La Conversione di Saulo


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La Conversione di Saulo
1990 - Olio su tela, cm. 100x130

A cinquecento passi da Damasco è il luogo della conversione di San Paolo. Qui l'apostolo riceve il primo barlume della rivelazione sul Corpo Mistico di Cristo e la Chiesa continua il Suo viaggio anche attraverso di Lui, novello testimone.
I conturbanti esiti manieristici del dipinto possono disorientare solo chi è convinto di poter ricondurre l'iter stilistico di un artista al procedere di una linea retta. Certe soluzioni pittoriche evidenziano il riassorbimento della verità naturale in una grande figurazione e la composizione ad incastri è così completamente serrata da ridurre le reminiscenze di una pittura di maniera a puri eventi casuali.
Il pittore traccia il proprio cammino e dal fondo della sua opera ci sollecita a seguirlo come per un invito verso una scrittura pittorica senza epoca. Ed è un accumulo che risveglia assonanze con l'enfasi di Tintoretto, le fiammeggianti spiritualità del Greco e, forse, le potenzialità emozionanti di Delacroix, contaminate da voli verso audacie del nostro secolo, dal surreale di Savinio fino all'inquietudine sospesa di Tapies.
Il viaggio nel tempo non ha altro valore tranne quello di tessere nella medesima trama l'antico col moderno per vanificare il concetto di stile rifiutando come un non-senso l'annientamento del racconto, ultimo vero retaggio della creatività, sia essa figurativa o no. Dall' "età dell'oro " della pittura alla nostra crepuscolarità moderna il desiderio di una comunicazione intersoggettiva mediante un detonatore, il quadro, esente da qualsiasi pretesa ideologica, è ciò che realmente giustifica l'impresa assurda, perchè gratuita, del mestiere d'artista. In tal senso le avanguardie divengono soltanto il pretesto che permette all'artista di ergersi a demiurgo del suo lavoro.
"Il conoscitore (moderno) desidera identificarsi con l'artista bisogna che sia trascinato nel cerchio incantato e che divida il suo segreto", scrive Gombrich.
Il soggetto, classico per eccellenza, rimanda, nelle sue linee, a canovacci convenzionali. La messa in scena è dichiarata ma la struttura spaziale e le sue modalità lessicali contraddicono il formalismo pietrificato del codice. Il cavallo, ormai immobile e, pertanto, caravaggesco nel suo essere "senza azione", anche se nell'impianto e nel rilucente mantello reca un'eco di Velasquez, è il rimando naturalistico e controllato alla caduta scomposta di Paolo.
Sono la gravità e la tensione del misticismo violento in cui è immerso il protagonista a sollevare nella pittura risonanze di effetto fortemente coinvolgente. L'impasto cromatico è pronunciato ma nei personaggi tende al monocromo. Chiaro-scuro, essere e divenire sono distillati da una larga messe di suggestioni, scaturite inesauste dal rigoglìo di un tocco vissuto in assoluta libertà.
La calda cromìa, relegata alla superficie del fondo, si allenta in armoniche fluenze, come una corrente sanguigna dell'anima che allegoricamente muove l'immaginazione dello spettatore.
L'episodio è un motivo concreto e un momento della spiritualità di Paolo, ma il sapore mistico dell'evento si ribalta nella pubblica memoria e accende in noi il silenzio della nostalgia.
La validità di un lungo esercizio nel fare artistico ha prodotto, qui, un linguaggio estetico sostenuto da una grande capacità creativa; e vengono alla mente memorie di antiche e nobili tradizioni artistiche. Il risultato allontana dubbi o incertezze sul peso dell'arte contemporanea.
Il segno unito alla cromìa, contenuta, è il ruolo conduttore ed impegna l'immagine in una grande saldezza d'impianto, conferendo carica suggestiva all'aspetto contenutistico sì che lo spettatore, oltrepassando la barriera dell'illustrazione, percepisce il vero ritmo e le vere linee di forza compositive.
La pennellata si adegua al vigore e alla forza espressiva della rappresentazione con tratti decisi e densi di un umore e di un'atmosfera indefinita in cui i contrasti luminosi provocano effetti assai vitali.
La descrizione in questo dipinto, pertanto, non è un semplice riflesso di uno stato di cose, ma rivela un carattere costruttivo. Costruisce una realtà mentre la scopre e, così facendo, coinvolge anche lo spettatore in circuiti multidimensionali di messaggi nel cui gioco è possibile inserire ogni sistema.
Mondazzi, nomade della pittura, non delimita il confine dell'arte ma lo estende in una catena di infinite possibilità descrittive.
Ciò è perfettamente in linea con il "paradigma della complessità" su cui si basa il nostro attuale sistema di vita, dalla cultura alla scienza, alla economia.


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