è come dire inneggiare ad uno dei sentimenti più gagliardi: la famiglia, il suo valore, il bisogno di una revisione e di un rilancio, l'urgenza di affermare ciò che essa realmente, aliena da finzioni, rappresenta nella società contemporanea. Un desiderio cocente di incontrare e di incontrarsi all'interno della prima e fondamentale società naturale per capirne la significazione più profonda, per rimotivare il suo ruolo. Ulisse vuole ad ogni costo, nel racconto d'Omero e nella traduzione della Gazzara, ritornare a casa al termine di un'avventura. Impegno e intelligenza sono i due termini che caratterizzano il lavoro della poetessa e scrittrice messinese. Una lettura attenta e meditata consente di apprezzare i contenuti letterari ed artistici propri d'ogni opera della Gazzarra. Anche la destinazione del suo lavoro, al nipotino Giacomo, "il compagno perduto di un viaggio nel sogno" risente, con tinte accese del ricordo mai affievolito, il legame di un affetto piccolo, proporzionato ai pochi anni, ma che non ha bisogno di crescere poiché nato grande. L'aggancio ai valori è forte, l'ansia della loro affermazione non meno. Il merito ascrivibile all'autrice è doppio: letterario e umano. Esso rivela il modo come penetrare in profondità nel dialetto siciliano, la lingua della propria terra, certamente, tra i non facili, e, nello stesso tempo, la sensibilità di un artista che, contrariamente a quanto soleva sostenere Carl Bertrand, " le traduzioni sono come le donne; se sono fedeli non sono belle, se sono belle non sono fedeli" riesce a rendere la traduzione fedele al testo. Già il relatore nel presentare l'opera, nell'Aula magna dell'Università di Peloritana al numerosissimo e qualificato uditorio, ne aveva esaltato il pregio.

 
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