Gli Istituti del SS. Redentore a SCALA

 

SCALA nel 1730:

Alfonso Maria de' Liguori e Celeste Crostarosa fondano gli Istituti del SS. Redentore

Una delle grandi figure, non solo nella storia della Chiesa, del 700 in Italia, è senza dubbio Sant'Alfonso Maria de' Liguori che con le sue tante opere, ne scrisse infatti ben 112, influenzò la pietà popolare di tutta l'Europa.

Nel secolo cosiddetto dei "lumi", in cui imperava la visione filosofica di Voltaire, il quale respingeva l'idea cristiana della Provvidenza in favore delle passioni come unici fattori che intervengono nelle vicende umane, si alza la voce di Sant'Alfonso che invece pone al centro di tutto Cristo Redentore.

Stessa visione è di suor Maria Celeste Crostarosa, quasi sconosciuta al grande pubblico, ma che da oltre un decennio, ad opera soprattutto di padre Sabatino Majorano CSSR, sta abbandonando il limbo in cui ha vagato per duecentocinquanta anni tanto da essere presente in una pubblicazione all'ultima "Mostra del libro" di Torino.

Sia Sant'Alfonso che la Crostarosa maturarono l'Idea di portare a tutti Cristo Redentore partendo da Scala.

Ma come si presentava Scala quando nacquero i due Istituti?

Il paese era suddiviso, come tuttora, in sei contrade, ognuna delle quali aveva rappresentanti che andavano a formare il "Parlamento" della città.

La popolazione nel 1732 contava 1702 anime suddivise in 295 nuclei familiari o fuochi.

La maggior parte di essa era impegnata nella produzione agro-forestale e nella lavorazione della lana.

L'industria laniera negli anni passati era stata molto redditizia per gli Scalenses i quali si procuravano la lana grezza soprattutto in Puglia, tanto che a Foggia essi avevano un quartiere con una chiesa, un fondo e una fontana propria.

La lana veniva poi trasportata via mare fino ad Amalfi e da qui, a dorso di mulo, a Pontone, la contrada di Scala più vicina all'antica Repubblica marinara, dove erano concentrate i culonica in cui la materia prima era purgata, pettinata e trasformata in tessuti pregiati detti saielle che ripercorrevano poi all'incontrario il cammino fino al mare e di qui venivano messi in commercio.

Nel primo 700, questa attività, pur impegnando gran parte della popolazione scalese, era ormai in declino, mentre era ancora intenso lo sfruttamento del patrimonio boschivo che permetteva a buona parte dei cittadini di Scala di dirsi benestanti.

Vi erano poi alcuni artigiani e soprattutto quanti favorivano la commercializzazione dei vari prodotti trasportando con i muli quanto doveva essere immesso sui mercati.

Non mancavano i nobili, anche se se ne contavano appena dieci capofuochi, primi fra tutti la famiglia D'Afflitto, cui apparteneva Giovan Battista, che si adoperò a raccogliere notizie e documenti concernenti vicende e personaggi di tutto lo Stato Amalfitano.

Tale materiale è stato ed è di grande utilità per tutti gli studiosi che vogliono approfondire la storia della Costiera.

Sempre ai d'Afflitto appartiene Emanuele, anch'egli storico ed antiquario.

Questa famiglia vanta ancora dei discendenti, anche se nel corso del tempo hanno acquisito Camera come primo cognome.

Vi erano poi i Sasso; apparteneva a questa famiglia Gerardo che aveva fondato a Gerusalemme l'Ospedale e l'Ordine di San Giovanni, detto poi dei Cavalieri di Malta.

Tale famiglia si è ormai estinta.

Non si può parlare, quindi né di ricchezza, agiatezza imperante, né di povertà diffusa, almeno dal punto di vista economico.

Altra cosa era la povertà e l'abbandono spirituale in cui questa comunità viveva.

Il lento e inesorabile declino economico, politico, sociale di Scala inevitabilmente interessò infatti anche la vita religiosa.

Eppure Scala vantava la presenza di un proprio vescovo fin dal lontano 987; nel periodo più aureo della sua storia si contavano centotrenta tra chiese e cappelle; nel suo territorio, nel corso dei secoli, c'era stata la presenza dei Benedettini con due monasteri maschili e ben quattro femminili, dei Domenicani con un convento, così come degli Agostiniani.

Dei tanti monasteri, agli inizi del 700 sopravviveva soltanto quello benedettino femminile di San Cataldo così come delle tante chiese e Oratori solo circa venti erano ancora aperti al culto.

Il 31 luglio 1603, poi, le Diocesi di Scala e Ravello, dopo la morte del vescovo di quest'ultima, erano state unificate da un decreto di Papa Clemente VIII per essere rette da un unico Pastore.

La mancanza di un Seminario e di una scuola adeguata nella Diocesi aveva portato il clero di Scala e Ravello a non possedere la preparazione culturale e spirituale necessaria per adempiere a pieno il proprio compito di guida delle anime ad esso affidate.

E sono proprio la povertà e l'abbandono spirituale in cui versava buona parte della comunità di Scala che tanto colpirono Sant'Alfonso Maria de' Liguori nel momento in cui si scontrò con essi.

A Napoli egli lavorava si tra i poveri, ma quelli non erano abbandonati a se stessi; se non avevano di che sfamarsi, avevano pure tanti che cercavano di colmare i loro bisogni e materiali e spirituali.

A Santa Maria dei Monti, egli trovò invece, dei pastori sia di Scala che dei paesi limitrofi, che passavano buona parte dell'anno in quella località, lontano da qualsiasi guida spirituale, nella quasi totale dimenticanza di Dio.

Certo non mancavano né la fede né la devozione che dovevano però essere alimentate quotidianamente, epurate da tutto ciò che sapeva di superstizione, di approssimazione e di pura tradizione.

Alfonso, allora, si adopera in questa direzione con al suo fianco suor Maria Celeste Crostarosa con la quale condivide la dottrina e la spiritualità.

Per entrambi vivere la vera vita spirituale consiste nel fare proprie le parole di Paolo: "Non sono io che vivo: è Cristo che vive in me!"

E' una continua trasformazione interiore sull'esempio di Cristo "Salvatore dell'uomo".

 

Loro compito è giungere e far giungere alla conoscenza del Figlio di Dio, una conoscenza che deve coinvolgere tutto l'uomo: il suo intelletto, la sua volontà, la sua affettività.

Per Alfonso Cristo salva in mezzo al popolo, specialmente tra i peccatori i quali hanno vari mezzi - desiderio di perfezione, risoluzione di volontà, orazione mentale, comunione eucaristica, preghiera - per raggiungere la salvezza donata da Dio.

Cristo è quindi il perno intorno al quale la vita del cristiano si muove.

Questi deve solo, come dice suor Celeste alle Redentoriste, imitarlo così da trasformarsi per divenire sua "memoria viva"; da annullarsi totalmente così come Cristo annulla se stesso nell'Eucarestia per darsi agli altri.

Questa forza spirituale, unita alle situazioni che segnano la vita sia di Sant'Alfonso che della Crostarosa, furono per entrambi i motivi ispiratori per la fondazione dei due Istituti Redentoristi.

Sia l'Ordine che la Congregazione che essi affidarono in un primo momento al SS. Salvatore, nacquero a Scala: il primo il 13 maggio 1731, la seconda il 9 novembre 1732.

 

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