Gli
Istituti del SS. Redentore a SCALA |
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Fini, Regole e Mezzi degli
Istituti del SS Redentore
Prima di inoltrarci
nelle vicende che riguardano il Protomonastero di Scala dalla
partenza della Crostarosa fino ai nostri giorni è bene
soffermarci sulle Regole e sulle finalità sia dell'Ordine
che della Congregazione.
Suor Celeste aveva
redatto una prima stesura della Regola subito dopo il 25
aprile 1725, ma questa venne requisita dal Falcoia il quale
nel 1731, dopo la fondazione dell'Ordine, disse alla suora di
riscriverla.
Questa mise di nuovo
per iscritto prima un ampio proemio in cui espose le
finalità dell'Istituto, radicate tutte nel disegno salvifico
del Padre in Cristo come effusione dello Spirito Santo che si
esplica in una missione memoriale di quanto il Cristo ha
operato e opera, per la Chiesa e nella Chiesa, per il mondo
intero.
Seguiva l'"idea"
cioè l'articolarsi memoriale della comunità a tutti
i suoi livelli (struttura, ritmo di vita, vestiti ecc.) per
concretizzare l'intento del Padre.
Elencava poi le "nove
Regole spirituali" che sintetizzano il cammino
di imitazione di Cristo scandito delle verità
evangeliche; si riferiscono, infatti, alla unione e
carità scambievole, alla povertà, alla purità,
all'obbedienza, all'umiltà e mansuetudine di cuore, alla
mortificazione, al raccoglimento e al silenzio, all'orazione
ed infine alla negazione di se stesso e all'amore della
croce.
A tutto ciò la
Crostarosa aggiunse le costituzioni visitandine,
introducendovi delle varianti per riportarle più chiaramente
e più esplicitamente alle prospettive delle sue regole: l'imitazione
per la memoria del Salvatore.
Questa Regola è stata
poi riveduta dal padre F. Sanseverino dei Pii Operai in vista
della sua approvazione, l'8 giugno 1750, con il breve
"In supremo militantis Ecclesiae" del Papa
Benedetto XIV.
Successivamente il
testo è stato aggiornato, rivisto, rimaneggiato sino a
giungere all'ultima stesura approvata il 6 marzo 1985 dalla
Sacra Congregazione per i Religiosi e gli Istituti Secolari e
che in grandissima parte ricalca quella che fu la Regola
scritta da suor Celeste.
La Crostarosa oltre che
scrivere le Regole dell'Ordine, stilò anche quelle per la
nascente Congregazione.
Queste ricalcavano
quasi fedelmente quelle delle suore: avevano un'impronta
apostolica, l'Istituto maschile doveva, cioè, essere
missionario, continuare la missione degli apostoli ed in ciò
aveva la sua legge di vita.
Come la comunità
femminile anche quella maschile non doveva confondere unità
con uniformità e riconoscere il carisma eremitico o
contemplativo di alcuni suoi membri.
Questa bozza passa per
le mani di Falcoia, di Alfonso e di molti altri che
l'aggiustano, la ampliano, la modificano tanto che nel 1743
ancora non si ha un testo unitario della Regola, ma solo
costituzioni sparse che non definiscono efficacemente
l'istituto equiparandolo ai tanti altri dediti alla
predicazione.
Vi sono però due
tratti caratterizzanti:
Cristo è visto come
rimedio e come donatore di esempi di tutte le virtù da
copiare per porsi di fronte agli altri cristiani come modelli
da imitare; la vita spirituale personale e l'impegno
apostolico non costituiscono un'unica realtà.
Infine non sono ancora
ben definiti i criteri della scelta dei luoghi nei quali
collocare le Case dell'Istituto.
Alla morte del Falcoia,
nel 1743 appunto, Alfonso, divenuto Rettore Maggiore, si pone
a rivedere e sistemare quelle che dovranno essere le Regole
del suo Istituto che egli cerca di far approvare dal re di
Napoli prima di sottoporle al Papa.
Egli si sofferma sulla
necessità delle missioni per le popolazioni delle campagne e
sull'assistenza perenne che la Congregazione presta nei
luoghi di missione, assistenza che non è episodica o
marginale ma assidua, costante, risolutiva.
Per far ciò occorrono
Case collocate proprio in quei luoghi per divenire punto di
riferimento per le popolazioni e sede di riqualificazione per
il clero locale.
Per Alfonso la
Congregazione ha una sua caratteristica e un suo perché ben
precisi, diversi da quelli di altri Istituti anche perché i
suoi missionari tornano e seguono assiduamente i luoghi
evangelizzati in quanto il loro distintivo è
la radicale dedizione agli abbandonati, per risolvere
permanentemente il loro abbandono.
Anche la vita
spirituale, basata sulle dodici principali virtù cristiane,
non è un qualcosa accanto o prima della evangelizzazione ma
è parte integrante di essa.
Quando queste Regole
arrivano a Roma per l'approvazione papale, subiscono alcune
modifiche non solo riguardanti il nome della Congregazione
che passa ad essere del SS. Redentore, ma anche il carattere
specifico dell'intervento pastorale presso gli abbandonati
che diventa non più permanente ma periodico.
Altre modifiche si
avranno nel corso degli anni, fino ad arrivare all'ultima
stesura che puntualizza quali sono l'identità, i fini, gli
scopi e i mezzi dei Redentoristi.
Questi seguitano:
"L'esempio
del nostro Salvatore Gesù Cristo in predicare ai poveri la
divina parola, come egli già disse di se stesso: Evangelizzare
pauperibus misit me" .
La loro specifica
missione è annunciare la Parola di Dio per cui:
"Secondo i
casi, debbano esaminare attentamente che cosa fare o dire: se
annunciare esplicitamente il Cristo o limitarsi alla tacita
testimonianza della presenza fraterna" .
Se l'opzione
preferenziale dei Redentoristi è per gli abbandonati:
"La loro
sollecitudine apostolica si estende ugualmente ai fedeli
provvisti dell'ordinaria cura pastorale, affinché rafforzati
nella fede, si convertano incessantemente a Dio"
.
Non mancano, nella loro
azione, momenti di preghiera e meditazione; anzi essi:
"Sia in casa
che fuori, daranno molto tempo all'orazione mentale,
specialmente sui temi che riguardano i Misteri della nostra
Redenzione" .
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