Gli Istituti del SS. Redentore a SCALA

Scala 9 novembre 1732

La Congregazione è fondata

 

E dal 2 al 6 novembre giunsero a Scala, uno dopo l'altro coloro che avrebbero dato vita alla nuova Congregazione: Tommaso Falcoia, Giovan Battista di Donato, Vincenzo Mannarini, Silvestro Tosquez, Pietro Romano, Alfonso de' Liguori.

Questi il 6-7-8 novembre si riunirono nella chiesetta del monastero, insieme alle suore, per un solenne rito eucaristico ed infine il 9 novembre 1732 dopo il canto del Te Deum, in una piccola cappella eretta nella foresteria delle suore, diedero vita, con l'approvazione di mons. Santoro alla

CONGREGAZIONE DEL SS. SALVATORE.

Dal giorno successivo, iniziò una settimana di discussioni, che ben presto sfociarono in dissidi, circa l'organizzazione dell'Istituto, l'autorità che Falcoia avrebbe dovuto avere pur non essendo congregato, l'interpretazione della Regola che doveva essere quella delle suore con alcune modificazioni da apportarvi, l'autorità di Alfonso che suor Celeste aveva indicato come capo designato dal Signore stesso, la povertà, la convenienza o meno di fare scuola oltre le missioni alla gente delle campagne spiritualmente abbandonate.

Alla fine i nuovi padri non riuscirono ad intendersi sul fine e sulla Regola del nascente Istituto.

Le divergenze e le discussioni arrivarono anche nelle mura del monastero e fecero allontanare ancora di più suor Celeste dal suo padre spirituale.

Questa imputava al Falcoia di voler interferire, come aveva già fatto con le Regole delle monache, anche in quelle che i Padri cominciavano a delineare, imponendo esercizi e preghiera e facendo sentire troppo la sua autorità.

Ciò non era ben accetto da parte di tutti i congregati; contrari erano, infatti, Mannarini, Di Donato e Tosquez il quale riteneva che doveva essere la Crostarosa a decidere quando sorgevano dei dubbi.

Alfonso invece seguiva in tutto e per tutto Falcoia.

Si crearono, quindi due fazioni opposte: da una parte Falcoia e Alfonso, dall'altra suor Celeste, Tosquez e Mannarini.

Si cominciò, però, a preparare quella che a Tramonti tra il gennaio-febbraio 1733 sarebbe stata la prima missione della Congregazione.

L'atteggiamento del Falcoia, intanto, aveva spinto la Crostarosa ad abbandonarlo quale suo direttore spirituale.

Le pesavano, ormai, le perplessità del monsignore riguardo alle sue "strade" nel cammino della sua anima; il fatto che egli male interpretava e le sue parole e le sue azioni; l’impossibilità impostale dal Falcoia, di rivolgersi ad altri per consigliarsi su quanto era avvenuto e avveniva nel suo animo, tutti i dubbi e il discredito che il Falcoia stesso aveva espresso "sull’opera" sia alla sua preparazione che alla sua fondazione e non solo tra le suore ma anche tra i padri.

Intanto alla fine di novembre, mons. Santoro, grazie all’interessamento del Tosquez, emanò il decreto di approvazione della Regola e quindi del nuovo Istituto delle suore.

Queste, poi, chiesero al Tosquez di farsi dare dal Falcoia sia le regole scritte dalla Crostarosa, sia quelle fatte copiare e poi rivedute dal Falcoia stesso; ottenuto questo materiale, il Tosquez prima di consegnarlo al monastero ne fece delle copie egli stesso che poi trattenne con sé.

Ma e nel monastero e nella nuova comunità di "padri" le divergenze e le tensioni invece di attenuarsi, aumentarono.

Al centro di tutto continuava ad esserci Silvestro Tosquez ch’entrò ancor più in polemica con il Falcoia per quanto riguardava i contenuti delle regole sia delle monache che dei padri.

Poiché suor Celeste vedeva in Tosquez colui che poteva e doveva sostituire mons. Falcoia nella guida dell’Istituto, nel monastero si viveva in un clima pieno di sospetti, di critiche e di ostilità, tanto che mons. Santoro, che neanche un mese prima in una relazione inviata al Cardinale Antonio Banchieri segretario di Stato del Papa, su quanto era avvenuto a Scala nei primi di novembre del 1732, aveva elogiato le suore, assicurando che nel monastero regnava la perfetta osservanza delle regole e lo spirito del Signore, chiamato dalle monache per una visita pastorale della comunità, dopo aver parlato in segreto con ognuna di esse, ordinò a Tosquez di restituire il decreto dell’approvazione della Regola e di lasciare Scala.

Si adoperò, poi, per far tornare le suore non solo alla Regola ma anche all’abito visitandino.

Le suore ottennero di conservare il nuovo abito ma per quanto riguarda la Regola, esse avrebbero dovuto sottostare completamente a quella che avrebbe dato loro Falcoia.

A suor Celeste venne proibito di scrivere al Tosquez; Alfonso, poi, non avendo potuto parlare con lei perché ammalata, le mandò una lettera molto dura in cui si rammaricava del fatto che la suora aveva perso la propria umiltà e l’obbedienza ai superiori e cercava, invece, solo di essere stimata ed approvata da tutti.

Riguardo all’Istituto e alla Regola, Alfonso le disse che solo Falcoia poteva integrarla con delle costituzioni, che solo dipendendo da lui si poteva avere l’unità tra i congregati e strutturare la Congregazione in quanto egli era religioso ed esperto di vita religiosa.

In più, Alfonso precisò di essere venuto alla Congregazione non per quanto suor Celeste aveva visto, ma solo per l’ubbidienza ai suoi superiori, e vi rimaneva per ubbidire al Falcoia al quale era stato rimesso dai superiori stessi.

Nello stesso periodo di questi fatti, cioè marzo 1733 il Falcoia, scrivendo alla comunità di Scala per mettere fine alle tante discussioni circa le regole delle suore, affermò che sia quelle scritte da suor Celeste, sia quelle corrette da lui:

"Nella sostanza sono le stesse; mentre sono Regole tratte delle virtù di Gesù Cristo ... e tanto l’une quanto l’altre portano uno stess’ordine, una stessa sostanza ed uno stesso fine e conseguenza.

Se non che, per stimolare alla stessa virtù, v’ho aggiunto qualch’altro motivo, ed ho posto meglio in riga qualche cosa, che m’è parso bene.

V’ho moderata qualche proposizione: e se qualche cosa s’è mutata, è stato quello, in che discordavan le prime, che si dissero ricevute, dalle seconde ... e solo v’ho aggiunto qualche motivo, che mancava per spinger meglio all’osservanza di quelle Regole; e n’ho tolte quelle minuzie, per metterle nelli Statuti" .

Suor Celeste era però convinta che la revisione del Falcoia fosse più profonda in quanto:

"Tra le tante cose che innovò, aggiunze altre tre regole alle nove regole spirituali, che, unite alle nove, facevano il numero di dodici; e per fare queste tre, egli ne scrisse dodici e ne pure poteva accomodare per unirle alle nove già dette. Vi aggiunze ancora al abbito delle religiose, che era la sola tonica e mantello, vi aggiunze lo scapulare; ed altre cose che lui volle fare" .

Leggendo bene le due stesure delle Regole risulta evidente che mons. Falcoia nel rivederle le aveva rivoluzionate, non come lui dice nella forma, ma nella sostanza.

Infatti per la Crostarosa il perché dell'Istituto si realizzava in una comunità che diventava viva memoria di Cristo nel mondo; per Falcoia, invece, il fine era nella perfezione individuale delle suore che avevano il dovere di imitare il Cristo.

Anche se entrambi parlavano di imitazione, diverso era il modo di intenderla; per la suora imitare era continuare, attualizzare le opere e le virtù del Signore in modo da divenire un suo vivo ritratto; per il monsignore, invece, essa diventava un dovere, un copiare gli esempi che Cristo ci ha lasciato.

C'era disparità anche per quanto riguardava le regole spirituali, quelle cioè riguardanti le virtù.

Falcoia non solo ne aggiunse tre, quelle teologali in vista di una pratica metodica mese per mese, ma ne cambiò la visione di fondo considerando motivi per stimolare alla virtù quanto per suor Celeste costituiva invece il fondamento e la stessa virtù.

Se per la Crostarosa la redenzione era "soddisfazione dell'amore del Padre", ricercare nell'uomo la possibilità e la volontà di accettare il donarsi e parteciparsi di Dio, per il Falcoia significava purificazione dai peccati e il redentore era colui che espiava per noi per porsi come nostro modello di virtù e come rimedio.

Le divergenze tra suor Celeste e mons. Falcoia erano ormai troppe e il distacco risultava incolmabile; il clima nel monastero si fece sempre più teso e ostile alla suora.

Questa, assieme ad alcune altre monache, riceveva ancora delle missive da Tosquez che però venivano intercettate e commentate da alcune suore schieratesi contro di lei.

Celeste allora scrisse di nascosto a Tosquez pregandolo di non inviarle più missive.

Questa lettera però, venne bloccata e letta tanto che: "diventa uno sprono acciò si determinasse la sua carceratione" .

 

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