Venti Poesie
GIOVANNI PINAGLI
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PRESENTAZIONE |
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La pubblicazione di questa breve raccolta di versi, per lo più scritti in dialetto camporgianese antico (oggi il dialetto si è abbondantemente scolorito), insistentemente sollecitata da estimatori ed amici dell’autore,vuole essere, innanzitutto, un tributo di affetto dei figli e della moglie. Ma vuole essere anche la ripresa di un affettuoso colloquio fra il “Gianni” ed i suoi molti amici che lo amavano e lo stimavano e che mai si stancavano di sentirgli recitare le sue poesie. Vuole essere, infine, un atto doveroso per salvare dall’oblio e per diffondere un’opera di poesia che certamente merita salvezza e diffusione. Le poesie in dialetto rivestono un notevole interesse. In primo luogo per l'accuratezza con cui sono scelte ed usate le parole e le espressioni dialettali, ma anche e soprattutto perchè, insieme al linguaggio, viene evocata mirabilmente quella piccola civiltà contadina e paesana che con quel linguaggio si esprimeva. La dichiarazione, Le due beghine, Il contadino, I balli novi, ecc. sono altrettanti "quadretti" da cui i personaggi balzano vivi e veri, descrivendosi da soli con i fitti dialoghi che intrecciano. E sono tutti personaggi commoventi nella loro ingenuità, per la quale vengono bonariamente presi in giro, dei quali egli sorride, ma per tutti i quali egli manifestava inequivocabilmente una profonda simpatia e solidarietà umana. La loro "filosofia" è molto semplice, fatta di rassegnazione al male che c'è nel mondo ma anche di un certo ottimismo ; di speranza cristiana nell'aldilà ma anche di un certo "gusto della vita", di una vita nella quale, tutto sommato, si può anche amare e sorridere. "Il testamento", scritta in prima persona ma non certo autobiografica, (è una poesia giovanile) mi sembra esprimere pienamente questa "filosofia" che, forse, lo stesso "Gianni" aveva assunto dai suoi personaggi: rassegnazione alla miseria, alla sofferenza, serena accettazione anche della morte, si,... ma su tutto ciò, in fondo in fondo, si può anche scrivere una poesia per far sorridere gli amici e sdrammatizzare tutto. Abbiamo pensato in tanti a questa poesia (... nun vojo vede'piange, mi dispiace... ) quando Giovanni Pinagli partiva per l'ultimo viaggio salutato, come lui stesso aveva richiesto, da un allegro squillare di campane a festa. MARIO PELLEGRINETTI |
Pinagli Giovanni 1902-1976
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