"Universal Vagrant"

45 Trips

le delizie dei 45 giri perduti della British Psychedelia

THE SPECTRUM

Portobello Road/Comes the dawn RCA RCA 1619 1967

Il terzo singolo degli Spectrum, pubblicato nel 1967, é un ottimo brano psych-pop che si inserisce a meraviglia nella miglior tradizione melodica dell’ambito romantico del periodo della “Summer of love” britannica. Dopo l’esordio del 1965 Little Girl/Asking You e il secondo eccellente 45 giri del 67 Samantha’s mine / Saturday’s child, la band inglese, formata da Tony Atkins (lead guitar), Colin Forsey (voce), Bill Chambers (organo) Tony Judd (basso) e Keith Forsey (batteria), imboccò un percorso di discreto successo. “Portobello road”, deliziosa pimpante ballata dedicata ad una delle strade frequentate dagli hippies londinesi fu fortemente programmata dalle radio pirata, almeno prima della chiusura di quel tipo di emittenti a causa di un provvedimento governativo che ne bloccò la diffusione nell’agosto dello stesso anno. Poi il gruppo diede alle stampe “Headin’ for a heatwave”, nuovo singolo che andò in testa alle charts tedesche, e quindi, nel 1968, una versione abbastanza tranquilla di Ob la di Ob la da dei Beatles. Se quella dei Marmalade arrivò in cima alle classifiche inglesi, quella dei Nostri scalò quelle teutoniche, ottenendo inoltre discreti risultati di vendita in Spagna. Più popolari in Europa rispetto al Regno Unito, gli Spectrum erano stati creati dalla RCA nel 65, ma ben presto brillarono di luce propria a dispetto di uno stretto controllo artistico della casa discografica. Anche il loro lp del 1970, l’unico che il gruppo pubblicò, “The light is dark enough”, possiede le caratteristiche dei gruppi nascosti tra le pieghe dei generi ma in grado di raggiungere frangenti di ottimo stile d’Autore grazie a soluzioni strumentali originali e freschissime. Combattuti tra velleità di ricerca melodica, sfuriate psichedeliche e momenti di pop più commerciale, gli Spectrum ebbero dunque una carriera (9 singoli ed un lp, tra il 65 e il 70) che ne compromise lla posizione nell’ambito underground e che gli pregiudicò anche quella del grande successo, perlomeno in patria. Ma come si diceva furono in grado di raggiungere risultati eccellenti, come nel pop-psych di “Portobello Road”, una gustosa marcetta delicata e naife.

NITE PEOPLE

Love, love, love, love, love/Hot smoke and sassafras Page One POF 149 1969

I Nite People di Bournemouth furono depositari di un suono combattuto tra il pop, il beat, il soul e la psichedelia. Dopo una manciata di singoli editi dalla Fontana tra il 66 e il 68 il gruppo mise una marcia in più nel 1969 quando, dopo aver firmato per la Page One di Larry Page, fece uscire il devastante singolo in questione. Si tratta di una incisiva e rabbiosa canzone in cui la richiesta di amore sembra curiosamente avanzata in un tono minaccioso e ringhioso, come strillata da un gruppo di hippies devastati dalle conseguenze maligne di un “bad trip”. Rocciosa e corrosiva anche la b side, una buona versione del classico freak “Hot smoke and sassafras”. I Nite people cambiarono line up proprio in occasione del nuovo contratto con la Page One, assestandosi a quartetto con Jimmy Warwick chitarra e voce, Barry Curtis Hammond e voce, Chris Ferguson batteria e Scott Kirkpatrick al basso. Dopo un tour in Inghilterra e in alcuni paesi europei con Martha and the Vandellas i ragazzi riuscirono a registrare anche un lp sempre nel 1969, “P:M:”, che a dispetto della copertina d’impianto grafico progressivo, mostrava ancora una band combattuta tra un soul sanguigno e una cerebrale e graffiante psichedelia hard. Da segnalare anche che il gruppo fece da supporto ai Beach Boys nella loro visita inglese alla fine dei Sixties.

TIN TIN

Toast and marmalade for tea/Manhattan woman Polydor 2058 023 1970

Tin Tin era una sigla che celava i nomi di due ragazzi australiani Steve Groves e Steve Kipner. Il primo era stato membro dei Kinetics, mentre il secondo, nato in America, si era trasferito in Australia da ragazzo per poi sbarcare in Inghilterra nel 1968 dopo l’esperienza con Steve and the Board. In Inghilterra i due si esibiscono come Steve & Stevie, pubblicando anche un lp per la Toast nel 1968 per poi passare nella scuderia di Robert Stigwood e cambiare il nome in Tin Tin, ispirati dal celebre fumetto belga di Hergè. Protetti dai Bee Gees e da Maurice Gibb in particolare, i due non solo arrivarono a dare alle stampe due interi lp’s nel 69 e nel 71, ma confezionarono un paio di canzoni memorabili per chi adora il suono pop-sike nella sua accezione più integrale. Da segnalare che il secondo album, “Astral Taxi”, fu registrato col mitico John Pantry alla consolle. “Toast and marmalade for tea”, prodotto da Gibb, è un superbo anthem melodico, dominato da un effetto sbilenco e ubriacante che si contrappone ad un gioioso cantato all’unisono e ad un crescendo orchestrale travolgente. Graziosa anche la b side; il singolo scalò sorprendentemente le charts americane del periodo arrivando al 21esimo posto. Seguito dell’altrettanto emozionante “Only ladies play croquet” dell’anno precedente, “Toast and marmalade” colpisce il cuore di chi adora il lato più dolce e melodico della psichedelia Made in Britain. Diversi altri singoli uscirono sino al 1974, ma la magia dei primi due non fu raggiunta e il gruppo non ottenne altri risultati rilevanti.

THE KNACK

(Man from the)Marriage guidance and advice bureau/Dolly catch her man Piccadilly 7N 35367 1967

I Knack nacquero dalle ceneri dei Londoners, buona beat band di Ilford che aveva suonato in Germania all’inizio dei Sixties. Nel 1965 la band fu così popolare nel circuito dei clubs di Amburgo che si guadagnò la possibilità di incidere un 45 giri per la Star club, legata al celebre locale. Poi, nello stesso anno, il gruppo tornò in Inghilterra, cambiando nome in The Knack (dal film inglese che in Italia uscì col titolo “Non tutti ce l’hanno”). La band guidata dall’eccellente chitarrista Paul Gurvitz pubblicò sei 45 giri l’ultimo dei quali, uscito per la Piccadilly nel 67, è quello qui ricordato. Si tratta di un notevole esempio di folk rock all’inglese, influenzato da Donovan e dai Kinks, vicino alle atmosfere di albums come “Face to face” della band di Ray Davies. Se non è corretto parlare di psychedelia è comunque certo che un tipo di folk rock come quello toccante della side A faceva parte del processo di trasformazione che il pop rock inglese all’epoca stava vivendo, in procinto di approdare di lì a poco nel suono psichedelico vero e proprio. Anche “Dolly catch her man” si muove sulle stesse coordinate, impreziosendo un gioiello di “folk pre hippie sound” all’inglese. Il batterista Topper Clay avrebbe lasciato la band per unirsi ai New York Public Library, mentre Il grande Gurvitz avrebbe dato vita ai micidiali e travolgenti Gun nel 1968.

WOODY KERN

Biography/Tell me you’re gone Pye 7N 17672 1969

Nati a Nottingham nel 1967 i Woody Kern sono ricordati per la pubblicazione di un interessante album di acerbo prog rock psichedelico e per il fatto che un componente del quartetto, il chitarrista Rik Kenton, avrebbe suonato per alcuni mesi nei Roxy Music. Biography è l’unico 45 giri che la band diede alle stampe, estratto dall’lp “The awful disclosures of Maria Monk”, rappresentazione in musica della vita di una monaca canadese tentata dai piaceri della carne. Nato come gruppo psichedelico il quartetto si fece travolgere dal british blues revival del 1968, virando verso dilatate forme di rilettura della tradizione nera americana. Poi però gli elemeni psych rotnarono a galla e alla fine il sound dei Woody Kern, come testimonia l’interessante lp, finì col diventare un curioso connubio di stili, fusi in un unico mood pre progressivo, complice un gradevole uso del flauto in molte canzoni. Sia l’album che il 45 giri videro la luce nel gennaio del 1969. Passati inosservati i due dischi sarebbero poco dopo rientrati in quei titoli ricercati dai collezionisti del suono britannico fine Sessanta. “Biography” emana una luce sinistra. E’ una cantilena melodiosa ma cupa, in cui la chitarra e il flauto giocano a rincorrersi in un gioco dolce ma sinistro allo stesso tempo. Buono anche il retro, uno strumentale rilassante adatto all’uscita da un intenso trip emotivo e il conseguente traghettamento verso una situazione interiore più calma e serena.