Gli Istituti del SS. Redentore a SCALA

 

Prime rivelazioni e tentativi per la fondazione del nuovo Ordine

 

Il 25 aprile 1725, festa di San Marco, subito dopo aver ricevuto l’eucarestia, a suor Celeste, dall'ostia consacrata che si trovava nell'ostensorio posto sull'altare:

.... li fu dato ad indennere un nuovo istituto, che avrebbe il Signore posto al mondo per mezzo suo e che lui, nella sua vita erano contenute tutte le leggi del loro vivere e delle loro regole: come un aperto libro scritto di infinita perfettione divina, tutto ad un tempo in esso divin agniello contenuto.

 

A questa visione nei giorni successivi ne seguirono altre in cui Cristo stesso le diceva di mettere per iscritto le regole che egli le dettava, circa il modo di vestire, gli atti da compiere e soprattutto di porre in evidenza il fatto che non dovevano esserci, nella nuova regola, titoli di fondatori o di fondatrici in quanto era solo Cristo "la pietra fondamentale del Ordine" .

Suor Celeste non sapeva darsi spiegazioni di queste "visioni" o "rivelazioni" per cui si consigliò sia con la maestra delle novizie, suor Maria Angela de Vito, sia col confessore ordinario, don Pietro Romano.

Entrambi le ordinarono di mettere per iscritto quanto il Signore le suggeriva e la suora scrisse così il testo delle Regole.

Nel mese di giugno, intanto, si recò a Scala il Filangieri per cui, su consiglio della maestra, suor Celeste gli illustrò tutto quanto le stava capitando.

Il padre, entusiasta in un primo momento, le disse, poi, di rimettersi al giudizio del Falcoia che intanto si era recato a Roma.

Poiché questi tardava a venire a Scala, suor Angela gli mandò una relazione su quanto stava avvenendo in suor Celeste e che era risaputo da alcune suore del monastero ma non dalla superiora, omettendo però il testo delle regole in quanto non era ancora ultimato.

La risposta del Falcoia fu di tenore molto aspro e mortificativo: suor Celeste era matta e le sue affermazioni erano solo dei sogni; doveva bruciare perciò le regole e astenersi dalla comunione fino alla sua venuta a Scala.

Suor Angela doveva far osservare puntualmente i suoi ordini e mortificare suor Celeste.

Questa lettera però arrivò a Scala solo il 17 agosto 1725.

Intanto don Pietro Romano, non ricevendo risposta, aveva mandato la prima stesura della Regola al Falcoia stesso che, si consultò anche con più teologi i quali ritennero che "l’opera .... era veramente di Dio" occorreva solo unirla con una regola antica e richiedere il consenso e la volontà di tutte le religiose .

Padre Falcoia col Filangieri si recarono allora, nel mese di settembre a Scala, esaminarono sia suor Celeste che le altre monache e si convinse della validità ed opportunità del nuovo Istituto.

Favorevoli furono anche il vescovo mons. Guerriero, il vicario generale della diocesi don Angelo Criscuolo e il Filangieri stesso per cui si procedette al primo atto giuridico necessario, cioè la decisione del Capitolo Comunitario.

Convocato il Capitolo, tutte le suore si dichiararono favorevoli al nuovo Istituto; solo la superiora suor Maria Giuseppa, pur dichiarandosi d’accordo in linea generale, chiese di consultarsi privatamente sia col Falcoia che col Filangieri.

Ella disse ai padri che il tutto era avvenuto a sua insaputa e, aiutata anche da altre due consorelle fece sì che il Filangieri tornasse sui suoi passi e revocasse l’assenso.

Questi allora si recò sia dal vescovo Guerriero, sia dal vicario Criscuolo convincendoli in senso contrario alla fondazione e ordinò al Falcoia di annullare il suo consenso.

 

Il Falcoia, riconvocando il Capitolo non poté far altro che ordinare alle suore di non parlare né in privato né nella comunità di "nuove regole e nuovo istituto" e, alla presenza delle suore, che fin dall’inizio sapevano "dell’opera" accusò suor Celeste di aver portato lo scompiglio nella comunità con i suoi falsi sogni; le ordinò di non parlare con nessuno non solo di quanto era già avvenuto, ma anche di quanto sarebbe accaduto in seguito poiché il tutto poteva essere opera del demonio che, per ingannare le anime semplici, si trasforma anche in un "Angelo di luce" .

Alla maestra delle novizie però disse di tenerlo informato su quanto avveniva alla novizia.

Tra il gennaio e febbraio del 1726 il Filangieri si inasprì ulteriormente tanto che per mezzo del vicario Criscuolo chiese alle suore di allontanare il Falcoia dalla direzione spirituale del monastero, di espellere suor Celeste ancora novizia e di promettere di non parlare mai più di un nuovo Ordine.

In cambio esse avrebbero ricevuto una grande somma di denaro per soddisfare i tanti bisogni del monastero.

Il vicario, allora, convocò una per una le monache e tutte, eccetto la superiora, rifiutarono sia di mandare via suor Celeste, sia i soldi del Filangieri dicendo che Dio stesso sarebbe venuto incontro ai loro bisogni.

Don Angelo, quindi, pur non scacciando la Crostarosa, le ordinò di ritirarsi nella soffitta del monastero, di non intervenire a nessun atto comune, di mangiare a terra nel refettorio con una fune al collo, di chiedere perdono dello scandalo apportato e di fare penitenza.

Tale situazione durò quindici giorni.

Il Filangieri, conosciuta la decisione delle suore, pur di allontanare suor Celeste da Scala, ricorse ai suoi stessi familiari chiedendo loro di ritirare la novizia che tanto scompiglio aveva portato tra le suore.

Don Giuseppe Crostarosa, però, chiese informazioni al monastero e poiché da questo ricevette solo lettere favorevoli a sua figlia, non prese alcuna iniziativa in merito.

La superiora, intanto, era sempre in contatto epistolare con il Filangieri il quale riteneva che tutta la comunità viveva nello stato di turbamento proprio di suor Maria Giuseppa, per cui mandò a Scala un padre dipendente da lui solo con il compito di vagliare la situazione e portare la tranquillità che avrebbe dovuto regnare in un monastero.

Ma il Pio Operaio trovò un’atmosfera di pace e carità sia nelle singole suore che nella comunità tutta; egli chiese di rimanere come loro padre spirituale, ma le suore tutte risposero che avrebbero aspettato il tempo in cui Falcoia sarebbe potuto ritornare.

Il 5 giugno 1726 la maestra delle novizie, suor Maria Angela, venne eletta dalla comunità quale superiora del monastero di Scala; suor Celeste poté continuare così il suo noviziato fino al 28 dicembre dello stesso anno, giorno in cui, insieme alle due sorelle, confermò pubblicamente e secondo la Regola visitandina, i voti religiosi già emessi a Marigliano nel 1719.

Nei quattro anni successivi la situazione nel monastero non cambiò molto, anche se nella primavera del 1728 il Falcoia fu di nuovo libero di operare a Scala in quanto il Filangieri non venne rieletto alla carica di Preposito Generale dei Pii Operai.

 

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