Venti Poesie

in vernacolo garfagnino

GIOVANNI PINAGLI


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IL TESTAMENTO

Son vicino a murì' ... da buon cristiano,

chiedo perdon a tutti ... se ho mancato,

mi picchio in dell'istombico la mano,

ma però sento... che mi manca el fiato.

 

Ma prima di spirà' ... vo' dichiarare

a testimoni e in testamento scritto,

di lasca' quel che vojo ... a chi mi pare ...

e che sia fatto quel che lascio ditto.

 

"Lascio la casa, mezza ruvinata,

al mi' fiòl, che la potrà tenere,

basta che la pigion venghi pagata,

e se 'un la paga ... io nun lo vo' sapere.

 

La mi' moje ... la lascio in questo mondo,

con dispiacer ... perch'è una brava donna ...

sperando che nun trovi un vagabondo,

che morto io, s'appiccichi alla gonna.

 

Di soldi nun ni lascio ... sono senza ...

ho cento franchi ... nella materassa,

quelli che ho chiappo a vende' la credenza,

e bastin sol al Prete e per la cassa.

 

I debiti li lascio ... ai creditori

che per strozzar la gente fanno a gara,

sperando che quei tali bei signori,

nun mi sequestrin morto ... nella bara.

 

Ai poveretti, lascio la speranza,

di presto diventà' ricchi sfondati,

da 'un ricordassi gnanco in lontananza,

d'essere stati poveri e affamati.

 

La croce ... che ho portato in questa tera,

quella 'un la lascio ..., me là porto dietro,

e ... se ho patito da matina a sera,

con questa ... m'aprirà il porton San Pietro.

 

E ... lascio questa valle lacrimosa ...

nun vojo vedé' piange ... mi dispiace ...

giachhé ho lasciato a tutti qualche cosa,

lasciatimi murire ... in Santa Pace".

Pinagli Giovanni


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