L'antica Basilica di San Pancrazio a Roma |
San Pancrazio subì il martirio a Roma all'età di circa 14 anni (12 maggio 304) durante il regno dell'imperatore Diocleziano, il quale promosse l'ultima, e durissima, persecuzione contro i cristiani nella quale persero la vita circa 15.000 cristiani. La Basilica di San Pancrazio, ubicata presso il grande parco romano di Villa Pamphili, si trova in Piazza S. Pancrazio n°5/D. Le catacombe di San Pancrazio si trovano nella stessa Basilica e sono visitabili su richiesta.
La Basilica di San Pancrazio venne visitata da
Papa Giovanni Paolo II
(Karol Józef Wojtyła), Domenica, 22 aprile 1979. |
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Il racconto del martirio "L'antica storia di San Pancrazio ha suscitato tra
gli eruditi diverse contestazioni. In essa si riscontrano infatti anacronismi di rilievo
ed altri difetti che rilevano il comune armamentario agiografico di cui si servivano i
compilatori per soddisfare il grande slancio di pietà per un martire e per un luogo
santo. La critica demolitrice è però andata un poco oltre. Certo le redazioni latine e
greche dei Gesta di S. Pancrazio arrivate sino a noi hanno bisogno dello sfrondamento
delle molte alterazioni che esse contengono, ma ci sono, al fondo di tali narrazioni,
alcuni elementi sicuramente attendibili. Come spiegare d'altra parte che già sul finire
del V secolo fosse sicuramente attestato gran fervore per un martire di cui si sapevano
poco più che un nome ed un centro di culto?". (Cecchelli, San
Pancrazio). Gli Acta che narrano il martirio di s. Pancrazio
non sono contemporanei ai fatti accaduti e secondo gli studiosi risalgono, nella redazione
finale pervenuta fino a noi, circa a due secoli dopo. Sembra infatti che furono compilati
definitivamente nel VI sec., periodo di massimo fervore del culto tributato al martire, e
in concomitanza con la costruzione della grande basilica voluta da Papa Simmaco per
custodirne la memoria. Tale ritardo nello stendere le passiones è così spiegato
dal Grisar: "poiché le persecuzioni pagane spesso avevano
distrutto precisamente gli scritti che trovavansi in possesso della Chiesa, gli atti
genuini dei martiri, quali erano stati copiati dai protocolli giudiziari, e le altre
narrazioni composte da cristiani contemporanei erano andate perdute in massima parte. Di
molti martiri poi nella distretta delle ostilità pagane mai furono redatte narrazioni
precise, mentre invece nell'età della Chiesa trionfante, specialmente dacché il pubblico
culto dei coraggiosi testimoni della fede per due o tre secoli ebbe preso il più grande
slancio e s'erano accresciute le curiosità dei pellegrini sulle circostanze della loro
persona e morte, a poco a poco ogni martire dovette avere la sua passione"
(Grisar,
Roma alla fine del mondo antico). Sorge anche un'altra difficoltà. La Passio sancti
Pancratii è giunta fino a noi in diverse redazioni differenti tra loro. Ciò non deve
meravigliare, perché i codici sono dipendenti l'uno dall'altro, vengono trascritti a
distanza di tempo e spesso, nella comparazione, appaiono interpolati e variati dalla mano
del copista che, davanti ad una lezione difficile, ha creduto di risolvere un problema
abbellendo a proprio gusto il testo su cui lavorava. Nel suo studio Le numerose
recensioni della Passio Pancratii G. Verrando parla di un incalcolabile numero di
manoscritti contenenti la suddetta leggenda, esistenti in tutte le biblioteche d'Italia e
d'Europa per cui risulta impresa assai ardua tentare anche solo il raffronto e la
classificazione dei codici originali. Semplificando molto la questione e lasciando agli
studiosi competenti in materia la disamina delle molte e diverse domande che la Passio pone,
così come è giunta fino a noi, scegliamo di seguire la redazione presentata dai
Bollandisti, eruditi della Compagnia di Gesù che nel secolo XVII si proposero di
raccogliere, vagliare e commentare i documenti agiografia. La Passio da loro
presentata descrive la morte del padre di Pancrazio, la venuta di zio e nipote a Roma,
l'incontro col Papa, la conversione del giovane alla fede cristiana, l'arresto e la
disputa con l'Imperatore, la condanna e il martirio. Un'altra redazione, ad esempio,
afferma invece che Pancrazio era già di famiglia cristiana: chi scrisse questo racconto,
probabilmente in ambiente francese, seguiva una differente tradizione o forse preferì
abbellire il racconto che conosciamo, reputandolo stilisticamente troppo povero. Non era
neanche raro che un codice antico, magari mutilo in qualche parte, subisse un tentativo di
ricostruzione sulla base di altre testimonianze, poi andate perdute. Essendo molto il
tempo trascorso e mancando fonti alternative a quelle esistenti possiamo anche considerare
degno di fede, almeno nella sostanza, ciò che a distanza di tanti secoli è giunto fino a
noi. Anche allora infatti esisteva un senso critico, né mancava l'esigenza di ricostruire
con sufficiente certezza un fatto storico, specialmente così notevole come il racconto di
un martirio. Con p. Agostino Amore (Amore, I Martiri di Roma) possiamo
pensare che la Passio sancti Pancratii sia stata tramandata oralmente di anno in
anno dai monaci benedettini del monastero di san Vittore che, fuggiaschi da Montecassino,
ne custodivano il sepolcro e accoglievano i pellegrini, finché verso l'anno 594, quando
Papa Gregorio Magno tenne nella basilica un'omelia giunta fino a noi, la passio
venne fissata per iscritto dagli stessi monaci. Occorre dire che a giudizio degli studiosi
vi sono tante e tali inesattezze che arrivano perfino a far dubitare dell'attendibilità
del racconto del martirio, che in realtà si rivelerebbe una ardita ricostruzione
'storica' fatta sulla base di scarse indicazioni e anzi simile ad altre Passiones
della stessa epoca. Si potrebbe però anche rivalutare lo scritto tenendo
conto dell'unica finalità che mosse l'agiografo: divulgare la devozione e fornire ai
fedeli un racconto attendibile di un fatto realmente avvenuto e di cui non si tramandavano
che pochi e frammentari ricordi. Di 'mito' dunque non si tratta, perché il personaggio
era veramente esistito, versò il sangue per la fede, fu oggetto di devozione e operò
miracoli; di 'storia' neanche, perché i particolari del racconto, ad un attento esame,
non reggono. Potrebbe la Passio sancti Pancratii essere definita un 'dramma storico
con intento liturgico-devozionale'? Era questa la Legenda medievale: a metà strada
tra la storia e il poema, spesso sapiente ricostruzione di fatti ormai sepolti dal tempo,
di dialoghi, di cose vere ma non verificabili... Noi la presentiamo così, senza neanche
sollevare obiezioni a chi ha cercato, scoperto e sottolineato le fantasie e ricostruzioni
dell'agiografo dei secoli passati. Senza quella 'fantasia' animata da sincero fervore
religioso non avremmo oggi nulla che ci parli del santo giovinetto e di moltissimi altri,
eccezion fatta per laconiche lapidi ed elenchi di antichi martirologi. Nella nostra ricerca seguiamo la passio più
antica, quella riportata negli Acta Sanctorum, perché testimoniata da un maggior
numero di codici antichi, tra i quali ricordiamo il Codice Vallicelliano I e il Vaticano
Latino 5771. L'attendibilità della Passio sancti Pancratii si
potrebbe desumere anche, come già argomentò il Baronio, dalla brevità e asciuttezza
delle descrizioni, della narrazione e dei dialoghi, ciò che invece non è riscontrabile
in racconti più tardivi di epoca medievale, nei quali abbondano descrizioni di fenomeni
soprannaturali, tese a dimostrare la forza del martire che dal Signore attinge una forza
sovrumana. Che la legenda sancti Pancratii fosse famosa lo
si deduce dal fatto che viene riportata nei cataloghi storici dei santi di tutti i secoli.
Di essa abbiamo due famose epitomi: quella di Pietro de Natalibus nel Catalogus
Sanctorum e la Legenda Aurea di lacopo da Varazze. La Legenda Aurea
ricorda s. Pancrazio descrivendone la vita e il culto; il racconto concorda
sostanzialmente con quello pervenuto fino a noi. Ciò va a conferma del fatto che la
tradizione dei testi dopo l'iniziale periodo di fluttuante formazione è rimasta fedele
nei secoli. Ascoltiamone il racconto, in una brillante traduzione moderna: "Pancrazio
era di origine nobilissima. Perse i genitori in Frigia, e fu lasciato sotto la tutela
dello zio Dionisio. Rientrarono tutti e due a Roma, dove avevano vasti possedimenti.
Proprio in quella zona si stava nascondendo, con i suoi fedeli, il papa Cornelio. Dionisio
e Pancrazio ricevettero da lui la fede. Dionisio più tardi morì in pace. Pancrazio
invece fu catturato e portato al cospetto dell'Imperatore. Aveva allora circa quattordici
anni. Diocleziano gli disse: Ragazzetto, stai attento, che rischi di morire male. Tu sei giovane, ed è facile
che ti ingannino; sei di famiglia nobile, e sei stato un caro amico di mio figlio. Voglio
da te che tu lasci perdere questa pazzia, e ti considererò come uno dei miei figli. Pancrazio rispose: Anche se il mio aspetto è quello di
un ragazzo, il cuore che ho in petto è quello di un uomo maturo. A noi cristiani, per
virtù del mio Signore Gesù Cristo, la vostra prepotenza fa paura ne più ne meno che
questi dipinti che noi vediamo. I tuoi dèi, quelli che mi vuoi spingere ad adorare, sono
degli impostori; si stupravano tra fratelli, e non risparmiavano neanche i genitori: se tu
vedessi far cose simili ai tuoi servi, li faresti subito uccidere. Mi stupisco anzi come
tu non ti vergogni ad adorare dèi del genere. L'imperatore, sentendosi battuto dal ragazzo, lo fece
decapitare lungo la via Aurelio; era attorno all'anno 287 dopo Cristo. La senatrice
Ottavilla fece seppellire il suo corpo. Dice Gregorio di Tours che se qualcuno giura il
falso presso il suo sepolcro, prima di arrivare al cancello del coro, o è preso dal
demonio o esce di senno, oppure cade a terra e muore subito. Successe una volta che due
persone ebbero una grave lite. Il giudice, che già sapeva bene chi era il colpevole,
preso da uno scrupolo di giustizia, li portò davanti all'altare di Pietro, e là il
colpevole cominciò a protestare la sua innocenza - quella che fingeva di avere. Chiese
all'apostolo di indicare con un qualche segno la verità. Avendo lui giurato e non
essendogli successo nulla, il giudice, che conosceva bene la malizia di quell'uomo, disse:
Qui il vecchio Pietro o è troppo indulgente, o per modestia mostra deferenza nei
confronti di un suo inferiore: andiamo allora dal giovane Pancrazio, e chiediamo a lui. Giunti là, il colpevole ebbe l'impudenza di giurare
il falso, ma non poté ritrarre la mano, e lì poco dopo morì. Tuttora molti badano che,
nei casi difficili e dubbi, si giuri sulle reliquie di san Pancrazio". (Iacopo da
Varazze, Leggenda Aurea). II Cardinale Baronio, autore nel XVI sec. della più
grande storia della Chiesa, ricorda il nostro santo nella sua monumentale opera: gli
Annales Ecclesiastici: "Rursus etiam, quod spectat ad martyres Romae passos,
sustulit haec persecutio Rufum virum nobilem, una cum omni familia sua, quarta kalend.
Decembris; sed et nobilem specimen christianae constantiae duo pueri ediderunt, quorum
prior maxime commendatur Pancratius quatuordecim annos natus; sed et alius quoque
aetate minor Crescentius, qui sub Turpilio (seu Turpio) judice, via Salaria gladio passus
est" (C. Baronio, Annales, III). Anche se essenziale, la menzione del martirio di s.
Pancrazio è da lui basata, come abbiamo visto, su fonti storiche antiche e degne di fede;
l'attendibilità del racconto degli Acta viene dallo stesso Baronio confermata in
una nota del Martirologio: "exstant ejus acta quae et sincera in aliquibus
ecclesiis legi consueverunt". Il Surio, nella sua opera Historiae seu Vitae
Sanctorum, Torino 1876, tra le diverse redazioni della passio sancti Paneratii
sceglie di seguire quella dei Bollandisti. Così fa anche il Mombrizio, autore del Sanctuarium
seu Vitae Sanctorum, Parigi 1910. Come abbiamo visto gli Acta del martirio
raccontano brevemente che durante il tempo delle persecuzioni, in Frigia, un giovanetto di
nome Pancrazio, di nobile famiglia, rimasto orfano della madre, viene dal padre morente
affidato allo zio il quale si prenderà cura di lui. Dopo tre anni, entrambi vengono a
Roma, stabilendosi sul Celio, dove avevano delle proprietà. Sentendo parlare dei miracoli
e delle parole del papa, pur essendo pagani, vengono presi dal desiderio di ascoltare le
sue esortazioni, e dopo venti giorni di catecumenato diventano cristiani ricevendo il
sacramento del Battesimo. Dopo la morte dello zio, Pancrazio, rimasto solo al mondo, viene
catturato dalla forza pubblica, impegnata nei rastrellamenti di cristiani a causa della
persecuzione, e viene condotto in prigione. Il processo però, essendo il giovane di
famiglia nobile, si svolge nel palazzo imperiale, alla presenza dell'Imperatore. Questi
tenta in ogni modo, prima con offerte e poi con minacce, di far recedere il giovane
Pancrazio dall'empia superstizione dei cristiani. Davanti al netto rifiuto di questi e
all'aperta proclamazione della sua fede, l'Imperatore lo condanna immediatamente a morte,
la quale avviene per decapitazione al secondo miglio della via Aurelia. Il corpo del
martire, raccolto da una pia matrona cristiana, viene sepolto nello stesso luogo, dove
fiorirono miracoli dovuti alla sua intercessione. La vicenda del martirio di s. Pancrazio può essere
collocata, a seconda delle tradizioni seguite, sia a metà che sul finire del sec.III, ma
la data della sua morte è unanimemente fissata al 12 maggio. A seconda della datazione
cambierà anche il contesto politico ed ecclesiale: è per questo che in alcune redazioni
il nome del Papa è Caio, in altre Marcellino, in altre ancora Cornelio. Tutte le
testimonianze sono comunque concordi nel dare quattordici o quindici anni al giovane
martire. Nulla ci vieta poi di supporre, tacendo le fonti storiche, che il santo
giovinetto abbia sentito parlare e abbia ammirato il martire Tarcisio che appena qualche
anno prima a Roma donò la vita per il Signore, difendendone il mistero eucaristico; e di
Sebastiano, rimanendo attratto dal suo fulgido esempio di soldato che dalla milizia
imperiale passò alla milizia di Cristo. Secondo alcune versioni degli Atti del martirio
Pancrazio, una volta divenuto cristiano, fece dono ai poveri di tutte le proprie sostanze.
Fu questo gesto eclatante che attirò la curiosità e poi le ire dell'imperatore
Diocleziano. Dall'iconografia del Santo, che viene raffigurato come un giovane soldato, nasce un'altra domanda: era forse egli un soldato di professione, come san Sebastiano? A quel tempo la carriera militare era certamente la più promettente per i giovani rampolli di nobili e ricche famiglie, e tale era quella di Pancrazio, in un Impero che della guerra aveva fatto la sua fortuna oltre che il mezzo per sottomettere il mondo; ma non avendo validi motivi per affermarlo preferiamo pensare che l'abito e la posa del combattente nelle quali egli è spesso raffigurato siano motivati dall'etimo del suo nome che significa: 'combattimento completo', e che tale combattimento sia stato precisamente quello che gli fece riportare vittoria davanti all'Imperatore e al carnefice. (Bargellini, Il Santo del giorno, p. 265: il pancrazio presso i Greci e poi presso i Romani era un violento esercizio sportivo che riuniva in sé le caratteristiche del pugilato e della lotta. Il nome significava combattimento completo e lo stesso significato conserva il nome proprio di Pancrazio). (A cura di Don Roberto Leoni, S. Pancrazio, martire romano del IV secolo, Roma, 1999) |