Gli Istituti del SS. Redentore a SCALA

 

Alfonso è chiamato a fondare

una nuova Congregazione

 

Tra il 3 e il 4 ottobre 1731, infatti, suor Celeste ebbe la visione di una Congregazione di sacerdoti, destinata a predicare il Vangelo a tutti gli uomini, con a capo proprio don Alfonso de' Liguori e con lo stile di vita conforme alle regole delle suore.

I congregati avrebbero dovuto vivere in povertà, recarsi soprattutto non molto lontano dal luogo di residenza e andare "predicando la Penitenza" a due a due, coloro che si sentivano chiamati alla vita contemplativa non dovevano essere impediti nella loro vocazione in quanto con le loro preghiere sarebbero stati di grande aiuto a coloro che invece sarebbero andati a predicare.

In ogni Casa della Congregazione avrebbero dovuto esserci tredici Padri, con a capo un Superiore che di volta in volta li avrebbe mandati in missione.

La Crostarosa scrisse subito al sacerdote, informandolo di avere per lui un negozio del quale ancora non poteva parlare liberamente in quanto doveva prima informare Falcoia, suo direttore spirituale; si riservava, però, di farlo non appena Alfonso ritornava a Scala.

Venne informato anche il Falcoia di questi nuovi avvenimenti; egli però, li giudicò "dicerie" alle quali non dare importanza.

Ma quando venne a Scala a fine ottobre, cambiò atteggiamenti tanto che il 4 novembre scrisse ad Alfonso che doveva conferirgli:

"Un da fare di molta premura, ch’in qualche maniera concerne la sua cara persona" .

Il vescovo e il padre si incontrarono a Castellammare e il colloquio lasciò molto perplesso Alfonso, che prima di dare una risposta volle consultarsi con il suo direttore.

Si recò anche a Scala nella seconda decade del 1731 per parlare personalmente con suor Celeste e dal colloquio Alfonso uscì prostrato ed afflitto.

Padre Giovanni Mazzini, che lo aveva accompagnato, chiese spiegazioni di tale turbamento e quando Alfonso gli fece presente che la suora gli aveva detto di lasciare Napoli per fondare a Scala un Istituto dedito solo alle missioni per quanti non hanno alcuna guida o aiuto spirituale e gli manifestò il suo stato d'animo combattuto tra il timore di non riuscire in quest'opera e l'angoscia di non eseguire pienamente la volontà di Dio, anzi di opporvisi non realizzando quanto suor Celeste gli aveva comunicato, egli lo rassicurò dicendogli che sarebbe stato il primo a seguirlo in questa avventura.

Tornato a Napoli, Alfonso riparlò del progetto anche con mons. Falcoia, già peraltro ulteriormente informato da suor Celeste, il quale approvava il tutto come volontà di Dio.

Ma ciò al sacerdote non bastava.

Anche se riconosceva la bontà dell'Opera in se stessa, come d'altra parte l'aveva riconosciuta già a Santa Maria dei Monti, dubitava che lui potesse essere il fondatore.

Doveva, però, fare i conti con il volere di Dio, per cui chiese consigli e primo fra tutti al Superiore della Congregazione delle Apostoliche Missioni, padre Giulio Torsi.

Costui era contrario al progetto, anzi per allontanarlo da Scala, da Napoli e da tutto ciò che poteva portarlo al nuovo Istituto lo mandò per una missione a Nardò; da qui sarebbe passato a Polignano e infine a Foggia.

Dopo più di tre mesi, di ritorno a Napoli, Alfonso continuò a chiedere lumi, prima al proprio direttore spirituale padre Tommaso Pagano, e poi su suggerimento di costui al venerabile Ludovico Fiorillo, domenicano.

Questi che pure era favorevole in linea di principio, perse tempo per la decisione definitiva e gli chiese di non parlare, almeno per il momento, né di apostolato, né di rivelazioni.

Continuava, intanto, il rapporto epistolare con la Crostarosa che, insieme alle altre suore, pregava continuamente a che sorgesse il nuovo Istituto.

Il 2 giugno 1732, lunedì di Pentecoste, Alfonso si recò dal Fiorillo, il quale finalmente diede la sua risposta:

"È Dio che vuole la sua Congregazione ed egli deve seguire la sua chiamata.

Lo consigliò perciò di rimettersi, per l'esecuzione dell'Opera, alla direzione del Falcoia che, oltre ad essere esperto, era anche vescovo ed aveva quindi potere di fronte alle autorità e al clero di Napoli.

Alfonso era ormai ad un'altra svolta nella sua vita; a metà agosto prese come padre spirituale suo e dell'Opera mons. Falcoia, anche se ciò era per lui un sacrificio e si adoperò affinché la fondazione avvenisse quanto prima.

Tra coloro che desideravano seguire Alfonso nella nuova Congregazione vi era Vincenzo Mannarini, sacerdote calabrese.

Questi conosceva un laico napoletano, Silvestro Tosquez che aveva avuto anch'egli dei "lumi" circa un Istituto molto simile a quello per il quale essi si adoperavano, per cui lo portò su sua richiesta dal Falcoia, e si recò egli stesso a Scala al monastero insieme al Tosquez.

Dalle suore e soprattutto da suor Celeste, costui fu accolto in modo entusiastico tanto più perché egli riuscì ad ingraziarsi anche il nuovo vescovo di Scala e Ravello, mons. Santoro.

In breve tempo, però, il Tosquez portò scompiglio sia tra le suore sia tra i futuri congregati tanto che Falcoia, che pure in un primo momento si era entusiasmato alle parole di don Silvestro, chiese ad Alfonso di "mantenerlo".

Proseguivano, intanto, i preparativi per la nuova Congregazione; durante gli esercizi spirituali alle suore nel settembre 1732, mons. Falcoia cercava casa per i nuovi padri e la trovò nella foresteria delle suore stesse.

 

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